di Sergio Di Cori Modigliani
La notizia la sappiamo tutti: la Corte Costituzionale dello Stato del Brasile non ha concesso l'estradizione al terrorista italiano Battisti. In aggiunta gli ha concesso la libertà.
Le reazioni, in Italia, a livello ufficiale governativo sono venute dai ministri Alfano e Meloni.
"Questo è uno schiaffo alle istituzioni italiane" ha dichiarato l'ex Ministro della Giustizia.
Al di là del merito relativo alla questione è bene spiegare ai connazionali disinformati perchè sta accadendo tutto ciò in questo momento, che cosa c'è dietro e quale sia la vera posta in gioco.
Il Brasile, in Italia, è noto a tutta la popolazione come una nazione composta da: cantanti melodici dall'aria triste, dagli inventori del ballo della samba, da ballerine oba oba scollacciate, da calciatori meravigliosi, da spiagge assolate, da piantagioni di caffè, da chirurgi estetici specializzati in glutei, da travestiti.
Fine del Brasile.
Se così fosse davvero non si capirebbe come sia possibile che una nazione così poetica e divertente, ma essenzialmente ai margini dello sviluppo industriale planetario, trovi l'ardire, nonchè l'ardore, di permettersi di schiaffeggiare impunemente il governo dell'ottava potenza economica planetaria.
O meglio, della ex ottava potenza economica mondiale.
Perchè la prima notizia è proprio questa.
Eh già!
Al prossimo meeting dei G8 previsto dall'8 al 12 dicembre 2011, proprio a Rio de Janeiro, la Repubblica Italiana non parteciperà. Non perchè non vogliano o snobbino la prestigiosa adunata. Tutt'altro.
Semplicemente per il fatto che (il dato ufficiale verrà comunicato mondialmente in data 10 settembre) il Brasile è diventata la ottava nazione economicamente più sviluppata e ricca al mondo, sostituendo l'Italia e spingendola al nono posto.
Ci hanno buttato fuori.
E' la prima volta nella storia che uno stato sovrano dell'America Latina entra -a pieno diritto- tra le nazioni del cosiddetto Primo Mondo.
Un fatto di cui i brasiliani vanno giustamente fieri.
Una notizia che i governanti italiani, in maniera squisitamente infantile, hanno cercato di nascondere.
E il Brasile che non ha mai fatto mistero di essere identificato con la Francia, o meglio con Parigi, ha politicamente scelto di appaiarsi ai nostri cugini Galli nel presentarsi al mondo esattamente come i francesi: "nazione caratterizzata da un principio universale di rispetto delle libertà civili che accoglie profughi politici da ogni parte del mondo, senza distinzione alcuna di sesso, di razza, di religione e di etnia, e rifiuta e rigetta il concetto e la pratica di estradizione".
A questo serve il Potere.
Altrimenti che potere è!
Vogliono finire in prima pagina per raccontare a tutti il loro successo.
Il Brasile ha investito negli ultimi otto anni una cifra intorno ai 20 miliardi di euro (per loro davvero immensa) nella ricerca scientifica, nella alfabetizzazione e nello sviluppo della cultura nazionale.
Basterebbero quattro dati statistici confermati per spiegare la natura odierna del colosso brasiliano:
1). nella sola città di San Paolo, sulle sponde dell'Oceano Atlantico, nel periodo che va dal 2 al 28 febbraio 2011 sono stati venduti più libri che in tutta la Repubblica Italiana nel periodo tra il 10 ottobre 2009 e il 31 dicembre 2010. Mentre nelle 20 più importanti città italiane nel 2010 hanno chiuso i battenti per "insufficiente operatività economica" 345 librerie indipendenti -sostituite nel 27% dei casi con sale da gioco d'azzardo e scommesse legali sul calcio- in Brasile, nel 2010, hanno aperto i battenti 2.557 librerie, di cui il 92% risultava al 31 dicembre 2010 economicamente attiva e in profitto.
2). dei 17.345 brevetti industriali internazionali -compresi quelli dell'industria chimico-farmaceutica e della ricerca scientifica- depositati a Ginevra nell'arco del biennio 2009-2010, quelli di matrice italiana risultano intorno a un penoso 4%; quelli brasiliani sono passati dallo 1,8% del biennio precedente al 19% attuale.
3). in Italia, nelle prime 20 città più importanti, nell'arco del 2010 hanno chiuso i battenti 867 gallerie d'arte e d'artigianato per "insufficiente operatività economica"; nello stesso lasso di tempo nella sola città di Rio de Janeiro hanno aperto i battenti 1.876 gallerie d'arte e 8.990 centri di produzione di artigianato nazionale. In tutto il Brasile non esiste un solo museo che valga la pena di visitare (Italia è sempre leader nel mondo), in compenso in Brasile il mercato dell'arte è aumentato nel 2010 del 4500% lanciando almeno un centinaio di artisti brasiliani situandosi al quarto posto nel mondo come produzione d'arte contemporanea, mentre l'Italia è scesa al diciottesimo posto (nel 1985 occupava il sesto posto).
4). dal settembre del 2010 i dodici centri di contrattazioni finanziaria dello scambio di titoli in borsa più importanti nel mondo hanno sostituito la borsa valori di Milano con quella di Rio de Janeiro. L'Italia non è più considerato un mercato utile nel quale investire e quindi non attira capitali.
Non pubblicano neppure i dati quotidiani dello scambio di titoli in Italia.
Il Brasile si sta quindi comportando in questo modo per spiegare al mondo le ragioni del proprio essere.
Se lo possono permettere. Hanno bisogno che il pianeta lo sappia e ne prenda atto.
E' la Repubblica Italiana che non se lo può più permettere.
Ma questo, a noi italiani, nè i governanti nè l'opposizione nè i consueti padreterni esperti in economia e politica che vediamo sempre ogni sera in televisione hanno avuto il pudore di spiegarcelo.
Quantomeno potevano darci l'informazione.
Che arriva oggi, per lo spaesato e stupito pubblico italiano come se fosse una sorpresa.
Per il resto del mondo non lo era.
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