di Sergio Di Cori Modigliani.
Settantadue ore fa tutti i media nazionali avevano diffuso con giusta enfasi un dato economico fornito dal Ministro dell’Economia: “l’industria italiana è in netta ripresa: è il Nord-Est del paese a tirare la volata, sia in termini di occupazione –stabile al 50,7%- che in termini di produzione. Il Nord Est del paese contribuisce al 2,9 del pil del paese in linea con il resto dell’Europa, mentre al sud non supera lo 0,9%”.
Questa era stata la comunicazione che –fatta eccezione per il dato relativo al meridione- poteva davvero suscitare un brivido di fausto ottimismo. Tant’è che la Lega Nord era salita subito sul carrozzone dei dati statistici facendo da cassa da risonanza per spiegare come le zone industriali sotto l’amministrazione leghista stiano dando un impulso alla ripresa della nazione.
Peccato che il dato fosse clamorosamente falso. Anzi, peggio: falsato ad hoc.
Non è certo il sottoscritto, a dirlo. Neppure Nichi Vendola o Pierluigi Bersani, tanto per fare campagna elettorale.
Lo sostiene la Marcegaglia, dall’alto del suo prestigioso incarico di Presidente di Confindustria “In Italia la perdita di competitività accumulata in precedenza e gli effetti della crisi si sono ripercossi sull'attivo negli scambi internazionali di prodotti manufatti, che si è dimezzato dai 63 miliardi del 2008 ai 39 del 2010” sostiene una nota approfondita del Centro Studi di Confindustria diramata al mattino del 9 giugno 2011 “la produzione industriale è ferma allo stesso identico livello del giugno 2010: è semplicemente allarmante”.
Dove sta, dunque, l’inghippo? Come è possibile che la Confindustria sostenga –dati alla mano- delle ipotesi di trend opposte a quelle fornite dai nostri economisti governativi?
“E’ facile da dire, è un po’ un gioco dei bussolotti” ci spiega Elena Zotti amministratore delegato di una grande azienda che produce calzature nel Brenta, Friuli Venezia Giulia “se applichiamo dei parametri macro-economici si capisce che stiamo arretrando, ma se analizziamo il dato in termini numerici si può alterarne il senso; mi spiego meglio: è’ vero che il nord-est contribuisce al 2,9% del pil. E’ vero, non è una bugia. Ma non è una notizia, è un dato, il che è diverso. Perché?........perchè è anche vero che il nord-est nel 2007 contribuiva al 3,4% e nel 2002 al 5,2% e nel 1988 al 6,4%. E questo tanto per cominciare. Bisogna inoltre aggiungere il fatto che in termini numerici è vero che c’è stata una ripresa del 6% rispetto ad un anno fa, ma è relativa alla produzione di manufatti che noi realizziamo in Romania, Ungheria e Bulgaria, il che ha comportato un abbassamento dell’occupazione in Italia e una contrazione del mercato interno. In realtà è un incentivo a non investire in Italia”.
Chiediamo alla dott.ssa Zotti (una leghista, tanto per chiarire) se è vero che l’occupazione è sempre stabile nel nord-est e non vi è disoccupazione e il tasso viaggia, come sostiene il governo intorno al 50%.
“Anche in questo caso viene applicato lo stesso parametro. Sono dati, non notizie. L’occupazione era al 51% nel 2008 ma era relativa a lavoratori italiani residenti nel Friuli, mentre il dato scorporato del 2011 è relativo all’intero corpo sociale; tradotto in cifre vuol dire che il 50,4% dell’aprile 2011 è un dato vero, ma la notizia che contiene è negativa per l’Italia: infatti ci dice che gli italiani che lavorano sono scesi al 32% mentre sono aumentati gli extra-comunitari e i lavoratori part-time che si trovano all’estero. Noi reggiamo ancora come industria, sia come fatturato che come vendite, ma non produciamo più in Italia. Questa è la realtà. Questa è la notizia vera, che è esattamente il contrario di ciò che Tremonti va in giro a dire. Da noi la disoccupazione dei lavoratori italiani aumenta”.
L’ha denunciato la Marcegaglia che –dati veri alla mano- ha spiegato come “Il Paese rimane ad alta vocazione industriale, ma spicca per la flessione dell'attività registrata nell'ultimo triennio (-17,0% cumulato), doppia o tripla di quelle dei maggiori concorrenti (peggio ha fatto solo la Spagna).”.
Informarsi, ovvero saper distinguere tra “i dati nudi e crudi” e le “notizie originali derivanti dai dati” è oggi un dovere collettivo. Più che mai. Ci è necessario ed è fondamentale per comprendere che cosa sia necessario fare per uscire dalla crisi. Ed è fondamentale che i media si mettano a disposizione delle esigenze dei connazionali che vogliono sapere la verità. Non vogliamo dati. Non ci interessano.
Vogliamo notizie relative alla verità dei fatti.
Nel campo dell’informazione è tutta un’altra cosa.
Resta la buona e la cattiva notizia.
Quella cattiva, davvero pessima, è che abbiamo un Ministro dell’Economia che dice il falso e racconta bugie alla popolazione dei contribuenti.
Quella buona, davvero ottima, è che la Confindustria ha deciso di cominciare a dire la verità agli italiani andando a riempire la latitanza dei mezzi di comunicazione mediatica ufficiali. E di questi tempi non è roba da poco.
Nessun commento:
Posta un commento