Hanno deciso di farlo a porte chiuse, senza gionalisti, quindi, senza pubblico, senza clamore.
Per evitare lo show e parlare di Legge.
E così, all'interno dell'aula, nella sede del tribunale di Milano, il procuratore aggiunto Pietro Forno e il sostituto procuratore Antonio Sangermano, comparendo davanti al gup Maria Grazia Domanico, hanno chiesto la richiesta di rinvio a giudizio per Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora.
I tre sono stati formalmente accusati di induzione e favoreggiamento della prostituzione, anche minorile, per il caso Ruby.
L'aspetto interessante consiste nella presentazione del caso, di cui se n'è parlato in tutte le salse nei mesi precedenti. Ma come sappiamo, ciò che conta è quando si arriva alla resa dei conti e si entra nella stanza davanti ai giudici competenti. Tutti uguali davanti alla Legge.
"Si trattava di un vero e proprio bordello, organizzato in maniera strategica, funzionale, effettiva e perfettamente funzionante con ruoli distinti e prdeterminati" ha sostentuto l'accusa.
Hanno spiegato, i magistrati, che i tre accusati si erano divisi i compiti e sono stati quindi identificati tutti e tre come un anello della catena "di organizzazione a delinquere ai fini di praticare lo sfruttamento della prostituzione".
Lele Mora era "un arruolatore" ovverossia colui che trovava le ragazze "fresche" sul mercato con l'esca di trovar loro un lavoro nella televisione e nel mondo dello spettacolo.
Poi c'era "il fidelizzatore", Emilio Fede, il quale doveva "valutare" l'affidabilità della persona scelta, controllare il "valore della merce acquisita" e stabilire dopo un colloquio preliminare se la ragazza era disposta a partecipare degli incontri "dove ogni cosa era possibile e la domanda da parte di Emilio Fede era: sei disposta a tutto?"
Infine, Nicole Minetti, definita "un'organizzatore economico-logistico" ruolo confermato da diverse intercettazioni telefoniche nel corso delle quali è proprio lei stessa a farsi vanto di questa categoria professionale. Lei contrattava, stabiliva i compensi, chiudeva gli accordi, andava a prendere le ragazze a casa con auto blu pagate dallo Stato e le portava a casa del premier. Dopodichè era sempre la Minetti che si metteva in contatto con dei "segretari pagatori" dai quali riceveva il compenso in contanti che poi distribuiva alle partecipanti.
I tre sono stati rinviati a giudizio, con l'aggravante per la Minetti di essere un rappresentante legale di funzione pubblica in quanto consigliere regionale della Lombardia.
"Un bordello efficiente e costruito con professionalità strategica".
Così è stata definita l'attività.
Se ne riparla l'11 luglio.
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