martedì 30 ottobre 2012

Mario Monti stravince in Sicilia. la lista di Grillo si conferma come il solo e unico oppositore al governo



di Sergio Di Cori Modigliani


Due parole sull’esito delle elezioni regionali in Sicilia.
Sul mio quotidiano surreale, in prima pagina si leggerebbe: “Stravincono Mario Draghi e Mario Monti” La Politica vince sull’anti-politica, confermando la forte presa popolare dell’unico Partito Politico attualmente in attività: il M5s
Le cose, infatti, a mio avviso, stanno proprio così.
Ed è un classico di questa fase, dove si può comprendere l’autentico scenario della realtà che stiamo vivendo, se riusciamo a scremare la folta nebbia del falso mediatico e leggere il Paradosso della Surrealtà nel quale ci hanno immerso.
Accanto al titolo, un editoriale di fondo: “La lista di Beppe Grillo si afferma come unico e primo partito d’opposizione”.
.Perché tutto ciò?
Perché lo scontro in atto è tra Umanisti e Tecnocrati, tra classe politica e società civile, in ultima istanza tra Politici e Tecnici. E il risultato siciliano conferma, chiarisce e offre la nascita “ufficiale” delle uniche due forze in campo.
In Italia esistono attualmente due grandi schieramenti: i Tecnici e i Politici.
I Politici, costretti –loro malgrado- a venir fuori allo scoperto in conseguenza dell’incompetenza professionale, della cialtroneria analfabeta e della totale mancanza di aderenza al principio della realtà operata dai tecnici al potere (ovverossia il governo tecnico di Berlusconi & soci) si sono assunti il compito di smascherarsi davanti a tutti, assumendosi la responsabilità di gestire in prima persona la politica italiana. Tant’è vero che, non appena insediati, immediatamente si sono scoperte le carte, le persone sono venute a sapere che esisteva l’economia, che la Cultura non esisteva più, che l’oligarchia al potere aveva espoliato ogni risorsa interna, che il paese era indebitato fino al collo, e agli italiani è stato detto che si dovevano rimboccare le maniche per risolvere la situazione, con l’aggravante di averli diabolicamente colpevolizzati, come se “la colpa” fosse stata del popolo italiano. Poiché viviamo in un Paradosso Continuo Surreale, universo costruito dall’oligarchia per imbonire la popolazione, e impedire loro di “vedere il contorno della realtà quale essa è”, “i politici” sono stati definiti “tecnici” mentre, in realtà si trattava di un Falso.
La Verità è il contrario.
Monti, Passera, Fornero, Cancellieri, ecc., sono “i veri politici”.
Gli altri, cioè Berlusconi, Bossi, Bersani, Di Pietro, ecc, sono sempre stati soltanto “i tecnici” ovvero amministratori delegati di gigantesche aziende (i cosiddetti partiti), con il compito di far funzionare il paese non sulla base degli interessi collettivi della nazione, bensì sulla base del rispetto delle esigenze finali dell’oligarchia finanziaria, in grado di saper amministrare e gestire un patrimonio (finanziamento dei partiti e di aziende private) investito nel mantenimento di una cerchia di burocrati efficienti ed efficaci.  Questo, infatti, vuole dire “essere tecnici”: applicare dei meccanismi e delle regole per far funzionare una macchina. Non ci vogliono idee, non è necessario un particolare merito, non sono previste competenze tecniche eccellenti, basta che l’ingranaggio si muova senza far domande né chiedere dove si va e a fare che. Ma questi “tecnici” (dopotutto siamo italiani) non sono stati in grado di farla funzionare la macchina (a differenza della Germania o della Gran Bretagna dove i meccanici locali –David Cameron, Angela Merkel & co- compiono in maniera egregia la mansione loro assegnata) e così la “classe politica” ovverossia “la legittima classe di funzionari delegati dall’oligarchia ad esercitare il potere” è stata costretta a prendere il comando delle operazioni pena la rovina disastrosa della LORO macchina, delle LORO esistenze, del LORO privilegio. I “politici” al governo avevano ragione quando dicevano (e tuttora sostengono) “noi abbiamo salvato la nazione dal baratro”, dal loro punto di vista è vero.
Grazie alla totale incompetenza della classe dei “tecnici” la nostra Concordia guidata da Schettino stava andando a sbattere contro uno scoglio. E si sarebbe infranta. Ma a rimetterci sarebbe stato soprattutto l’armatore, l’assicuratore, il finanziatore. Intendiamoci, ci sarebbero state delle vittime innocenti –per fortuna pochissime- esattamente come è avvenuto per la Concordia (che riposino in pace, povere animelle) ma la stragrande maggioranza avrebbe semplicemente passato un brutto momento, un po’ di panico generalizzato, cinture di salvataggio, qualche bene spicciolo abbandonato, salvataggio di fortuna in un albergo e poi via alla class action e che se la vedano gli avvocati. Fine della crociera. Ma la nave era la LORO, non quella della cittadinanza. Alla gente è stato fatto credere, invece (grazie all’assenza della Cultura che è anche e soprattutto divulgazione di materiali formativi delle coscienze pensanti) che la nave della crociera fosse di tutti. E così, i “politici” hanno soppiantato i “tecnici inefficaci ed inefficienti” arraffoni, arruffoni e dilettanti irresponsabili. Inconcepibile davvero per una società di oligarchi tecnocrati. I “politici” hanno soppiantato i “tecnici” con un colpo secco. Nessuno, infatti, tra gli attuali governanti è stato eletto, nello stesso modo in cui non è mai stato eletto neppure uno tra coloro che hanno dato loro gli ordini (BCE, colossi finanziari, consiglieri dell’Unione Europea, amministratori delle multinazionali,ecc.) perché anche loro, in quota parte, eseguono ordini emessi dalle grandi dinastie oligarchiche che hanno bisogno di cancellare la modernità dello stato welfare per poter garantire a se stessi, ai loro familiari e ai loro ristrettissimi club, la garanzia, la scommessa, e la sicurezza perenne che tutto rimarrà immutabile nel futuro, e che le classi dei superiori comanderanno sul Terzo Stato composto dagli inferiori.
In questo nuovo ordine mondiale –secondo loro- la società diventa più facile e lineare perché le classi vengono abbattute e si ritorna a un unico potere assoluto centrale totale (peraltro oscuro e anonimo) come le monarchie assolute del medioevo pre-rivoluzione francese, mentre il resto della cittadinanza si trasforma in una massa di omologati appiattitii, suddivisi in due sottoclassi: i salariati e i disoccupati, che possono essere spazzati via, all’occorrenza, senza problema alcuno.
Le elezioni in Sicilia, sono il termometro di questa realtà.
E sono un bellissimo risultato perché il risultato chiarisce “l’autentico quadro del Paradosso Surreale Tecnocratico”.
Si conferma la morte ufficiale dei “tecnici” (cioè i cosiddetti partiti-azienda). Poiché viviamo in epoca globalizzata scompaiono le micro-aziende (Idv, Sel, Fli ecc.) assorbite da quelle più grandi. Il potere centrale dei Politici viene confermato e garantito alla grande con strabordante successo, il 52,3% di astensioni, che conferma il necessario licenziamento dei “tecnici”. Quei voti che non sono voti, infatti, valgono più dei voti che sono voti. Sono la conferma che la classe politica al potere è in grado di potere e sapere orchestrare i destini della collettività dovendo gestire una piccolissima e sparuta minoranza. Per loro era un test decisivo. Se confermato alle prossime politiche, sarebbe il loro trionfo, perché questo vorrebbe dire garantirsi la presa del potere con un semplice 11% dei voti complessivi, pari a 6 milioni di persone in tutto il territorio nazionale: risultato facilissimo da ottenere. A questo serve tenere sulla griglia la nazione, passando da uno scandalo all’altro, mostrando nei talk show gestiti dalla cupola mediatica asservita che sono tutti corrotti, che tutto è sfasciato, che chiunque si occupi “ufficialmente di politica” è degradato, ladro, mascalzone. Una vera pacchia, per Monti & co.. In tal modo si spinge la gente a non voler votare più, e loro devono gestire un consenso davvero molto ma molto esiguo. E’ un gioco da bambini.
Ma c’è Grillo come variabile impazzita.
Il M5s sono i passeggeri della Concordia che non ci stanno.
Paradossalmente sono diventati L’UNICO PARTITO ITALIANO IN ATTIVITA’ ANCORA ESISTENTE, perché composto da cittadini che si vogliono occupare del territorio, del bene comune, che sono indifferenti dinanzi alle grandi strategie proposte dai meccanici strateghi, completamente avulsi dalle teorie demagogiche tecno-mercatiste, dato che loro vogliono occuparsi di politica, nel senso letterale ed etimologico del termine, ovverossia “gestione della cosa pubblica”. Dichiarano, infatti, che non si alleano a nessuno; un politico si può alleare soltanto con un altro politico, mai con un tecnico. Per loro è irrilevante se Crocetta si mette d’accordo con gli amici di Totò Cuffaro, con Lombardo, con i catanesi o con i palermitani. Stanno elaborando dei programmi territoriali che affrontano esigenze cittadine comuni e le proporranno al consiglio regionale. Sono diventati (e così parlano) come erano i neo-eletti del PCI nel 1970, alle prime elezioni regionali in Italia quando in Sicilia la DC prese qualcosa come il 40% dei voti e il PCI entrò per la prima volta nella gestione della cosa pubblica in meridione con una percentuale piccola ma compatta perché allora il capogruppo dichiarò “non ci alleiamo con nessuno perché noi ci occupiamo di politica e non di appalti, andiamo in consiglio per portare la voce dei lavoratori e non degli speculatori, dei muratori edili e non dei costruttori corrotti, dediti soltanto alla distruzione selvaggia del territorio attraverso la cementificazione forzata”, questa dichiarazione del 1970 è quasi identica alle prime cose dette da Cancelleri appena eletto. Mentre il comunista (attuale) Crocetta parla come Andreotti e Salvo Lima nel 1970, facendo sfoggio di democrazia e consenso, senza rammentare che i voti della sua lista sono quelli degli amici di Totò Cuffaro, mafioso reo.confesso, che lo ha sostenuto elettoralmente facendo campagna elettorale dalla galera, dato che non mai smesso di fare ciò che lui definisce “attività politica”. Sembra un Paradosso: è la realtà attuale.
Una meraviglia: la Sicilia ha smascherato davanti a tutti il Grande Paradosso.
Beppe Grillo è l’unica personalità politica antagonista a Monti, perché il suo movimento è l’unico a “non essere tecnico”. Il maggior difetto imputato al M5s (mancanza di esperienza nei giochi delle correnti, mancanza di esperienza nelle attività del corridoio dei poteri, mancanza di alleanze nel voto, mancanza di rispetto delle gerarchie esistenti, ecc.) diventano la loro maggiore virtù. Se Crocetta dice a un consigliere del M5s che non si può far varare quel provvedimento perché c’è un divieto di Tizio che è dell’opus dei, si sentirà, è probabile, fare la domanda “ma chi è l’opus dei”? Questo vuol dire fare politica: mettere i cittadini prima delle aziende, mettere le persone prima delle sigle, mettere le esistenze prima dei mercati. E da lì, dalla politica del territorio, dalla gestione comune di un’esigenza collettiva riattivare un circuito virtuoso di interesse e adesione. Badate bene che “adesione” non vuol dire “consenso”.
“Consenso” è una trappola: è la variante usata dai “tecnici” (finto-politici) per giustificare l’ansia di visibilità, di narcisismo, di controllo del territorio attraverso leve clientelari. I “politici puri” propongono programmi basati sulle loro idee e chiedono adesione a quel programma, non cercano consensi. Monti & co. se ne fregano dei consensi, infatti. Per loro basta che il parlamento aderisca ai loro ordini.
Due ore dopo i risultati, l’agenzia Fitch ha abbassato il rating della Regione Sicilia a BBB- un centimetro prima del default. La società J.P.Morgan ha ricordato subito al governo italiano che la Regione Sicilia deve 945 milioni di euro entro dieci giorni, soltanto per interessi sui derivati, dato che negli ultimi 5 anni sono stati investiti diversi miliardi di euro in speculazioni finanziarie ad alto rischio internazionale e adesso bisogna pagare. Bisognerà dunque scegliere: o si pagano gli interessi e ci si indebita ancora di più fino alla totale strozzatura, oppure non si paga più il debito su interesse e si comincia subito a risparmiare.
Sappiamo già come andrà a finire.
Da domani inizia la nuova campagna elettorale per la Sicilia dato che indiranno nuove elezioni ad aprile del 2013 (lo stesso giorno delle politiche probabilmente) poichè non riusciranno a governare. Stanno lì (proprio in quanto “tecnici”) unicamente per pagare gli interessi composti ai colossi della finanza ai quali è stata svenduta la Sicilia. Poi, di qui a tre mesi arriva il conto che non può più essere rimandato. Monti spera che di qui ad aprile l’astensione raggiunga anche livelli ben più alti e massicci, intorno al 65, 75%, il loro vero ideale. Ma in questi sei mesi il M5s avrà anche l’opportunità di farsi ascoltare, vedere, sentire dalla cittadinanza che prima non li conosceva, per i prossimi sei mesi di continua campagna elettorale.
Spetta al movimento di Beppe Grillo scuotere il 52% e far politica.
E’ rimasto l’unico leader di Partito in attività.
Tutti gli altri sono impiegati tecnici di strutture decotte che non rappresentano più nessuna autentica realtà territoriale, tant’è vero che nessun leader è andato in giro per la Sicilia. Per loro i voti si decidono nelle riunioni al vertice quando parlano delle fondazioni bancarie.
E questo è il cambiamento vero.
Nel paese del Paradosso della Surrealtà, Grillo propone come offerta: la Politica.
E sembra a tutti una novità rivoluzionaria.
Forse lo è.
Di sicuro ha un Senso.
Certamente, nel mio mondo semplice ed elementare, non ha nessun Senso sotto alcun punto di vista che un Presidente comunista come Crocetta, noto per le sue attività anti-mafiose, che ha scelto di fare l’outing sulla sua personale scelta sessuale, sia stato eletto dai voti degli amici del mafioso Cuffaro, con il sostegno del partito più omofobo, più anti-gay e più conservatore d’Italia. Contento lui! Vuol dire che ama vivere in un mondo insensato. I grillini portano avanti esigenze elementari e discorsi diretti: “vogliamo un Senso”, questo è ciò che dicono. Sono gli unici a comportarsi come militanti di un Partito. Gli altri, i piddini, pidiellini, rifondatori e uddicini sono soltanto tecnici impiegati che devono gestire delle complesse aziende esistenziali in multi-proprietà consociativa. Nella loro mente, questa sarebbe politica.
Ho letto oggi con avidità tutte le dichiarazioni e diversi bloggers con commenti sulla Sicilia. Dicevano tutti pressappoco le stesse cose. Tranne uno. Non posso non sottolineare il fatto che l’autore del post (e il blog in cui scrive) sia una persona che si occupa di attività spirituali, di pulizia interiore dell’anima, di risveglio della coscienza, e –in quanto tale- si pone come soggetto individuale attivo nel sociale, seguendo la tradizione culturale che lo ha formato, quella della antroposofia steineriana. La sua analisi, pur con alcuni distinguo, la considero non soltanto condivisibile ma davvero esemplare di una lucidità di ragionamento e di analisi che non a caso sono il frutto di un profondo lavoro della coscienza individuale verso il risveglio, soprattutto per il fatto che si occupa dell’attualità e parla (necessariamente) anche di economia, ma senza la squallida prosopopea ormai di moda dei nuovi fautori del pensiero unico omologato, vittime inconsapevoli del lavoro “politico” (questo sì tutto politico) dei nostri governanti: spingere il popolo a occuparsi di tecnicismi, di teorie economiche, di aliquote, calcoli matematici, facendo credere loro che la propria salvezza passa attraverso l’applicazione di questa o quella teoria della moneta: basta che parlino sempre di soldi, questo vuole ed esige il Potere Politico del governo Monti; così si depaupera spiritualmente una nazione..
La salvezza passa invece soltanto attraverso il risveglio individuale e collettivo. Da salvare vi sono soltanto le esistenze delle vite vere vissute veramente nella realtà quotidiana, ora dopo ora. Perché questo è ciò che conta: non i numeri, ma le persone. Non la teoria, ma la prassi. Non la scelta di campo, ma il proprio comportamento nella relazionalità con i nostri simili. Il fine, se si vuole far Politica davvero, consiste nel far passare il principio tale per cui non esiste e non può esistere nessuna forma di felicità a meno che non sia collettiva, di tutti, per tutti, pienamente condivisa, senza escludere nessuno. Non bisogna convincere neanche una persona, non c’è nulla di cui bisogna essere convinti, basta cominciare ad occuparsi del proprio Sé purchè inserito in un Noi finalmente ritrovato, a condizione che non sia un club, un ghetto, una setta, una loggia, un gruppo di eletti, illuminati o spenti che siano. C’è già la classe politica che ci rappresenta al governo a ricordarci ogni giorno, attraverso l’immissione di paure, incertezze, disagi e negatività, che loro sono superiori. Per questo ci tassano e ci tartassano, perché ci hanno fatto incorporare l’idea che noi siamo inferiori. Non esiste nessuno superiore, quindi non esiste nessuno inferiore. E’ soltanto una strenua battaglia politica tra chi rappresenta gli interessi di un’oligarchia criminale dedita soltanto alla salvaguardia del privilegio dei pochi, e coloro che aspirano (e pretendono) di vivere in un mondo dove alla cittadinanza venga garantito il rispetto e la salvaguardia del proprio sacrosanto diritto a essere considerato, trattato e rispettato, prima di ogni altra cosa, come una Persona nata libera. Non come un numero da aggregare in un dato statistico.
Questo autore si chiama Fausto Carotenuto. Il suo blog si chiama coscienzeinrete.net.
Ecco il suo post che riporto qui per intero.
29 Ottobre 2012 Scritto da  Fausto Carotenuto
“Chi ha vinto in Sicilia? EUROLANDIA. Ma anche le coscienze dei siciliani In evidenza.
Sintesi: dalla vittoria di Crocetta emerge un quadro di potere diverso, sia a livello nazionale che siciliano. Una vittoria per i poteri di controllo internazionali, ma anche più spazio per le coscienze. Crocetta: una strana mistura di bella antimafia e di strane pulsioni a privatizzare e a ridurre l’autonomia istituzionale siciliana. Grillo che raccoglie parte dei risvegli, ma li tiene su una frequenza di odio ed è inconsapevolmente funzionale ad un disegno di strategia del terrore nei confronti della vecchia classe politica, per spingerla in altri ovili… I poteri oscuri vincono ancora, ma per farlo sono obbligati a perdere terreno in favore delle libertà dei siciliani. Crocetta, candidato antimafia di Bersani e di Casini, viene nominato Governatore della Sicilia. Grillo ottiene un grande risultato e con oltre il 15% dei votanti diventa il primo partito siciliano. Il PDL e la destra affondano, sia perché travolti dagli scandali, sia perché divisi al loro interno. Oltre la metà degli elettori non è andata a votare, dimostrando che in Sicilia sta crollando anche il vecchio e ferreo meccanismo clientelare.
Chiari segnali per la politica nazionale, che dovrà trarne le conseguenze.                   Cosa è successo, e cosa succederà?                                                                                  Non è facile capirlo e dirlo in poche parole. Ma proviamo.
Bisogna partire dai fondamentali di quello che sta accadendo in Italia ed in Europa, e poi tutto forse diventa più chiaro: L’unico evento di grande portata in atto è da un paio di decenni l’onda di risveglio di coscienze, a livello orizzontale e locale, che si occupa di libertà individuali, di ecologia, di animalismo, di olismo, di nuove spiritualità, di buone pratiche, di beni comuni, ecc. Un grande risveglio delle coscienze che sta già modificando i gusti di masse ancora minoritarie ma importanti, e che comincia a condizionare le scelte politiche ed economiche. E che nei prossimi anni pretenderà di entrare in politica con una visione libera e difficilmente assoggettabile ai grandi poteri. Di fronte a questa onda per loro minacciosa, che si svolge a partire dal locale e dall’orizzontale, i poteri storici di manipolazione (certe massonerie e certi ordini religiosi), hanno deciso di reagire indebolendo l’importanza e la forza politica dei tessuti locali, per verticalizzare ed accentrare il potere. Allo scopo di controllarlo meglio. Come primo passo lo stanno facendo rafforzando il superstato Europeo. Per obbligare a questa riconversione l’Italia ed altri Paesi, hanno creato una crisi finanziaria ed economica devastante, rispetto alla quale hanno presentato - come unica soluzione obbligata - la centralizzazione di tutto il potere nelle istituzioni europee. E il depotenziamento di tutte le strutture politiche ed istituzionali locali. Per depotenziare le strutture politiche e di affari locali, bisogna indebolire o distruggere le lobbies politico-affaristico-malavitose che hanno dominato l’Italia finora. Non importa se lo hanno fatto al servizio di quegli stessi poteri che ora le stanno distruggendo. La realtà è che non sono più funzionali ai poteri di manipolazione perché sempre di meno il loro modo di fare assicura il controllo dei territori e sempre di più produce, per reazione, il risveglio della gente. Quello che ora questi poteri vogliono ottenere è una classe politica meno legata ai territori e più connessa solamente a loro ed alle direttive europee. Meno indipendente e frazionata. Che diventi strumento docile delle politiche centralizzanti. Come lo stanno ottenendo? Con alcuni strumenti principali:
1.Un governo tecnico agile, indipendente dal Parlamento e dalle lobbies territoriali e capace di obbedire prontamente alle direttive superiori. Capace di utilizzare la crisi finanziaria per depotenziare le istituzioni locali e svendere le ricchezze dello Stato, incluse le aziende ed i beni comuni.
2.Una serie di scandali ed arresti che, dimostrando l’indegnità della classe politica attuale, ne facilitino il condizionamento e la sostituzione. E consentano di buttare via pezzi preziosi di istituzioni locali insieme ai ladri che le hanno occupate.
3.Una opposizione come quella grillina, che dice spesso la verità, che raccoglie consensi soprattutto nel movimento del risveglio, ma che non ha possibilità concrete di raggiungere maggioranze di governo. E quindi non disturba i poteri veri, in quanto mette “in frigo” pezzi di risveglio e per di più li tiene su una deleteria frequenza di odio. Ed inoltre ha un effetto terrorizzante per la vecchia classe politica: la paura di perdere il posto o di finire in galera. E quindi l’obbligo per i vecchi politici di convergere sui nuovi vincenti: i circuiti e le lobbies massoniche e religiose che sostengono la centralizzazione europea. Anche volendo buttarsi dalla parte dei grillini non possono, perchè questi giustamente non li vogliono. Chiusi in una tenaglia tra magistrati e grillini, i politici italiani stanno diventando progressivamente il disciplinato esercito di Eurolandia. Chi resiste, non si ricicla nella direzione “giusta” o non è più adatto, viene eliminato dalla scena.
Questa la base per comprendere cosa sta succedendo in Sicilia. La grande astensione e la vittoria di Grillo dimostrano che il risveglio avanza a grandi passi nella bella Trinacria.
Ma l’alchimia che dà la vittoria a Crocetta con pochissimi voti effettivi è perfettamente funzionale al disegno di cui abbiamo scritto sopra. Che il buon Crocetta ne sia cosciente o no.
Quali i punti forti del suo programma?
Lotta alla Mafia ed alla corruzione, privatizzazioni spinte, riduzione dei poteri della Regione.
I grandi circuiti gesuitico-massonici che sono dietro la centralizzazione europea non potevano avere un risultato migliore. Che si aggiunge alla presa gesuita del potere palermitano con il Sindaco Orlando. Cosa accadrà ora in Sicilia ed a livello nazionale? Una parola d’ordine viene per il vecchi circuiti politici da queste elezioni: cerchiamo rifugi sicuri presso chi sta vincendo. I grillini non ci vogliono, e quindi siamo pronti a nuove alleanze, a nuove formazioni che siano di gradimento del circuito massonico-gesuita. Ecco, quello che si prefigura è la formazione di un fronte compatto europeista. Le prossime elezioni parlamentari si giocheranno proprio su questo tema: chi sta con l’Europa è saggio, sensato, e vuole salvare l’Italia. Questo diranno tutti i media. Chi invece vocifera contro l’Europa - stando con quei risvegliati che sono tra i grillini e con quei pezzi di antichi e corrotti poteri locali che non vogliono mollare l’osso del potere - verrà considerato pazzo, sovversivo ed intenzionato a ridurre in povertà ed alla fame il popolo. Indovinate chi vincerà le elezioni nazionali…In Sicilia il risultato netto di queste elezioni regionali è buono per le coscienze e per la libertà. Per la necessità di arroccarsi a Bruxelles, i poteri di manipolazione stanno indebolendo quei poteri locali politico-mafiosi che hanno creato tante piccole gabbie asfissianti per la Sicilia ed ogni suo territorio. E’ vero che lo fanno per metterci tutti, anche i siciliani, in una gabbia più grande. Ma una gabbia meno asfissiante, meno invasiva delle libertà individuali, di quella che ha occupato per ragioni di potere il Sud per decenni. I grandi poteri sono obbligati a retrocedere verso Bruxelles perché ovunque, anche in Sicilia, non funzionava più il vecchio modello di controllo del territorio. Ora l’antico modo mafioso e corrotto di far politica produce più risvegli per reazione che clientele. Con il rischio della perdita totale del controllo.
Ecco, il risultato netto è in una progressiva maggiore libertà possibile per i siciliani.
Ma non data dai politici, bensì lasciata andare dai poteri di manipolazione perché proprio non possono farne a meno. Di fronte alla montante e positiva onda di risveglio. Cosa fare ora? Rimanere coscienti che quella che si sta aprendo è una nuova gabbia, tutta da conoscere, per usarne i nuovi spazi tra le sbarre. E vigilare, muoversi sul proprio territorio, evitare di odiare, e costruire, pezzo pezzo, una nuova realtà virtuosa ed amorosa. A partire da se stessi. E’ questo che più atterrisce i poteri oscuri e li obbliga a cedere terreno.
Come fa la luce con l’ombra.


sabato 27 ottobre 2012

Siciliani! Nel nome di Luigi, Salvatore e Leonardo: regalateci un'utopia.



di Sergio Di Cori Modigliani


Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.

                                                                                      Salvatore Quasimodo






Va presa molto alla lontana, perché noi italiani veniamo da lontano.
La novità geo-politica del momento viene dal continente americano, dall’altra parte  dell’Oceano Atlantico, soprattutto dal Sudamerica.
Noi europei, e soprattutto noi italiani, siamo in netto ritardo con gli appuntamenti della Storia. Gli americani (dal Canada al polo sud) hanno un grande vantaggio su di noi: sono giovani, dinamici, vivono proiettati nel futuro. Sono più leggeri, e quindi più coraggiosi, sfrontati, azzardano di più, cercano meno sicurezze, perché vogliono crescere in maniera spensierata. Noi, invece, ci portiamo appresso l’inevitabile peso del fardello dei millenni che ci hanno preceduto. Ma abbiamo un unico grandioso vantaggio, ed è su quello che dobbiamo puntare: il grandioso rovescio dovizioso di quella pesante medaglia. Perché dalla Storia, o ci si fa travolgere dal suo impietoso peso, oppure se ne traggono delle succose verità, esperienze, precedenti, suggestioni, bussole, mappe psico-geografiche collaudate nei lungi secoli che ci hanno preceduto.
Su questa prospettiva, ancora una volta, la Storia d’Europa si ripresenta fedele a se stessa. Parliamo qui dell’esito delle elezioni regionali in Sicilia il 28 ottobre.
Perché tutto ciò che ha determinato il destino dell’Italia è nato sempre prima in Sicilia.
Davvero un affascinante destino. Forse questo è il “Senso di essere un’isola”.
Come la Gran Bretagna per ciò che riguarda l’Europa continentale del settentrione.
La Sicilia è stata sempre l’avanguardia dei più importanti sommovimenti politici e culturali non soltanto negli ultimi 50 anni, bensì negli ultimi 2500 anni.
Quando l’Europa era ancora semi abitata, nel V. secolo avanti Cristo, e le popolazioni erano per lo più composte da piccole tribù locali la cui attività principale consisteva nel sopravvivere alla meglio, nell’isola siciliana,  gli abitanti, il giovedì sera, si radunavano a Segesta e Selinunte per  andare a godersi lo spettacolo colto della rappresentazione teatrale delle tragedie scritte da Eschilo e Sofocle. Dopo essersi sfogati in disperati pianti collettivi, ritornavano nelle piazze affollate a mangiare e ballare insieme,  dove rimanevano alzati fino a notte fonda a discutere sul Senso dell’esistenza.    E da lì, poco a poco, famiglie dinamiche con il gusto del viaggio e dell’esplorazione, cominciarono a risalire la penisola, portandosi appresso i primi germi del dna culturale depositato in quella terra feconda che gli storici chiamano, da sempre, Magna Grecia.
La Sicilia, dopo l’affermazione dell’impero romano, divenne il centro propulsivo dell’incontro e scambio, sia commerciale che culturale, delle etnie e mercanti che provenivano dall’Africa, dall’Asia Minore e dagli imperi persiani e indiani. La Sicilia fu l’avamposto strategico, sia militare che culturale, dell’imperialismo romano. E fu la prima zona d’Europa a essere contaminata dal cristianesimo, già intorno al 50  dopo Cristo. Lì avvennero le prime grandi rivolte contro l’impero centrale di Roma per la ribellione e rivolta degli esattori locali che intorno alla fine del III secolo cominciarono a protestare con sempre maggiore virulenza. E quando crollò l’impero, nel 476, la Sicilia fu l’unica a non essere invasa dai barbari che provenivano dall’Europa dell’est, mantenendo la propria autonomia e indipendenza, posizionandosi come una delle zone più ricche e dinamiche dell’intero bacino del Mediterraneo. Per centinaia di anni, l’Europa venne attraversata da orde di barbari aggressivi che distrussero e devastarono tutto ciò che trovavano. A Roma, intorno all’anno mille, abitavano non più di 20.000 persone, per lo più pastori di greggi, piccoli contadini, e non esisteva nessun tipo di attività, nessun rapporto con il mondo esterno, mentre in Sicilia il fermento dei nuovi tempi produceva già i primi cambiamenti di una nuova epoca e di lì a breve avrebbe prodotto quella che i sociologi e gli antropologi inglesi definiscono “la più grande rivoluzione culturale mai verificatisi in Europa negli ultimi 1000 anni” prodotta e guidata da una poderosa nuova classe intellettuale siciliana. E’ stato in Sicilia che è nato l’Umanesimo, poi diffuso in Toscana. E’ stato in Sicilia, intorno al 1260, che è stato gettato il germe del “dolce stil novo” che ha completamente capovolto l’immaginario collettivo dell’epoca, dando vita alla costruzione di una civiltà europea evoluta e colta. Lo stesso Dante Alighieri riconobbe la paternità siciliana del movimento, piazzando il suo leader e fondatore nel Purgatorio, dove ne parla in maniera davvero eccelsa. Fu un siciliano a gestire e cambiare completamente la prospettiva dell’idea del mondo in quell’epoca. Si chiamava Jacopo da Lentini e di professione faceva il notaio, ma in Sicilia era stato “formalmente” eletto come responsabile rappresentante di Federico II di Svevia, l’unica personalità che allora contava, in un’Europa spenta e addormentata. Grande viaggiatore curioso, aveva portato in Sicilia la tradizione del canto provenzale, e aveva introdotto tra i nobili dell’epoca il ritorno all’esercizio della cultura e delle arti lanciando il primo programma mai inventato sulla Terra di istruzione di massa. Cambiò la coscienza collettiva perché modificò gli status symbol: il più nobile e rispettato non era più colui che aveva più terre e più ricchezze, bensì colui che riusciva a diffondere il più alto grado di istruzione tra i propri schiavi dipendenti, i quali avevano la possibilità di guadagnarsi la promozione sociale sulla base di un merito culturale e scientifico acquisito. Se andate a Stratford on Avon, all’ingresso del museo locale destinato al Grande Bardo, trovate una curiosa placca accanto a un foglio originale dell’epoca “A Jacopo da Lentini, con eterna gratitudine, per avere inventato il sonetto d’amore”, firmato William Shakespeare. Risale a quei tempi l’amore per la Sicilia da parte degli inglesi.
Jacopo da Lentini inventò la poesia moderna, il sonetto, la ballata, la canzone d’amore, e codificò il concetto di galanteria “inventando” la seduzione tra maschio e femmina e quindi penalizzando lo stupro –in una lettera al Papa lo definì un attributo del diavolo e un insulto all’umanità di ogni cristiano- denunciando l’applicazione dello jus primae noctis, e l’imposizione del matrimonio come norma giuridica che non presupponeva l’approvazione da parte della femmina, considerata priva di anima e di capacità legale di comprendonio. Essendo il notaio del Papa e di Federico II di Svevia, era il custode della Norma: cambiò i contratti di matrimonio istituendo l’attribuzione di facoltà sentimentali alle donne, creando un nuovo modello d’immaginario collettivo maschile: la donna andava conquistata con la poesia e non con la forza. Tutte le accademie europee sono d’accordo già da molto tempo nell’aver identificato in lui il più importante “rivoluzionario mediatico” (tanto per capirsi) dell’epoca, vera e propria avanguardia di un movimento di pensiero che avrebbe prodotto i primi germi dell’Italia. Non è azzardato sostenere oggi che “L’Italia è nata nel 1265 in Sicilia”. Jacopo scriveva in siculo (i sonetti e le canzoni) e in latino la corrispondenza con papi e re. Ma ben presto “inventò” una nuova lingua di comunicazione per aumentare la relazionalità tra popolo e aristocrazia: la vulgata, cioè la lingua italiana. La prima sintassi della nostra lingua è nata lì, sulle spiagge siciliane, 747 anni fa. Dante Alighieri e le corti toscane furono i grandi raccoglitori, i divulgatori di quel preziosissimo seme che il grande fiorentino ebbe la geniale intuizione, e l’indubitabile talento, di raccogliere e farlo proprio..
Pensare a un’Italia senza la Sicilia è inconcepibile: è la nostra patria legittima.
Siamo tutti figli della Sicilia, in quanto italiani.
Lì è nato militarmente il Risorgimento verso l’unità d’Italia, lì è nato il primo nucleo originario del movimento fascista, nel 1919, attraverso la costituzione dei primi nuclei di contadini che combattevano contro la prepotenza dei latifondisti sotto la sigla “fasci siciliani di combattimento”, e lì è nato anche il primo nucleo di resistenza contro i nazisti; lì è nato l’attuale mondo moderno governato dalla cupola planetaria, quando nel 1943 Franklin Delano Roosevelt, raccogliendo le pressioni del generale Eisenhower, chiuse un accordo strategico con Lucky Luciano per garantirsi la copertura territoriale da parte della mafia locale nello sbarco dei marines, per liberare l’Europa dai nazisti. Lì si misero le fondamenta dell’accordo Stato-Mafie, e la criminalità organizzata venne promossa e accolta all’interno del mondo finanziario globale delle banche. Tutto ciò che oggi succede, e a noi sembra una novità, è semplicemente una logica conseguenza di scelte strategiche planetarie condotte e realizzate allora. Da lì, dalla Sicilia, a metà degli anni ’40 si posero le prime pietre del nuovo ordine mondiale che si sarebbe dovuto costruire sulle ceneri dell’impero tedesco hitleriano: un mondo suddiviso in zone di influenza e di competenza, gestito da un’oligarchia nascosta e clandestina che avrebbe potuto usare la criminalità organizzata come proprio braccio armato, vero e proprio esercito consolidato nel territorio, in rappresentanza dei colossi finanziari appartenenti alle grandi dinastie del privilegio.    Ma già nel1946, i siciliani, tutto ciò l’avevano capito. Così come avevano capito che l’avanguardia della lotta passava attraverso la lotta cruenta contro il latifondo e lo sfruttamento da parte dei padroni agrari. E lì, il nuovo potere democristiano al servizio dell’America business che investiva sull’Italia serva (il piano Marshall) usò subito la mafia come proprio braccio armato anti-sindacale. La strage di Portella delle Ginestre rimarrà sempre impressa nella memoria collettiva della nazione Italia, come la punta dell’iceberg delle intenzioni dei nuovi custodi dello status quo. Eppure, quelle vittime innocenti, autentici martiri di una lotta appena agli albori, non fu vana. Perché partì proprio dalla Sicilia l’inizio istituzionale del miracolo economico italiano. Fu nel febbraio del 1951, dopo un lunghissimo e franco colloquio tra Alcide De Gasperi e il sindacalista Giuseppe Di Vittorio, che il leader democristiano si rese conto che l’Italia non sarebbe mai potuta entrare nella modernità se prima non fosse stata varata una gigantesca (e autentica) riforma agraria. E decise di accogliere il piano prospettato dai siciliani. Furono le lotte dei contadini siciliani e dei lavoratori edili a Gela, nel siracusano, nel messinese, che protestavano contro lo strapotere della nuova industria del cemento e del mattone, a dare il via alle grandi rivolte sindacali che poi infiammarono il paese, portando la nazione alla conquista di evoluti risultati nel campo del sacrosanto Diritto del Lavoro e Diritto al Lavoro. E fu sempre in Sicilia che iniziò la denuncia del consociativismo tra classe politica e mafia, di cui Pio La Torre prima, e Giuseppe Fava poi, divennero gli emblemi, entrambi assassinati. E fu lì, in Sicilia, il luogo in cui il nuovo ordine mondiale chiarì subito agli albori degli anni’70 –come mònito alla classe degli intellettuali e ai professionisti dei media- che i giornalisti ficcanaso che invece di aderire alle consegne dei partiti intendevano denunciarne la complicità con la mafia, sarebbero tutti finiti come Mauro de Mauro e nel decennio susseguente come Mauro Rostagno.  Lì avvenne la prima rivolta contro la dittatura del partitismo, già a metà degli anni’80, e per l’ennesima volta fu la mafia a prestare il proprio braccio militare per soffocare la rivolta nel sangue. E in Sicilia nacque l’humus che avrebbe poi determinato l’esplosione di tangentopoli, perché lì si inceppò il sistema, grazie alla centinaia di inchieste aperte dai siculi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che dal 1982 cominciarono a pestare senza tregua la corruzione locale, di cui scoprirono i tentacoli nelle affluenze derivate del settentrione, e ancora oltre. Senza i faldoni e i dossier delle loro precedenti inchieste, la Procura della Repubblica di Milano avrebbe potuto fare poco o nulla. Non è certo un caso fortuito che per Licio Gelli e la mala pianta dei piduisti fosse di strategica rilevanza promuovere subito ai più alti livelli “certi siciliani”.
Perché la Sicilia deve essere sempre “bonificata” prima, e i siciliani devono stare sotto il tallone di ferro proprio per impedire che germoglino, che prolifichino, che producano Cultura: è troppo forte la ricchezza del dna culturale locale, viene troppo da lontano e non può più essere sradicata, va semplicemente repressa e addormentata. E così, si sono susseguiti negli ultimi venti anni dei semplici ragionieri caporali, veri e propri “comandamenti” il cui compito consisteva nell’espoliare l’isola di ogni risorsa,  promuovere la nuova generazione criminale dentro al polmone finanziario settentrionale ed entrare in parlamento con gli avvocati siciliani per disossarlo di ogni funzione, in pratica abolendo ogni attività utile alla collettività.
Fino alla primavera del 2012.
Lì è di nuovo cambiato tutto.
Quando Mario Draghi ha ricevuto –in strettissimo riserbo- il rapporto confidenziale di Fitch e Standard & Poor’s in cui gli spiegavano che la Sicilia stava fallendo e la dichiarazione ufficiale del suo default avrebbe comportato una immediata reazione a catena sui mercati finanziari, prima quelli italiani,  la settimana dopo sarebbe toccato all’intera Europa. In poche settimane avrebbe finito per travolgere il continente: un buco di ben 9 miliardi di euro non sanabile.
Non sono riusciti a metterci una pezza.

Non è più possibile metterla, la pezza.
Hanno semplicemente rimandato la data.
La Sicilia, dallo scorso marzo, è già “tecnicamente” andata in default molto più profondamente della stessa Grecia, e gli analisti finanziari ne sono ben consapevoli.

E’ per questo che hanno indetto le elezioni: sono un referendum per cercare di capire “quanto” e “come” e “fino a dove” il popolo che vota ha capito il reale stato della situazione reale. Per sapere fino a dove possono arrivare impunemente.

Chiunque vinca tra Miccichè, Musumeci e Crocetta, sarà irrilevante, sono intercambiabili. Vincerà sempre e comunque Lombardo, il Grande Tessitore di sintesi in grado di saper interpretare e gestire gli interessi della BCE, dei grandi colossi finanziari, dell’attuale governo, dell’oligarchia fondiaria, dei rentier  parassitari siciliani e la criminalità organizzata delle grandi famiglie mafiose.

Ma se vince Grillo, l’onda d’urto la si sentirà fino alla Marmolada e fino alla cima del Monte Bianco.
Non perché Grillo, nel caso vincesse, abbia la benché minima possibilità di risolvere subito gli irrisolvibili problemi della Sicilia attuale, quanto piuttosto per il fatto che farà da diga, e l’ennesima emorragia sarà evitata, ai siciliani prima, e dopo qualche mese al resto del paese.
Non tanto per ciò che c’è nel programma di Beppe Grillo, quanto piuttosto per ciò che non c’è. Quello, davvero conta, e fa la differenza. Perché è la prima volta nella storia della Sicilia moderna che un leader politico e il movimento che lui rappresenta non offrono nulla. Perché sanno che non c’è nulla da offrire.
Chi vota per Grillo non otterrà mai neppure uno straccio di lavoro, nessun grillino, infatti, ha proposto lo scambio attraverso i suoi clientes. Ma se vincono gli altri, non ci sarà comunque uno straccio di lavoro per nessuno, perché nessuno tra Musumerci, Miccichè e Crocetta è in grado di mantenere neppure una delle promesse fatte in campagna elettorale, e niente di ciò che loro dicono ha un qualsivoglia legame con l’autentica realtà siciliana.
Da questo punto di vista, la crisi economica gioca a favore di un clamoroso esito elettorale. A Roma, e a Bruxelles, i soliti soldi a perdere, in cambio di voti, non ci sono più.
Non solo.
Inizieranno i licenziamenti a raffica, pena l’ufficiale commissariamento da parte dell’Europa, nel caso non lo voglia fare il governo nazionale.
E’ un’occasione storica da non perdere.
Chi pensa che votando per un certo candidato riuscirà comunque a ottenere anche un esiguo profitto o qualche vantaggio di posizione o un lavoro, ha fatto molto male i suoi conti. Nessuno avrà nulla.
I candidati, ad esclusione di Beppe Grillo, sono semplici esecutori fallimentari che devono esercitare una loro precisa e specifica competenza ai danni della popolazione siciliana.

Se il popolo siciliano avrà questa consapevolezza, potrà godere di una libertà che non ha mai potuto esercitare dal 1946, sempre ricattati nel nome del bisogno, sempre illusi nel nome di una prospettiva, sempre ammaliati con il ricatto di una possibilità, di una speranza, di un forse domani. Non c’è nessun domani.
Lo scorso giugno Lombardo ha ottenuto 456 milioni di euro che sono serviti soltanto a pagare il 56% degli interessi passivi aggiunti e garantire la tenuta degli stipendi.
I conti veri (e su questo la BCE è molto attenta) son ben altri. E li dovranno trovare a Roma, dove useranno il solito giochino dell’odio anti-meridionalista per giustificare una necessaria manovra suppletiva per scadenze inderogabili, dato che ci sono almeno dieci colossi finanziari che vantano crediti per miliardi di euro e non intendono certo rinunciarci.

E’ una occasione unica per i siciliani per dare una spallata e regalare al resto d’Italia il “la” al paese continentale. Perché la Sicilia è sempre avanguardia in Italia. Perché la Sicilia ci ha regalato nel secolo scorso, certamente non a caso, tre giganti del pensiero e della Cultura, Luigi Pirandello, Salvatore Quasimodo e Leonardo Sciascia. La poesia e la narrativa esistenziale è nata in Sicilia, prima con la tragedia greca, poi attraverso Jacopo nel medioevo e infine attraverso la rifondazione del romanzo e della poesia. La Sicilia è inoltre l’unica regione italiana dove c’è stato un imprenditore indipendente nel campo editoriale che ha messo su (dal nulla) un’impresa autonoma con i propri soldi e ha sfondato sul mercato senza mai cedere: Elvira Sellerio. In tutte le altre regioni, quelli che hanno avuto successo, dopo un po’ hanno ceduto, mantenendo soltanto il marchio ma vendendo le quote a Rizzoli o a Mondadori, la grande industria culturale responsabile della narcolessia massificata omologata.

E’ l’argomentazione sloganistica usata da Beppe Grillo nel corso della sua campagna elettorale, che fa la differenza.

Se n’è andato in giro per l’isola a dire a tutti “votate per voi”, ricordando che chi vota per lui non otterrà un bel nulla, se non la soddisfazione di aver recuperato la propria autonomia e sapere che sta facendo tremare il quartiere generale di chi gestisce il privilegio.
I siciliani hanno sempre votato per qualcuno che non faceva i loro interessi perché si sono ammalati di amnesia, dimenticando di essere sempre stati l’avanguardia della nazione, vittime della paura, della rassegnazione, dimèntichi di sé. E’ sulla paura che vince l’oligarchia. E’ su questa paura che investono, speculano e lucrano passando all’incasso.
Se in Sicilia vince uno dei soliti, il risultato verrà interpretato, gestito, e usato come semaforo verde per seguitare a organizzare un sistema scientifico di espoliazione di ogni minima risorsa rimasta ancora disponibile. E verrà considerato come un grande applauso nei confronti della classe “superiore” (così pensano di essere) da parte della classe “inferiore” (così pensano che i siciliani siano).

I siciliani hanno la possibilità di lanciare un segnale forte.
Di regalare un’utopia e un progetto al resto dell’Italia, di illuminare la strada per il resto degli italiani, come hanno sempre fatto.

Siciliani,  voi sapete come si fa, visto che fa parte della vostra Cultura.

E illuminateci a tutti.

L’Italia sta veramente nel buio pesto.
Si ascoltano voci delle più strane categorie urlare dentro un tunnel oscuro, ammaliati e ipnotizzati dal miraggio di una luce in fondo, che sanno tutti non è mai esistita e non c’è.

Abbiamo bisogno di un terremoto culturale, come quello che ci avete regalato a suo tempo con Luigi, Salvatore e Leonardo.

Restiamo in attesa.

Ne abbiamo davvero bisogno tutti, come nazione e come Stato.

giovedì 25 ottobre 2012

Ecco i giovani che avanzano. Il giovane Dario di Varese è un ottimo esempio della nuova Cultura di cui abbiamo bisogno.


di Sergio Di Cori Modigliani


Era ora che i giovani si facessero largo.
Ma prima una breve premessa cronachistica.
Un paese di servi deferenti.
Questa è la sintesi della giornata di oggi riguardo l’annuncio di Berlusconi che ha dichiarato di non ricandidarsi alle prossime elezioni.
Intendiamoci, non è una novità scoprire che questo paese sia composto in larga misura da persone servili.
La classe politica e la cupola mediatica mainstream, ha definito “l’atto politico” di Berlusconi con le stesse modalità, cambiando qua e là soltanto i verbi e gli aggettivi. Da “generoso atto di responsabilità” a “persona intelligente che prende atto di”, da “se ne va prendendo atto del crollo del suo partito” a “un passo indietro per lanciare le primarie”, alcuni arrivando addirittura  a definirlo “un atto coraggioso”. Il fine, fin troppo ovvio, consiste nel chiudere il ventennio berlusconiano con un” tarallucci e vino” che regali totale amnistia agli attuali rappresentanti in parlamento. Va da sé, opposizioni comprese. E quindi, imbavagliando la magistratura che – pro bono sua- comprenderà l’antifona e proporrà un italiota “facciamo di necessità virtù” decidendo di stendere un velo pietoso su vent’anni di ladrocinio, lanciando un indulto non dichiarato. Tana libera tutti.
 Due uniche eccezioni, di segno opposto, entrambe attendibili, anche se per motivi diversi.
Sono, il suo migliore amico politico, Umberto Bossi e il suo migliore nemico politico, Antonio Padellaro.
Bossi, infatti, ha dichiarato più o meno così: siete un branco di scemi, non si è affatto ritirato e ci siete tutti cascati come pere cotte, sta sempre lì, dietro le quinte, perché deve salvarsi il culo.
Padellaro, dal canto suo, ci ha spiegato invece: ma quale atto responsabile! Berlusconi è scappato via a gambe levate per evitare il peggio, si tratta di una vera e propria fuga. Che poi, fuga non è, dato che rimane senatore e in parlamento potrà seguitare a operare per salvarsi e salvaguardare i tanti processi che lo attendono. E l’editoriale sul suo quotidiano cartaceo titola, oggi, “Berlusconi scappa via”.
Pochissimi, per non dire quasi nessuno (neanche una striscetta su facebook, neppure accennata anche tra i più livorosi con la bava alla bocca) ha sottolineato alcune connessioni degli ultimi giorni, ovverossia il crollo verticale delle azioni di Mediaset in borsa, le analisi finanziarie sui bilanci delle sue aziende in prospettiva (tutte negative), il crollo del fatturato in pubblicità, perché non esercitando più il potere esecutivo ha dovuto vedersela con la realtà del mercato (dimostrando quindi di essere un pessimo amministratore e un imprenditore di livello minimo, incapace di produrre profitto, perché sta collezionando soltanto debiti). Tutti questi dati messi insieme e incatenati al fatto che venerdì 26 ottobre 2012, verso le ore 17, è attesa, dopo diversi giorni di camera di consiglio, la sentenza del Tribunale di Milano dove lui risulta imputato insieme a Fedele Confalonieri sotto l’accusa di falso, truffa aggravata, appropriazione indebita e altri reati finanziari legati a Mediatrade e all’acquisizione impropria di diritti cinematografici e televisivi ma, soprattutto, la truffa della tripla fatturazione tra Fininvest/Mediaset/Rai. Il processo più importante in assoluto tra tutti quelli in corso, perché va a toccare la spina dorsale del sistema italiano della corruttela nel campo dell’informazione mediatica. Il p.m. ha chiesto 3 anni di galera.
Tutto qui. Questa era la notizia vera.
In un momento come questo, qualunque fosse stato l’esito della sentenza, si sarebbe rivelato un’ atroce batosta per il centro-destra. Se assolto, sarebbe insorta parte dell’opposizione, se ne sarebbe parlato, l’implosione del suo partito sarebbe aumentata fino al punto della deflagrazione e ci sarebbe stata più di una personalità politica a chiedere la sua testa. Se condannato, si sarebbe creato un crollo verticale della Regione Lombardia, il coinvolgimento di diverse persone pronte a confessare di tutto pur di non andare in galera e saremmo entrati nella vera Tangentopoli. Sarebbero saltate diverse teste in Rai e sarebbero andate in fallimento almeno un centinaio di micro-società mediatiche legate a quell’osceno scandalo.
E invece, tutti insieme hanno trattato, la Vera Concertazione Italiana, le Parti Sociali che in questa nazione, ahimè, contano davvero: il governo in carica, i segretari dei partiti, le fondazioni bancarie. Se tutti questi soggetti si mettono d’accordo, la magistratura italiana prende atto delle circostanze e si adegua.
Anche nel caso, domani sera, venisse condannato, il tutto diventerebbe una “notizia diversa” facilmente usabile in forma manipolatoria dalla destra conservatrice, perché Berlusconi verrebbe presentato come autentica vittima sacrificale di chi cerca la vendetta dopo la resa e l’abbandono, alzando il livello dello scontro e ricattando il governo sotto la minaccia del ritiro della fiducia. Se viene assolto, si dà il via libera alla criminalità organizzata (come al solito) perché arriva il segnale chiaro e forte al mondo degli affari: violate pure la Legge, commettete pure ogni forma di reato patrimoniale, tanto poi arrangiamo la faccenda politicamente.
Domani sono attese anche altre due sentenze: una relativa a Nichi Vendola, per il quale i p.m. hanno chiesto 20 mesi di condanna; l’altra a Catania: imputato il coniuge della senatrice Anna Finocchiaro, il quale avrebbe usufruito di appalti compiacenti da parte dell’ex presidente Lombardo senza avere, pare, né le carte in regola né rispettato i parametri legali né tantomeno aver presentato neppure domanda.
Nessuno di questi  procedimenti ha avuto risalto né sul web né su facebook, dove ormai si fanno duelli tra sette religiose e si assiste a faide tra gruppi movimentisti su questioni di macro-.economia o su presupposti complotti di varia natura, mentre nessuno segue (questo vuol dire AVER SOTTRATTO IL SENSO) le pratiche correnti, ciò che accade nel mondo della realtà contingente, nessuno segue più la vera cronaca dello scontro tra magistratura e politica, tra mondo corrotto degli affari e Stato di Diritto, tra privilegio garantito dai partiti e applicazione del principio etico-giuridico in base al quale la Legge è uguale per tutti.
Ho controllato dovunque gli ultimi 82 giorni lavorativi, quelli durante i quali questi  processi si sono svolti regolarmente passando da udienza a udienza. Poche righe. Un  accenno in qualche talk show. Business as usual in Italy.
E’ una prova lampante della totale complicità consociativa tra governo, partiti, affaristi di dubbia reputazione, e cupola mediatica.
Nessuno ci informa più su ciò che accade, tanto meno i partiti perché i loro esponenti più importanti ne sono coinvolti, e si sa come funziona l’Italia: quando va sotto un guelfo è sempre una congiura dei ghibellini. E viceversa. Con le tifoserie appresso dotate di fischietti, gonfaloni, bandiere, e liste da firmare.
Ci vuole un cambiamento di mentalità.
Ci vuole una rivoluzione generazionale.
E va da sé, soltanto i giovani possono operarla.
Oggi, ho avuto la bellissima sorpresa di vedere, finalmente e per la prima volta dopo tanto, troppo tempo, un giovanotto in grado di cambiare le cose, perché in grado di coniugare la Cultura con la Politica e comunicare in maniera semplice, ancorchè complessa, la realtà della situazione italiana,  portando avanti un discorso di pensiero in maniera divulgativa, comprensibile, fruibile da chiunque. Ma soprattutto pieno di Senso.
Il ragazzo è settentrionale, viene da Varese.
Si chiama Dario.
Davvero una lieta sorpresa, perché si è verificato nel mainstream televisivo.
E’ accaduto nel corso di una trasmissione mattutina, coffee break, condotta da Vaime (e già solo per questo è da segnalare come diversa) e da Tiziana Panella, una delle  più intelligenti  presenze femminili nel campo della professione mediatica in video, che va in onda dalle 9.50 alle 10.40 sull’emittente La7.
Hanno introdotto Dario e dopo aver parlato dell’attuale situazione in Italia, gli hanno chiesto la sua opinione.
Ecco che cosa ha risposto il ragazzo alla richiesta di Tiziana Panella di commentare la frase di Monti, quando dice che il governo si è “dovuto” comportare in maniera brutale con i cittadini.
La racconto a modo mio.
Dario ha detto: “Brutale? Direi proprio di no. Non credo proprio sia il termine giusto”.
Sconcerto tra i conduttori.
Dario ha fatto una breve premessa per chiarire l’importanza dell’uso del linguaggio e dei media, che sembra essere uno dei suoi cavalli di battaglia (come per ogni giovane che si rispetti, oggi). E poi ha proseguito con un tono mite, mai aggressivo: “Vede, nella nostra bella lingua italiana, così ricca e variopinta, noi usiamo il termine “brutale” che è un aggettivo di derivazione latina. Viene da Brutus, un antico romano. Costui era un uomo molto severo, poco dedito a compromessi. Allora, nell’antica civiltà romana, lui era venuto a sapere che i suoi figli avevano compiuto dei gravi misfatti, ed era rimasto orripilato per ciò che la sua figlianza aveva commesso. E così pensò che dovevano essere puniti con grandissima forza. E allora li uccise. Quindi, la parola “brutale” va riferita ad un atto violento che si esercita in maniera estrema al fine di comminare una punizione perché è stato commesso un atto riprovevole”. A questo punto si è interrotto un attimo (ha il fiato un po’ corto, forse fuma troppo) e poi ha ripreso: “Io davvero non vedo niente di brutale, quindi, in tutto ciò che fa questo governo. Brutale? Perché mai? Non penso proprio”.
La giornalista era perplessa. Ma poi lui ha aggiunto: “Non sono brutali proprio perché colpiscono persone che non hanno commesso niente; non sono brutali perché chi è colpito non ha colpe e quindi non meriterebbe nessuna punizione. Questi danno mazzate. Il che, in italiano, è diverso. Questi qui, usano la mazza. Colpiscono chi non ha colpa, chi è debole, chi è fragile, chi non può difendersi, chi non ce la fa più già di suo, chi ha molto poco o quasi nulla. Sono mazzate, creda a me. La brutalità è legata, invece, alla colpa. Questi colpiscono gli innocenti”.
E poi ha iniziato a parlare con argomentazioni sensate della situazione attuale dei cittadini italiani.
Ciò che mi ha colpito è stato il tono diverso. L’uso di argomentazioni colte mescolate all’autenticità della narrativa esistenziale, con una voce dolce, ammaliante, senza essere mai aggressivo, né tantomeno sgarbato. Semplicemente avvolgente.
E’ stato come sentirsi di nuovo a casa. Come aver ritrovato una coperta calda.
Quel ragazzo, credete a me, ha un grande futuro davanti a sé.
Si vede che conosce molto bene la comunicazione, altro che Gori.
Questo è il ricambio che ci vuole, questi sono i giovani che devono parlare.
Il ragazzo di Varese si chiama Dario Fo.
All’anagrafe, mi dicono, ha 86 anni.
Ma io so che non è vero: è un trucco dei rettiliani, è un complotto pluto-giudaico-massonico per farci credere che è vecchio e quindi va, automaticamente, rottamato.
E’ falso.
Dario è un ragazzo italiano di Varese.
E’ la voce di chi sa parlare con l’intelligenza del cuore e con la Cultura che non gli deriva da un suo Status, ma proviene da uno stato naturale della sua spiritualità esistenziale.
E’ il nuovo che avanza.
Il ricambio ci sarebbe ma, purtroppo, non è fruibile.

mercoledì 24 ottobre 2012

Il Sudamerica all'attacco dei colossi della finanza. E ce n'è anche per noi italiani.



di Sergio Di Cori Modigliani


Parliamo oggi di geo-politica.
Dalla linea del fronte del Sudamerica.
Come l’Ecuador, il Brasile e l’Argentina. Stanno combattendo anche per noi.
Perché tutto ciò che sta accadendo là, ha dei riflessi potentissimi in Italia.
Ecco perché:
Quattro bei schiaffoni assestati sulla faccia di una delle prime dieci più importanti aziende del pianeta, il colosso petrolifero-finanziario denominato Chevron.
Si tratta della prima sentenza giuridica  (e già questa sarebbe una notizia clamorosa)  più ricca in termini economici (il che aggiunge clamore a clamore) nonché la più potente dal punto di vista politico (che aggiunge al clamore + clamore, la necessaria attenzione che merita) mai sancita nella Storia del continente sudamericano.
Perché da una parte abbiamo un’azienda che nel 2011 aveva un fatturato di circa 250 miliardi di euro (il pil della Grecia) e dall’altra la Repubblica dell’Ecuador, modesta nazione sull’Oceano Pacifico, con un pil nazionale intorno ai 20 miliardi di euro, una popolazione mite, pacifica,  piuttosto povera, e priva di esercito militare (il loro budget annuo per armamenti è pari a quello di una caserma italiana a Viterbo, per dire).
L’Ecuador ancora una volta sale alla ribalta della cronaca internazionale, dimostrando la preponderante forza del Diritto Civico internazionale quando essa è accompagnata da un’adeguata classe politica che si rifiuta di scendere a compromessi con i mega colossi finanziari planetari.
La notizia secca è la seguente: “L’azienda petrolifera statunitense, con sede legale a Dallas, Texas, Usa, denominata Chevron, ha definitivamente perso la class action intentatagli contro da 32.500 indiani autoctoni dell’ Ecuador, sostenuti dal governo che si è presentato come parte civile e danneggiata. In seguito alla sentenza definitiva, la Chevron è stata condannata al pagamento di 19 miliardi di euro per “crimini contro l’umanità, devastazione del territorio idro-geologico, sfruttamento intensivo non autorizzato di località naturali protette, provocando la morte e la miseria di decine di migliaia di persone dal 1964 al 2004”.
La sentenza definitiva non è nuova, è del febbraio 2011.
Poi c’è stato l’appello, nell’ottobre del 2011, che ha riconfermato la sentenza portando il risarcimento per danni da 15 a 19 miliardi di euro. La Chevron, in quella occasione, aveva protestato la decisione formalmente, sostenendo che “il governo dell’Ecuador non è autorizzato legalmente a formulare tali sentenze in quanto avvezzo all’esercizio di pratiche dittatoriali” e di conseguenza si è rivolta “formalmente e ufficialmente” alla Corte Suprema d’Alta Giustizia statunitense (sezione esteri) per chiedere l’annullamento della sentenza e il suo non riconoscimento. Gli Usa, infatti, sono stati identificati come “territorio giurisdizionale valido” perché l’atto d’accusa e la denuncia erano state recapitate –in maniera formalmente ineccepibile, nel pieno rispetto delle leggi americane- direttamente, a mano, nelle mani di un funzionario della Chevron, in Texas, da parte di un segretario d’ambasciata, accompagnato da due avvocati esperti in diritto internazionale. Il 10 ottobre del 2012, finalmente la Corte statunitense si è espressa, dopo aver valutato la documentazione che ha ritenuto la sentenza del Tribunale di Quito legittima, e quindi applicabile. La Chevron si è appellata (come la Legge gli consente) contestando la sentenza dei magistrati, e si è rivolta direttamente al Presidente Usa, Barack Obama, il quale avrebbe potuto esercitare la prerogativa di annullamento di tale sentenza, avvalendosi del comma 6 dell’articolo 4 del codice di regolamentazione presidenziale, laddove si spiega come “il presidente ha il potere di stabilire o meno la liceità di qualsivoglia sentenza internazionale ai danni di un’impresa che ha sede legale e opera nel territorio statunitense, a condizione che tale sentenza venga identificata, provata e definita, come lesiva degli interessi strategico-militari della federazione Usa”.
E qui è arrivata la notizia bomba, e l’inatteso aiuto e solida alleanza (questa è stata per davvero una sorpresa per l’intero continente sudamericano) che il presidente Rafael Correa ha ottenuto, al di là delle sue migliori aspettative.
Il presidente della Chevron, infatti, è uomo abituato a dare ordini a quasi tutto il mondo, e di sicuro a tutti i presidenti Usa (la Enron, la Wel, la Halliburton, sono tutte aziende della Chevron) dato che nel suo comitato ristretto dei probiviri siedono George Bush sr., George Bush jr., Jeff Bush, Dick Cheney, Donald Rumsfeld, Bill Gates, il presidente della Visa e dell’American Express, e altri 10 grossi papaveri che da sempre foraggiano ogni presidente. Ha chiesto immediatamente udienza al presidente ottenendola. Data dell’appuntamento: 17 ottobre 2012. Ma all’ora dell’incontro, ha avuto una sorpresa, quella sì davvero inattesa. Invece di vedersela da solo, a tu per tu, con Obama –come pensava-  si è trovato in una stanza della Casa Bianca davanti a tre persone: il Ministro degli Esteri, Hillary Clinton, e due membri dell’avvocatura di Stato, un democratico e un repubblicano, come la Legge impone in Usa. Il presidente della Chevron, giustamente, è sbiancato. La Clinton gli ha consegnato copia della delega avuta dal Presidente e controfirmata dai due legali presenti, ed è iniziato il colloquio.
Peccato che non si chiami anche lei Christine, altrimenti avremmo la guerra delle tre Cristine.
Era dall’agosto del 1997 che Hillary Clinton aspettava quel momento.
E chi la conosce bene sa che è una donna vendicativa, oltre che una geniale stratega politica. Perché il presidente della Chevron è il più forte nemico personale di Hillary Clinton da quindici anni. Fu lei stessa a raccontarlo, nella primavera del 1998, al grande giornalista investigativo televisivo Peter Jennings, in una epica intervista andata in onda sul network ABC, quando spiegò come la Chevron, per conto del suo presidente, avesse imbastito lo scandalo sessuale di Monica Levinski con l’esclusivo interesse politico di ottenere la messa sotto accusa di suo marito e farlo dimettere perché aveva presentato al Congresso una legge per alzare l’aliquota delle tasse alle compagnie petrolifere. Allora, divenne un duello personale tra la Chevron e la Clinton che appassionò chi seguiva la vita politica americana. Perché quel duello è proseguito negli anni e non si è mai placato.
E così, la Clinton ha spiegato alla Chevron che non potevano far nulla per loro. Sembrerebbe che il presidente si sia imbizzarrito e abbia spiegato il suo punto di vista. “ a quegli indiani  bastardi io non gli do neppure un dollaro”.  I due avvocati, quindi, gli hanno spiegato come funziona la Legge. Nel caso lui si fosse rifiutato di pagare, dato che –proprio poche ore prima- era arrivata, attraverso canali diplomatici, la richiesta ufficiale da parte della Repubblica dell’Ecuador di ottenere il pagamento, lo Stato Federale Usa non si sarebbe fatto carico del debito, e subito dopo avrebbero ritirato alla Chevron “l’esercizio della licenza commerciale in tutto il territorio Usa”. Gli hanno spiegato che avrebbero dato ordine all’FBI di sigillare tutte le pompe di benzina e la Chevron sarebbe stata denunciata dal governo e sottoposta a processo da parte di una commissione del Congresso. Il presidente della Chevron si è alzato, ha mandato tutti a quel paese e se n’è andato. I suoi avvocati hanno avvertito l’Ecuador.
E così, in data 22 ottobre 2012, il piccolo Stato dell’Ecuador ha congelato tutti i conti correnti della Chevron in ogni nazione del continente sudamericano (circa 8 miliardi di dollari) e ha presentato regolare denuncia all’interpol e al consiglio di sicurezza dell’Onu.
In Sudamerica non si parla d’altro che di questo e della notizia successiva.
In Italia, neppure l’ombra della notizia, se non una nota di quattro righe (nel senso di 4) apparsa su Il Sole 24 ore, poi scomparsa, che non è stata ripresa da nessuno, né sul mainstream né in rete. Ad esclusione di un sito italiano che si occupa di problemi dell’ecologia sostenibile e odia le aziende produttrici di petrolio. Il sito si chiama greenpoint.it.  Ecco l’articolo che hanno pubblicato:
La Corte Suprema Usa ha respinto la  richiesta della Chevron per l'annullamento di una sentenza, emessa da un giudice ecuadoriano, che gli impone di pagare indennizzi per 18,2 miliardi di dollari per i danni causati dalle trivellazioni petrolifere in Amazzonia. La decisione della Corte Suprema è l'ultimo sviluppo in una lunga battaglia legale che ha scaricato sulla Chevron (che nel 2001 ha comprato la concessione petrolifera in Equador ereditando le responsabilità della Texaco)  i danni causati dal continuo sversamento di greggio da parte di un consorzio capeggiato dalla  Texaco. La sentenza ecuadoriana da 18,2 miliardi di dollari è stata emessa nei primi mesi del 2011, dopo 8 anni di indagini  nella città  petrolifera di Lago Agrio, l'Ecuador ha scoperto che la Texaco deliberatamente sversato più di 16 miliardi di galloni di greggio, fanghi e rifiuti tossici in Amazzonia dal 1964 al 1992, che hanno gravemente inquinato sorgenti, falde e corsi d'acqua, causando problemi di salute tra gli abitanti e decimato tribù indigene della regione del Lago Ario, così 30.000 persone hanno promosso l'azione legale.
Il rappresentante della Chevron in Ecuador, Rodrigo Perez Pallares, aveva ammesso che erano stati sversati almeno 16 miliardi di galloni di "produced water" nei corsi d'acqua dell'Amazzonia ecuadoriana in aree utilizzate dalle comunità indigene per l'acqua potabile, per fare il bagno e pescare. L'environmental auditor della Chevron, Fugro-McClelland, ha confermato che  nel 1992 in Ecuador la Chevron  «Ha sversato "Produced water"  dai sui impianti produttivi al  fine di scaricarla nei torrenti e nei corsi d'acqua» e che, ad eccezione di un impianto, nessuno degli scarichi «Era registrato» presso le autorità ecuadoriane. La Corte dell'Equador ha trovato prove dettagliate di oltre 900 pozzi contenenti rifiuti scavati nel suolo della foresta pluviale e abbandonati dalla Texaco che sono pieni di fanghi petroliferi che continuare a contaminare i terreni e le acque sotterranee. Secondo i rilievi degli esperti il materiale tossico ammonterebbe ad  oltre 5,6 milioni di m3, ai quali vanno aggiunte le numerose fuoriuscite di petrolio e il gas flaring che ammorba l'aria. La Chevron aveva subito rigettato la decisione della corte ecuadoriana, definendola «Fraudolenta»  e «Viziata da cattiva condotta giudiziaria» inoltre la Big Oil sosteneva che la decisione non fosse esecutiva ai sensi del diritto di New York.  Intanto gli avvocati degli ecuadoriani hanno recentemente avanzato richieste che puntano al sequestro di miliardi di dollari di asset della Chevron in Canada e Brasile ed hanno promesso di promuovere azioni di sequestro al più presto anche in altri Paesi, cosa che scondo la Chevron le avrebbe creto potenziali problemi operativi. La Chevron si era rivolta alla Corte suprema di New York ma ha perso, e l'high court ha respinto la sua richiesta di un provvedimento inibitorio che avrebbe impedito l'applicazione in tutto il mondo della sentenza dell'Ecuador.
Si tratta di una sconfitta per tutta la lobby delle Big Oil: diversi business groups  tra cui la Camera di Commercio Usa, la National association of manufacturers ed Halliburton, che aveva presentato memorie per conto del gigante petrolifero.
Nel 2010 e nel 2011 gli avvocati della Chevron  hanno sostenuto più volte che il pagamento della sentenza causerebbe «Un danno irreparabile» alla compagnia» con sequestri di petroliere ed attrezzature che potrebbero addirittura interrompere il flusso di distribuzione del petrolio da parte della multinazionale e quindi tutto questo «Incide non solo in una giurisdizione, ma in tutto il mondo».  Fino ad ora la Chevron nella sua campagna di pubbliche relazioni sosteneva che i tribunali americani avevano trovato la "frode" nel procedimento dell'Ecuador, ma la sentenza Usa la smentisce categoricamente e forse definitivamente.  
Aaron Marr Page, un avvocato degli ecuadoriani, ha detto: «L'ultima sconfitta della Chevron davanti alla Corte Suprema è un esempio della  battaglia della sempre più inutile della compagnia per evitare di pagare i suoi obblighi giuridici in Ecuador. Chevron ha fatto  ricorso alla giustizia  mentre con i suoi scarichi tossici continua a creare un pericolo imminente di morte per i popoli indigeni in Ecuador». Un tribunale dell'Ecuador ha ordinato il blocco di tutti i beni nel Paese del gigante petrolifero Chevron. La decisione è stata presa in seguito al rifiuto della compagnia statunitense di pagare una multa da 19 miliardi di dollari comminata nel febbraio 2011 da un tribunale ecuadoriano. La Chevron è accusata dalla popolazione locale, 30mila persone, di aver provocato, tramite la sua controllata Texaco, gravi danni ambientali durante il periodo in cui estraeva petrolio nella foresta amazzonica, tra il 1964 e il 1990. Chevron ha fatto sapere di rifiutare la decisione del tribunale, che interviene una settimana dopo che la Corte suprema degli Stati Uniti, cui la compagnia si era rivolta, ha rifiutato di bloccare la multa miliardaria.
Le altre due notizie riguardano l’Argentina e il Brasile.
Per quanto riguarda l’Argentina la questione è all’ordine del giorno in tutto il continente sudamericano, seguita con enorme attenzione anche in tutta l’Europa del Nord e in Asia, dato che il ministro degli esteri argentino,  Hector Timerman, in data 22 ottobre 2012, è volato a New York dove ha presentato formale istanza all’assemblea dell’Onu contro il cittadino americano Paul Singer, un noto sciacallo della finanza speculativa e vera e propria iena mercatista, il quale, a nome di un fondo speculativo d’investimento con sede a Panama, ha fatto sequestrare nel Ghana, 20 giorni fa, la nave scuola argentina “Libertad” sostenendo di vantare un credito dal governo argentino, immediatamente appoggiato in questo frangente dal Fondo Monetario Internazionale. Ecco qui di seguito, il comunicato stampa ufficiale del governo argentino, pubblicato su tutta la stampa internazionale (l’Italia è tra le nazioni che hanno scelto di non pubblicarlo):
Por medio de un comunicado que leyó en la Casa Rosada junto al ministro de Defensa, Arturo Puricelli, Timerman anticipó que mañana liderará una misión al Consejo de Seguridad de las Naciones Unidas, para denunciar la violación de los derechos humanos de los tripulantes y de tratados internacionales y la comisión de delitos financieros. La decisión implica el fracaso de las negociaciones iniciadas el lunes pasado por una delegación diplomática enviada a la capital del país africano, Accra, para liberar el buque retenido en el puerto de Tema. El comunicado incluye fuertes críticas al país africano y al juez que acogió el pedido de los bonistas. Y reitera la denuncia de un complot entre "los fondos buitre" y "sus socios argentinos", para extorsionar al país..
Luego de que la Presidenta ordenara ayer evacuar la Fragata Libertad, retenida desde hace 20 días en Ghana, el canciller Héctor Timerman partió este mediodía rumbo a Nueva York para tratar el caso ante Naciones Unidas.
Según el comunicado emitido esta mañana por el Ministerio de Relaciones Exteriores, el funcionario mantendrá durante el lunes reuniones con las autoridades del organismo internacional, incluida una cita con el secretario general, Ban Ki-Moon. "Timerman lleva como único tema de agenda la detención ilegal de la Fragata Libertad en Ghana, en cuanto se trata de un preocupante precedente para la navegación mundial debido a que un juez ghanés ha decidido no respetar la inmunidad de una embarcación militar reconocida por el Derecho Internacional Público del que Ghana es parte", dice el comunicado. La Fragata Libertad está retenida desde hace 20 días en Ghana por una demanda presentada por tenedores de bonos en default de la Argentina. La medida de desalojar la nave fue anunciada ayer por Timerman, quien denunció que los 326 tripulantes del navío estaban en riesgo por "falta de garantías".
Il debito chiesto da questo finanziere riguarda la questione dei bonos argentini andati in default nel 2001. In seguito alla bancarotta, il governo argentino, com’è noto, a differenza dell’Ecuador si è dichiarato “nazione insoluta e insolvibile” ma ha riconosciuto “pienamente e legittimamente” la quantità di debito dovuta, chiedendo e ottenendo dilazioni e sconti pagabili nell’arco di dieci anni, di cui l’ultima tranche è stata saldata lo scorso 2 agosto 2012, con sei mesi di anticipo sulla scadenza prevista. In seguito alla varie contrattazioni, sono stati stabiliti diversi parametri, approvati, a suo tempo, da tutte le organizzazioni internazionali. Il signor Paul Singer è un cittadino privato, proprietario del fondo Elliot management, con sede a Panama. La sua lucrosa attività decennale, consiste nel gettarsi come una iena sulle nazioni sudamericane acquistando buoni del tesoro nei momenti di difficoltà scommettendo al ribasso per spingerli al fallimento e al momento giusto vendere il tutto, incassare il premio speculativo dell’assicurazione, mandando a picco le quotazioni. Lo ha fatto sei volte in Perù, Bolivia, Argentina. Il tutto gestito da una società che si chiama NML Capital, con sede a Panama, di cui è stato consulente Walter Lavitola. Il signor Paul Singer è uno dei grandi finanziatori di Mitt Romney. Costui sostiene il diritto di prelazione sul premio di assicurazione dei tango bonds, datato 2002, in quanto ha protestato l’offerta di patteggiamento offerta dal Fondo Monetario Internazionale, la cui presidenza –guarda caso- proprio un mese fa ha scovato un comma dell’accordo e gli ha dato ragione. E così, un cittadino privato statunitense ha convinto (????) il governo del Ghana a sequestrare una nave militare argentina (con 25 marinai a bordo) a saldo della cifra da lui richiesta, violando ogni convenzione internazionale del Diritto.
Non si parla d’altro che di questo, in tutto il Sudamerica, in Canada, e in Usa nella sezione esteri.
La Kirchner , va da sé, è furibonda, così come lo è l’opinione pubblica argentina e sudamericana. Tanto più che il signor Singer – appoggiato e sostenuto da Mitt Romney pubblicamente un’ora e mezza prima di scontrarsi sulla politica estera con Obama alla tivvù- ha dichiarato con la conseguente eleganza che lo contraddistingue “è bene che in Sudamerica si diano una regolata, quei topi da fogna, e che capiscano che il mercato decide il destino delle Libertà” (la nave argentina si chiama, per l’appunto, Libertad).
Ed è arrivata, pertanto, la terza notizia, questa tutta politica, al 100% politica, che va a colpire il cuore della Repubblica Italiana, perché, come ha detto qualche giorno fa alla tivvù argentina il portavoce del governo, “questa è una porcheria del trio fascista europeo e la pagheranno molto cara questa volta” (ndr. Il trio fascista sarebbe Christine Lagarde/ Mario Draghi/Mario Monti).
Il conto lo sta presentando il Brasile, la nazione più potente del continente sudamericano, dal punto di vista militare, economico, culturale, politico.
E’ il grande sindacalista Lula da Silva, ex presidente che ha cambiato il volto e le prospettive esistenziali della nazione carioca, a guidare la carica. In Brasile hanno iniziato una campagna pubblica di massa raccontando come funziona il sistema di corruzione fascista degli italiani e di come per dieci anni sono stati obbligati a violare ogni Legge internazionale per pagare tangenti ai funzionari governativi italiani che “si facevano dare il via libera dalle apposite commissioni europee per venderci armi, cibo e medicine,  ma poi pretendevano la percentuale tra il 10 e il 15% sottobanco versate su conti estero su estero ai diversi ministri e sottosegretari. L’ex ministro della difesa brasiliano ha fatto sapere pubblicamente di essersi messo a disposizione della magistratura italiana per fornire ogni dettaglio che gli venga richiesto. E lui ha in mano tutte le ricevute dei versamenti fatti, i nomi delle personalità, i conti correnti, le cifre. Da un primo calcolo degli analisti economici sudamericani si rileva che il buco nel bilancio statale della Repubblica Italiana nella sezione “forniture di materiale strategico al Sudamerica” nell’arco di tempo tra il 2001 e il 2011 si aggira intorno ai 50 miliardi di euro. Ai quali bisognerebbe assommare quelli relativi all’Africa, all’Asia, al Medio-Oriente e ai paesi arabi, località che non seguo, di cui non dispongo informazioni dettagliate. Una cifra questa che non è inserita “ufficialmente” nel bilancio, ma che risulta “realmente” spesa; il che spiega in parte come sia possibile che a fronte di tutte queste manovre economiche degli ultimi 30 mesi, la spesa pubblica aumenti ancora invece di diminuire.
Ne viene fuori, quindi, un quadro geo-politico completamente diverso da quello che ci stanno raccontando i media tutti i giorni a proposito del cosiddetto “scandalo Finmeccanica”. Non c’è nessuna brava persona che si è pentita e ha confessato, non c’è nessun successo della magistratura, non c’è nessuna abilità investigativa né tantomeno volontà governativa nel dire come stanno le cose.
Ci sono i brasiliani che stanno vuotando il sacco, consapevoli di trovarsi sulla prima linea del fronte. E’ un’altra storia.
Perché prosegue la guerra tra le due Cristine.
E non si tratta di zuffe isteriche tra due donne capricciose.
Si tratta di ben altro.
Si tratta dell’incompatibile scelta tra un continente che ha detto “no ai diktat della finanza speculativa internazionale” e ha scelto di essere autonomo, indipendente, e investire risorse, intelligenza, volontà ed entusiasmo, che si sta scontrando con nazioni come l’Italia che ha invece scelto di mettersi al servizio passivo dei colossi finanziari che stanno strozzando l’economia del continente, ben rappresentati dal governo che abbiamo.
Si tratta della campagna elettorale statunitense che si gioca anche su questi terreni.
Perché è completamente FALSO ciò che sostengono i beceri complottisti che presentano Romney e Obama come due facce della stessa medaglia. E’ una idiozia bella e buona. Come a dire che se nel 1932 invece di Franklin Delano Roosevelt fosse andato al potere il suo avversario sarebbe stato uguale oppure se nel 1960 invece che Kennedy avesse vinto Nixon sarebbe stata la stessa cosa. O -nel caso dell’Ecuador- se invece di vincere nel 2007 Rafael Correa avesse vinto il suo antagonista (laico, social-democratico, libertario, ma guarda caso amante delle multinazionali Usa) non sarebbe cambiato nulla. Il che autorizza e spinge a pensare che se in Sicilia vince Cancellieri o Miccichè è la stessa cosa, così come è la stessa cosa se le primarie del PD le vince Nichi Vendola o Matteo Renzi. Non è così. Ma soprattutto non è così che si legge la Politica.
Esiste un “potere forte” che è molto più forte di qualsivoglia altro potere: è il “potere personale”, ed è quello manifestato nella Storia, negli ultimi 10.000 anni, in tantissimi frangenti. Sono gli individui che hanno fatto la differenza, e si sono assunti la responsabilità di operare cambiamenti epocali. E’ avvenuto, è accaduto. Se non fosse così, il fascismo appena insediato, nel maggio del 1924 non avrebbe deciso di far assassinare Giacomo Matteotti, tanto un socialista valeva l’altro. E invece non era così.
Non è così, e non sarà mai così.
Se vince Romney vincono gli strozzini della finanza che vogliono de-industrializzare l’Europa e cinesizzare il mercato del lavoro per schiavizzarci definitivamente.
Se vince Obama, non saranno affatto rose e fiori. Ma una cosa è certa. 24 ore dopo la sua vittoria che io fortemente auspico, si apre “il Grande Contenzioso” e lì avremo una carta e una possibilità da giocarci tutti.
Perché il vero nemico degli Usa è la Cina.
Il vero nemico americano è lo yuan che sta per sostituire il dollaro, ed è ciò che vogliono i colossi finanziari. E quindi, Obama, per salvaguardare il suo impero e combattere lo yuan, deve “assolutamente” abbattere l’euro, moneta solo virtuale, sull’orlo del collasso, sostenuta soltanto dai cinesi a Hong Kong in funzione anti-americana. Sono due prospettive opposte, altro che uguali!
Volete uscire dall’euro? Volete che la BCE venga messa all’angolo? Volete che ci sia anche una possibilità di abbattere il fiscal compact?
Sperate, allora, che vinca Obama.
Lì, a Washington, Paul Krugman, John Stiglitz, Nouriel Roubini e Christina Rohmer, stanno già scaldando i motori. Lo sanno benissimo qual è la posta in gioco, e sanno quale sia il fronte della battaglia, e come combatterla.
In Italia, non hanno neppure capito che stiamo in guerra.
Anche perché nessuno spiega il funzionamento dell’attuale quadro geo-politico.
Va da sé che non è certo casuale.