mercoledì 29 febbraio 2012

Habemus chansonnier. Al suo primo concerto, Alessandro Haber, a Roma, riempie il teatro e ci ipnotizza con la sua potente voce.

di Sergio Di Cori Modigliani

Dire di lui “è uno che ne ha fatte di tutti i colori” è davvero dir poco.

Grande attore di teatro, variopinto attore cinematografico, cantante dalla voce potente e pastosa, Alessandro Haber, all’alba dei dei suoi 66 anni, forte del suo talento, della sua grande carriera alle spalle, e sorretto da una indòmita quanto inconfessabile passione civile mescolata al “mio grande sogno di essere un uomo sirena”, ha presentato ieri sera, a Roma, al teatro Ambra Jovinelli il primo concerto della sua vita.

L’esordio di un anziano.

E così l’Italia attenta (e anche un po’ attonita) che ascolta e qualcosa sa, che segue i percorsi inusuali, e le mode le vuole assaggiare prima che diventino mercato e massa, ieri notte ha celebrato con un dovuto atto d’amore collettivo la splendida esecuzione che ha decretato la nascita di un nuovo chansonnier  tutto italiano al 100%. Da Giuliana De Sio a Rocco Papaleo, da Mimmo Locasciulli a Francesco de Gregori, per non parlare dei tanti e tanti amici e attori di teatro –comprese tutte le maestranze del teatro Valle perennemente occupato a Roma- gli hanno reso il caloroso supporto necessario a chi esordisce.


Si fa per dire, vista la sua quarantennale esperienza di palcoscenico.
Ma Alessandro Haber, così l’ha vissuto: il suo esordio da cantante. Il suo primo disco, auto-prodotto dalle Edizioni musicali Hydra.
“Haber bacia tutti” (è anche il nome del disco) è stato uno spettacolo emozionante, pulsante, raro. Ma soprattutto autentico.
Sorretto da un gruppo di bravi musicisti, tutti insieme hanno scelto e deciso di bypassare i consueti percorsi dolorosi che ben sappiamo da dove partono e dove portano e si sono fatti tutto da soli: musica, testi, produzione, disco, spettacolo, distribuzione.
Ed è questo il primo messaggio offerto in questa splendida serata.
C’è chi lo fa come Paolo Barnard e riempie un teatro a Rimini con economisti che spiegano che le alternative esistono, eccome se esistono. Prove alla mano.
E c’è chi come Alessandro Haber riempie un teatro a Roma, e urla che le alternative esistono, eccome se esistono, ma lo fa attraverso l’Arte: con il canto.
Come ogni bravo chansonnier, perché cantante sarebbe riduttivo.
Lui interpreta, ingoia, riflette dentro e poi erompe con una dinamica che è tutta sua.
E colpisce nel segno perchè regala emozioni che toccano, e vanno in fondo. Dalla canzone “l’attore con la valigia” che Francesco de Gregori gli ha scritto confezionandogliela come un abito su misura alle sue personali interpretazioni di antiche canzoni di Sergio Endrigo, Gino Paoli, Riccardo Cocciante, che appartengono comunque al repertorio della tradizione vera italiana.
Il clou è stato “Nessuno poteva non sapere” (scritto e arrangiato da Alessio Bonomo e Francesco Arpino) cantata mentre su un enorme schermo scorrevano le immagini della nostra Italia nella sua storia recente: dalle bombe della banca nazionale dell’agricoltura a Milano nel 1969, all’uccisione di Mattei, alla morte di Pasolini, al delitto Moro, alle brigate rosse, a Falcone, a Borsellino, ecc. per ricordarci da dove veniamo, che cosa hanno fatto, che cosa hanno nascosto.

Ha cantato Alessandro Haber per noi:
“La verità è noiosa se non la dici tutta ma tutta nessuno la può accettare.
Tutti fanno finta di non sapere tutti si voltano dall’altra parte, pur di non vedere.
E’ così che succede per le dinamiche di un’amore                                                                          ed è così che viene scritta la storia di una  nazione,                                                                                                                                             e così ci ritroviamo orfani di qualcosa che non sappiamo definire e guardiamo l’orizzonte in attesa di una risposta che non riusciamo ad ascoltare.
Nessuno poteva nessuno poteva non sapere.                                                                                      
Non c’è più la patria e si sono venduti tutti                                                                                                                                                          ma questo nessuno lo può più accettare:                                                                                                                                              tutti fanno finta di non sapere                                                                                                                    tutti si voltano dall’altra parte pur di non vedere.
E così che succede alle dinamiche di una vita                                                                                  ed è così che si falsano le regole della partita                                                                                                                                                        e così ci ritroviamo vedovi di una donna che non abbiamo conosciuto   e fissiamo l’infinito          in attesa di una stella che non ha mai brillato.
Nessuno poteva nessuno poteva non sapere.
Inversioni della memoria e vuoti di memoria per questo disgraziato paese                                                                                                                                                    che mente e si autoassolve senza mai pagarne le spese.                                                                                                                                                  Tutti fanno finta di non sapere tutti si voltano dall’altra parte                                                                                                                                                       pur di non vedere, e così ci ritroviamo fieri di un regno che non abbiamo meritato.
E stacchiamo la corrente come se non fosse niente......a quel residuo di pulito..... che c’è…….                                                            
Nessuno poteva nessuno poteva non sapere”.

Così canta per noi Alessandro Haber, novello chansonnier di un’Italia che ha fame di risveglio e voglia di cantare e voglia di ascoltare.
Voglia di risentirsi vivi.
In attesa di tempi migliori, intanto c’è chi si rimbocca le maniche e si inventa una nuova vita.
E’ ciò di cui abbiamo bisogno, oggi.
Molto più dello spread abbassato o innalzato.
Voci sonore, emozioni profonde, e un singulto d’arte tutta italiana, questa sì davvero nostrana, che ci faccia ben sperare nel nostro più profondo dna.

Abbiamo un nuovo chansonnier: benvenuto tra noi Alessandro Haber


martedì 28 febbraio 2012

Joseph Stieglitz rivela i nomi della cupola finanziaria internazionale. Si chiama I.S.D.A. e la sede centrale è a Londra.....

di Sergio Di Cori Modigliani


(Sembra ci sia stato un disguido tecnico per cui, questo post, era scomparso ed era stato cancellato. Lo ripristino, oggi, 1 marzo 2012).

Chi ha incontrato Mario Monti, a New York, quindici giorni fa, di talmente importante, da fare in modo che nessun giornalista, curioso, (e tantomeno bloggers indipendenti) potessero sostenere di averli visti insieme?
In teoria, la persona più importante che lui ha visto in Usa è stato Barack Obama. Dopotutto si tratta del comandante in capo del più potente esercito mai esistito.
Macchè.
Se Monti è un semplice ragioniere, Obama è, diciamo così, un solidissimo direttore generale. Poi ci sono altri, nei piani alti.
Il nostro baldo premier sembra che abbia incontrato un piccoletto anonimo, un signore di Singapore, totalmente sconosciuto ai più. Il suo lavoro ufficiale consiste nell’insegnare all’università di Toronto “pianificazione dei sistemi di telecomunicazione avanzata” nella facoltà di ingegneria elettronica. E’ un grande esperto (considerato tra i primi cinque esperti al mondo) in “gestione delle risorse energetiche europee e sue applicazioni economiche”. Vabbè che è un professore pure lui, e tra professori si capiscono. Ma non basta per incontrarlo.
L’anonimo piccoletto di Singapore ha anche un’altra curiosa particolarità. Che a noi ci interessa. Eccome se ci interessa!!!!!
Dai primi di quest’anno 2012, infatti, questo professore ha trovato un nuovo lavoro. Glie lo hanno dato gli arabi. Per essere precisi gli emiri. Per essere ancora più precisi: gli sceicchi  che rappresentano gli interessi petroliferi e finanziari dell’Emirato Arabi Uniti a Dubai. Costoro, quattti quatti, zitti zitti hanno di recente fatto un acquisto in apparenza disastroso: la più alta quota di maggioranza in Unicredit, la cosiddetta “banca del made in Italy” in teoria simile alla nave Concordia, dato che ha soltanto debiti, ma rappresenta la Repubblica Italiana (così recitava la pubblicità mandata in televisione per sedurre i gonzi italioti con patriottico cuore, pronti a versare i propri risparmi per acquistarne le azioni). Possiedono, infatti, gli emiri, dal 28 gennaio 2012 il 6.5% del capitale finanziario della banca –sufficiente per imporre ogni decisione- attraverso un fondo reale del Dubai che si chiama “Abaar Investment Fund”.
Gli emiri hanno convocato a Dubai il nostro piccoletto anonimo e gli hanno delegato la rappresentanza. E così, l’ometto, alias “the professor”, alias “controllore della pianificazione investimenti in Europa di Unicredit” si è messo al lavoro.
Alias Lim Teng Joon: un genio della finanza al servizio dei cinesi.
Un genio delle telecomunicazioni strategiche.
E’ stato immediatamente cooptato come unico….forse è meglio ripeterlo….UNICO…rappresentante italiano (non è folle che noi italiani siamo rappresentati da un piccoletto di Singapore che in Italia non c’è mai neppure stato?) all’interno della più potente organizzazione finanziaria planetaria, che attualmente gestisce un capitale complessivo di 47.000 miliardi di euro. Questa è la cifra che la cupola tratta.
L’organizzazione ha sede a Londra.
Si chiama I.S.D.A.
In Usa è considerata la cupola finanziaria sovranazionale planetaria.
E’ un acronimo.
E’ il datore di lavoro di Mario Draghi.
Praticamente è ufficiale, questo è il bello. Anzi, il triste. Per non dire, il tragico.
Chi lo dice, questo? Il sottoscritto: macchè. Il furioso Paolo Barnard?: proprio no. Il Wall Street Journal, allora?: no no no.
Ce lo rivela, con parole semplici, dirette e un solo condizionale, il premio nobel per l’economia Joseph Stieglitz, ormai reo-confesso (“sì sono io la Gola Profonda di “occupy wall street” e allora?” confessione fatta a Bloomberg television in data 12 febbraio 2012) in un articolo pubblicato in data 6 febbraio 2012 da un modesto giornale studentesco della Columbia University dove lui insegna Economia, dato che la rivelazione è stata fatta, così, volutamente en passant, nel corso di una lezione registrata dagli studenti. In tale articolo, Stieglitz ci spiega che la Bce non decide un bel nulla. Bensì, esegue gli ordini dell’I.S.D.A.
L’acronimo sta per “International Swaps and Derivatives Association”.
Secondo Stieglitz, sono loro a decidere il destino della Grecia; sono loro che hanno deciso e stanno decidendo su come la Bce deve o non deve occuparsi della gestione della finanza in Europa. Il tutto non è stato presentato come uno scandalo, né come una notizia da scoop, né come un allarme clamoroso. Non è nella tradizione di Stieglitz. L’esimio professore non è in cerca nè di visibilità (non ne ha bisogno, dato che è il numero 1 al mondo) nè tantomeno di pubblicità (ne ha fin troppa). Lo ha fatto commentando con i suoi studenti la situazione finanziaria dell’Europa, delle richieste fatte a Italia e Spagna e dell’imposizione dei tagli alla Grecia. Dice Stieglitz “…..the final oddity of the ECB’s stance concerns democratic governance. Deciding whether a credit event has occurred is left to a secret committee of the International Swaps and Derivatives Association, an industry group that has a vested interest in the outcome. If news reports are correct, some members of the committee have been using their position to promote more accommodative negotiating positions. But it seems unconscionable that the ECB would delegate to a secret committee of self-interested market participants the right to determine what is an acceptable debt restructuring. The one argument that seems – at least superficially – to put the public interest first is that an involuntary restructuring might lead to financial contagion, with large eurozone economies like Italy, Spain, and even France facing a sharp, and perhaps prohibitive, rise in borrowing costs........The ECB’s behavior should not be surprising: as we have seen elsewhere, institutions that are not democratically accountable tend to be captured by special interests. That was true before 2008; unfortunately for Europe – and for the global economy – the problem has not been adequately addressed since then”.    Joseph E. Stiglitz
Tradotto e in sintesi, Stieglitz ci annuncia che la Bce è sottoposta a ordini esterni di privati, i quali porteranno l’economia europea al disastro. Intendiamoci, a naso e istinto lo sapevamo già. Ma è utile sapere nomi e cognomi, date e dati, quando l’informazione la dà un premio nobel dell’economia stimato in tutto il mondo.
E perché lo fa?
Perché la lezione che stava tenendo era di “democrazia e politica”, con il sottotitolo: “quale governance nell’interesse dei cittadini delle nazioni democratiche?”.
E poi, perché ci teneva a fare il mago.
Alla fine della sua lezione, infatti, ha predetto (davvero uno stregone) che “l’Isda annuncerà formalmente sul suo sito di qui a qualche giorno che posizione l’Europa deve assumere rispetto alla Grecia. Sono un’associazione di industriali, non sono mica clandestini. Loro sono orgogliosi di essere al comando delle operazioni e da un mese a questa parte ci deliziano nel loro sito con il racconto addirittura sfacciato relativo a ciò che stanno facendo. Quando loro parlano e scrivono sul sito, al massimo dopo 48 ore parlano la Merkel, Sarkozy, Monti”.
Agghiacciante.
Immancabilmente la profezia di Stieglitz è diventata realtà.
E così, sul sito dell’Isda, in data 27 febbraio è comparsa la seguente notizia:
LONDON, February 27, 2012 – The International Swaps and Derivatives Association, Inc. (ISDA), as secretary to the Determinations Committees (the DCs), today announced that a question relating to the Hellenic Republic has been submitted to the EMEA Determinations Committee.
In accordance with the Determinations Committee process, the EMEA Determinations Committee will decide whether to accept the question for deliberation or reject it and this decision will be made by 5PM GMT on Wednesday, February 29, 2012.
Further information regarding the question is available at www.isda.org/credit.
For Media Enquiries, Please Contact: Lauren Dobbs, ISDA New York, +1 212 901 6019, ldobbs@isda.org
Claire Freer, ISDA London, +44 203 088 3578, cfreer@isda.org

Per dirla in breve e in sintesi: sembra un comunicato stampa dal fronte di guerra. Il che ci chiarisce la posizione dei tedeschi, da efferati padroni integerrimi ridotti, povere stelle, a efficienti quanto efficaci ragionieri sottoposti.
Il comunicato, infatti, specifica che si riserva il diritto di stabilire se tutta la manovra finanziaria relativa alla Grecia può funzionare o meno (naturalmente per i loro interessi). Il che vuol dire che se loro decidono che non funziona, andiamo tutti a picco.
Non è una notizia clamorosa.
Forse, per i più, non è neppure una notizia.
Diciamo che è un buon segreto di Pulcinella.
Ma è bene cominciare a passare dagli stereotipi alle informazioni garantite.
E soprattutto con nomi e cognomi, in modo tale da avere un quadro esauriente e veritiero su chi è al comando delle operazioni e chi decide per davvero.
Se non altro, quando (nel caso esista qualcuno che in Italia intenda farlo potendoselo permettere) si va da Mario Monti in conferenza stampa o alla tivvù, si possono fare domande precise e nette a proposito di questi signori.
Ecco l’elenco dei nomi dei funzionari preposti alla gestione di quello che loro chiamano “il pacchetto Europa”.

 

Lista dei direttori:

Stephen O’Connor…..                                                                              Morgan Stanley
Michele Faissola….Managing Director……                                          Deutsche Bank
Gay Huey Evans…..Consultant Executive…..                                         ISDA
Diane Genova…….Treasurer……………..                                            JPMorgan Chase & Co.
Guillaume Amblard………Global Head Fixed Income Trading……    BNP Paribas
Brian Archer…….Managing Director Global Head Trading……..        Citi
Martin Chavez…….Managing director……..                                           Goldman Sachs & co.
Bill De Leon…….Global head of Portfolio risk management………     PIMCO
Thibaut De Roux………Global head of structured derivatives……      HSBC bank
Nitin Gulabani……Global head of Rates…………………….             Standard Chartered Bank
George Handjinicolauou……..Deputy Chief Executive Officer………ISDA
Harry Harrison…………………Head Rates trading…………               Barclays Capital
Alan Haywood……Head Commercial Development……..                    BP p.l.c.
Peter Healey………Fixed Income, Currency, Gold & Silver…………..  UBS AG
Jonathan Hunter…………Managing Director Fixed Income……         RBC Capital Markets
Jeroen Krens……………Managing director risk trading……                RBC market & Capital
T.J.LIM…………………..Global Co-Head of Markets……………..         Unicredit
Eric Litvack…………………Chief Operating Global Equity Flow……   Societè Generale
Ted MacDonald…………Managing Director of Shaw………………     The D.E. Shaw Group
Yutaka Nakajima……Senior Managing Director………………….         Nomura Securities
Robert Pickel………..Chief Eexecutive Officer……………                     .ISDA
Gerard Sheebacher……Head Global Rates, Foreign Exchange and Structured Credit Trading…………                                                                                  Bank of America Merryl Lynch
Yasushiro Shibata……Joint Head Fixed Income Group……..    Mizuho Securities
Eraj Shirvani…..managing director Head Fixed income ….        Credit Suisse
Stuart Spodek………..managing director……………………      Black Rock Investment
Emmanuel Vercoustre……..Head of AXA Bank Europe…….. AXA Bank of Europe
Lili Wang….executive director and senior e vice-president…      ICBC Ltd
Come noterete non c’è nessun italiano. Il che è una notizia.
Non piacevole per i mitòmani, ma mi auguro lo sia per tutti gli altri cittadini che ragionano. Così quando sentono il ragionier Monti che ci spiega come adesso contiamo in Europa, ecc., gli si può sempre dire “come mai visto che contiamo tanto non c’è nessun italiano seduto nel consiglio direttivo dell’I.S.D.A.?”.
La risposta, molto probabilmente sarà “Non so che cosa sia questa sigla”.
Avrete notato che c’è Unicredit.
Siamo rappresentati dal piccoletto di Singapore: il nostro Lim Teng Joon.
In teoria, e in pratica, con la totale complicità del primo ministro in carica Mario Monti, e del PDL, PD, UDC, FLI, API che lo appoggiano, il nostro unico rappresentante è un anonimo quanto geniale ingegnere di Singapore che lavora per gli emiri del Dubai e ha rappresentato per quindici anni gli interessi finanziari dei cinesi.
Vi sembra normale, tutto ciò?
Non pensate che sarebbe il caso di cominciare a far domande a furor di popolo?
A pretendere delle risposte?
Vogliamo che la gentile e squisita generosità di Joseph Stieglitz non trovi da noi una sponda?
Vogliamo far credere al premio nobel per l’economia che siamo insipienti? Ingrati? O peggio ancora: indifferenti alle notizie che lui divulga?
In Germania e Francia hanno cominciato la diffusione, analisi, dibattito e discussione sull’.I.S.D.A., sulle sue funzioni, sulle sue modalità, sulla sua natura. Sono 862 membri.
Consiglio a chiunque sia in grado di leggere in inglese di andare a leggere il loro sito: troverà tutto lì. Loro, così si presentano:
Since 1985, ISDA has worked to make the global over-the-counter (OTC) derivatives markets safer and more efficient. Today, ISDA is one of the world’s largest global financial trade associations, with over 815 member institutions from 58 countries on six continents. These members include a broad range of OTC derivatives market participants: global, international and regional banks, asset managers, energy and commodities firms, government and supranational entities, insurers and diversified financial institutions, corporations, law firms, exchanges, clearinghouses and other service providers. Information about ISDA and its activities is available on the Association's web site: http://www.isda.org/.


Per quanto riguarda il nostro prode ometto di Singapore, il geniale professor Lim Teng Joon, va ricordato che è il più grande esperto al mondo in “Energy harvest” (ovverossia “raccolta e sfruttamento energetico” oltre ad essere il riconosciuto inventore della “cognitive radio system”, nonché direttore generale del “Sistema Informatico Europeo Operativo nel campo delle Transazioni Elettroniche”. A Bruxelles è il duce.
Certo, con tanti cervelloni europei, a me sembra quanto meno strano che un anonimo signore di Singapore sia riuscito ad avere un potere così forte, così vasto, al punto tale da poter andare in giro per il mondo e con il suo inglese -.peraltro declinato in maniera non certo decorosa- presentarsi a chiunque sostenendo, a ragione “Salve io rappresento Unicredit”.
Buona fortuna a tutti noi.

L'informazione negata. La grande lezione della Germania. Mentre da noi......

di Sergio Di Cori Modigliani

“Le leggi ci sono, basta applicarle”.
Così, vent’anni fa, nella sua ultima intervista, il compianto giudice Paolo Borsellino ricordava quanto fosse falso e fumoso il dibattito relativo alla presupposta necessità italiana di dover cambiare le regole (ancora ne stanno parlando).
In un paese come il nostro, la classe politica preferisce consociarsi con la criminalità finendo per farci affari insieme piuttosto che pretendere ed esigere l’affermazione dello Stato di Diritto facendo applicare le norme di cui dispone.
E’ l’esercizio della Legge che contraddistingue le nazioni civili da quelle che non lo sono.
L’informazione funziona nello stesso identico modo.
Ieri sera, tutti i quotidiani on line d’Europa riportavano una notizia –da noi proposta dall’Ansa con tre righe secche- sulla quale nessuno ha “osato” stilare un commento. Se non Monsieur Hollande, candidato socialista alle presidenziali francesi, il quale ha giustamente approfittato dell’occasione per aprire un furioso dibattito notturno oltr’alpe.
Questa mattina, invece, i quotidiani cartacei più importanti italiani riportano “la notizia” dandola per scontata, senza neppure un commento.
E’ la maniera subdola di introdurre surrettiziamente dei concetti, in modo tale da spingere i cittadini ad assorbirli pensando che siano “norma”.
Ecco la notizia oggi, martedì 28 febbraio su Il Sole24ore on line, alle ore 10.10: “Borse in rialzo dopo l'ok tedesco al salvataggio della Grecia”.
Segue poi un articolo in cui si parla dei soliti economicismi tecnici con i quali ci bombardano ogni giorno. Più sotto compare la seguente notizia: A riportare l'ottimismo sui mercato il voto del Parlamento tedesco che ieri ha dato l'ok (seppur a fatica) al secondo piano di salvataggio per la Grecia, pur declassata a "default selettivo".
L’aspetto interessante (sottaciuto in Italia) consiste nel seguente punto:
“Come mai il Bundestag si riunisce in seduta plenaria e vota una mozione che –in teoria- non dovrebbe essere votata perché nasce da una decisione della BCE?”.
Ancora meglio. “Come mai il Bundestag vota per l’approvazione o la bocciatura del piano di aiuti alla Grecia che è stato presentato in tutto il mondo come “una necessità europea” sancita e stabilita dal Consiglio d’Europa che a noi viene spacciata come necessaria senza alcun bisogno di discussione?”.
Terzo commento: “Il Bundestag ha approvato con una maggioranza minima a condizione che venisse specificato che la Grecia va declassata a “default selettivo”. Tradotto in termini netti e chiari, vuol dire che i tedeschi “ufficialmente” hanno riconosciuto e sancito il fallimento della Grecia come già avvenuto.
Nessuno ha commentato in Italia.
Veniamo all’informazione negata.
Ciò che nessuno spiega in Italia né in Europa (lo fa Hollande in Francia) consiste nel fatto che esistono dei protocolli d’intesa tra tutte le nazioni d’Europa tali per cui qualsivoglia decisione, manovra, decreto, legge, che l’Europa propone, pretende, esige, impone, consiglia, ordina -a ogni singolo Stato- deve prima “essere discusso e ratificato dal rispettivo parlamento di quella specifica nazione”.
I tedeschi hanno applicato la Legge.
I francesi no.
Gli italiani neppure.
Come mai gli aiuti alla Grecia (e quindi la modalità di esecuzione del piano finanziario) è stato discusso soltanto nel parlamento della Germania?
Questa “dimenticanza” è gravissima. E’ un’amnesia che sega le gambe a qualunque rinascita democratica.
E bisogna aggiungere, per essere onesti e rigorosi, che la Germania è innocente, nel senso che nessuno potrà mai imputare loro di non essere democratici e di non essere rispettosi della legge. Frau Merkel si è presentata in parlamento e ha detto (rispettando tutti i protocolli europei) ai suoi deputati: cari colleghi, ecco la situazione reale della Grecia, ecco che cosa ha deciso il Consiglio d’Europa e la Bce…ci piace o non ci piace? Lo approviamo o non lo approviamo? Salviamo la Grecia o non la salviamo?.
Non solo questo. La Germania sta dimostrando che le leggi esistono, e loro le applicano.
Grazie dell’informazione.
Se le altre nazioni non lo fanno, la responsabilità non è dei tedeschi, bensì dei governanti di quelle nazioni che hanno scelto di non portare la questione in parlamento creando una situazione tale per cui psicologicamente l’intera Europa si presenta come una colonia tedesca essendo il Bundestag l’unico luogo dove si discute su ogni singola Legge che poi se ratificata viene imposta al resto del continente.
La responsabilità non è dei tedeschi. La responsabilità è individuale.
E’ dei singoli Stati che hanno rinunciato alla propria prerogativa.
In Francia, Hollande, questa mattina ha spiegato alla radio che –nel caso venisse eletto- ogni singola parola detta, scritta, proclamata a Bruxelles, verrà riproposta in parlamento, discussa, analizzata e votata, in diretta televisiva.
Ha accusato Sarkozy e Monti di aver rinunciato a far funzionare il loro parlamento.
La lezione, ancora una volta viene dalla Germania.
Grazie Merkel.
E questa volta è detto senza ironia.
Letteralmente.
Se la Legge c’è ma non viene applicata, la responsabilità è di chi non la applica, o non la vuole applicare, o non vuole che si sappia che tale Legge esiste.
I tedeschi ci hanno ricordato ieri che la Bce non è sovrana assoluta come vuole far credere. Ogni sua decisione può (se uno Stato vuole) essere prima ratificata dal rispettivo parlamento.


Perché in Italia, questo non è accaduto?


lunedì 27 febbraio 2012

Quest'uomo è un artista italiano: si chiama Ludovico Einaudi. Il trionfo del cinema francese, porta anche la nostra firma grazie a lui.

di Sergio Di Cori Modigliani


Il film muto francese in bianco e nero “ The artist “ prende cinque premi oscar e fa il pieno, come era nelle previsioni. Brad Pitt e George Clooney, bamboloni mediatici ad uso pubblicitario glamour, restano a secco e si arrabbiano pure mentre un anonimo (per la massa) attore bretone, Jean Dujardin, si porta via la statuetta come protagonista.

Fine delle notizie.

Ma non siamo ai David di Donatello che non contano nulla, se non per i piddini pidiellini e uddicini che sponsorizzano i propri servotti cinematici, lesti a ramazzare sussidi, sovvenzioni, e prebende delle nostre tasse, nel presupposto nome di un’arte che (in Italia) fu. Immancabilmente e tristemente verbo al passato.

Siamo a Hollywood.

E Hollywood, oltre ad essere leader mondiale dell’industria cinematografica, uno dei motori pulsanti dell’economia, inventore di miti, mode e divi, è –prima di ogni altra cosa- un eccezionale termometro politico della tessitura dell’immaginario collettivo planetario.

Da cui, la domanda di rito: “che cosa ci segnala, quest’anno, Hollywood?”.

Perché il segnale è forte e importante.

L’anno scorso, così come nel 2010 e nel 2009 e nel 2008 e così via dicendo, fino al 2000, non aveva segnalato un bel nulla (di positivo intendo, soprattutto per l’economia e la cultura dell’occidente) se non la presa d’atto della new entry asiatica con la cinematografia asiatica, soprattutto quella cinese e coreana, che avevano capito alla perfezione l’importanza strategica fondamentale del cinema e della sua mitologia per produrre pil.

L’ultimo grande segnale lo aveva dato nel 1999 con il film “Erin Brockovitch” che aveva vinto nel 2000 in piena campagna elettorale presidenziale, con il management più oltranzista della destra repubblicana che aveva pubblicamente denunciato “il pericolo di una deriva sociale che questo film può determinare perchè apre la strada all’attacco sistematico della massa contro l’industria che produce profitto, con il rischio di lanciare la moda delle class action popolari che saranno responsabili di una crisi economica”. Ma per loro fortuna (e nostra iella planetaria) fecero vincere George Bush jr. che ebbe la geniale idea di lanciare un programma bellico costato alle casse dello stato americano 8.000 miliardi di dollari, completamente buttati al vento, per non parlare della tragedia umana delle centinaia di migliaia di vite sacrificate.

Negli anni a seguire, al film cinese dove gli attori volavano mescolando effetti speciali ad arti marziali, aveva fatto seguito la tendenza (considerata allora definitiva e quindi eterna) degli effetti speciali e dell’abbattimento della realtà e dell’incontro umano esaltando la logica del virtuale, di cui il picco mediatico è stato“Avatar” e compagnia bella.

Poi, nel 2012, irrompe sulla scena un film in bianco e nero, per giunta muto, e come ciliegia sulla torta neppure americano, bensì francese, con il più banale dei titoli pensabili “The artist”..

Non è certo un caso che oggi, a Los Angeles, su tutta la stampa locale –che è l’autentico termometro dell’organizzazione sociale dell’immaginario collettivo statunitense (circa 250 pubblicazioni che tutti leggono)- compaia una pagina a pagamento di un annuncio celebrativo e di auguri al cinema francese con la scritta “We are back”, a firma tra l’altro di noti professionisti che sanno di che cosa stanno parlando, da Steven Spielberg a Steve Soderbergh, da Gus Van Sant a Warren Beatty, da Robert Redford a Woody Allen.

Nell’augurare fortuna allo sconosciuto regista Hazanavicious, specificano che “we” sta per “noi artisti al posto dei mercanti”, che “are” sta per “siamo vivi più che mai” e “back” sta per “siamo ritornati in pista più maturi, responsabili e determinati a gestire di nuovo le regole del giuoco”.

Hollywood, quindi, ci segnala che l’ubriacatura degli effetti speciali non farà più mercato e verrà ridotta e ridimensionata alla sezione casalingo-internettata dei video games. Ci segnala anche (parlano tutti di questa concomitanza, oggi, in Usa) che non è un caso trionfi un film che ci ripropone l’atmosfera della crisi depressiva del 1929 e annuncia il grande ritorno –versione post-moderna- del cinema sociale, del cinema d’arte, del cinema ideato, inventato, prodotto ed eseguito da artisti e non soltanto da furbi mercanti a caccia di visibilità e soldi facili.

I grandi registi e attori che a Hollywood contano, riconoscono all’Europa il merito di aver segnato e aperto la nuova strada, soprattutto alla Francia, così come riconobbero –a suo tempo- all’Italia nella metà degli anni’50, il fondamentale apporto della indimenticabile stagione del neo-realismo lanciata dai nostri grandi geni di un tempo che fu: Roberto Rossellini, Luchino Visconti, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, ciascuno dei quali, poi, scelse la propria strada più consona al loro gusto caratteriale esistenziale.

“Allez, c’est la France!”.

Così, a Hollywood, il network televisivo che si occupa di cinema e di immaginario sociale e di politica dei movimenti, registra e interpreta e propone la notizia degli Oscar.

Non vale neppure la pena di commentare che, mentre la Francia, la Gran Bretagna, la Germania, la Danimarca, il Giappone, l’Argentina, la Spagna, e prestissimo gli Usa, intendono riappropriarsi di questo meraviglioso mezzo di espressione mediatica per ricominciare a parlare alla gente reale di elementi reali, in Italia abbiano prodotto “com’è bello far l’amore da Trieste in giù”, oltre a un nuovo film (che definire inguardabile è davvero una carezza) di Carlo Verdone e qualche cinepanettone mascherato da chiacchiera semi-seria furbetta anzichennò.

La Francia batte anche un record di mercato. E non è da poco: il rapporto costo/beneficio.

Da un mese a questa parte, infatti, un film che è costato 9 milioni di euro ed è stato prodotto, scritto, diretto e interpretato da totali sconosciuti francesi, ha incassato soltanto in Francia 100 milioni di euro, 50 milioni in Germania, Danimarca  e Gran Bretagna, e Hollywood ha già pronto un bell’assegno di 25 milioni di euro per acquistarne i diritti e farne un rifacimento alla fine di questo 20912 con Colin Firth al quale gli hanno già fatto firmare il contratto. Uscito alla chetichella in Usa, perché considerato un film d’autore (e quindi minore) europeo, ha incassato già 25 milioni di dollari e c’è la gente che fa la fila per ore per andarlo a vedere.

Le due buone notizie relative all’Italia, minime, ma che possono indurre a un sereno ottimismo, consiste nel fatto che –prima notizia- tale film è al primo posto negli incassi anche in Italia dove non ha avuto nessuna pubblicità, ha avuto una diffusione relativa e neppure una recensione. Ma la gente non è scema, s’è stancata, e quando c’è un’offerta decorosa, acquista eccome se lo fa.
Il film merita due parole.
La pellicola francese in questione (Jean Luc Godard l’ha definito “adorable”) si chiama, in Italia,  “Quasi amici” è diretto a quattro mani da Olivier Nakache e Eric Toledano.
E’ una storia elementare che proviene dalla tradizione neo-realista, spruzzata di pop e rivista nel post-moderno attuale.
Ci racconta la vicenda di un aristocratico ossessivo, ben viziato e tronfio che è andato a sbattere con la macchina e s’è rotto tutto (Francois Cluzet). E’ diventato paraplegico, sta su una sedia a rotelle e dal collo in giù non ha più alcuna sensibilità. Ha bisogno quindi di aiuto speciale. Lui abita in una splendida magione nel centro di Parigi. I servizi sociali gli ammollano un badante (l’attore Omar Sy) un emigrato senegalese di pelle nera appena uscito dalla prigione, che abita nella più squallida periferia urbana. Il badante, va da sé, non ha alcuna esperienza, non ha la benché minima idea di che razza di lavoro si tratti ed è ovvio che risulta la persona meno indicata a occuparsi di un aristocratico ossessionato dall’eleganza, dal bon ton e dalla promozione sociale.
Eppure, poco a poco, mano a mano che la vicenda si dipana, tra i due si instaura una solidissima e profonda amicizia. In Francia e Usa è stato già identificato come il simbolo mediatico “anti-Merkel” per eccellenza. In Italia, per il momento, i nostri asserviti critici, non essendo stati pagati dagli uffici stampa dei partiti, l’hanno cestinato definendolo un prodotto sentimentaloide gallico di poca rilevanza. E’ già cult dovunque.
Io lo trovo un prodotto delizioso. Un segnale e un simbolo che in Francia e negli Usa cominciano ad esserci dei nuovi echi collettivi che ci spingono a comprendere come la sonnolenza narcolettica sia soltanto italiana.
La seconda buona notizia nazionale consiste nel fatto che la musica del film (ha una importanza notevole nella narrazione) e la colonna sonora sono firmate dal maestro Ludovico Einaudi, figlio dell’editore Giulio Einaudi, un torinese che ha iniziato la sua attività come rockettaro jazz con un complesso che si chiamava “Venegoni & co.”, ma poi si è laureato al Conservatorio Giuseppe Verdi a Milano in composizione ed è passato alla musica classica. E’ scappato via dall’Italia grazie a una borsa di studio dove si è fatto valere in Canada prima e in Francia poi.
La musica da lui scritta per il film “Quasi amici”, nell’ultima settimana, soltanto a New York e a Los Angeles è stata scaricata da 4 milioni di persone. Lo conoscono tutti.
Da noi neppure un rigo.
Ho pensato che fosse bello dedicare la notizia di un bel successo a un nostro connazionale, un artista superbo, un compositore che ha avuto il merito di andarsene per la sua strada a vincere la sua battaglia. Figlio dell’editore Giulio Einaudi e nipote del primo presidente della repubblica, Luigi Einaudi, avrebbe potuto tranquillamente fare una brillantissima carriera in Piemonte, iscrivendosi al PD, diventando prima sindaco e poi ministro, per il solo fatto di avere il cognome e la provenienza di censo che gli garantiva buone conoscenze.
Invece ha mandato tutti a quel paese perché ha scelto di farsi valere per il suo merito.
Lui voleva fare il musicista perché contava sulla sua competenza. C’è riuscito.
Segno e segnale anche questo di come vanno le cose, in Usa, in Francia e da noi.
Oh bè…cambiàmole.
Se c’è una cosa di cui l’Italia ha veramente e davvero bisogno in questo momento, molto più del pane, è una nuova generazione di artisti.
Se non ci rimettiamo a produrre Arte recuperando la memoria storica del nostro più squisito dna etnico-culturale, non riusciremo a combinare un bel niente.
L’idea dell’Italia mercatista voluta dal ragionier Monti la si cambia contrapponendogli l’imbattibile e insostituibile sapore, colore, odore, gusto di una autentica produzione artistica nazionale.
E’ così che hanno ricominciato a ricostruire il paese nel 1946, quando non c’era nulla.
Allora, davvero non c’era nulla, neppure una pagnotta da mettere sotto i denti.
Che aspettiamo?