Non sono soli. Non sono gli unici.
El cono sur se està moviendo: l’America del Sud comincia a muoversi.
Forti di una netta ripresa economica, di uno sviluppo sempre più accelerato, di un notevole aumento di redditività, di produttività, una riduzione della disoccupazione dal 18% al 7% nella fascia giovanile tra i 18 e i 28 anni e di una espansione economica di tutta la zona più meridionale del pianeta (Chile, Argentina, Uruguay, Bolivia, Perù) gli studenti cominciano a muoversi reclamando “la nostra parte del cielo”. Il Presidente in carica, Sebastian Pinero eletto nel febbraio del 2010 tra le file del partito Democratico Nazionale (una coalizione di centro simile a quella che poteva essere la nostra Democrazia Cristiana negli anni’70) il Chile sta affrontando un momento decisivo del proprio sviluppo. Senza dubbio il primo anno e mezzo del nuovo governo ha migliorato le attese e aspettative della gente. Nel 2010 la crescita economica è stata del 5,10 e il pil nel 2011 si avvia a un rombante 6,4% di crescita che situa la nazione tra le grandi sorprese (ma soltanto per i distratti economisti europei) del pianeta. Negli ultimi dodici mesi il governo è stato capace di creare ben 475.000 nuovi posti di lavoro e ha istituito un fondo di assistenza per le popolazioni più disagiate spostando 3.800.000 persone che da sempre vivevano ai limiti della povertà ad un livello socio/finanziario accettabile e compatibile con le esigenze di una società civile più evoluta e giusta.
Ma oggi gli studenti sono in fermento.
Da due settimane tutti i licei e le università più importanti sono occupate e hanno iniziato a scontrarsi con le forze dell’ordine. In Sud America temono l’effetto contagio anche presso le altre nazioni.
Ieri, gioved’ 16 gennaio c’è stata una manifestazione di circa 100 mila studenti a Santiago, la capitale, e gli studenti hanno annunciato lo sciopero e la occupazione a oltranza degli atenei.
Abbiamo chiesto a Camila Vallejo presidente della Federazione degli studenti della Università del Chile che spieghi al lettore italiano che cosa sta accadendo in quella zona del mondo.
D: Che cosa volete?
R: Vogliamo che i venga riconosciuto il diritto allo studio e che il governo e gli imprenditori comincino a mettere a disposizione anche per noi il frutto della grande ripresa economica: senza investimenti per la cultura e l’educazione non esiste progresso. E’ bene che tutti lo sappiano.
D: Quali sono le vostre rivendicazioni?
R: Chiediamo che il governo abbatta le sovvenzioni “uniche” alle scuole private cattoliche e cominci a dare sovvenzioni anche alle università statali garantendo borse di studio e l’accesso gratuito a tutti gli studenti con incentivi e apprezzamenti economici per gli studenti più meritevoli.
D: Che cosa vuol dire, questo?
R: Vuol dire che le università statali sono carenti di mezzi e c’è una selezione sociale tale per cui ciò che conta è la specializzazione che può avvenire soltanto nelle sette università pontificie della nazione che assorbono il 78% delle risorse governative. Noi vogliamo abbattere questo privilegio. Vogliamo che venga riconosciuto il principio laico della nazione. Non ci basta che lo sia soltanto sulla carta.
D: Ma il Chile sta andando economicamente molto bene.
R: Appunto. Se è vero che stiamo vivendo una grande ondata di espansione economica e che tutto il Sud America sta migliorando la propria posizione socio-economica nel mondo, è anche vero che ciò è dovuto anche al sacrificio, volontà e applicazione di chi si è impegnato affinchè ciò accadesse, soprattutto i giovani professionisti, gli studenti, la forza viva della nazione.
D: Una settimana fa vi siete incontrati con Joaquim Lavin, il Ministro della Pubblica Istruzione. Che cosa è successo?
R: Niente. Non è successo nulla. Purtroppo è un dialogo tra sordi. Le diverse riunioni che abbiamo avuto con lui non sono approdate a nulla.
D: Perché?
R: Perché non vogliono aprire le università, i centri di ricerca e i finanziamenti al settore pubblico e a tutti i cittadini. In Chile esiste una grande tradizione accademica e di istruzione che da sempre è stata appannaggio della Chiesa Cattolica che controlla tutt’oggi l’educazione e riceve molti finanziamenti dal governo. Non è certo un caso che il Presidente Pinero sia diventato un eccellente economista studiando nella Pontificia Universidad Catolica de el Sagrado Corazon a Valparaiso. Vogliamo la autentica fondazione della società laica.
D: In Europa c’è chi comincia ad accomunarvi alle rivolte degli studenti in Egitto, Tunisia, Siria. E’ così.
R: Ma non siate ridicoli. Non li leggete i giornali? Dove vivete? Non siamo più –che Dio ce ne scampi e liberi- sotto una dittatura. Il presidente Pinero non è un volgare aguzzino, non è un dittatore sanguinario, è un competente economista, bravo amministratore, efficiente e onesto, ma è troppo compromesso con la Chiesa: tutto qui. Noi non vogliamo pane e una casa. Per fortuna ci siamo liberati del bisogno primario basico. Esiste un salario garantito per tutti e la povertà è stata debellata. Questa qui non è la rivolta di un paese disperato, è la rivolta di una nazione civile che proprio perché si è da poco affacciata al benessere, alla ricchezza sociale condivisa, al miglioramento della propria condizione, pretende che l’istruzione e l’insegnamento venga messo a disposizione di tutti e gratis. Questo deve fare una nazione civile. Vogliamo e pretendiamo che la Chiesa Cattolica Romana rinunci ai propri privilegi e che lo Stato riconosca i cittadini sulla base dell’applicazione di un principio laico.
Tutto qui. Non chiediamo molto. Non vogliamo abbattere nessun tiranno, perché qui non ce ne sono. Pinochet è un lontanissimo ricordo di un lontano passato digerito dalla Storia. Vogliamo che la nuova ricchezza venga messa a disposizione anche e soprattutto per chi vuole studiare, vuol fare ricerca, vuole migliorare la propria prestazione, perché senza cultura, senza istruzione e senza investimenti nella istruzione pubblica non esiste civiltà.
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