sabato 30 giugno 2012

La grande truffa di Lady Gaga. Mentre l'Europa attende il New Deal.



di Sergio Di Cori Modigliani


Qualche giorno fa avevo pubblicato un post relativo al rapporto tra vero e falso e tra bugia e falso. Utile –così almeno era ciò che pensavo- per poter riflettere, e quindi comprendere, le modalità di gestione, presentazione e manipolazione mediatica dell’informazione, entrata con le truppe scelte d’attacco nel nuovo trend attuale (derivato dall’applicazione di concetti teorici della programmazione neuro-linguistica) che consiste nel “produrre dei falsi dicendo una verità inoppugnabile e quindi creare uno stato di cose tale per cui è possibile usare dati e cifre oggettive che in realtà contengono surrettiziamente una interpretazione soggettiva, ottenendo come risultato quello di incanalare il fruitore su un percorso precedentemente pianificato per costruire una realtà linguistico-mentale parallela, del tutto fittizia, costruita virtualmente, e quindi facile da gestire, manipolare, indirizzare verso l’obiettivo psico-linguisticamente pre-determinato. Così facendo, l’individuo assorbe la nozione e la concezione di un evento X che lo porta a credere di aver appreso una Verità, mentre, è diventato un intermediario propugnatore di un clamoroso Falso, perché l’Evento Reale era Y. Di un problema reale che contiene all’origine dieci dati da elaborare, viene presentata una soluzione che fa riferimento soltanto al punto uno e due; in tal modo si presenta come soluzione qualcosa che nasce dall’occultamento, cioè dalla censura. Il fruitore viene convinto che è stata trovata la soluzione a un determinato problema, ma non sa che non gli è stato riferito neppure quale sia il problema. E non sa che gli sono stati forniti soltanto i dati (reali e oggettivi, quindi autentici) del punto 1 e del punto 2. Ma la costituzione del problema stesso (che lo identifica come “problema”) comporta il fatto di poter (e dover) avere a disposizione tutti i 10 dati base. Soltanto allora si potrà cominciare a discutere sulle diverse soluzioni possibili perché si avranno a disposizione gli elementi per poter risolvere l’incognita dell’equazione. Fintantochè non vengono messi a disposizione i 10 dati, non ci può essere una soluzione perché non esiste neppure il problema.  Qualunque soluzione prospettata, quindi, diventa la figlia di un non-problema, e di conseguenza è una non soluzione. Così, si crea linguisticamente un Falso Autentico”. (Noam Chomski, 2002, grande mente occidentale, teorizzatore -nonché autore- della Teoria della Grammatica Generativa, considerato il più autorevole esperto planetario nella decifrazione dei codici di costruzione mediatica del linguaggio, professore ordinario al Massachussets Institute of Technology di Boston, Usa, nella cattedra di “Teoria del Linguaggio”).

Il trionfo di Mario Monti a Bruxelles appartiene a questa fase.
E’ un Falso pre-ordinato. Non è vero nulla.
Tant’è vero che era già stato ampiamente previsto da tutti i liberi pensatori, i più solidi tra i quali avevano addirittura azzeccato l’esatto minuto delle comunicazioni, l’esatta percentuale del rialzo nelle borse, le esatte parole usate nel testo collettivo, le esatte conseguenze che vedremo nei giorni a venire.
Aria fritta.
Dovevano arrivare fino al 10/15 settembre, quando si giocherà la vera partita. Tutto qui.
Se (perchè esiste un grande SE) gli Usa riescono a superare i mesi di luglio e di agosto indenni, la destra repubblicana che sostiene Mitt Romney (appoggiato con forza da Angela Merkel e da diversi importanti esponenti politici italiani, alcuni dei quali impensabili) andrà all’attacco frontale di Obama per cercare di vincere le elezioni presidenziali il 6 novembre. La posta in gioco non è soltanto la gestione del potere politico in Usa.
E’ la tenuta o meno della civiltà occidentale così come l’abbiamo conosciuta. Tutta la campagna elettorale di Obama ruota intorno a una minacciosa promessa, molto rischiosa, fatta ai suoi elettori quaranta giorni fa, che comincia ad avere orecchie anche dentro settori forti di Wall Street e della Confindustria statunitense: “Sarà la prima legge che varerò dopo essere stato rieletto: mettere il necessario bavaglio alla finanza speculativa per restituire alle banche e agli istituti di credito quella dignità sociale che hanno perso: essere la locomotiva di spinta e di credito delle aziende che producono e creano lavoro piuttosto che i loro strozzini, come avviene oggi in tutto il mondo. E la responsabilità è nostra. Possiamo cambiare. Dobbiamo farlo. E’ da lì che dobbiamo ripartire”.
Non è certo un caso che l’accentuazione della crisi in Europa si sia manifestata e verificata in misura allarmante dopo questo annuncio.
Non si sa se Obama (nel caso venisse rieletto) lo farà. Potrebbe non farlo e cedere alle inevitabili pressioni dell’alta finanza, questo lo sanno tutti. Anche la gran parte dei suoi potenziali elettori che sono in dubbio se votarlo o meno.
Ma potrebbe invece farlo. Il che lo rende pericoloso.
Come accadde nel 1932 quando Roosevelt andò al potere. Essendo un massone che proveniva da una certa specifica loggia di New York pullulante di membri che appartenevano all’aristocrazia finanziaria dell’epoca, tutti i marpioni pensavano che il neo-presidente si sarebbe messo d’accordo con tutti. E invece no.
Andò subito e impietosamente all’attacco contro la finanza speculativa imponendo al Congresso di varare una legge che imponeva la distinzione tra banche d’affari che davano credito alle imprese e banche speculative, trovando dei dispositivi che impedivano la contaminazione tra finanza pura ed economia finanziaria, due territori diversi e distinti. Impiegò un anno prima di riuscirci. In quell’anno, gli Usa attraversarono un guado rischioso e pericoloso, perché la finanza speculativa oligarchica anglo-americana disinvestì dagli Usa una cifra corrispondente ai valori di oggi pari a 2.000 miliardi di euro, spostandola in Germania. Sei mesi dopo aver vinto le elezioni, Adolf Hitler si trovò quindi tra le mani un inaspettato regalo: una massa impressionante di soldi cash really cash in valuta pregiata  che gli consentì di far crollare l’inflazione, di far crollare lo spread rispetto ai bpt inglesi e americani, presentandosi al popolo tedesco come quello che aveva salvato l’economia e la dignità della nazione. Il resto è cosa nota a tutti, sappiamo come andò.
Nel 1933, per due mesi gli Usa traballarono, tramortiti dall’emorragia di capitali. Ma grazie al geniale piano di John Maynard Keynes, lo Stato si sostituì alla finanza privata e varò il più grande piano di massiccio investimento pubblico nazionale mai registrato nella Storia, tutto a debito del Ministero del Tesoro, piano che si rivelò talmente vincente, da trasformarsi in un autentico trionfo socio-economico, consentendo quindi agli Usa di diventare il potente impero che poi è diventato.

Il vero nodo e il vero problema, oggi è politico. La crisi non esiste neppure.
E’ un abile trucco di falsificazione per far passare una linea politico-economica senza dichiarare il proprio piano per timore di rivolte sociali e sollevazioni. I funzionari burocrati dei partiti nazionali che in ogni nazione europea sostengono le ragioni della oligarchia finanziaria sovra-nazionale, oggi svolgono la stessa funzione che nel 1780 in Francia veniva assolta allora dal clero, un’intercapedine di mediazione che consentiva a una retriva oligarchia di contenere il disagio consentendone il controllo sociale. La domanda (una volta affrontato il problema sulla base di ciò che il problema è davvero) consiste nel seguente quesito: vogliamo un mondo di produttori e schiavi, dove lo Stato è assente e diventa soltanto un filtro inter-bancario, sostituito da burocrati non eletti dal popolo che lavorano per la finanza speculativa,  oppure vogliamo un mondo di imprenditori e salariati, i quali in un modo o nell’altro saranno costretti a raggiungere un accordo comune, al fine di creare lavoro, occupazione e crescita collettiva, laddove lo Stato fungerà da arbitro, sostenitore, propulsore e guida collettiva?

Sono due idee del mondo diverse e distinte. E sono due linee politiche opposte.
Nel 1937 un operaio tedesco guadagnava tre volte di meno di quanto non guadagnasse nel 1932. L’aspetto più inquietante e sbalorditivo del nazismo (di cui non si parla mai, se non in specifici libri di storia) fu la schiavizzazione immediata del mercato del lavoro. Un mese dopo l’invasione della Cecoslovacchia, venivano aperte 257 nuove aziende metal meccaniche tedesche che lavoravano a pieno ritmo con turni di 12 ore al giorno e dove gli operai erano cittadini ceki, identificati come prigionieri di guerra. Il punto centrale della visione politica del nazismo fu l’estensione in Europa del concetto di schiavismo, che consentì, allora, il crollo dei prezzi delle merci tedesche divenute altamente competitive e un gigantesco allargamento del consumo interno. La stessa cosa faceva il Giappone in tutto il sud est asiatico.
Il vero problema è questo. E non va né aggettivato né ingigantito da fuorvianti e pericolose aggiunte di carattere ideologico.

E’ stato posto sul tavolo delle trattative, quest’aspetto, a Bruxelles?
Naturalmente no.
E’ stato posto l’accento sulla necessità delle imprese di vedersi abbattere le pesanti aliquote imposte dallo Stato nel nome del pareggio di bilancio allo stesso tempo erogando crediti garantiti alle aziende che assumono mano d’opera?
Naturalmente no.
E’ stato messo l’accento sulla necessità inderogabile di varare  un massiccio piano di investimento pubblico immediato per la creazione di infrastrutture, dando vita a un vorticoso, nonché dinamico, movimento di capitali tale da rilanciare il ciclo produzione-consumo?
Naturalmente no.
E’ stato messo sul tavolo il dibattito sulla assoluta quanto immediata necessità di varare un piano di investimento finanziario europeo nel campo dell’istruzione pubblica e della ricerca scientifica per consentire alle giovani generazioni (la classe dirigente di domani) di impossessarsi delle armi del Sapere e della Cultura?
Naturalmente no.
E’ stata fatta una comunicazione congiunta con l’ente viennese europeo che si occupa della lotta contro la criminalità organizzata per spiegare quali misure intendano adottare contro la proliferazione di mafiosi all’interno dei consigli di amministrazione delle più importanti banche dei paesi membri dell’euro?
Naturalmente no.
E’ stato messo sul tavolo un progetto di massiccio investimento pubblico, finanziato dal fondo salva-stati, dove le banche assolvono il ruolo di semplici mediatori, per consentire la salvaguardia e ristrutturazione di tutto il tessuto idro-geologico nelle dissestate coste mediterranee devastate dalla speculazione edilizia in Grecia, Slovenia, Italia, Francia, Spagna, Portogallo, contribuendo a risolvere in una botta sola quattro problemi: aziende che lavorano, crescita dell’occupazione, salvaguardia del patrimonio nazionale paesaggistico e urbano, e rilancio del turismo?
Naturalmente no.
E’ stato messo sul tavolo e poi presentato in maniera congiunta insieme a ufficiali dell’interpol la necessità di varare immediatamente un sistema di certificazione europeo ufficiale, per tutte le società finanziarie attive, in modo tale da controllare con millimetrica esattezza da dove provengono gli investimenti speculativi sui derivati, quali siano di provenienza lecita e quali no, così da poter presentare a ogni singolo stato dell’Unione Europea –e ai rispettivi ministeri del tesoro- la mappatura totale che rivela il vero e autentico stato dell’investimento speculativo in derivati e in tal modo poter affrontare ogni attacco speculativo finanziario esterno all’euro schiacciando un semplice pulsante, e quindi automaticamente evitare ogni gioco perverso sull’andamento del differenziale spread?
Naturalmente no.

Questi sono (alcuni) dei dati reali che appartengono ai problemi reali dei paesi reali dell’Europa reale.
Quindi, non hanno parlato dei problemi reali.
Quindi, le loro parole non sono relative alle soluzioni reali.
Se non c’è il problema, non può esserci una soluzione.

Si tratta quindi della presentazione di un Falso.
La neuro-linguistica non è una opinione, è la scienza esatta che si occupa della decifrazione nel rapporto tra linguaggio e pensiero nella mente.

Hanno parlato di un falso problema e hanno offerto una falsa soluzione.

L’importante è saperlo, per salvaguardarsi.

Auguro a tutti un buon week end fresco e riposante.
Soprattutto a Mario Balotelli, perché domani sera tiferò per lui e per l’Italia.
Lui, è un Mario reale.
Lady Gaga no, ha pure una voce da cornacchia gracchiante.
Mario Balotelli: oy yeah!
Il ragionier vanesio: per carità di Dio!



venerdì 29 giugno 2012

Mario non è Mario, e non è neppure l'altro Mario. Una cosa sono i goal, tutt'altra cosa le manfrine di Lady Gaga.




di Sergio Di Cori Modigliani




Mario non è Mario, neppure l’altro Mario, tantomeno Cesare.
Quindi, stiamo calmi e ragioniamo.
Tradotto, vuol dire che Mario Monti non è Mario Balotellli, e Mario Draghi non è Mario Balotelli. E soprattutto Mario Monti non è Cesare Prandelli, geniale stratega del gioco del calcio.

Trovo semplicemente disgustoso approfittare dell’insipienza generale e dell’incredibile quanto indòmito amore (autentico) che noi tutti abbiamo per la maglia della nazionale quando giocano un grande calcio, per gettarsi nell’ardimentosa impresa di paragonare il nostro nero e statuario eroe con il diàfano e scolorito ragionier vanesio.
La truppa mediatica asservita è arrivata addirittura al punto di accostare la doppietta calcistica del bomber nostrano alle piatte argomentazioni del nostro premier che a Bruxelles non ha fatto nessun gol, non ha ottenuto nessun risultato utile, non ha risolto un bel nulla e torna a casa a mani vuote, così com’era partito, con l’aggiunta insultante –nei riguardi del popolo italiano- di far credere di aver fatto gol quando ha fatto cilecca.
Questa è la differenza tra il calcio e la pantomima degli oligarchi con il turbo ad alta tecnologia virtuale.
Il calcio è sotto gli occhi di tutti, e quando i gol sono puliti li capisce e li vede anche un bambino. Così come anche chi ignora i fondamentali del calcio, il concetto di tattica e di strategia, e non conosce la differenza tra un tornante e un mediano di spinta. Osserva, guarda, e se ha il gusto dell’atletica e del gioco di gruppo, capisce da solo ciò che c’è da capire.
E’ una differenza fondamentale.
E’ andata (a Bruxelles) esattamente come tutti avevamo capito che sarebbe andata. Si erano già messi d’accordo prima per allestire questa disgustosa messinscena per far credere di aver ottenuto un risultato esaltante, così fragoroso da spingere perfino qualche estremista a sostenere che il peggio è passato. Magari fosse così.
Hanno trovato un escamotage per impedire la crisi di governo in Italia, con un occhio molto vigile agli Usa (che la Germania insisteva a sottovalutare) dove con un colpo secco l’America ha lanciato (per chi conosce il loro linguaggio politico) un segnale chiaro e inequivocabile: “in presenza di una grave crisi economica e sociale, quando c’è da compattarsi per dare all’esterno, sia ai nemici che agli alleati, un segnale forte, gli Usa abbattono le differenze tra repubblicani e democratici, fanno quadrato e pensano ai propri interessi nazionali”. Fanno, cioè, ciò che PDL e PD sono incapaci di fare perché non rappresentano più le autentiche classi lavoratrici e ceti produttivi del paese, bensì delle rendite di posizione e interessi corporativi di casta da salvaguardare. E quindi si azzuffano tra di loro per fare in modo che questa banca o quella banca, questa fondazione o quella fondazione, questo ente o quell’ente, questo clan o quel clan, riesca ad agguantare le risorse dello che lo Stato mette a disposizione per poi farle gestire da funzionari burocrati che provvederanno ad assumere le clientele, e quindi impedendo al paese di crescere. In tal modo mantenendo lo status quo. Il loro fine consiste nel “mantenere le posizioni di privilegio acquisite”, per questo si definiscono: rendite di posizione.
Mario Monti non ha ottenuto nulla di ciò che avrebbe dovuto ottenere. Non ha fatto nessun goal. E’ stata una partita d’allenamento finita zero a zero, che viene presentata come se fosse stata una finale olimpionica.
Mario Monti torna a casa con le pive nel sacco.

Avrebbe dovuto (e potuto) pretendere e ottenere il varo degli eurobond; un massiccio investimento finanziario da parte dei fondi europei per rilanciare la economia reale; la rinegoziazione del pareggio di bilancio; uno sgravio delle aliquote; avrebbe dovuto chiedere che il fondo salva stati varasse un provvedimento che consentiva di mettere a  disposizione la cifra di 500 miliardi di euro destinata alle imprese, laddove le banche dei singoli stati sarebbero state soltanto degli agenti di cambio, dei tramite, perché quei soldi finivano alle imprese. C’è stato addirittura un economista tedesco conservatore che lo auspicava. Poi gli hanno spiegato come funziona il mar mediterraneo e allora è stato zitto. Perché se fossero stati messi a disposizione quei fondi, in Grecia, in Italia e in Spagna, sapete come sarebbe andata a finire? Che i soldi sarebbero finiti nelle mani degli armatori miliardari greci; e poi sarebbero andati a finire nelle mani degli amici di Cicchitto, di D’Alema, di Casini e in Spagna nelle mani dell’opus dei che controlla i funzionati delle amministrazioni delle casse di risparmio (che sostengono Rajoy) e che hanno strozzato e stanno strozzando la penisola iberica.
E la responsabilità è nostra, dei popoli che li hanno votati.
Andrebbe a finire così.
Ecco perché è inutile ciò che accade a Bruxelles.
E non ci riguarda.
Ciò che ci riguarda e cambiare ottica e prospettiva.
E cambiare allenatore, alimentazione e strategia.
Cioè eliminare dallo scenario la immonda classe politica che mal ci rappresenta.
Per cominciare a vincere.
Il nostro Balotelli è un Mario vincente, non c’è dubbio.
E domenica tiferò per l’Italia, perché vinca giocando bene.
Una finale che rappresenta due nazioni corrotte, addormentate, ignoranti, ipocrite e contraddittorie.
Ma il calcio è bello e va sostenuto perché lì vince chi è davvero bravo e non chi è corrotto.

Mario Balotelli vince perché bravo.
Mario Monti non è Mario Balotelli. E non è neppure l’altro Mario.
E’ Lady Gaga che torna a casa dopo il suo tour vincente, e ci annuncia la buona novella.

Viva la nazionale di calcio. E la cosa finisce lì, in quei cento metri di erba.
Lady Gaga, proprio no.
Preferisco Ella Fitzgerald.
Se non altro, aveva una voce che faceva sognare.
E non erano mai degli incubi.

giovedì 28 giugno 2012

Esce in Italia il libro di Gigi Di Fiore sulle stragi degli alleati nell'Italia del sud tra il 1944 e il 1945



di Sergio Di Cori Modigliani


Gigi Di Fiore è un giornòrico. Un animale italiano.
Una specie rara, mutuata dalla cultura britannica, che da noi, in Italia, ha trovato un ambiente favorevole nel quale innestarsi e proliferare. Purtroppo in via di estinzione. Gli animali che appartengono a questa specie hanno una natura doppia e parallela: sono topi di biblioteca, perché amano il lavoro di documentazione, di archivio, la ricerca delle fonti, le verifiche, i controlli, e sono in grado di trascorrere un lunghissimo periodo nel silenzio e nella solitudine delle biblioteche specializzate pur di scovare quel foglietto che consentirà loro di poter sostenere o rigettare una certa tesi. E’ il lavoro dello storico. Poi c’è l’altro: legato all’attualità, alla cronaca, alla narrativa esistenziale delle persone, dove il fascino sta nel sentirsi partecipi della precarietà dell’esistenza e assaporare il gusto della consapevolezza che i propri articoli hanno un valore che dura soltanto lo spazio di un mattino, perché il giorno dopo finiscono per avvolgere il pesce al mercato. E questo è il lavoro del cronista, del giornalista professionista di quotidiano.
In Italia, questa specie, che dovrebbe essere cautelata e protetta da un immaginario fondo bio-culturale finanziato dalla presidenza del consiglio dei ministri, ha avuto nel passato dei grandi protagonisti, da Curzio Malaparte a Mario Panunzio, da Indro Montanelli a Enzo Biagi, da Giorgio Bocca a Giampaolo Pansa.
Gigi Di Fiore appartiene a questa categoria, quelli sono i suoi colleghi di specie.
Storico meridionalista affermato, si è occupato spesso di problemi inerenti alla sua zona originaria, la Campania, nel tentativo di fornire una lettura diversa da quella ufficiale, come ad esempio in un suo precedente libro, “Controstoria del Risorgimento”. Ma allo stesso tempo, egli è un giornalista, inviato speciale de il quotidiano napoletano “Il Mattino”, e quindi segue il polso degli umori della nazione perché valuta, relaziona e riferisce al pubblico ciò che accade ogni giorno nella realtà vera, non virtuale.
Certe volte, gli animali giornorici, come lui, hanno anche una terza immagine, quella del romanziere, che in realtà è la sintesi delle altre due facce, quella dello storico e del giornalista. Tant’è che in una sua fortunata produzione letteraria, uscita dall’editore Grimaldi (“Gli ultimi fuochi di Gaeta 1860-1861”) Gigi Di Fiore ha scritto un’opera di fantasia, un romanzo risorgimentale, dove la cronaca e la storia si fondono nella libertà della narrazione consentita dalla scelta del mezzo. E il risultato è davvero ottimo.

E’ uscito da poco la sua ultima fatica “Controstoria della Liberazione”, èdito da Rizzoli, un libro che si occupa di analizzare il fenomeno (dal punto di vista storico) dell’occupazione americana nel meridione italiano nell’arco 1944-1945 quando gli americani ci liberarono dall’invasione nazista. E va da sé, Di Fiore lo fa come se fosse stato inviato oggi dal suo quotidiano Il Mattino in una immaginaria corrispondenza nel passato. Una storia diversa, non ufficiale, che ci racconta obbrobri, collusioni, stragi, stupri, eventi sottaciuti, aneddoti storici documentati, che sono succosi e stimolanti per aprire un dibattito, oggi più vivo che mai, su ciò che è accaduto in Italia e sui fondamenti della nostra repubblica. Uno strumento culturale davvero molto utile, che consiglio a tutti.

Lo storico-giornalista Gigi Di Fiore, molto gentilmente, mi ha concesso quest’intervista per il blog, che io condivido qui con tutti voi.





D: Perchè, questo libro, adesso?
R: Ho scritto questo libro in questo momento, come continuazione del mio lavoro di controstoria sul Risorgimento. L’altro periodo storico fondamentale per l’Italia è stata la Resistenza-liberazione e allora ho sentito la necessità di vedere se, come nel 1861, anche nel 1943 si sono verificate vicende poco chiare che hanno alimentato squilibri tra nord e sud. Senza dimenticare che, il prossimo anno, saranno 70 anni dall’8 settembre e sicuramente si moltiplicheranno pubblicazioni su quel periodo. Ho un po’ anticipato l’onda, come già feci per il Risorgimento.


D: Le risulta che gli alleati si sono comportati nello stesso modo anche nell'Italia settentrionale? Se sì, come mai non se n'è mai parlato? Se no, perchè?
R: Non ho in verità approfondito i comportamenti degli alleati nell’Italia settentrionale. Di certo, e ne parlo anche nel mio libro, il corpo di spedizione coloniale francese compì stupri su donne anche in Toscana. Sicuramente, però, la Resistenza e le formazioni partigiane nel centro-nord hanno contribuito a limitare comportamenti da occupanti-vincitori degli alleati nelle regioni settentrionali. Non va dimenticato che nel Mezzogiorno per due anni ci fu una forma di occupazione anglo-americana e come occupanti si comportarono gli alleati, con tutte le degenerazioni e gli atteggiamenti violenti e prevaricatori che ciò comporta. Al sud non ci fu Resistenza, ma solo occupazione alleata in attesa della completa sconfitta del nazifascismo in Italia.


D:  Esiste ancora una questione meridionale? E' mai esistita? Se esiste ancora, ed è un problema, perchè secondo lei non è stata mai affrontata in modo tale da tentare di risolverla?
R: La questione meridionale fu posta come problema eccezionale vent’anni dopo l’unità. Le politiche economiche unitarie nord centriche, i comportamenti delle classi dirigenti meridionali che cercavano di difendere poteri e squilibri sociali contribuirono a creare una vera “questione”. Un tema affrontato sempre con leggi eccezionali, con paternalismo, con diffidenza, con atteggiamenti clientelari e la connivenza a mantenere lo status quo dei latifondisti e dei politici del sud.


D:  Se lei si trovasse, come giornalista, a un dibattito televisivo e avesse davanti Cavour, il quale con entusiasmo sostiene che adesso che l'Italia è fatta basta fare gli italiani, lei, che cosa gli direbbe?
R: Che probabilmente gli italiani tra loro si conoscono ancora poco e ragionano con pregiudizi e luoghi comuni. Basterebbe diffondere più conoscenza, anche sui processi storici che portarono all’unità nelle diverse aree del Paese, per creare uno spirito unico e cercare, se ce ne sono, ancora le ragioni che ci spingono a difendere l’unità nazionale.


D:  Perchè, secondo lei, pochissimi -per non dire nessuno se si fa eccezione di Curzio Malaparte e in parte Michele Prisco- ha mai avuto l'ardore o l'ardire di denunciare ciò che lei ha fatto nel suo libro?
R:  Per motivi di politica internazionale. Siamo stati dei vinti nella seconda guerra mondiale, dovevamo farci accettare tra le grandi potenze del dopo guerra, mondandoci dal peccato originale di essere stati alleati della Germania nazista. Coprire le storture compiute dagli alleati sul nostro territorio nazionale è stata quasi una necessità da realismo politico, in un’ottica anche di lettura storica che vede divisioni tra bianco e nero. La storia è invece anche grigio.


D:  Lei ritiene, come sostengono diversi storici statunitensi, che il velo di censura storiografica sugli eventi del 1943 nel meridione italiano siano stati un prezzo che l'Italia ha dovuto pagare in cambio del piano Marshall? Se sì, lei pensa che questa possa essere una delle motivazioni alle quali ascrivere il perdurante stato di servilismo alle potenze straniere?
R: Certamente, sono d’accordo. Quei soldi furono poi dirottati in gran parte al nord, perché il sud doveva risarcire le spese che gli occupanti avevano sostenuto nel Mezzogiorno. Sì, il nostro servilismo, i silenzi sono stati il prezzo per farci accettare nel nuovo consesso internazionale. La Francia ancora nega gli stupri e su quegli eventi manterranno il segreto di Stato per altri 40 anni.


D:  Nell'altro libro da lei scritto sulla Controstoria del Risorgimento, la storia delle lotte per l'unità d'Italia vengono presentate secondo un'ottica diversa da quella ufficiale. Perchè? Lei ritiene che ancora oggi non ci sia in Italia la libertà e la possibilità di poter aprire una vertenza critica ed evolutiva sul piano del dibattito culturale su quella fase della nostra Storia? Pensa che sarebbe auspicabile e importante?
R: Credo che ogni approfondimento di verità sia utile alla conoscenza. Per ogni momento della storia. Risorgimento compreso. Oggi si pensa che svelare i retroscena o le brutte pagine di quel periodo significhi mettere in discussione l’unità. Non è così, come ho detto prima la conoscenza può accrescere lo spirito unitario. Non il contrario.


D:  Che cosa bisognerebbe fare, secondo lei, per dare un contributo alla costruzione di un tessuto intellettuale italiano di autentica concordia nazionale tale per cui si possa investirerisorse umane, economiche e intellettive, per dare un contributo alla risoluzione dei problemi del meridione?
R: Bisognerebbe in primo luogo cominciare a combattere certi atteggiamenti culturali meridionali, come l’eccessiva tendenza alla lamentela o la tentazione ad aspettare che altri risolvino i propri problemi. Poi, bisognerebbe far capire a certi settentrionali che non esiste primato intellettuale o civile in alcuna parte del Paese. Insomma, abbattere l’eredità delle teorie lombrosiane, per sentirci tutti parte di una stessa nazione.


D:  Lei pensa che le giovani generazioni meridionali siano al corrente di ciò che è accaduto nel 1943 durante l'invasione americana? Come reagiscono i giovani, oggi, quando leggono questo libro? Secondo lei, come si sentono gli americani, quando lo leggono?
R: Non credo che i giovani ne sappiano molto. Anche per questo ho voluto scrivere questo libro. Gli americani credo siano un popolo che, più di ogni altro, è stato sempre disposto a mettere in discussione la propria storia. Lo hanno fatto per il Vietnam e anche, più lontano, con la riabilitazione del popolo pellerossa. Siamo noi, in Italia, che non riusciamo a fare fino in fondo i conti con la nostra storia, prigionieri di un’etica da buoni e cattivi che non ci fa vedere fino in fondo tutti i pezzi del mosaico del nostro passato. Nel bene e nel male.


D: Le risulta che ci siano stati tentativi, nel meridione, negli ultimi 60 anni, di raccontare le vicende di cui lei parla nel suo libro, oppure è stato steso un velo totale di omertà? Perchè raccontarlo, oggi, può essere importante per la coscienza europea e non soltanto italiana?
R: C’è stata la letteratura, penso a Moravia o a Malaparte. Pochi studi universitari. Nessuno ha messo insieme, in maniera organica, queste vicende. Capire come siamo stati liberati, perché alcune vicende pesano sul nostro Dna e sugli squilibri tra nord e sud può aiutare a formare una maggiore coscienza critica in tutti, facendoci sentire eredi di quell’epoca e consapevolmente cittadini italiani che capiscono più l’oggi perché conoscono come l’Italia arrivò a diventare l’attuale Repubblica.


mercoledì 27 giugno 2012

Ecco la vera faccia dei poteri forti. Sarà lei a portare a tutti la buona novella da Bruxelles.



di Sergio Di Cori Modigliani



E’ l’anima della pubblicità, e nella teoria della comunicazione è considerata la struttura portante nella costruzione di consenso, approvazione, quindi consumo.  Il termine tecnico è teaser, termine americano che tradotto significa una sintesi tra allettante, seducente, sfizioso, ammiccante, con una dose intrinseca di ambiguità, sufficiente e necessaria, per sollecitare la curiosità. Di solito, quando devono gestire una importante campagna pubblicitaria, usano questo sistema linguistico. Il PD, che si avvale di consulenti mass media di mezza tacca, l’ha usato per tutto il 2011, andando incontro a diverse catastrofi, dalla gonnellina del “cambia il vento” a “ti presento i miei”, ecc. Il PDL, invece, che è sempre stato fedele a se stesso, ovverossia mèmore di essere niente di più di un veicolo pubblicitario, ha sempre usato eccellenti professionisti molto dotati, abili conoscitori sia del mercato che dell’uso di sistemi di deformazione, mistificazione e manipolazione del gusto e del pensiero, tutti di derivazione pubblicitaria. E li ha sempre ben usati. Quando Forza Italia nacque e tra le irresponsabili risate dell’intera sinistra si affermò e vinse spopolando, usò questo sistema: l’immagine di un poppante che diceva “Fozza Italia”. Delizioso per vendere una bibita. I gonzi italioti caddero nella trappola e incorporarono il concetto subliminale che sintetizzato suonò dentro la loro testa come “la Politica è una Bibita Fresca da acquistare in una giornata calda d’estate”. In un paese adulto, questa rischiosa campagna pubblicitaria si sarebbe rivelata un boomerang. Gli oppositori, infatti, avrebbero usato argomentazioni razionali e avrebbero detto. “Non mi fiderei a dare il voto a un poppante. Il mio paese ha bisogno di un programma specifico, complesso e articolato: il ciuccio e l’innocenza è un po’ poco, davvero pochino. A noi piacciono gli adulti, siamo contro l’uso della pedofilia in politica”. In Italia, invece, quell’immagine provocò panico nella sinistra analfabeta e da quel momento in poi, quella sinistra (i gestori e il management, oggi, sono le stesse identiche persone che erano al comando, allora)  hanno scelto la deriva più pericolosa e squallida tra tutte quelle potenzialmente percorribili: il pedinamento dell’avversario, faticoso e perdente.  Invece di opporre un’idea della vita, dell’esistenza, della Politica, della Cultura, del mercato, dell’economia, dello scambio sociale totalmente diversa, cercò invece di cooptare quel modello. I risultati stanno sotto gli occhi di tutti. Insieme hanno portato la nazione alla catastrofe.

Questa premessa era necessaria per spiegare i banali trucchi da baraccone del ragionier vanesio, il quale invece di passare alla Storia come l’emulo mediterraneo del grande Keynes, ha scelto e deciso di far concorrenza a Lady Gaga, dimostrando quindi che la vanità è davvero la sua spina dorsale.

Sta gestendo la sua campagna di comunicazione come una rockstar, infatti.

Come fanno le rockstar? Organizzano un disco. Preparano un tour per lanciarlo e prima del tour, attraverso l’abile gestione della truppa mediatica ben oliata, lanciano campagne gossip, provocazioni, scoop di varia natura, confessioni, dinieghi, querele, contro-querele, rivelazioni, drammi. tutto ciò che può avere il fine di creare un’allerta, una curiosità, ma soprattutto montare un gigantesco sistema di attese il cui fine è produrre e provocare ansia e paura garantendo la scarica di adrenalina il giorno X, per portare la gente a pensare che il giorno del tour “finalmente si saprà come stanno le cose” perché Lady Gaga o Madonna o chi per loro hanno promesso e garantito che sul palcoscenico si toglieranno la maschera e riveleranno l’arcano. Lady Gaga dirà che non è eterosessuale, non è neanche lesbica, ma è trisex, una cosa unica (e nuova) che è solo lei al mondo a praticare perché nessuno ha mai osato tanto e nessuno ha il coraggio che ha lei. Applausi, successo garantito e lancio di una moda. I gadget e il merchandising vengono dopo.

Così fa l’industria pubblicitaria dietro le partite di calcio. Accelerano, decuplicano, aumentano, ingigantiscono l’evento attribuendogli valenze drammatiche, per fondare un’epica e far identificare il pubblico nei giocatori cha da miliardari viziati si trasformano in guerrieri nazionali mandati al fronte a salvare la dignità e l’orgoglio della propria etnia magari insultata e avvilita da eventi negativi nel mondo.

Domani sera, venerdì, sabato, domenica, a Bruxelles non accadrà un bel nulla.

Quindi, rilassatevi, non  fatevi prendere dall’ansia, godetevi le semifinali degli europei di calcio per chi le segue, andate in spiaggia o a giocare a burraco con vostra cugina e non preoccupatevi più di tanto. Il ragionier vanesio tornerà in patria sostenendo di aver vinto, di aver ottenuto delle concessioni dalla Merkel che nessuno dal 1243 era stato capace di scucire ai teutonici. Hollande verrà festeggiato per aver finalmente strappato la leadership alla Merkel e restituito l’orgoglio perso alla nazione gallica. La Merkel verrà accolta con applausi scroscianti (e nient’affatto pubblici) per non aver ceduto nulla su nulla ma in pubblico confesserà di essersi arresa davanti alla virilità macho di Monti e Hollande che le hanno messo davvero tanta paura. “la risposta dei mercati” come la definiscono loro sarà buona, si comincerà a discutere del nuovo piano, delle idee venute fuori, dei progetti davvero geniali che risolveranno il nodo economico. Obama dirà, forse, che finalmente l’Europa ha voltato pagina. Ci sarà anche chi si esalterà. Tutto seguiterà ad andare esattamente come prima. Con l’aggravante che le notizie saranno molte di meno, le informazioni verranno più criptate, e anche le orecchie non saranno più tanto disponibili, perché bisogna spendere per andare in vacanze e conviene essere ottimisti. Il solo fatto di aver presentato la segretaria teutonica come una zuccona testarda che si è incaponita a titolo personale perché ha avuto un professore alle medie che l’ha terrorizzata e vuole farla pagare al resto del mondo, la dice tutta sullo squallore di questa campagna pubblicitaria. Molto simile a quella del 1938 in Francia, Inghilterra e Usa.

Voi davvero pensate che Adolf Hitler avrebbe avuto la possibilità di ingoiarsi la Cecsolovacchia in un pomeriggio, e poi la Polonia in 72 ore, ecc., se non avesse saputo di poter contare sull’appoggio di tutta l’industria tedesca, di tutto il sistema economico tedesco, nonché quello di tutte le potenze straniere che apparentemente gli si opponevano? Lui era uno psicotico che lavorava come segretario permanente e ragioniere metodico a nome di un certo numero di persone. Faceva semplicemente il lavoro sporco a nome di tutti. Le stesse persone che hanno assunto la Merkel.

State tranquilli. Non accadrà nulla di brutto. E neppure di bello. Semplicemente, non accadrà nulla di reale.

Sarà tutto virtuale, quindi fittizio, quindi Falso.

Hanno già foraggiato le banche decotte nazionali che poi appoggeranno tutto in parlamento nei prossimi giorni, dal Santander a Caxia Bank in Spagna, da BNPParibas a Societe Generale in Francia, da MPS a Banco popola ee Banca Popolare di Milano in Italia. Tutti soldi nostri, si intende, perché li ha dati lo stato.

Quatti quatti, zitti zitti, mentre tutti tifavano per il ragionier vanesio che ci porterà (magari anche mostrandocelo) il cuore dell’avversario strappato a morsi dopo la battaglia vinta, come nelle migliori epiche indiane, il governo, nel silenzio dell’indifferenza nazionale ha fatto approvare in fretta furia diversi provvedimenti che hanno spostato ingenti risorse nazionali economiche alle banche decotte controllate dal PD dalPDl e dall’UDC. Idem in Spagna, Francia, Olanda e Portogallo.

Quindi, i giochi sono stati già fatti.

Tutto qui.

L’unica sorpresa, ma ha poche probabilità anche se esiste, può venire da qualcuno dei soggetti di questa messinscena da circo che non ha avuto proprio la cifra che desiderava. Perché si gioca tutto sul filo del rasoio. E’ questo che a loro dà gusto, essendo dei psico-socio-borderline. Arrivare sull’orlo del precipizio per poi evitare all’ultimo secondo di finire in fondo al burrone sterzando: una vera libidine.

A volte, questo giochetto può anche finire male.

Non è poi che a loro preoccupi più di tanto, intendiamoci. Dentro la macchina mica ci stanno, loro. La macchina, è un gioco virtuale, per loro.

Siamo noi, i popoli, la gente, le persone, gli Umani che stiamo là dentro tutti pigiati, con la consapevolezza che c’è il pilota automatico innescato e non si può fare niente. E i più ottimisti e sereni a tranquillizzare le proprie compagne e i figli piccoli dicendo loro: stai tranquilla tesoro, vedrai, proprio all’ultimo momento, la macchina sterza e finiamo in pianura.

Quindi, niente paura.

Bevetevi una bibita fresca, magari dando retta a una pubblicità che vi aggrada. Se non altro, chi la produce, è onesto. Produce bibite, le pubblicizza e le vende. E quando la bevete vi accorgete che è davvero una bibita. E’ qualcosa di REALE.

Il ragionier vanesio, invece, non è mica reale. Lui è come Lady Gaga.

martedì 26 giugno 2012

Angela Merkel dice il Falso. Ecco come òperano per creare confusione.

Angela Merkel dice il Falso. Ecco come òperano per creare confusione.




di Sergio Di Cori Modigliani



Il contrario della Verità è la Bugia.
Questo è Falso.
Il contrario della Verità è il Falso.

E’ una differenza fondamentale.
Esiste tutta una complessa branca della filosofia, della scienza, e soprattutto dell’epistemologia, che si occupa di quest’aspetto. Tant’è vero che sono tutti d’accordo nell’identificare e definire come “verità scientifica” soltanto “tutto ciò che può essere falsificabile”.             

Io posso dire una verità, che è soltanto apparente, perché in realtà si tratta di un falso.
Il che vuol dire aver creato un mondo parallelo, e quindi molto pericoloso, perché si può arrivare anche al punto di cambiare e modificare la “Verità della Realtà” avendo come presupposto l’applicazione di un Falso.
La Bugia, invece, appartiene a un’altra categoria di pensiero.
La Bugia è un’alterazione della Verità, è uno slittamento della Verità, ma appartiene pur sempre alla stessa dimensione della Verità, alla quale aggiunge ambiguità e incertezza spingendo la Verità in un terreno franoso, ansiogeno.
Ma è sempre dentro quella categoria mentale.
Il Falso, invece, appartiene a un’altra realtà. Quindi, appartiene a un altro mondo.
Faccio un esempio di semplice comprensione:
Un coniuge fedifrago torna a casa dopo aver trascorso la mattinata con l’amante. La moglie chiede che cosa ha fatto. Lui risponde che stava in ufficio. Lui ha detto una bugia, quindi è un bugiardo. Ma non è ancora un falsario. Durante la notte si saprà se sceglie la Verità o il Falso. Quando vanno a letto, la sera, lui fa sesso con la moglie e le dice che, per lui, lei è l’unica e lui ama soltanto lei e desidera soltanto lei. In quel momento sta dicendo una Verità –perché così lui lo sente- in realtà è entrato dentro al corridoio che introduce al Falso, padre dell’Inganno, lui sta falsificando consapevolmente la verità, quindi la realtà. La moglie, a quel punto, non avrà nessuna possibilità di comprendere la Verità e finisce per credere a un Falso.
L’intera vita dei due viene falsificata.
Se il coniuge, invece, è soltanto un bugiardo e non è un falsario, la notte a letto farà sesso con la moglie in maniera svogliata, distratta e non oserà mai (è soltanto bugiardo) dirle che vuole lei e soltanto lei. Se la moglie è sensibile e accorta, dal suo comportamento capirà che il marito non è un falsario ma è soltanto un bugiardo, e coglierà la Verità. Il mattino dopo, confessandosi con la sorella o con la migliore amica dirà: “Lo so lo so, te lo dico io, l’ho capito ieri notte da come mi accarezzava la schiena che lui ha un’altra, vuoi che non me ne renda conto?”. Paradossalmente, il bugiardo è dotato di una relativa onestà; comunque sia, si è rifiutato di aderire alla costruzione di Falso.

Si può dire un Falso dicendo una Verità?
Sì, è possibile.

Ed è ciò che ha fatto l’altro ieri Angela Merkel.
Ha presentato una Verità (cioè non ha detto una bugia, perché il dato fornito è reale) ma ha prodotto un Falso. Dannoso e pericoloso perché la comunicazione che ha fornito indica che gli oligarchi privilegiati che ci rappresentano òperano ormai in un territorio di totale falsificazione.
La Merkel –con la complicità di Monti- ha detto: “La Grecia ha ingannato la Unione Europea; nell’arco del biennio 2010-2011, invece di licenziare le persone come sosteneva di star facendo ha assunto 70.000 persone nell’impiego pubblico, quindi hanno detto una bugia”.
Il dato è oggettivo, quindi in teoria dovrebbe essere Vero.
E invece pur essendo “apparentemente vero e inoppugnabile” in realtà si tratta di un Falso.

Perché?

Perché questa notizia (cioè il dato) era ufficialmente nota fin dal 28 aprile del 2011, come apprendiamo da attendibile fonte statunitense. Quindi, la Verità è diventata un Falso.
Sarebbe rimasta Verità se Angela Merkel avesse dato la notizia il 29 aprile del 2011.
Sarebbe stata una bugia (come hanno fatto i governanti greci, bugiardi, bugiardissimi come nel caso del coniuge fedifrago, ma non falsari) se avesse detto “la Grecia è una meraviglia, sta facendo benissimo, ha rispettato i parametri al millesimo”.

La Verità –priva del suo Falso- ci racconta, invece, che alla fine dell’aprile del 2011 la Troika venne convocata ad Atene e le venne spiegato (testimoni due generali della Nato, uno italiano e uno statunitense) che la situazione era fuori controllo sociale, non erano più in grado di fornire garanzia di coesione sociale: avevano soltanto tre scelte. A). Rinegoziare il debito e ripianificare il tutto. B). Fare un governo militare e istituire un governo di sanità nazionale fondando una dittatura nel cuore dell’euro. C). Andare avanti così, far finta di nulla, e assumere un po’ di gente in modo tale da attuare un dispositivo di welfare anòmalo e perverso, una sorta di gigantesco ammortizzatore sociale, il cui costo era nettamente inferiore rispetto a una sollevazione popolare o a un golpe dittatoriale militare. I generali filo-nazisti già si leccavano le labbra. Hanno fatto insieme i conti e alla fine hanno detto loro: ok, vada per C.

E’ quello che hanno fatto.

Tutto qui.

La notizia viene fornita sedici mesi dopo come se si trattasse di una scoperta che è stata fatta l’altro ieri. Non è Vero. E’ falso.

Il che vuol dire che abbiamo a che fare con dei falsari.

Non sapremo mai ciò che combineranno a Bruxelles.
Si vedono per gestire insieme la falsificazione della realtà.
Berlusconi era (ed è) un mitòmane bugiardo, ha sostenuto che Ruby fosse la nipote di Mubarak.
Mario Monti, invece, è un falsario.

Appartengono a due categorie diverse del pensiero mentale.

La bugia lascia spazio di comprensione della Verità, può essere smascherata, denunciata, capita, interpretata, decifrata.

Il Falso, no.

Appartiene a una categoria ben congegnata il cui scopo è creare una realtà parallela.
E in quella realtà parallela, avvengono tutt’altre cose. Si vivono altre storie, altre vite.
E’ per questo che la casta dei privilegiati non capisce. Vivono in una Realtà altra.
E’ un po’ come quelle persone che hanno una doppia vita.
Così è il nostro governo. Così è l’Unione Europea versione Merkel-Draghi-Monti-Van Rompuy (gli altri per il momento sono comprimari).

Le bugie hanno le gambe corte. Vera saggezza popolare.
Il Falso, purtroppo ha il fiato lungo, e una visione diabolica.

Va individuato subito e dimostrato in sede scientifica, come fece Galileo nel XVII secolo.

Dire che la Terra era quadrata era un clamoroso Falso.
Dire che era immobile, era Falso.
Dire che il sole si muoveva intorno alla Terra era Falso.

Lui era un libero pensatore e prima di tutto uno scienziato. Non poteva aderire a un Falso.
Per salvarsi la pelle, optò per una Bugia. Al processo, per evitare il rogo accettò la condizione della Chiesa e disse. “Abiuro le mie idee”. Sapeva di star dicendo soltanto una bugia.
In compenso aveva fatto la rivoluzione culturale.
Aveva individuato e decifrato il Falso e lo aveva denunciato.

E’ ciò che va fatto oggi.

E’ il compito e dovere di ogni intellettuale europeo pensante.

A questo serve la Cultura; non a fare nozionismo, ma a denunciare i Falsi.

Chi non lo fa o non è un intellettuale perché non he gli strumenti, oppure è compice e colluso, oppure è stupido, quindi, inutile.


O meglio: è un Falso Intellettuale.