lunedì 29 aprile 2019

La verità di Carole di cui tutti vanno informati. Prima che sia troppo tardi.

di Sergio Di Cori Modigliani

Circa dieci giorni fa, la corrispondente del quotidiano britannico "The Observer", partecipava a un convegno sulla comunicazione politica ai tempi dei social che si svolgeva in Canada. La particolarità di Carole Cadwalladr consiste nel suo famigerato record: è la prima personalità al mondo, tra i professionisti mediatici del pianeta Terra, che ha ricevuto dal management di facebook una lettera nella quale le veniva comunicato che tutti suoi account erano stati cancellati da facebook per tutta la vita. "Per il resto della sua esistenza, lei non potrà mai più avere accesso a questa piattaforma". Facebook, infatti, essendo un'azienda privata con un suo personale statuto (che noi tutti, a nostra insaputa, abbiamo sottoscritto) si riserva il diritto di impedire l'accesso vita natural durante a chicchessia, senza fornire alcuna spiegazione. E' la prima volta che tale trattamento è stato applicato a un giornalista professionista accreditato.

La sua colpa? E' molto semplice: lei è la persona che dopo una lunga indagine investigativa, ha scoperto che l'azienda facebook aveva venduto i profili personali a Steve Bannon di Cambridge Analytics, l'azienda inglese travolta un anno fa dallo scandalo suscitato dalle rivelazioni della brava e coraggiosa giornalista britannica.

Qui di seguito il suo intervento, per intero.

Una lettura che appartiene alla necessaria igiene mentale dei nostri tempi. Buona lettura.

 


 

Lo speech integrale di Carole Cadwalladr al TED  a Vancouver, Canada.


18 aprile 2019



Il giorno dopo il voto sulla Brexit, quando la Gran Bretagna si è svegliata con lo choc di scoprire che stavamo davvero lasciando l’Unione Europea, il mio direttore al quotidiano Observer, mi ha chiesto di tornare nel Galles meridionale, dove sono cresciuta, e scrivere un reportage. E così sono arrivata in una città chiamata Ebbw Vale.

Eccola (mostra la cartina geografica). È nelle valli del Galles meridionale, che è un posto abbastanza speciale. Aveva questa sorta di cultura di classe operaia benestante, ed è celebre per i cori di  voci maschili gallesi, il rugby e il carbone. Ma quando ero adolescente, le miniere di carbone e le fabbriche di acciaio chiusero, e l’intera area ne è rimasta devastata. Ci sono tornata perché al referendum della Brexit era stata una delle circoscrizioni elettorali con la più alta percentuale di voti per il “Leave”. Sessantadue per cento delle persone qui hanno votato per lasciare l’Unione Europea. E io volevo capire perché.

Quando sono arrivata sono rimasta subito sorpresa perché l’ultima volta che era stata ad Ebbw Vale era così (mostra la foto di una fabbrica chiusa). E ora è così. (mostra altre foto). Questo è un nuovissimo college da 33 milioni di sterline che è stato in gran parte finanziato dall’Unione Europea. E questo nuovo centro sportivo fa parte di un progetto di rigenerazione urbana da 350 milioni di sterline, finanziato dall’Unione Europea. E poi c’è questo tratto stradale da 77 milioni di sterline, e una nuova linea ferroviaria e una nuova stazione, tutti progetti finanziati dall’Unione Europea. E non è che la cosa sia segreta. Perché ci sono grossi cartelli ovunque a ricordare gli investimenti della UE in Galles.

Camminando per la città, ho avvertito una strana sensazione di irrealtà. E me ne sono davvero resa conto quando ho incontrato un giovane davanti al centro sportivo che mi ha detto di aver votato per il Leave, perché l’Unione Europea non aveva fatto nulla per lui. E ne aveva abbastanza di questa situazione. E in tutta la città le persone mi dicevano la stessa cosa. Mi dicevano che volevano riprendere il controllo, che poi era uno degli slogan della campagna per la Brexit. E mi dicevano che non ne potevano più di immigranti e rifugiati. Erano stufi.

Il che era abbastanza strano. Perché camminando per la città, non ho incontrato un solo immigrato o rifugiato. Ho incontrato una signora polacca che mi ha detto di essere l’unica straniera in paese. E quando ho controllato le statistiche, ho scoperto che Ebbw Vale ha uno dei più bassi tassi di immigrazione del Galles. E quindi ero un po’ confusa, perché non riuscivo a capire da dove le persone avessero preso le informazioni su questo tema. Anche perché erano i tabloid di destra a sostenere questa tesi, ma questo è una roccaforte elettorale della sinistra laburista.

Ma poi, quando è uscito il mio articolo, questa donna mi ha contattato. Mi ha detto di abitare a Ebbw Vale e mi ha detto di tutto quella roba che aveva visto su Facebook durante la campagna elettorale. Io le ho chiesto, quale roba? E lei mi ha parlato di roba che faceva paura, sull’immigrazione in generale, e in particolare sulla Turchia. Allora ho provato a indagare, ma non ho trovato nulla. Perché su Facebook non ci sono archivi degli annunci pubblicitari o di quello ciascuno di noi ha visto sul proprio “news feed”. Non c’è traccia di nulla, buio assoluto.

Questo referendum avrà un profondo effetto per sempre sulla Gran Bretagna, lo sta già avendo: i produttori di auto giapponesi che vennero in Galles e nel nord est offrendo un lavoro a coloro che lo avevano perduto con la chiusura delle miniere di carbone, se ne sono già andati a causa della Brexit. Ebbene, l’intero referendum si è svolto nel buio più assoluto perché si è svolto su Facebook. E quello che accade su Facebook resta su Facebook. Perché soltanto tu sai cosa c’era sul tuo news feed, e poi sparisce per sempre, ma così è impossibile fare qualunque tipo di ricerca. Così non abbiamo idea di quali annunci ci siano stati, di quale impatto hanno avuto, o di quali dati personali sono stati usati per profilare i destinatari dei messaggi. O anche solo chi li ha pagati, quanti soldi ha investito, e nemmeno di quale nazionalità fossero questi investitori.

Noi non lo possiamo sapere ma Facebook lo sa. Facebook ha tutte queste risposte e si rifiuta di condividerle. Il nostro Parlamento ha chiesto numerose volte a Mark Zuckerberg di venire nel Regno Unito e darci le risposte che cerchiamo. Ed ogni volta, lui si è rifiutato. Dovete chiedervi perché. Perché io e altri giornalisti abbiamo scoperto che molti reati sono stati compiuti durante il referendum. E sono stati fatti su Facebook.

Questo è accaduto perché nel Regno Unito noi abbiamo un limite ai soldi che puoi spendere in campagna elettorale. Esiste perché nel diciannovesimo secolo le persone andavano in giro con letteralmente carriole cariche di soldi per comprarsi i voti. Per questo venne votata una legge che lo vieta e mette dei limiti. Ma questa legge non funziona più. La campagna elettorale del referendum infatti si è svolto soprattutto online. E tu puoi spendere qualunque cifra su Facebook, Google o YouTube e nessuno lo saprà mai, perché queste aziende sono scatole nere. Ed è esattamente quello che è accaduto.

Noi non abbiamo idea delle dimensioni, ma sappiamo con certezza che nei giorni immediatamente precedenti il voto, la campagna ufficiale per il Leave ha riciclato quasi 750 mila sterline attraverso un’altra entità che la commissione elettorale aveva giudicato illegale, e questo sta nei referti della polizia. E con questi soldi illegali, “Vote Leave” ha scaricato una tempesta di disinformazione. Con annunci come questi (si vede un annuncio che dice che 76 milioni di turchi stanno per entrare nell’Unione Europea). E questa è una menzogna. Una menzogna assoluta. La Turchia non sta per entrare nell’Unione Europea. Non c’è nemmeno una discussione in corso nella UE. E la gran parte di noi, non ha mai visto questi annunci perché non eravamo il target scelto. E l’unico motivo per cui possiamo vederli oggi è perché il Parlamento ha costretto Facebook a darceli.

Forse a questo punto potreste pensare, “in fondo parliamo soltanto di un po’ di soldi spesi in più, e di qualche bugia”. Ma questa è stata la più grande frode elettorale del Regno Unito degli ultimi cento anni. Un voto che ha cambiato le sorti di una generazioni deciso dall’uno per cento dell’elettorato. E questo è soltanto uno dei reati che ci sono stati in occasione del referendum.






C’era un altro gruppo, che era guidato da quest’uomo (mostra una foto), Nigel Farage, quello alla sua destra è Trump. E anche questo gruppo, “Leave EU”, ha infranto la legge. Ha violato le norme elettorali e quelle sulla gestione dei dati personali, e anche queste cose sono nei referti della polizia. Quest’altro uomo (sempre nella stessa foto), è Arron Banks, è quello che ha finanziato la loro campagna. E in una vicenda completamente separata, è stato segnalato alla nostra Agenzia Nazionale Anticrimine, l’equivalente del FBI, perché la commissione elettorale ha concluso che era impossibile sapere da dove venissero i suoi soldi. E anche solo se la provenienza fosse britannica. E non entro neppure nella discussione sulle menzogne che Arron Banks ha detto a proposito dei suoi rapporti segreti con il governo russo. O la bizzarra tempestività degli incontri di Nigel Farage con Julian Assange e il sodale di Trump, Roger Stone, ora incriminato, subito prima dei due massicci rilasci di informazioni riservate da parte di Wikileaks, entrambi favorevoli a Donald Trump. Ma quello che posso dirvi è che la Brexit e l’elezione di Trump sono strettamente legati. Ci sono dietro le stesse persone, le stesse aziende, gli stessi dati, le stesse tecniche, lo stesso utilizzo dell’odio e della paura.

Questo è quello che postavano su Facebook. E non riesco neanche a chiamarlo menzogna perché ci vedo piuttosto il reato di instillare l’odio (si vede un post con scritto “l’immigrazione senza assimilazione equivale a un’invasione”).

Non ho bisogno di dirvi che odio e paura sono stati seminati in rete in tutto il mondo. Non solo nel Regno Unito e in America, ma in Francia, Ungheria, Brasile, Myanmar e Nuova Zelanda. E sappiamo che c’è come una forza oscura che ci collega tutti globalmente. E che viaggia sulle piattaforme tecnologiche. Ma di tutto questo noi vediamo solo una piccola parte superficiale.

Io ho potuto scoprire qualcosa solo perché ho iniziato a indagare sui rapporti fra Trump e Farage, e su una società chiamata Cambridge Analytica. E ho passato mesi per rintracciare un ex dipendente, Christopher Wiley. E lui mi ha rivelato che questa società, che aveva lavorato sia per Trump che per la Brexit, aveva profilato politicamente le persone per capire le paure di ciascuno di loro, per meglio indirizzare dei post pubblicitari su Facebook. E lo ha fatto ottenendo illecitamente i profili di 87 milioni di utenti Facebook. C’è voluto un intero anno per convincere Christopher a uscire allo scoperto. E nel frattempo mi sono dovuta trasformare da reporter che raccontava storie a giornalista investigativa. E lui è stato straordinariamente coraggioso, perché Cambridge Analytyca è di proprietà di Robert Mercer, il miliardario che ha finanziato Trump, e che ci ha minacciato moltissime volte per impedire che pubblicassimo tutta la storia. Ma alla fine lo abbiamo fatto lo stesso.

E quando eravamo al giorno prima della pubblicazione abbiamo ricevuto un’altra diffida legale. Non da Cambridge Analytica stavolta. Ma da Facebook. Ci hanno detto che se avessimo pubblicato la storia, ci avrebbero fatto causa. E noi l’abbiamo pubblicata.

Facebook, stavate dalla parte sbagliata della storia in questa vicenda. E lo siete quando vi rifiutate di dare le risposte che ci servono. Ed è per questo che sono qui. Per rivolgermi a voi direttamente, dei della Silicon Valley… Mark Zuckerberg…. E Sheryl Sandberg, e Larry Page e Sergey Brin e Jack Dorsey, ma mi rivolgo anche ai vostri dipendenti e ai vostri investitori. Cento anni fa il più grande pericolo nelle miniere di carbone del Galles meridionale era il gas. Silenzioso, mortale e invisibile. Per questo facevano entrare prima i canarini, per controllare l’aria. In questo esperimento globale e di massa che stiamo tutti vivendo con i social network, noi britannici siamo i canarini. Noi siamo la prova di quello che accade in una democrazia occidentale quando secoli di norme elettorali vengono spazzate via dalla tecnologia.

La nostra democrazia è in crisi, le nostre leggi non funzionano più, e non sono io a dirlo, è un report del nostro parlamento ad affermarlo. Questa tecnologia che avete inventato è meravigliosa. Ma ora è diventata la scena di un delitto. E voi ne avete le prove. E non basta ripetere che in futuro farete di più per proteggerci. Perché per avere una ragionevole speranza che non accada di nuovo, dobbiamo sapere la verità.

Magari adesso pensate, “beh, parliamo solo di alcuni post pubblicitari, le persone sono più furbe di così, no?”. Se lo faceste vi risponderei: “Buona fortuna, allora”. Perché il referendum sulla Brexit dimostra che la democrazia liberale non funziona più. E voi l’avete messa fuori uso. Questa non è più democrazia - diffondere bugie anonime, pagate con denaro illegale, dio sa proveniente da dove. Questa si chiama “sovversione”, e voi ne siete gli strumenti.

Il nostro Parlamento è stato il primo del mondo a provare a chiamarvi a rispondere delle vostre azioni, ma ha fallito. Voi siete letteralmente fuori dalla portata delle nostre leggi. Non solo quelle britanniche, in questa foto nove parlamenti, nove Stati, sono rappresentati, e Mark Zuckerberg si è rifiutato di venire a rispondere alle loro domande.

Quello che sembrate ignorare è che questo storia è più grande di voi. È più grande di ciascuno di noi. E non riguarda la destra o la sinistra, il Leave o il Remain, Trump o no. Riguarda il fatto se sia possibile avere ancora elezioni libere e corrette. Perché, stando così le cose, io penso di no.

E così la mia domanda per voi oggi è: è questo quello che volete? È così che volete che la storia si ricordi di voi? Come le ancelle dell’autoritarismo che sta crescendo in tutto il mondo? Perché voi siete arrivati per connettere le persone. E vi rifiutate di riconoscere che la vostra tecnologia ci sta dividendo.

La mia domanda per tutti gli altri è: è questo che vogliamo? Che la facciano franca mentre noi ci sediamo per giocare con i nostri telefonini, mentre avanza il buio?
La storia delle valli del Galles meridionale è la storia di una battaglia per i diritti. E quello che è accaduto adesso non è semplicemente un incidente, è un punto di svolta. La democrazia non è scontata. 
E non è inevitabile. 
E dobbiamo combattere, dobbiamo vincere e non possiamo permettere che queste aziende tecnologiche abbiano un tale potere senza controlli. 
Dipende da noi: voi, me, tutti noi. 
Noi siamo quelli che devono riprendere il controllo.

lunedì 15 aprile 2019

100 anni fa iniziava la grande stagione della Totale Rimozione dell'idea anti-miltarista del pacifismo italiano.



“Non esiste civiltà nè progresso se c’è la guerra. Non esisterà mai un futuro fintantochè non verrà accolta l’aspirazione di tutti i popoli a vivere nella pace e nella solidarietà. Forse non è lontano il giorno in cui tutti i popoli, dimenticando gli antichi rancori, si riuniranno sotto la bandiera della fraternità universale e, cessando ogni disputa, coltiveranno tra loro relazioni assolutamente pacifiche, quali il commercio e le attività industriali, stringendo solidi legami. Noi aspettiamo quel giorno”.
Teodoro Moneta (1833-1918) dal suo discorso di accettazione del Premio Nobel per la Pace nel 1907.


Il 24 Maggio del 1915, s’infrangeva contro uno scoglio, e finiva in tragedia, il grande sogno di Teodoro Moneta, la più censurata, rimossa e dimenticata tra tutte le eccellenze italiane degli ultimi 150 anni.
Tra i suoi tanti successi, va ricordato il fatto che è stato l’unico italiano nella storia  ad aver conseguito il Premio Nobel per la pace nel 1907, ma nessuno lo ricorda mai e pochissimi lo sanno. Non è certo casuale. Animatore, ideatore e fondatore del movimento pacifista europeo, aveva avuto un passato militare da coraggioso combattente. Aveva partecipato sulle barricate alle cinque giornate di Milano in pieno Risorgimento, poi era andato volontario tra i garibaldini diventando attendente sul campo del generale ed infine era stato promosso a comandante in campo nella tragica battaglia di Custoza nel 1866. Dopo quest’esperienza, si ritira per qualche anno in campagna a studiare, meditare e lavorare come contadino nella sua proprietà terriera. E s’innamora del pacifismo. Elabora una sua teoria visionaria sul “futuro dell’Italia per le generazioni che verranno” scrivendo dei testi di economia politica, nei quali spiega come l’Italia abbia delle colossali possibilità di sviluppo e di progresso ponendosi in Europa come “la più importante potenza neutrale del continente, rinunciando perfino all’idea di avere un esercito, se non per compiti civili interni” e spiega come la vera svolta epocale per la nostra nazione consista nel diventare meta internazionale che attira capitali, investendo ogni risorsa finanziaria nell’educazione, nelle nuove tecnologie, nella scienza e soprattutto nel turismo, garantendo a tutti gli investitori stranieri il fatto che “per principio” non parteciperà mai a “nessuna guerra, nessuna alleanza di tipo militare, arrivando financo alla rinuncia di ogni tipo di schieramento e allineamento, se non quella per lo sviluppo dell’idea pacifista e di solidarietà tra i popoli nel mondo”. Fervente cattolico, viene chiamato dall’editore Sonzogno (verso la fine del secolo XIX) a dirigere un settimanale, “Il Secolo”, importante pubblicazione dell’epoca che contribuiva a formare l’opinione pubblica. Si scontra con l’autorità del Vaticano perchè propugna idee anticlericali sostenendo “l’assoluta necessità di sottrarre lo stato centrale del Regno d’Italia, inteso come nazione, alle pressioni della Chiesa, per fondare uno stato di rappresentanza laica dell’intera cittadinanza”. Nel 1906, a spese proprie, con i soldi personali della sua rendita privata (un’antica famiglia aristocratica milanese), come provocazione intellettuale e protesta contro “la nefandezza della speculazione finanziaria sviluppata nella miopia di uno Stato che ha scelto di non essere pedagogico”, costruisce un proprio padiglione personale all’Expo 1906 di Milano, il “Padiglione per la Pace” che diventa il più frequentato tra tutti, con una incredibile partecipazione di persone e personalità da tutta Europa, per conferenze, dibattiti, discussioni, forum, diventando il centro intellettuale di tutte le attività espositive del centro meneghino. In virtù della sua instancabile attività e anche in conseguenza del trionfo del suo padiglione all’Expo di Milano, l’anno dopo gli viene conferito il Premio Nobel per la Pace.
Muore nel 1918, con il suo nome già appannato in seguito all’eccitazione della guerra.
Nel 1929, dopo la firma del concordato con la Chiesa, in un celebre discorso all’università di Roma davanti ai GUF (Gruppi Universitari Fascisti), Benito Mussolini lo cita ricordando “la necessità di cancellare per sempre il suo vile nome pusillanime dalla coscienza del popolo italiano, sempre più vicino e incline alla riconquista del proprio spazio sovrano, da combattenti che aspirano all’orizzonte di gloria che ci attende”.
Nel corso dei decenni a venire, si è scelto (evidentemente) di seguire la traccia indicata da Mussolini e il nome di Teodoro Moneta non è stato mai né ricordato, né studiato,  per valorizzare la sua memoria e il suo importante lascito. Lo faccio oggi, con questo post, sottolineando la scarsità della veduta intellettuale degli organizzatori dell’Expo 2015, del governatore della Lombardia Maroni e del sindaco della città, Pisapia. Per non parlare della negligenza (o piatta ignoranza) dei media italiani, che non hanno dedicato un adeguato ricordo a questo precedente storico, scrivendo e raccontando alla tivvù le attività di Expo 2015.  Un giusto ricordo ad un nostro intellettuale, stranoto e famoso in tutta Europa e in tutto il mondo pacifista, citato da Gandhi e omaggiato da Bertrand Russell che gli aveva fatto dedicare addirittura un padiglione nella scuola di Filosofia dell’Università di Oxford.
Basterebbe questo fatto per comprendere come ciò che ci unisce oggi, come nazione, al di là della nazionale di calcio, della solita zuppa melensa sulle nostre città d’arte e dell’incomparabile dovizia di meraviglie in termini di spiagge, colline, campagne, montagne (un semplice colpo di fortuna voluto dal Signore, certamente non merito nostro), sia l’Arte della Rimozione Perenne, che il nostro Paese insiste a coltivare, proseguendo verso il proprio inarrestabile declino.
In questa giornata, che la piatta retorica del 2015 regala ai giovani come il simbolo di una epopea vittoriosa, ci tenevo a riportare la copertina dell’Avanti in data 25 Maggio 1915 che annunciava “la preparazione di un ennesimo macello di popoli” e invitava gli spiriti più sereni e meno miopi a coltivare l’arte del recupero storico della memoria collettiva per restituire dignità alla nostra cultura e al nostro sapere nazionale di comunità.
Non siamo una grande nazione, non lo siamo mai stati.
Non c’è nulla da celebrare, se non ricordare chi è stato cancellato nel tempo della memoria storica perché troppo pericoloso per i guerrafondai, per i finanzieri, e per i loro complici.
No alla guerra.
Nel senso di qualunque guerra essa sia.
Io mi tengo stretto il ricordo di Teodoro Moneta.

martedì 9 aprile 2019

Che cosa pensava Platone dei talk show, di facebook, twitter e dei no vax?






di Sergio Di Cori Modigliani


Nel VII capitolo del dialogo "Le Leggi", il suo ultimo lavoro incompiuto, Platone affronta il problema dei rapporti tra società e Politica e il rapporto tra cittadini e rappresentanti dell'esecutivo. 
Per alcuni un testamento più che un'opera da ricordare, per altri, invece -tra cui il sottoscritto- la punta più alta e più profonda del suo pensiero. 
Approssimandosi la morte, infatti (se ne andò, con la penna di piccione in mano mentre lo stava ancora scrivendo) Platone si lascia andare ad alcune considerazioni, diciamo così attualistiche, tra cui ne ricordo soltanto due, che trovo utili e aderenti ai nostri tempi perchè Platone le considerava due elementi "di forte disturbo della quiete psichica, subdoli alimenti che indicano una prospettiva di dissoluzione e decadenza della società, contraria e opposta a ogni forma di maturazione evolutiva": 
la prima riguarda la moda trendy di quel momento (siamo intorno al 375 a.C) ovverossia: la promozione degli opinionisti. Per almeno cinque pagine, Platone spiega come la diffusione del "soggettivismo acritico opinionista" si stia diffondendo come una piaga attribuendo a chi non possiede alcun strumento critico la facoltà di giudizio, creando così confusione nell'ascoltatore. 
Tutto ciò, secondo Platone, è dovuto come conseguenza -e questa è la seconda rivoluzionaria idea di Platone, ripresa in tempi moderni soprattutto dai francesi fin dagli anni'30, con Marcel Duchamps, poi negli anni'60 da Guy Deborde e in tempi più recenti da Jean Baudrillard negli anni'90- di quella che Platone definì allora come una vera e propria jattura, cioè il successo della tragedia come spettacolo pubblico. 
Platone, infatti, nel 380 a.C. è il primo pensatore dell'umanità a identificare, definire e criticare "l'esercizio e l'attitività dello spettacolo di intrattenimento popolare come pericoloso sostitutivo del dibattito politico" perchè -secondo lui- questa moda consente a persone ignoranti, e in preda a pulsioni istintintuali prive di riflessione razionale, di veicolare idee che non sono idee "e neppure pensieri" bensì percezioni chimiche emotive prodotte dalla reazione individuale di fronte al dramma che attori pagati eseguono su un palcoscenico per farli ridere o piangere.

E' considerata (oggi) la prima critica storica contro la diffusione del populismo anti-democratico.

Si tratta, allo stesso tempo, della denuncia del pericolo insito nella "società dello spettacolo" (la definirà così Guy Debord nel suo celebre saggio del 1967 e poco dopo Jean Baudrillard, 2230 anni dopo) che trasforma il cittadino inconsapevole in mero oggetto di consumo di una rappresentazione voluta e orchestrata dai detentori del Potere.

In questo senso, il dialogo Leggi, è da considerare la più potente e ricca miniera nutritiva che il pensiero europeo abbia prodotto negli ultimi 2500 anni

Tutti gli storici e la critica filosofica riconoscono oggi alle Leggi il tentativo di proporre un modello politico più aderente alla realtà. 
Secondo il filosofo, è di fondamentale importanza evitare il conflitto tra le classi sociali, e proprio a questo fine hanno un ruolo fondamentale le leggi di uno Stato. 
Esse per Platone hanno una duplice funzione:
  • costrittiva, cioè prescrivono quale debba essere la condotta migliore per un buon cittadino;
  • educativa, cioè educano i giovani che saranno i cittadini futuri.
La preminenza della legge sull'attività del politico allontana le Leggi dalle tesi esposte nella Repubblica e nel Politico: mentre nella produzione precedente il politico era sopra la legge, nel suo ultimo dialogo Platone lo pone come custode delle norme e dell'ordinamento giudiziario. 

Indimenticabile (e ancora oggi, attuale più che mai) un passo estrapolato dal Lichete, che fa parte della quinta tetralogia con Carmide, Teage e Liside, ed è un dialogo incentrato sul tema della virtù. È un dialogo che gli storici della filosofia definiscono "aporetico", cioè in cui non si arriva a nessuna conclusione definitiva. Platone, infatti, lo definì un regalo a tutti coloro che non cercano una risposta definitiva o una conclsuione ma hanno fame di alimentarsi con domande e dubbi.





SOCRATE: 
Che cosa vuoi dire, o Lisimaco? Hai intenzione di accettare l'opinione che avrà il maggior numero di consensi da parte nostra?

LISIMACO: 
Che altro si potrebbe fare, o Socrate?

SOCRATE: 
Anche tu, o Melesia, farai lo stesso? Se si trattasse di prendere una decisione circa il tipo di esercizio ginnico a cui addestrare tuo figlio, ti rimetteresti all'opinione della maggioranza di noi o piuttosto a quella di colui che fosse stato educato ed avesse fatto pratica di esso sotto la guida di un buon maestro?

MELESIA: 
Di quest'ultimo naturalmente, o Socrate.

SOCRATE: 
Ti fideresti più di lui che di noi quattro messi insieme?

MELESIA: 
È probabile.

SOCRATE: 
Infatti io credo che sia sulla base della scienza che bisogna decidere e non della somma delle opinioni.

Platone, “Lachete”, 184 d-e, 
intorno al 400 a.C. nella città di Atene