di Sergio Di Cori Modigliani
I danesi se la passano bene, ma stanno peggio dei norvegesi. Così come i francesi stanno peggio degli inglesi, ma stanno meglio degli spagnoli. Gli italiani se la passano senz'altro molto peggio di svizzeri e tedeschi, ma di gran lunga meglio dei tunisini, libici e africani in genere. In Asia, i kazachi stanno peggio dei russi ma meglio degli afgani, così come i cinesi stanno molto meglio dei laotiani e dei vietnamiti, i quali se la passano meglio dei filippini. Nel continente americano i canadesi vivono di gran lunga meglio degli statunitensi i quali stanno molto meglio dei messicani, per i quali la vita è un paradiso se paragonata a quella dei costarichegni o ecuadoriani, che sono di gran lunga più felici e abbienti dei panamensi.
Ma lì la lunga serie del nordismo planetario si conclude e si ferma.
Inizia il Sud America.
Per coloro che sono a digiuno di geografia ricordiamo che il Sud America è composto da una popolazione di 400 milioni di abitanti estesa in dieci nazioni per un territorio vasto quanto Europa e Africa messe insieme.
Sono nazioni ricchissime di risorse naturali, di energia, di cultura.
Fino a vent'anni fa, era comune e usuale nell'Occidente identificare il Sud America come una zona nebulosa sottosviluppata, sintetizzata dall'espressione "repubblica delle banane".
Era l'estremo sud del pianeta.
Tradotto in termini socio-psico-economici: il peggio che possa esistere.
Nel 1981, trent'anni fa, l'intero Sud America aveva un pil inferiore a quello dell'Italia.
La nazione che se la passava meglio, il Venezuela, viaggiava intorno al 17esimo posto della classifica planetaria quando l'Italia lottava per passare dal sesto al quinto posto tra le nazioni più ricche del mondo.
Gli occidentali, gli europei, e quindi gli italiani, sono abituati a pensare secondo modalità "nordiste".
Distratti e indifferenti non hanno nè seguito nè capito nè visto ciò che stava accadendo in Sud America dal 2000 a oggi.
Una gigantesca rivoluzione dell'intero continente, senza spargimento di sangue, senza rivolte, senza guerre civili, che ha comportato un ribaltamento della situazione. La sinistra è andata al potere in libere elezioni democratiche in nove delle dieci nazioni, ha cominciato a governare bene, si è scontrata con il potere delle multinazionali non più appoggiate dalla Cia e dall'Europa, troppo prese dai propri impegni in Irak, Afghanistan e in tutta l'Asia Minore.
Il Sud America si è rimboccata le maniche e ha fatto passi da gigante. Hanno avviato riforme, investito in se stessi, lottando contro la corruzione e lo sviluppo in maniera di gran lunga più efficiente dell'Italia.
E così, il Brasile, leader di questa zona, ha raggiunto 24 ore fa -ufficialmente- l'ottava posizione al mondo sostituendo l'Italia che è scesa al nono posto. Dal gennaio del 2012 al G8 vanno gli oba oba, perchè gli spaghetti&pizza rimangono a casa non invitati perchè più poveri.
Complessivamente il Sud America ha una qualità della vita di gran lunga superiore a quella dell'Europa Occidentale e una ricchezza in costante aumento, anche se ancora il loro pil è inferiore.
Mancava soltanto una nazione, rimasta solidamente nelle mani del centro-destra conservatore che in Sud America, da sempre, appoggia e sostiene le multinazionali: il Perù.
Il 5 giugno 2011 è caduto anche il Perù. Ollana Humana, candidato socialista ha vinto le elezioni.
L'intero continente sudamericano, quindi, ha la possibilità e l'opportunità di avere una politica comune, interessi comuni, obiettivi comuni: una strategia identica.
Sostengono una curiosa tesi di cui in Italia non si parla: "la povertà di vita sta al nord del mondo".
E' un clamoroso trend che inverte una tendenza durata circa 2000 anni.
Non ne parla nessuno. (qui in Italia)
A loro non importa un granchè.
Pur consapevoli di essere ancora considerati, quantomeno, "secondo mondo" quando accolgono noi europei occidentali che andiamo lì in vacanze, ci salutano dicendo "salve, voi venite dal Primo Mondo, dove si è più poveri e si vive davvero molto ma molto peggio che da noi: benvenuti".
Così sta cambiando il pianeta. Nell'indifferenza narcisista dell'Europa
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