lunedì 5 settembre 2011

La guerra libica che a noi non ci raccontano. Il comando militare -secondo Pepe Escobar- si trova saldamente nelle mani di Al Qaeda

di Sergio Di Cori Modigliani


Il tema è scabroso e spinoso, anzi: il peggiore in assoluto in ordine gerarchico.
Una notazione necessaria prima di passare alle notizie.
Una volta tanto, noi beoti italioti, sorretti dalla truppa mediatica asservita al gran completo, non siamo soli, bensì in ottima compagnia. Insieme a noi, infatti, in queste ultime settimane,abbiamo avuto  l’intero comparto della comunicazione e dell’informazione della Francia, della Norvegia, della Gran Bretagna, degli Usa, della Spagna, della Germania, della Turchia, dell’Olanda, del Qatar, della Slovenia. Ma lì si ferma.
Il pianeta Terra, invece, non finisce lì.
Complice il web e il tenace lavoro dei bloggers sparpagliati in giro per il mondo, il pianeta è diventato più piccolo. Tant’è vero che in tutto il Sudamerica, in Australia, in Nuova Zelanda, in Indonesia, in Pakistan, in Cina  e in India (corrispondente al 72% dell’umanità) le notizie, le informazioni, i dati, le cifre, i nomi (nonché i soldi) sulla Lybia sono completamente diversi da quelli che danno a noi, dicono a noi, mostrano a noi.
In alcuni casi addirittura opposto.
Ma è normale. E’ anche comprensibile che sia così.
Solo degli individui completamente rincitrulliti come gli europei, oggi, potevano pensare che fosse diverso da così.
Soltanto dei ciechi imbecilli ciarlatani potevano ritenere che una guerra dichiarata contro la nazione più ricca del continente africano, la più dotata di risorse energetiche, la più armata –fino ai denti, compreso gas nervino, armi chimiche batteriologiche- potesse essere una passeggiata, facile da tenere sotto controllo.
I falsi ideologici della “missione umanitaria” “bombe intelligenti” “aiuto aereo ai combattenti della libertà” ecc.,ecc, sono ottimo materiale per ingenuotti di campagna.
Ma è comprensibile che sia andata così. E che sia tuttora così.
Devo essere onesto: è anche giusto.
Pensare in termini razionali e non emotivi o cialtroneschi, vuol dire valutare le situazioni sulla base della realtà per ciò che essa è. In una SITUAZIONE DI GUERRA DICHIARATA tutti i paesi belligeranti hanno il diritto costituzionale di applicare la censura su qualsivoglia informazione che viene sottoposta –lo ripeto: è comprensibile e anche giusto che sia così- a controllo serrato da parte degli organi competenti del Ministero della Difesa. La guerra è guerra, punto e basta. Ogni pacifista decoroso lo sa. Quando la guerra è iniziata si sa con precisione matematica il momento esatto del suo inizio ma nessun mago al mondo può mai sapere con certezza, se, quando e come finirà. Proprio perchè ogni pacifista decoroso lo sa, si muove prima, in tutti i modi. Non appena si spara un colpo, è finita l’attività dei pacifisti, che vanno a pesca ascoltando la radio-
Soltanto dei rincitrulliti troppo presi a giocare a poker in rete, a masturbarsi sui siti porno, a giocare ai videogames, a chattare su facebook, a coltivare margherite o piaceri solitari di varia natura (come fanno la stragrande maggioranza dei cittadini europei) poteva pensare che una guerra a due metri dal continente europeo potesse essere una passeggiata veloce, pacifica, poco dolorosa.
Grazie al texas holdem, e ai casinò on line (15 milioni di utenti quotidiani soltanto in Italia) ai 3 milioni di siti porno accessibili gratis (circa 8 milioni di contatti per una durata maggiore di due ore al giorno, soltanto in Italia) alle partite di calcio della Champions League (primavera scorsa circa 18 milioni di utenti solo in Italia) ai quali ci mettiamo anche tutte le altre distrazioni offerte dal sistema vigente di socialità condivisa, non vi è stata una, neppure una (nel senso di più di zero e meno di due= 1) manifestazione di pacifisti in una qualunque città europea contro la risoluzione dell’Onu.
L’intero sistema di potere vigente ha capito che per loro era fatta: erano in grado di far bere qualsivoglia tipo di bibita a tutto il mondo occidentale che, in verità, l’unica cosa che sta dimostrando di volere a tutti i costi (come autentiche priorità nell’esistenza) è giocare a poker, farsi le pippe guardando le porcone, chattare con sconosciuti che quasi certamente non incontreranno mai, inventarsi un modo creativo di far cashsoldicash senza pagare le tasse, ed essere disposti a vendere la madre al mercato per un euro se per caso qualche legiferatore minaccia di contrastare l’accesso a una di queste amenità condivise da tutti noi, chi più, chi meno.
Si tratta di realismo.
Fine della premessa.
Fermo restando quanto sopra detto, va detto che il gusto di fornire informazioni non appartiene soltanto a una vanità narcisista o al vizio di far qualcosa tanto per farla, bensì a una insopprimibile e incurabile malattia che si chiama “deformazione professionale” dovuta all’esercizio della professione giornalistica per 35 anni, di cui almeno 15 dedicati al giornalismo investigativo.
Pur consapevole che siamo in guerra e che potrebbe anche darsi (è una ipotesi che potrebbe anche essere plausibile) che le informazioni, diciamo così “alternative”, che alcuni di noi riescono ad ottenere, non sono reali, non sono vere, e quindi sono il frutto di una abile nonché geniale mossa del nemico bellico, ritengo doveroso riferirle e riportarle.
Con la decina di amici fidati bloggers disseminati in quattro continenti con i quali abbiamo condiviso insieme questo disagio, è stata presa una decisione comune: trovare un sistema di riferimento e verifica della fonte originaria in modo tale da attribuire a tale fonte la responsabilità ultima della notizia andando a verificare FIN DOVE E’ POSSIBILE quanto ci sia di vero e quanto non ci sia vero.
E’ stato dunque identificato un giornalista, un certo giornalista, molto noto presso i bloggers planetari che si occupano di giornalismo investigativo.
Trent’anni di esperienza alle spalle, quattro libri scritti e venduti con grande successo, per alcuni (parlo di decine di milioni di persone) un vero e proprio mito, sconosciuto alla massa.
Costui, oltre ai suoi libri e al suo indefesso lavoro quotidiano sul campo (in questo momento si trova a Sirte insieme a tre collaboratori) vanta al suo attivo un credito indiscutibile: il 20 luglio 2001 in uno dei suoi siti ospitati sul più antico quotidiano on line del pianeta, con sede a Seoul, Corea del sud, aveva pubblicato un articolo che si intitolava “Arrestate Osama Bin Laden: sta per lanciare un micidiale attacco terroristico contro gli Usa nella città di New York”. In rete, si sa, se ne dicono di tutti i colori. Scrivere una cosa del genere il 20 luglio del 2001, merita, quantomeno curiosità e rispetto. Non  a caso,  quell’articolo, guarda caso, procurò un malumore al governo Bush immenso. Perché proprio in quei giorni il fratello e il cugino di Bin Laden erano ospiti del padre in Texas, i quali protestarono ottenendo l’oscuramento del sito e il divieto della diffusione di tale notizia. Ma l’articolo venne allora archiviato (è stato riproposto nel 2009 e adesso c’è di nuovo a disposizione di chi lo vuole leggere). Lo lesse Oriana Fallaci, allora, e il 2 settembre volle scrivere un pezzo di commento per The New Yorker. Non passò. E’ stata la prima (e ultima) sconfitta professionale della sua esistenza.
Questo giornalista è di nazionalità brasiliana.
Si chiama Pepe Escobar.
E’ l’autore di Globalistan: How the Globalized World is Dissolving into Liquid War (Nimble Books, 2007) e Red Zone Blues: a snapshot of Baghdad during the surge.(2008) Il suo ultimo libro si chiama Obama does Globalistan (Nimble Books, 2009).
A novembre di quest’anno uscirà il libro “Al Qaeda banking: how terrorism is financing european debt”. Ha una sua e-mail alla quale risponde (entro sette giorni) a qualsivoglia domanda di carattere giornalistico purchè scritta in portoghese, inglese o francese.
Lo trovate a  pepeasia@yahoo.com.
Ha diversi siti con una nutrita pattuglia di collaboratori associati in tutto il mondo.
Ma gestisce soprattutto la pagina di politica internazionale per il più longevo e ricco quotidiano on line del pianeta “Asia Times” (atimes.com).
Dopo qualche pressione e molte richieste da parte di chi lo conosce e ha rapporti con lui, ha accettato di pubblicare la sua idea sulla Lybia (parliamo qui di nomi, cognomi, date, dati) su Asia Times. E’ pubblicata in inglese e portoghese. Chi vuole se lo va a leggere e buon divertimento.
Ecco, qui di seguito un sunto breve di ciò che lui sostiene.
Quello che lui dice è confortato dalle immagini che la televisione brasiliana, venezuelana, argentina, uruguayana, australiana, neo-zelandese, ma soprattutto pakistana coreana e indiana, trasmettono ai propri telespettatori. Ne viene fuori una realtà molto diversa da quella che a noi raccontano. La guerra lì è appena all’inizio. Soltanto negli ultimi sei giorni a Tripoli e Bengasi (secondo la nostra truppa mediatica sono libere, pacificate e già al lavoro) ci sarebbero stati 25.000 morti. E’ una continua mattanza quotidiana 24 ore su 24. Le persone che a noi fanno vedere discutere con Berlusconi, Sarkozy e Cameron, mentre stringono la mano a Hillary Clinton, non rappresenterebbero nessuno (molti di loro non sono neppure conosciuti in Lybia) se non la propria famiglia o tribù di appartenenza con il dichiarato obiettivo di sostituirsi a Gheddafi.
Fuori una famiglia di criminali dentro un’altra famiglia di criminali.
La notizia più succosa che Pepe Escobar ha diffuso in tutto il mondo (con tassativa esclusione dei paesi coinvolti nella guerra) consiste nella descrizione dell’attività militare, saldamente in pugno a Al Qaeda e al suo indiscusso –vero verissimo- leader militare, un uomo che si è fatto le ossa sul fronte di guerra, che ha iniziato nel lontano 1980, identificato dalla Cia come “un ottimo combattente, solido, forte, con una poderosa e inarrestabile tendenza al comando, intelligente, capace”. La Cia lo istruì, lo equipaggiò e lo elesse come capo supremo dei mujaheddin per combattere in Afghanistan contro i sovietici (eravamo allora in piena guerra fredda). Costui riuscì nella sua impresa e portò i talebani al potere. Da lì cominciò a ramificarsi in Africa diventando un nemico pericoloso per Gheddafi. La Cia lo arrestò con un’azione dei navy seals a metà degli anni’90 e se lo portò via a Guantanamo. Cinque anni dopo –nel 2002- avendo bisogno di rabbonire Gheddafi per l’invasione dell’Iraq lo “regalò” insieme ad altri 256 terroristi islamici al leader  libico che lo buttò in un micidiale carcere affidando al prode e criminale Jalloud (quello che Lucia Annunziata ci ha presentato alla tivvù come modello di democrazia e nuovo interlocutore dell’Italia) che lo tenne segregato sottoponendolo a torture per anni. Ma il combattente nel 2010 viene liberato. E comincia a organizzare nel deserto il suo personale esercito.
Troverete tutta la sua storia e i fatti su Al Jazeera, Al Arabiya, su tutti i siti più attendibili in lingua araba. E naturalmente tutta la storia sul sito di Pepe.
Ecco che cosa racconta Pepe Escobar.
Vero o falso?
Leggete, giudicate, controllate, contattatelo, verificate.
Lo traduco dal portoghese per voi:

“Il suo nome è Abdelhakim Belhaj. Parecchi lo conoscono in tutto il medio-oriente, ma è probabile che nessuno abbia sentito parlare di lui in occidente. E’ anche noto all’interpol con il nome di Abu Abdallah al Sadek: è di nazionalità libica. E’ un fiero sostenitore della causa dell’Islam edella assoluta necessità di distruggere l’occidente attraverso la guerra santa. E’ nato a Bengasi nel maggio del 1966 e si è fatto le ossa, militarmente in Afghanistan, molto giovane, combattendo contro i sovietici. Attualmente è al comando di tutte le tribù berbere dislocate sulle montagne a sud di Tripoli. Le sue brigate di combattenti sono chiamate dalla Nato “Tripoli Brigades” e sono state istruite ed equipaggiate da ufficiali scozzesi e italiani per tutto il mese di aprile e maggio. E’ considerato e identificato come il comandante militare sul campo a tutte le milizie attualmente attive Belhaj è il fondatore e padre del LIFG (di cui non si può parlare in Europa), acronimo che sta per Libyan Islamic Fighting Group, di cui è diventato nell’aprile del 2011 “l’emiro”. I suoi due vice sono i temibili e temuti Khaled Chrif e Sami Saadi. Quando nel 1996 i talebani assunsero il potere a Kabul, Belhaj divenne il comandante istruttore dei campi di terroristi islamici suicidi, di cui è esperto riconosciuto. Il suo istruttore personale, secondo in comando, era allora Abu Yahya. Dopo l’attacco alle torre gemelle, Belhaj si spostò in Pakistan per organizzare le cellule terroristiche alleandosi con Abu Musab Al Zarqawi e Ayman al Zawahiri, i quali gli affidarono il compito di organizzare il golpe definitivo in Lybia per costituire un governo islamico fondamentalista. Ha combattuto nel 2002 anche in Iraq, essendo la brigata libica da lui organizzata, il contingente più forte e pericoloso islamo-sunnita, insieme a Abu Faraj al Libi –arrestato da un commando dei navy seals della CIA nel 2005 e adesso rinchiuso a Guantanamo- e Abu al Laith al Libi, comandanta militare ucciso nel febbraio del 2008 in uno scontro con le forze italo-britanniche…..la fortezza di Bab-al-Aziziyah conquistata la settimana scorsa è stata una operazione condotta tutta dall’esercito personale di Belhaj, che “teoricamente” risponde al comando generale operativo britannico che gli ha garantito la copertura aerea…..nel 2003 Belhaj, considerato dalla CIA, dall’intelligence service britannico, dall’FBI “troppo pericoloso” viene arrestato da un comando americano in Malesia. Viene portato in un carcere a Bangkok dove viene torturato e poi trasferito a Guantanamo nell’isola di Cuba. Nel 2004, insieme ad altri 64 terroristi, viene inviato come “regalo personale di Bush a Gheddafi” in Lybia dove finisce in un carcere di massima sicurezza, dove rimane segregato per sei lunghi anni, fino all’aprile del 2010, quando viene liberato insieme ad altri 211 in una operazione mediatica presentata da Gheddafi con enorme clamore in tutta l’Africa e in Europa, grazie alla quale riesce addirittura ad ottenere dei sussidi da parte della Comunità Europea per diversi miliardi. L’autore di questa sceneggiata fu allora, nella primavera del 2010 Saif Islam al Ghaddafi, figlio del rais, il più importante contribuente finanziario della London School of Economics che gli ha consegnato nell’ottobre del 2010 la “laurea honoris causa” in economia. Nell’occasione della sua liberazione, Belhaj insieme ai suoi due vice Chrif e Saadi firmano una confessione lunga 417 pagine distribuita con enorme pubblicità in tutto il mondo arabo in cui dichiarano che “Gheddafi è un benefattore dell’umanità, la jihad islamica contro di lui viene abolita definitivamente” invitando tutto il mondo arabo a schierarsi dietro il leader libico. Tutta questa storia può essere letta nel rapporto chiamato "Combating Terrorism in Libya through Dialogue and Reintegration". diffusa dal governo libico in tutta Europa con enorme apprezzamento da parte di tutti I paesi europei. ….non appena liberato Belhaj sparisce, non prima di aver annunciato ufficialmente l’alleanza con il gruppo AQIM (acronimo di Al Qaeda Islamic Mahgreb). Il gruppo unito adesso dalla sigla LIFG/AQIM elegge Belhaj come proprio capo indiscusso…..ogni ufficio dei servizi segreti occidentale, ogni cancelleria e ogni diplomatico occidentale lo conosce a menadito, come tra l’altro provato da wikileaks abbondantemente…la svolta avviene nel luglio del 2011 quando l’allora comandante militare Generale Abdel Fattah Younis viene ucciso dai suoi stessi soldati. Younis, infatti, prima di “passare” ai ribelli era stato insieme a Jalloud il capo delle operazioni di tortura e interrogazioni delle forze speciali di sicurezza libiche che dal 1990 al 1995 avevano cercato di distruggere il LIFG in tutta la Cirenaica riuscendoci abbastanza, al punto tale che i sopravvissuti sono fuggiti via in Afghanistan…….uno dei membri politici dell’attuale consiglio di transizione, Ali Tarhouni ha dichiarato in data 30 luglio 2011 che “il comandante Younis è stato ucciso da una nuova brigata armata che si chiama Obaida ibn Jarrah (è il nome di una delle mogli del profeta Maometto); tale brigata risponde agli ordini del comandante Belhaj”…..attualmente, oggi 3 settembre 2011 tutto il comando strategico militare libico è sotto il controllo di Belhaj e del LIFG che si trovano a Tripoli; mentre Ismael as Salabi ha il comando operativo a Bengasi e il generale Abdelhakim al Assadi ha il comando a Dema. Per non parlare di uno dei più importanti strateghi militari di Al Qaeda, il comandante Ali Salabi che si è conquistato un posto politico all’interno del CNT, proprio ieri accolto a Parigi come il più autorevole interlocutore dei governi europei….la moglie di Gheddafi appartiene alla tribù di Warfallah, la più grande tribù libica, comprendono 1 milione di persone (in Lybia sono in tutto 6 milioni) e controllano 54 ricche tribù del deserto…a Bruxelles sanno benissimo che Gheddafi è consapevole di poter portare avanti la guerra per almeno altri due anni e la Nato ha bisogno di un grande combattente militare per contrastarli. A questo bisogna aggiungere il fatto che in questi giorni i fedelissimi di Gheddafi si sono incontrati con emissari iraniani (sciiti che non vogliono perdere a nessun costo l’egemonia sul mondo islamico) per accordi militari contro Belhaj che è sunnita…..di fatto questa guerra libica è diventata dal luglio scorso una guerra tra sciiti e sunniti in un terreno terzo per decidere chi avrà il definitivo controllo militare e politico del mondo mussulmano”.
Tutto ciò è stato confermato da tutte le agenzie “ufficiali” governative contattate, sia in Europa che in Usa.

Tradotto in breve, vuol dire: la guerra sarà lunga, molto lunga. Le due fazioni (sciiti e sunniti) sono in grado di poter decidere o meno dell’affossamento di uno o più membri dei paesi dell’euro perché possiedono liquidità nell’ordine di diverse centinaia di miliardi di euro, di cui almeno 300 miliardi in bpt dell’Italia, della Germania, della Spagna, della Francia.
Il massacro continua e continuerà a lungo.
Essendo noi parte in causa non avremo la possibilità di sapere nulla.
Ecco perché ho pensato che potesse essere interessante per i miei lettori italiani avere delle notizie e delle informazioni che provengono da fonti diverse.

C’è addirittura il rischio che l’Italia e l’Europa, in questo momento, diano soldi, aiuti ed equipaggiamento a persone che non rappresentano nulla e soprattutto NESSUNO.
Oggi, 5 settembre, alle ore 16, militarmente e politicamente la situazione in Lybia è la seguente:

a). Le vere forze libiche non sono neppure entrate in campo e la maggior parte della popolazione e della ricchezza si trovano sotto il ferreo controllo della tribù di Warfallah; fedelissimi di Gheddafi, ben nutriti, perfettamente equipaggiati militarmente grazie a Italia e Francia nell’ultimo decennio; essi sono disseminati, nel numero di un milione di combattenti, in una zona vasta quanto l’Europa e disseminati in circa 12.000 oasi in pieno deserto dotate di speciali apparecchiature radar anti-satellite che impediscono la loro identificazione. Tali apparecchiature sono state vendute a Gheddafi da un consorzio Otto Melara e Zeiss attraverso Finmeccanica nel 2006, 2007, 2008, 2010.
b) Le forze ribelli sono militarmente –a livello di comando operativo- nelle mani di Al Qaeda.
c). Politicamente nessuno ha il controllo su nessun altro.


In Gran Bretagna cominciano davvero a preoccuparsi. Ecco che cosa scriveva oggi The independent, ripreso da il sole 24 ore:
Il portavoce militare del Cnt Ahmed Bani, intanto, ha confermato ufficialmente che il figlio del colonnello, Khamis, e l'ex capo dei servizi segreti Mohamed Abdallah al Senoussi «sono stati entrambi uccisi». I servizi segreti britannici e Scotland Yard sono rimasti coinvolti in un'operazione internazionale per proteggere il figlio prediletto da Muammar Gheddafi, Saif al Islam, da un presunto complotto per assassinarlo legato apparentemente al Qatar, uno dei due paesi arabi che partecipano alle operazioni militari della Nato contro il regime. Gli stessi apparati dello Stato britannico sono adesso coinvolti nella caccia a Saif, ancora latitante come il padre.
Secondo quanto riferisce oggi l'Independent, in passato, l'MI6 avrebbe contattato i colleghi francesi dopo avere ricevuto la notizia che una sospetta cellula legata al Qatar aveva pianificato l'uccisione di Saif, probabilmente a Parigi. La Francia, ricorda ancora il giornale, comunicò a Londra che l'allora «ministro dell'Interno qatariota era conosciuto per le sue simpatie nei confronti degli estremisti islamici». Sembra che combattenti islamici siano presenti in ampio numero nella zona".


Il che vuol dire che mentre da una parte si combatte contro Gheddafi, dall'altra la Nato ha già sbarcato truppe di terra per combattere contro Al Qaeda che sta combattendo contro Gheddafi.

Potrebbe durare altri cento anni, così.

Penso che ci sia materiale sufficiente di riflessione per chiunque.

Questo è quanto.

1 commento:

  1. Potrebbe durare altri cento anni, così.

    Ma come il ns. stimatissimo ministro degli esteri sig. Franco Mocio Frattini non più di una settimana fa disse in una intervista che la guerra ..oops.. volevo dire l'intervento umanitario sarebbe durato ancora un paio di settimane al massimo con la cattura del cattivone Gheddafi.

    Ma qui non si capisce più niente.


    Ed adesso siamo seri e cerchiamo di ragionare con la testa e non col c...

    ..Abu Abdallah al Sadek: è di nazionalità libica. E’ un fiero sostenitore della causa dell’Islam e della assoluta necessità di distruggere l’occidente attraverso la guerra santa.

    Ora visto che le teste di cemento che governano l'occidente con le loro azioni sconsiderate hanno già reso reale lo scenario più soft facilmente prevedibile da chi usa la testa e non il suddetto c...: crisi umanitaria in tutto il Nord Africa, domando:

    é già in vista da quelle parti, colui che é in grado di coalizzare il mondo arabo tutto e scaraventarlo contro l'Europa dove già esistono delle comunità arabe molto numerose e sulla cui fedeltà alla loro nuova patria non metterei la mano sul fuoco?
    (Mi pare che da quelle parti quel tale, peraltro atteso, venga chiamato il Mahdi)

    E per favore non mi si dia del razzista, primo perchè non lo sono e secondo perchè se fossi un nord africano farei di tutto per farla pagare a quei farabutti di europei.

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