venerdì 17 febbraio 2012

Se Genova parla.....ne vedremo presto delle belle!

di Sergio Di Cori Modigliani

“Avete forse più timore voi nel pronunciare questa sentenza, che io a riceverla”
                                   Giordano Bruno, a conclusione del suo processo. Roma 9 Febbraio 1600

Negli anni della mia adolescenza, e della giovinezza di uomo, a Roma, il centro della socialità e dello scambio di incontri umani (il corrispondente di allora di facebook e del web) era al centro di Piazza Campo de' fiori, sotto la statua di Giordano Bruno. Inevitabile, quindi, che allora l’immaginario collettivo venisse nutrito dall’idea dell’esistenza di questo curioso personaggio. Ma essendo stato museizzato e storicizzato, era diventato più che altro un simbolo della repressione ordita dalla santa inquisizione e niente di più, una specie di santino del ’68, un Che Guevara formato rinascimento italiano.
Questa mattina, risvegliandomi, è riaffiorato alla mia mente un ricordo personale di qualche tempo fa. Era il 16 febbraio del 2000. Abitavo ancora in California, ed ero andato a fare una passeggiata in spiaggia con un mio caro amico che insegnava Storia delle idee alla Irvine University. Mentre camminavamo, ad un certo punto lui mi disse. “Domani è il 17 febbraio”. Cercai di pescare nella mia memoria ma non riuscii a trovare nessuna eco. Accortosi del mio imbarazzo, mi spiegò che si commemoravano i 400 anni del rogo di Giordano Bruno e mi invitava a una cena a casa sua. Accettai subito con entusiasmo, perché gli volevo bene e lo stimavo, sua moglie era un’ottima cuoca, ma soprattutto ero affascinato all’idea di incontrare sua cognata, la sorella di sua moglie, una bellissima donna di cui lui stesso mi aveva informato era ritornata single e avrebbe partecipato. Gli chiesi se dovessi portare del vino o del cibo. “Assolutamente no, è una cena un po’ particolare” mi disse, e poi aggiunse: “devi portare soltanto un Libero Pensiero, uno qualunque, purchè sia tuo….una pagina scritta, uno schizzo, un disegno, magari soltanto un’idea, un aneddoto, una fotografia…just a memento to recall and to talk about it”.
Trascorsi il giorno dopo in preda a un accorato malumore perché non mi veniva in mente nulla di solido, nessun memento se non la turbinosa fantasia di inventarmi qualcosa di eclatante al dichiarato e unico scopo di far colpo sulla cognata. La sera, quindi, consapevole di essere stato assorbito da pensieri davvero poco intellettuali, e per nulla spirituali, mi venne una idea davvero minima tanto per salvare la faccia: andai da blockbuster e riuscii a trovare una copia del film di Giuliano Montaldo con Gian Maria Volontè, sperando che nessuno lo avesse visto.
La cena si rivelò una clamorosa sorpresa. Gli invitati erano almeno una trentina. Scoprii, quindi, per caso, che il 17 febbraio, in Usa, nell’ambente del pensiero liberal-democratico, è una data icona, molto sentita, secondo una ritualità sociale insospettabile. Continuamente riproposta per riconfermare l’eredità di quello che da loro viene considerato l’inconfutabile padre del Libero Pensiero.
Quella sera imparai un sacco di cose. L’aspetto che più mi colpì fu quello del record da guinness (tuttora imbattuto e a questo punto credo imbattibile) collezionato da Bruno. “L’unico pensatore europeo religioso a essere stato scomunicato sei volte: dalla Chiesa cattolica, dai protestanti luterani, dai protestanti anglicani, dagli ugonotti, dai calvinisti, dai valdesi” mi spiegò il mio amico “non lo voleva nessuno, e lui si imbestialiva senza capirne il perché. Era laico, anche se indossava la tonaca. Perorava la causa di una società laica e libertaria di cui ne era il fondatore, ma senza esserne pienamente consapevole, perché il suo vero intento era davvero esattamente l’opposto di quello che pensavano i suoi persecutori dell’epoca: lui non mirava affatto a combattere l’istituzione della Chiesa, di cui si sentiva parte integrante sia dal punto di vista culturale che religioso, anzi, lui la voleva pulire e soprattutto ripulire per salvaguardarla e far progredire la società al fine di creare bene collettivo. E’ stato forse, nei millenni, il più grande amico di Cristo, ed è passato alla Storia come il suo più grande nemico, non è un meraviglioso paradosso?”.
Mi venne da pensare che forse non era un caso che, di lì a pochi decenni, a metà del ‘600, in Olanda, un analogo destino fosse capitato al più grande pensatore ebraico europeo, il filosofo Baruch Spinoza, il quale si sentiva molto ebreo, eppure era stato espulso per indegnità e tradimento dell’ebraismo dalla comunità ebraica di Amsterdam per aver “osato” scrivere i “Principii dell’Etica” e aver identificato l’Etica interiore come fondamento di una potenziale coscienza democratica e libertaria, smascherando l’inutilità di una lettura acritica e asfittica del Talmud e dei testi sacri condotta in maniera piatta dai rabbini, perché “senza l’ausilio dell’Etica interiore non può esistere Verità sociale condivisa tale da consentirci la trasformazione evolutiva da animali in liberi soggetti civili e pensanti”. Spinoza fu talmente addolorato dalla sua espulsione che si dimise da tutti gli incarichi accademici sostenendo che “il mondo è ormai governato da esseri miopi”. Prese in affitto un piccolo negozietto ad Amsterdam dove dedicò il resto della sua esistenza, in totale solitudine sociale, a vendere occhiali. Scelse di molare le lenti per “aiutare gli altri, almeno a vedere dove camminano”. Se ne stava lì, nel suo bugigattolo, a forgiare occhiali, sentendosi un reietto. Sempre meglio che finir arso vivo con la lingua legata. Ma sempre emarginato.
L’Europa dei popoli liberi è stata fondata da un monaco considerato eretico e condannato al rogo e da un filosofo espulso dalla società e silenziato dalla sua comunità “perché il suo nome empio venga cancellato dalla memoria nel futuro”. E’ una ben triste considerazione l’idea che la cultura giudaico-cristiana dalla quale noi tutti proveniamo abbia fatto a fette i due loro più profondi pensatori e rinnovatori.
400 anni dopo non è cambiato molto, altrimenti non avremmo la tragedia greca.
L’Europa del 1600 si trovava in una situazione molto simile a quella di oggi.
Era nata la globalizzazione che aveva sconvolto l’economia dell’epoca, in seguito alla scoperta dell’America e a un nuovo flusso di merci. Il grande impero spagnolo era declinato e l’Europa dei mercanti era stata travolta da una febbre delirante sintetizzata dall’invenzione dell’epoca: la fondazione della Borsa Valori di Amsterdam (la wall street dell’epoca) dove intere nazioni si gettavano nelle più folli speculazioni finanziarie andando verso la propria disastrosa rovina. Basti pensare che a metà del’600, quando la borsa di Amsterdam esplose, venivano conteggiate 245 diverse variazioni di tulipani e in Europa esistevano 850 agenzie finanziarie che emettevano dei buoni a garanzia su semi di tulipano che venivano poi rivendute a un tasso più alto (i derivati swap dell’epoca) al punto tale per cui esistevano alcune azioni di specifici papaveri che avevano raggiunto un valore cartaceo superiore 5.000 volte al suo valore reale. Quando la bolla scoppiò (i subprime dell’epoca) crollò l’intero sistema finanziario. Solo ad Amsterdam si contarono migliaia di suicidi, intere famiglie vennero spazzate via, e il crollo del sistema economico portò alla più grave depressione economica ma registrata in Europa. Intanto in Europa dilagava la corruzione. Il nodo centrale della cultura pittorico-artistica rinascimentale basato sull’identità dell’Armonia, del Bello e della Divinità che aveva finito per attribuire una valenza mistica all’Estetica, era stato soppiantato dalla nuova cultura del mercantilismo (il Mercatismo dell’epoca) gestita dalle grandi banche senesi e aretine e dagli armatori olandesi e inglesi. Per trovare ingenti quantità di soldi da investire poi nel mercato finanziario dell’epoca, le varie casate e il vaticano cominciarono ad aumentare le tasse sui contadini a livelli stratosferici comportando i primi grandi sommovimenti rivoltosi delle campagne. I leader dei movimenti d’opposizione dell’epoca venivano arrestati e condannati per eresia. Giordano Bruno scrive come nel 1576 arrivato a Genova scopre che nella chiesa di Santa Maria di Castello si adorasse come reliquia e si facesse baciare ai fedeli la coda dell’asina che portò Gesù a Gerusalemme. Non solo. Approfittando della mancanza di comunicazioni di massa estese, schiere di mercanti acquistavano l’appalto dalla Chiesa per gestire la vendita delle reliquie. Soltanto nel 1580 si contavano circa 400 diverse agenzie (soltanto in Italia) che gestivano la compravendita del prepuzio di Gesù e della coda dell’asinello, vendute a prezzi esorbitanti ai nobili dell’epoca, dato che tali reliquie si diceva avessero proprietà magiche. Va da sé che ogni acquirente era convinto di avere la copia originale. Giordano Bruno, che era in realtà un filosofo, scienziato e intellettuale, cominciò a denunciare simili pratiche come superstizioni primitive, mentre girava l’Europa insegnando l’esistenza di mondi infiniti, l’inesistenza delle sfere celesti, i movimenti dei pianeti, ma soprattutto stimolando i suoi alunni all’elaborazione di una libertà di pensiero, attaccando di continuo la trasformazione della gerarchia della Chiesa in una banda di mercanti viziosi.
Ci fu chi l’appoggiò. Ma vinsero le esigenze del mercato.
E oggi, 400 anni dopo, come sarebbe oggi?
Ci sarebbe qualcuno all’interno della Chiesa in grado di sommuovere le coscienze e allertare dei pericoli annidati nella corruzione, nel mercatismo e nella finanza occulta? E se ci fosse, all’interno della Chiesa, riuscirebbe a trovare la libertà di esprimersi? E ancora, riuscirebbe a trovare orecchie?
Sembrerebbe di sì.
E’ in questa luce che va seguito il curioso episodio portato alla luce da Il Fatto quotidiano relativo al presupposto attentato contro il papa. Sembra proprio che all’interno della Chiesa si stiano scontrando due forti correnti contrapposte, una legata all’oligarchia finanziaria planetaria, l’altra più vicina a una interpretazione sociale e spirituale. Il Papa rappresenterebbe un simbolo di mediazione tra le due fazioni con il dichiarato obiettivo dell’ala finanziaria di eliminarlo per sancire definitivamente un accordo economico sovranazionale, con l’appoggio –in Italia- del PDL PD e Udc.
E’ a Genova che si sta giocando la partita, e un po’ in tutta la Liguria. E non è un caso. Dalle parti di Sanremo, di Savona, di Bordighera, di Imperia, da sempre roccaforte della chiesa e politicamente cassaforte del PD. Perché è in Liguria che la ‘ndrangheta ha operato il più profondo accordo con i poteri locali situando la famiglia Mamone al centro dello snodo di tutto il sistema di gestione degli appalti pubblici dal mar tirreno fino al mar adriatico, passando per la zona del parmense e di lì fino a Rimini.
E’ in questa regione che la DIA (direzione investigativa antimafia) ha già fatto commissariare diversi comuni. E’ da qui che proviene l’attacco frontale dell’ala finanziaria vaticana sostenuta dall’opus dei contro il papa attraverso una curiosa coppia, il cardinale neo-eletto Mauro Piacenza e un giovane arrembante, di Sanremo, certo Marco Simeon, ormai pienamente inserito all’interno della Rai, dello Ior, di Banca Intesa. Il tutto con la benedizione di Bertone. Ed è proprio qui, a Genova che la gente democratica ha bocciato la disastrosa e marcia politica del PD votando alle primarie per Marco Doria, sostenuto da chi vuole pulizia, da Don Gallo, e trovando l’inatteso appoggio di un prete furibondo, già identificato e definito dalla cronaca locale come “il Giordano Bruno del 2012”: si chiama Paolo Farinella, di professione prete cattolico.
Intellettuale, studioso biblista accreditato, poliglotta, scrittore, guida in prima fila l’attacco contro la mercantilizzazione del vaticano. Lo fa con sorprendente foga arringando i fedeli. Dal 2005 vive a Genova, dove è parroco della chiesa S. Maria Immacolata e San Torpete nel centro storico di Genova, una parrocchia senza territorio e, di fatto, senza parrocchiani, divenuta oggi a Genova un centro vivo di molteplici interessi e un luogo di incontro per tutti coloro che credono nella necessità ri rimboccarsi le maniche per ripulire l’Italia.  Oltre agli studi di ricerca biblica, si occupa di divulgazione della cultura in ambito storico, letterario, musicale, liturgico e teologico. A questo scopo viaggia per conferenze, presentazione libri e formazione biblica. E’ un prete che crede nel Libero Pensiero. Ecco come definisce se stesso:  io sono un prete cattolico dal cuore laico, rappresento solo me stesso e quindi parlo solo da me stesso, senza alcuna pretesa di insegnare qualcosa a qualcuno. Consapevole di espormi, come ho sempre fatto nella mia vita, metto in pubblico il mio pensiero, il mio cuore e la mia fede, firmandosi sempre. Chi condivide ne gioisca per la comunione, chi non condivide ne gioisca lo stesso per la pluralità che è possibile nella Chiesa, osservando sempre il criterio di «discernimento» suggerito dall’apostolo Paolo: «Vagliate quindi ogni cosa, e ritenete il bello/buono”.

Va da sé che hanno cercato di silenziarlo. Ma non ci sono riusciti. Appoggia in Liguria i candidati dell’Idv e di Sel e collabora ogni tanto a Il fatto quotidiano dove tuona fulmini e saette contro ciò che sta accadendo in vaticano in questi tempi. Ha allertato gli italiani sui gravissimi rischi che le recenti nomine vaticane stanno facendo correre a tutti gli italiani. Ecco che cosa dice, lui che parla dall’interno: Per mettere le briglie al clero cattolico che il Vaticano non controlla più, Ratzinger ne ha pensata un’altra delle sue: ha nominato il genovese Mauro Piacenza a capo della congregazione del clero. Se pensa che questi possa mettere un rimedio ai problemi che affliggono il clero, il papa prenderà una cantonata e il segno gli resterà per tutta la vita. Mons. Mauro Piacenza è pericoloso sia dal punto di vista dottrinale che disciplinare. E’ un anticonciliare viscerale e senza tentennamenti. Figlio diretto e legittimo di Siri, ne è l’incarnazione plastica: per lui dire concilio e dire diavolo è la stessa cosa. Certo, nel linguaggio curiale che ha imparato da subito e molto bene, egli parlerà sempre del concilio, lo citerà, lo elogerà, ma lo svuoterà di ogni senso e significato fino ad interpretarlo nel senso diametralmente opposto.

E’ andato via da Genova alla fine degli anni ’80, dopo la morte di Siri perché il successore, card. Canestri secondo lui era troppo di sinistra. Poveretto, da giovane, mentre prendeva avvio la riforma liturgica del Vaticano II, andava in giro con le forbici in mano a tagliare le casule per trasformale in pianete tridentine: senza la legge Basaglia sarebbe stato internato in un manicomio per pervertiti liturgici. E’ andato a Roma, dove i suoi servigi lenti, costanti e diluiti nel tempo hanno dato i frutti: è entrato nella bolgia del Vaticano ed è approdato al dicastero che sovrintende ai preti. Qui, mi dicono, che anche il suo capo card. Hoyos, uomo di destra e fascista, era disperato per i documenti che scriveva il Piacenza, ossessionato dalla teologia di Maria Mediatrice accanto se non superiore a Cristo Mediatore. A parte l’eresia di Maria Mediatrice, in qualunque salsa la giri, quest’uomo ha un concetto di prete ottocentesco, anzi tridentino se non presocratico.

Qui mi fermo perché ritengo che da mons. Mauro Piacenza non potrà venire nulla di buono alla Chiesa, ma solo sofferenza e danno. Da parte mia, non lo riconosco come mio superiore. Si apprende in questo momento (mercoledì 20 ottobre 2010) che il papa lo ha nominato cardinale: chi è causa del suo male pianga se stesso.
Intanto a Genova, Marco Simeon, anni 35 (reparto Opus Dei), pupillo del neo cardinale Mauro Piacenza fin da quando ero giovane giovane, nato all’ombra di Scajola-all’Insaputa, entra nel consiglio di amministrazione della Carige, appoggiato dal Vaticano il cui Ior detiene azioni della banca, dal Mediobanca di Geronzi che lo considera una sua creatura. Costui organizzava a Genova i «Cardinal Dinner», cene a pagamento per farsi fotografare cenando accanto al cardinale Bagnasco: una cosa così squallida che nemmeno nel regno dei Borboni si facevano queste prostituzioni.
Ho pensato che potesse essere interessante ascoltare la voce di un prete “diverso”, che si richiama a Giordano Bruno. E’ un modo vivo, che induce all’ottimismo, ricordare e commemorare la condanna al rogo del filosofo e scienziato di Nola avvenuta 412 anni fa.

Farinelli ha pubblicato un romanzo, dieci anni fa.
Si chiama “Habemus papam” è stato distribuito dalla prestigiosa casa editrice Adelphi di Milano, nel 1999. Il vaticano ha fatto di tutto per cancellarlo. Non potendo far applicare la censura lo ha silenziato, facendo in modo che l’intera truppa mediatica nazionale si guardasse bene di scrivere anche una sola recensione o commento. Ma il libro è diventato il libro culto dei cattolici liberali che amano la libertà in Usa e in tutto il continente sudamericano. Ecco come veniva proposto il libro quando i distributori andavano a proporlo: “Romanzo storico-teologico su un utopico papato modellato sulla figura di Francesco di Assisi, un libro di grande fascino e di grande letteratura che scalda il cuore del lettore e lo avvince dalla prima all'ultima pagina. Nell'ultimo conclave, ambientato idealmente nel giorno di Natale, a loro insaputa, i cardinali eleggono un semplice prete della diocesi di Genova che assume il nome di Francesco. Nel discorso Urbi et Orbi di fronte al mondo attonito e allo sconcerto ecclesiastico, in piazza San Pietro, Francesco I si spoglia di tutti i suoi averi, abolisce di fatto il Vaticano per restare semplicemente un uomo pellegrino sulle strade del mondo che indica la via del futuro: il ritorno alle sorgenti evangeliche e alle fonti dell"umanità".
Ecco perché ritengo odiosa, pericolosa e perniciosa l’esternazione di Celentano: ogni Libero Pensatore sa perfettamente che non si chiede mai la censura per nessuno; considerarla una forma di opposizione è un falso. Chi vuole la censura è un censore.
Non c’è neppure dibattito, su questo.
Ecco un articolo che il prete Paolo Farinella ha pubblicato a Genova dove opera, alla fine di gennaio, provocando scalpore. Pochi giorni dopo, consapevole di essere stato silenziato, lo ha ripubblicato su Il Fatto Quotidiano.
Lo ripropongo alla vostra attenzione.
Nel giorno che commemora l’uccisione, come eretico, di Giordano Bruno, il modo più armonico e ottimistico per celebrarlo, mi è sembrato quello di evitare volutamente la facile retorica dell’anti-clericalismo e andare a scovare, invece, le tracce di un’eredità raccolta. Abbiamo bisogno di unire le forze libertarie per costruire nuove aggregazioni.
Il prete Paolo Farinella è senza dubbio alcuno, attualmente, un autentico combattente, in prima linea, sul fronte della guerra al malaffare, alla corruttela e alla criminalità diffusa in Italia.


(pubblicato su il fatto quotidiano in data 1 febbraio 2012).
Ior e Bertone prove dell’esistenza di Satana
Il Fatto Quotidiano del 27 gennaio, come un mastino da guardia dell’informazione, non molla la presa e a firma di Marco Lillo leva la coltre che copriva, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la nefandezza morale che domina in Vaticano, questo Stato estero che confina da ogni lato con la città di Roma. La lettera è dell’8 maggio 2011, firmata da un vescovo galantuomo, segretario del Governatorato (una specie di sottosegretario del governo centrale), monsignor Carlo Maria Viganò. Questo prete vero e onesto trovò un bilancio (2009) con 8 milioni di perdita e dopo poco più di un anno, facendo pulizia di furti, ruberie, intrallazzi, trucchi e false fatture, portò il bilancio a un attivo di 22 milioni di euro. Segno evidente che la corruzione sotto il cappello del papa volava con le ali degli angeli.
Siccome Viganò è una persona pulita e crede che essere prete significhi essere coerente e onesto, dà estremo fastidio alla cricca dei delinquenti che prosperano sotto il «sottobosco» di
Bertone Tarcisio, uomo senza Dio ed esperto in malaffare di ogni specie. Infatti, l’eminentissimo cardinale Bertone, invece di premiarlo, trasferisce mons. Viganò nominandolo rappresentante del papa all’Onu: così lontano oltre l’atlantico, finalmente la smetterà di rompere i bertoni con le manie della legalità e della morale.

In Vaticano tremano quando incontrano una persona onesta e integra, perché lì prosperano solo uomini vestiti di nero, il colore della loro anima, nonostante il papa si ostini a vestire di bianco. Povero papa bavarese: in Vaticano
non conta nulla, anzi meno di nulla. Egli è la sagoma che i faccendieri mostrano al pubblico per ammansire e distrarre, stupefacente allo stato puro, mentre i califfi e gli smargiassi, vestiti come damerini e travestiti da donne, delinquono religiosamente e asceticamente rubano e corrompono. Tanto poi fanno i gargarismi con l’acqua benedetta e tutto ritorna a posto. Appena scorgono i virus dell’onestà e della legalità, li neutralizzano con zelo fanatico.

L’arrivo di Bertone in Vaticano coincide con l’istituzionalizzazione del malaffare e della corruzione. Si porta dietro uomini equivoci che aveva conosciuto e usato a Genova, come
Giuseppe Profiti, ieri vicepresidente dell’Ospedale Galliera del quale è presidente, per statuto/testamento, il vescovo di Genova. Indagato e sotto giudizio, quasi per sfida contro la giustizia italiana, lo ha portato al suo seguito a Roma, nominandolo presidente dell’ospedale vaticano del Bambin Gesù. Dietro a lui corre il delfino di cardinali e preti, Marco Simeon, giovane rampollo scaiolano e, a quanto pare, vicino all’Opus Dei. Non si capisce come mai costui, così giovane abbia fatto una carriera sfolgorante all’ombra della curia di Genova. Cosa avrà di così «speciale» e acuto questo belloccio oggi di 35 anni che da almeno dieci è prediletto da cardinali e vescovi e curiali? Forse non si può dire, ma si può immaginare. Il belloccio, oggi in un posto chiave della Rai, a Genova organizzava per Natale i «Cardinal dinner» con la Genova danarosa, quella solitamente affollata da evasori, truffatori, intrallazzatori che si riunivano al palazzo del porto attorno al cardinale Bagnasco, che, ingenuo, non si accorgeva di nulla. Scrissi anche un pezzo su Repubblica (edizione locale) che fece solo il solletico e il cardinale prese circa 120 mila euro da questo sforzo da ernia che i ricchi pagani fecero quella sera pur di farsi fotografare con una tonaca paonazza.

Misteri della fede! Bertone non ha l’intelligenza di Richelieu né la furbizia di Mazzarino, egli è solo un esemplare rappresentante di un pontificato che lo ha scelto con scienza e coscienza, per cui il papa è responsabile in prima istanza di tutta la corruzione che scorre come una cloaca a cielo aperto sulla tomba di San Pietro. Attorno alla tomba del principe degli apostoli, prosperano malaffare,
prostituzione, specialmente maschile, evasione, ricatti, maldicenza, invidia, soprusi, delitti di ogni genere come si conviene a una istituzione che si ispira al vangelo di Gesù Cristo, il povero illuso che credeva di dare una svolta al mondo, mentre finì per dare una spinta all’indicibile che con Bertone ha raggiunto l’abisso della desolazione e dell’indecenza.

Povero Cristo! Predicò il Regno di Dio e spuntò Bertone e tutto il brodo di cottura che lo ha nutrito: Vaticano, cardinali, sistema clericale, connivenza con la malavita organizzata attraverso lo
Ior e il governo Berlusconi, protetto e garantito dal malaffare clerico-fascista che oggi domina la struttura ecclesiastica e il sistema perverso di potere che regge il Vaticano, facendo di tutto la Geenna della lordura e dell’abiezione.  Sergio Rizzo a proposito scrive sul Corriere della Sera il 25 gennaio scorso, col titolo esplicito de «La corruzione in Vaticano che il papa non vede»:“La parola è sinonimo di malaffare e degrado morale. Ma se a pronunciarla è un altissimo prelato vicino al Papa, come rivela questa sera Gli intoccabili, il programma d’inchiesta del giornalista Gian Luigi Nuzzi che va in onda su La7, allora vengono i brividi. «Corruzione» è proprio il termine che quel monsignore usa per descrivere in una clamorosa lettera a Benedetto XVI l’incredibile situazione che si è trovato davanti dopo aver assunto nel luglio del 2009 il delicatissimo incarico. Una bomba sganciata nelle stanze del potere vaticano il 27 marzo del 2011, nell’estremo tentativo di sventare una manovra di corridoio che culminerà con la sua rimozione. «Un mio trasferimento provocherebbe smarrimento in quanti hanno creduto fosse possibile risanare tante situazioni di corruzione e prevaricazione », scrive Viganò al Papa. Facendo capire a Joseph Ratzinger di non essere affatto isolato: «I cardinali Velasio De Paolis, Paolo Sardi e Angelo Comastri conoscono bene la situazione»”.

Ironia della sorte, nel calendario cattolico il 25 gennaio ricorre la festa «Conversione di san Paolo»! Non San Paolo ha portato frutti di conversione, ma Silvio Berlusconi ha effuso nei suoi complici e maestri frutti abbondanti di corruzione. A quando una purificazione dell’aria in Vaticano e nella Chiesa dei cardinali? Perché gli uomini di Chiesa, spinti da un istinto naturale, frequentano uomini perversi e corrotti? Su di loro ha sentenziato il
Vangelo, che li ripudia senza ombra di dubbio:«2Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei … 25Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma all’interno sono pieni di avidità e d’intemperanza … 27Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. 28Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità» (Mt 23,2.25.27-28).


Se a Genova cominciano a parlare, ne vedremo delle belle.
Per questo il PD comincia a tremare.

3 commenti:

  1. Puntuale e documentato, come sempre, questo scritto sa coniugare la storia con l'attualità. I laici ed i liberal di casa nostra si ricordano di Giordano Bruno solo quando gli fa comodo, ignorando invece la vera sostanza del suo pensiero, la grandezza morale dell'Uomo che mai venne meno alla sua visione del Mondo, più attuale e concreta di quanto si possa credere. Sicuramente un sognatore per molti, ma sono proprio i sogni di questi visionari destinati prima o poi a realizzarsi. Sono semi che nel tempo daranno frutti per tutti.

    Sul Vaticano e la gerarchia don Gallo e don Farinella hanno idee molto chiare ed ecumeniche. Certo, Marco Simeon ha un ruolo troppo importante per la sua giovane età, tenuto conto che è in pista da parecchio: già a 20 anni era il pupillo di Bertone...e per suo conto gestiva affari delicati. Chissà se a Genova e dintorni si troveranno mai le prove di tante capacità...

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  2. Allo stesso tempo divertentissimo e allucinantissimo -- su eminentissimo e dintorni

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  3. Mi ricorda Q.
    Scenario: Gli Zelanti di Carafa e Q. contro gli Spirituali di Polo ed il protagonista.

    Nel '500 gli albori della stampa
    Nel 2000 gli albori di internet

    Interessante.
    Seguo il blog da mesi e mi fa sempre piacere leggerti

    Vittorio

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