di Sergio Di Cori Modigliani
Well, it can be done.
Tradotto in italiano corrisponde a qualcosa del tipo: “lo si può fare”.
Questo è il nocciolo duro della campagna di primavera del presidente Usa Barack Obama, fondamentale per tutti noi, perché entro maggio si decideranno i destini dei popoli d’occidente. E’ il second step che segue il celebre “yes we can”, fortunato (oltreché vincente) slogan che aveva consentito a Obama di vincere le elezioni nel 2008. La differenza consiste nel fatto che, questa volta, non si tratta di uno slogan né di una frase ad effetto ideata da un intelligente pubblicitario. Si tratta, invece, del risultato di un’indagine che Obama e il suo staff hanno condotto presso i 26 più autorevoli economisti in attività, sia post-keynesiani che liberisti, mescolati. Senza dir loro che si trattava del piano di rinascita economica della nazione, gli è stata proposta una consulenza a pagamento a nome di una società di studi economici regolarmente accreditata presso la Georgetown University. Gli è stato presentato, lo scorso dicembre, un studio ponderato di circa 600 pagine chiedendo una risposta, basato sul multiplar choice: sette possibili risposte, da “non funziona affatto” a “è una meraviglia”, con l’aggiunta di proprie personali considerazioni, spiegando che si trattava di un’indagine sulla fattibilità operativa di una teoria economica. 21 su 26 hanno risposto “it can be done”.
Sufficiente per spingere Obama a lanciarsi nella grande impresa. Tant’è vero che da una settimana a questa parte (tre giorni dopo la visita di Mario Monti, quando a Washington hanno preso atto che il meeting si era rivelato un colossale fallimento perché, in realtà, abbiamo rotto con l’America schierandoci con la Germania) l’amministrazione Usa ha cominciato (con un abile contagocce sempre più generoso) a diffondere alcune notizie al riguardo, per il momento soltanto sulla stampa economico-finanziaria più ristretta e attendibile. Ma ben presto diventerà materiale per dibattiti di massa.
La campagna elettorale statunitense sarà la meno ideologica mai vista, la meno gossip, la meno superficiale, la meno pubblicitaria e ruoterà tutta intorno al tema del “lavoro”.
Si tratta della prima, direi “forte” (data la fonte di provenienza, perché non si tratta di un ragazzetto che lavora alla borsa valori di Milano) denuncia ufficiale della inutilità del pareggio di bilancio e l’assunzione di responsabilità politica nel proporre di capovolgere a 180 gradi l’attuale trend hitchcockiano imposto dal triumvirato Monti-Merkel-Sarkozy proponendo un gigantesco piano di investimenti, un aumento della spesa pubblica e un gigantesco piano di tassazione sulle grandi multinazionali, su tutte le imprese finanziarie, con una patrimoniale decuplicata per chiunque guadagni una cifra netta superiore ai dieci milioni di dollari, quintuplicata per chi ne guadagna cinque e aumentata del 28% per chi ne guadagna soltanto uno. Con detrazione fiscale, invece, per chiunque ne guadagni meno di 250.000 all’anno.
Tutto ciò grazie a un capolavoro della strategia diplomatica di Hillary Clinton, grazie a un accordo segreto (mica tanto poi, dato che lo sanno tutti, compreso il sottoscritto) firmato a Tokyo in data 31 gennaio. Gli americani, che in politica estera sono sempre stati un vero disastro, pasticcioni, criminali, superficiali e miopi, questa volta ritengo abbiano fatto goal.
Gli Usa hanno chiuso un accordo con l’impero del Giappone, praticamente, consegnandogli la leadership dell’Asia, in prospettiva a brevissimo termine di una riunificazione pilotata tra le due coree che finirebbero sotto l’ombrello protettivo del Giappone e che coopterebbe anche il Vietnam, il Laos, le Filippine e l’Indonesia, sottraendo queste nazioni come sfere di controllo alla Cina.
Con la scusa –comprensibile e da tutti accettata- di doversi occupare della propria tragica gatta da pelare (Fukushima & co.) il Giappone si era defilato prima (giugno del 2011) aveva disinvestito dall’Europa poi (settembre 2011) liberandosi da ogni potenziale impatto negativo conseguente a una crisi finanziaria europea e infine, zitti zitti, a novembre si sono ritirati dal management operativo del Fondo ;Monetario Internazionale. In data 12 gennaio 2012, l’Imperatore del Giappone ha firmato, approvandolo, il decreto della manovra economica “eccezionale” del governo, resasi necessaria in seguito al disastro nucleare di un anno fa. Grazie al fatto di essersi sottratti al Fondo Monetario, si sono trovati liberi di non dover applicare le loro regole, rinunciando -pertanto- ad applicare il pareggio di bilancio.
Forse è il caso di ricordare, qui, che stiamo parlando della terza potenza economica planetaria, subito dopo Usa e Cina, superiori soltanto per il fatto di avere una imbattibile supremazia militare. Il 13 gennaio 2012 il governo del Giappone ha portato il proprio disavanzo pubblico dalla cifra di 3.750 miliardi di euro (il doppio dell’Italia) invece che a 2.800 come richiesto e PRETESO dal Fondo Monetario Internazionale a 4.900 miliardi, molto vicino a quello degli Usa. Hanno varato un investimento di circa mille miliardi di cui il 23% è stato investito in welfare nazionale, il 19% in ricerca scientifica e istruzione avanzata, il 38% in crediti agevolati alle imprese nipponiche che investono in Asia a condizione che producano merci e beni di largo consumo e non siano coinvolte in attività di speculazione finanziaria. Hanno fatto fallire 450 società operanti in borsa come mediatori di capitali. Hanno fatto fallire le tre più grandi società immobiliari del Giappone per insolvenza e invece di dar loro sussidi, sono state nazionalizzate per cui è stato varato un piano nazionale –che intendono estendere a tutta l’Asia sud-orientale- per cui i mutui per l’acquisto di una prima casa vengono offerti a tassi agevolati dietro garanzia personale dell’Imperatore, con lo slogan rivolto ai giovani “se vuoi comprare una casa ma non hai un lavoro, rivolgiti all’ufficio della tua prefettura: noi ti diamo un lavoro fisso e tu ti compri una casa”. Alla Cina, tutto ciò non è piaciuto affatto.
Tantomeno all’Europa.
Non è certo un caso che in tutto il continente non sia stata pubblicato neppure un rigo a proposito della notizia. Perché l’informazione avrebbe (inevitabilmente) spinto qualcuno a chiedersi pubblicamente (magari intervistando l’ambasciatore del Giappone a Ballarò o imprenditori nipponici a L’infedele) come fosse possibile che, mentre in Europa si azzannano Grecia, Spagna, Portogallo e Italia sotto la spada di Damocle del Moloch spread e del disavanzo pubblico, in Giappone si aumenta la spesa. Non solo. Il mercato asiatico ha risposto premiando la borsa di Tokyo e l’indice Nikkei (quello sì che conta, non come l’asfittica borsa di Milano) è salito per la prima volta dal 2008 ad una progressione che indica nel Giappone la prima nazione planetaria che ufficialmente si è gettata nella congiuntura economica virtuosa. Si sono ripresi. Grazie a tali investimenti, il loro pil viaggerà verso un abbondante 3,5% in più mentre l’Italia viaggerà a un -1,7% (se ci va bene).
Esempio pericolosissimo per il triumvirato europeo.
Per i giapponesi è stata necessaria una “rivoluzione mentale”. Non avendo esercito e non potendo essere presenti nel mondo come potenza militare hanno gettato tutta la loro ambizione imperialistica (mai sopìta) nella conquista e mantenimento di leadership in settori strategici dell’economia: Mitsubishi prima grande banca al mondo, Toyota prima azienda metalmeccanica nel pianeta, Sony prima multinazionale nel campo della comunicazione,ecc..Hanno incassato l’accordo con Usa e coree e hanno accettato il fatto che per la prima volta dal 1988 la Toyota non è più leader. E’ finita seconda, dietro la General Motors di Detroit che riconquista il primato dopo 25 anni. Hanno optato per una leadership politica (fino a pochi anni fa impensabile) perché gli statunitensi stanno imparando ad avere una politica estera più sensata ed è chiaro anche a un bambino che si arriverà a un piunto in cui Usa e Cina finiranno ai ferri corti. Tanto vale aver piazzato un alleato di ferro in Asia. Tanto più che nelle nazioni del sud est asiatico sotto controllo economico cinese, gli esseri umani vengono trattati come bestie immonde, i giapponesi, invece, propongono il riconoscimento di gabbie salariali e un trattamento umano (ha addirittura ricevuto il plauso del neo-eletto presidente della Corea del Nord, il che è tutto dire).
L’accenno al Giappone era una parentesi (l’ho ritenuta necessaria) per spiegare alcuni brandelli del puzzle geo-politico planetario sottolineando il fatto che viviamo sotto una cappa censoria clamorosa. Neanche un pezzullo di dieci righe da qualche sito on-line.
Ma ritorniamo agli Usa.
Quando Obama è stato eletto, il 5 novembre del 2008, si è sottoposto al consueto rituale di turno, non essendo lui uno del giro (né tantomeno un presidente rieletto per la seconda volta). Il giuramento ufficiale era previsto per il 10 gennaio 2009. Il venerdì 8 novembre, subito dopo che l’elezione è stata “legalmente” ratificata, Obama è stato fisicamente prelevato e portato tutti i giorni per quindici giorni di seguito –così recita la Legge Usa- in un certo posto al Pentagono dove, poco a poco, a lui è stato spiegato dall’FBI e dai generali come stanno le cose per davvero: quali sono le strategie, gli accordi che noi ignoriamo, chi sono i veri amici, chi i veri nemici e compagnia bella, in modo tale da dargli il tempo per cominciare a masticare la faccenda e capire che cosa vuol dire essere il comandante in capo del più potente esercito al mondo. Dopo quei quindici giorni, il neo-eletto si incontra per altri quindici giorni con i generali e il presidente sconfitto per il passaggio delle consegne (e il passaggio dei segreti di Stato relativi ad accordi che saranno validi nell’immediato futuro). Quando il 15 gennaio ha giurato, automaticamente è scattato un dispositivo che in Usa si chiama “political honeymoon respect” (rispettosa luna di miele politica) una consuetudine accettata in base alla quale l’opposizione in parlamento per la durata di 100 giorni non si opporrà a nulla, per dare il tempo al neo-eletto di acquisire la conoscenza necessaria per essere in grado poi di governare. Il neo-eletto lo sa, e in cambio, garantisce che in quei 100 giorni (per non provocare imbarazzo e scandalo) non promulgherà nessuna nuova legge importante, non proporrà nessun decreto e –unica eccezione lo stato di guerra- arriverà in parlamento soltanto per pratiche di amministrazione corrente. Al 101 giorno si scatena la bagarre e inizia la lotta politica.
Il 16 gennaio 2009 era il primo giorno nel suo ufficio. Immagino debba essere stato emozionante e anche spaventevole, per alcuni aspetti. Non avendo mai fatto il presidente, Obama non sapeva come funzionasse la giornata (è proprio lui ad aver raccontato questi dettagli in una diretta streaming con la nazione a metà gennaio 2012) e in agenda aveva l’incontro con delegati politici sia democratici che repubblicani per il varo delle commissioni parlamentari alla camera. E invece, alle 8 del mattino lo aveva chiamato l’FBI, alle 8.15 due generali importanti, poi il capo della Cia, e gli avevano comunicato una riunione di emergenza alle 10 allo studio ovale. La sua prima riunione. Erano circa una ventina di persone e gli era stato fortemente consigliato di far partecipare tutti i suoi più fedeli collaboratori e consulenti in campo economico (tra cui c’erano Cristina Rohmer e Paul Krugman). Il povero Obama, un’ora dopo aver iniziato la sua fresca attività, si trovò ad affrontare la più grossa gatta da pelare che gli potesse capitare. Gli spiegarono che le cosette –dal punto di vista strettamente economico-finanziario- erano un po’ diverse da come si pensasse. Per farla in breve, gli prospettarono la situazione reale spiegandogli che ad aprile (toh, guarda caso proprio tre giorni dopo la fine della luna di miele) sarebbe crollato l’intero mercato finanziario planetario per una cifra complessiva calcolata intorno ai 10.000 miliardi di dollari, il che avrebbe provocato un terremoto socio-finanziario tale da determinare il licenziamento immediato di circa 20 milioni di persone e il fallimento dell’intero sistema finanziario/bancario/assicurativo. Il collasso economico.
Iniziarono, quindi, immediatamente, le trattative per metterci una pezza, approfittando della luna di miele in corso.
Come lui ha stesso spiegato, chiuse un accordo politico con i repubblicani, e finanziario con tutti i soggetti a rischio per cui ottenne immediatamente dal parlamento il via per sforare il bilancio e mise a disposizione la cifra di 4.000 miliardi di dollari (ma in realtà poi diventati quasi 14.000) per tamponare l’emorragia che si verificò, con precisione millimetrica il 9 marzo 2009. Ma il sistema resse l’urto. Sia in Usa che in Europa. L’accordo con i repubblicani presupponeva l’accettazione della riforma sanitaria, una riforma del welfare, e un piano economico per l’occupazione.
Incassati i soldi (soprattutto le banche e le assicurazioni sostenute dalle lobby repubblicane) a maggio i repubblicani rompono l’accordo. Non solo. Con i soldi avuti dallo stato federale finanziano e mettono su il movimento dei tea-party contro Obama.
“Sono stato ingannato. Sono stato defraudato”.
Così ha raccontato lui al popolo americano la sua esperienza.
Non so dire, onestamente, se questa versione sia corretta oppure no. Io cerco di fare della informazione attendibile divulgativa e quindi propongo gli elementi interessanti di cui in Italia non si parla mai (rimane per me un glorioso mistero il fatto che nessuno tra i nostri strapagati corrispondenti in Usa abbia fatto menzione del racconto di Obama che io, invece, trovo molto interessante).
Passa un anno e mezzo e si arriva quindi al 15 novembre del 2010: elezioni politiche generali. I democratici perdono le elezioni e i repubblicani (soprattutto l’ala destra che sosteneva i tea-party) conquistano la maggioranza assoluta al senato: una batosta.
Obama compare in televisione nella veste umile, quasi patetica. “Abbiamo preso una formidabile stangata. Cercherò di imparare la lezione”.
Ma i sondaggi sono impietosi e intanto la crisi comincia a mordere. Nel 2011 c’è uno scontro micidiale (durato ben sette mesi) in parlamento tra democratici e repubblicani basato tutto intorno alla necessità del pareggio di bilancio, abbattimento delle tasse, contrazione della spesa pubblica e cancellazione dello stato welfare (repubblicani) che portano il paese (agosto 2011)sull’orlo del default. Ma intanto i democratici hanno ricominciato a far politica e a riorganizzare un piano lavoro per rilanciare l’occupazione. Il 16 settembre 2011 inizia “occupy wall st” in stragrande maggioranza composto da elettori di Obama, delusi dal suo comportamento, che si sono sentiti traditi e abbandonati e gli hanno voltato le spalle. Il 10 ottobre 2011 i sondaggi pubblicano gli impietosi dati: Barack Obama raggiunge il più basso indice di gradimento mai ottenuto per un presidente dai tempi di Nixon, non arriva al 30%. E lì avviene la svolta.
Che non è economica (ma lo diventerà a breve) non è politica (lo è già grazie anche e soprattutto a “occupy wall st.) non è culturale (sono in netta ripresa).
E’ esistenziale.
Secondo il Washington post il merito è di Michelle Obama.
L’hanno definita, infatti, “una chiara manovra femminile”.
Travolto dalle circostanze e dagli indici negativi, dalla sua scarsa esperienza politica, e dall’avidità della finanza impietosa, Obama sembra ormai un pugile suonato, evanescente e incapace di promuovere una svolta. La moglie, così almeno ci dicono, oltre a essergli di conforto lo stimola, lo pungola e lo spinge ad approfittare per realizzare una svolta interiore “progressista”, la cui seduzione finisce per colpire Obama nel suo ego profondo.
Fa varare degli ingegnosi micro- programmi economici, implora i repubblicani di consentire un mini-aumento della spesa tra il 10 dicembre e il 30 gennaio per incentivare il consumo interno (ottenendolo) dato che ormai è alle corde e il 23 dicembre fa un discorso alla nazione che è l’esatto opposto di ogni schema pubblicitario dove inizia dicendo “Finalmente sono un uomo libero. E ci tengo a condividere quest’idea con i miei concittadini. I dati sono talmente impietosi contro di me che alla fine, accettandoli, hanno finito per liberarmi. Ho già dato per scontato, quindi, che voi non mi rinnoverete il mandato, che io non verrò rieletto e infatti Michelle sta già cercando una nuova sistemazione per noi per il gennaio 2013 a Chicago. Non devo quindi, per il resto del mandato, soggiacere a nessun tipo di compromesso perché per me la posta in gioco non è la mia rielezione….sono uno sportivo: amo vincere, ma so perdere. Pago il prezzo dell’attuale situazione, ma già nei primi mesi del 2012 varerò misure, incentivi, programmi, seguendo le mie idee, le ragioni dei miei ottimi consulenti, anche a costo di essere impopolare. Più impopolare di così. Ma soprattutto libero dalla gogna del risultato elettorale”. Un discorso molto abile che piace.
E ai primi di gennaio annuncia (mai accaduto negli ultimi 40 anni) che, nel caso lui vincesse, aumenterà le tasse a chi gestisce la finanza, che varerà una pesante patrimoniale (nel paese più ricco del mondo) e che ad aprile si presenterà in parlamento con la richiesta di un programma per allargare la spesa pubblica e lanciare un piano di investimenti, “in dichiarata contro-tendenza rispetto alle misure che in questo momento altre nazioni, altri governi, altre persone, stanno prendendo in Europa”.
Lo ha annunciato per aprile, rimandando di un mese.
Perché –così almeno dicono le fonti più attendibili- il 30 marzo la Grecia esplode e pochi giorni dopo il Portogallo a ruota. Un piccolo terremoto, e ricomincerà la solfa. Ma a quel punto, mèmore dell’esperienza del gennaio 2009, Obama non farà nessun accordo con i repubblicani.
Perché l’America è un paese pragmatico. A loro la Merkel non va giù non perché sia di destra o di sinistra, ma per il fatto che le sue idee “semplicemente non funzionano”.
Perché Obama ha promesso il 3 gennaio che “inventerà” almeno 2 milioni di nuovi posti-lavoro. Ma conosce i suoi polli: gli americani vogliono fatti. E lui (così recita il suo piano) intende ottenerli prima di settembre, cioè un mese prima delle elezioni, chiarendo che non si tratta di una promessa per racimolare voti (tipo il contratto con gli italiani del sultano di Arcore) bensì della dimostrazione “sul campo” che la medicina tedesca è sbagliata e che quella democratico-americana, è, invece quella giusta. Bella sfida.
Soltanto nel mese di gennaio gli indici segnalano una inversione di tendenza con una diminuzione della disoccupazione di 2 punti percentuale. L’industria metalmeccanica si sta riprendendo ed è pronta a concorrere con quella tedesca. L’ufficio del lavoro di Washington annuncia che negli ultimi 45 giorni in Usa sono stati creati 275.000 nuovi posti lavoro in aziende manifatturiere e le domande di sussidio sono diminuite per la prima volta dal 1999 di 150 mila unità. Sedici istituti di credito internazionali denunciati dall’amministrazione Obama hanno accettato e chiuso il patteggiamento e la sua amministrazione ha incassato 286 miliardi supplementari. Non è molto, ma è qualcosa. Ai repubblicani che hanno chiesto come intendesse spenderli ha risposto (in televisione) “visto che voi avete l’ossessione di bilancio, non sono tenuto legalmente a rispondere di cifre “inattese e suppletive”. Le userò quindi per il welfare. Non devo neppure chiedere la vostra opinione perché non comporterà alcuna modificazione della spesa pubblica. Ho bisogno di spendere per creare lavoro. Voi, invece, avete bisogno di espandervi, questo è ciò che ci divide, oggi”.
Sta già di nuovo al 53%.
Spedisce lettere, fa comizi in streaming, e i suoi consulenti vanno in giro a diffondere ottimismo. Ma lo fanno parlando di politica. In maniera pragmatica. Spiegano che la ricetta Merkel è perdente: è un trucco ideologico per schiavizzare l’Europa. Depauperando le nazioni, in tre anni si avrà un mercato del lavoro da Lisbona a Budapest dove l’arretramento economico spingerà la gente ad accettare stipendi minimi pur di sopravvivere.
Ma nel diffondere la loro idea politica, i democratici americani (ahimè, e lo dico in quanto europeo) non sono teneri con noi europei e sono anche minacciosi. Nel caso gli riuscisse di ridiventare la locomotiva economica, non si porteranno appresso l’Europa, dalla quale stanno disinvestendo in funzione anti-Merkel. Esattamente all’opposto di quanto relazionato dal nostro baldo ragionier robotico.
L’amministrazione Usa in data 5 novembre 2011 ha formalmente denunciato la Royal Bank of Scotland per truffa in bilancio e occultamento di dati; ha chiesto 120 miliardi di euro di danni a nome del popolo americano. Hanno patteggiato. Hanno chiuso per 45 miliardi. Ma con due clausole. La Royal Bank of Scotland ha dovuto comprare 120 miliardi di dollari di bpt europei –posseduti da Usa e Giappone- al prezzo di mercato di cui 24 dell’Italia, 8 della Grecia, 16 della Spagna, 9 del Portogallo, 11 dell’Irlanda e –dulcis in fondo- 51 della Germania. Bello schiaffo morale, bell'avvertimento per chi vuole intendere. Il pagamento lo hanno voluto in sterline inglesi e non in euro. Una notte intera su Bloomberg television a parlare di questa cosa negli Usa.
Così ci vivono da quella parte oltreoceano.
Hanno deciso di avere un futuro.
Hanno identificato l’opposizione politica della destra repubblicana come “rappresentativa di un’idea del mondo che porta al passato e in una zona buia dell’esistenza; siamo troppo giovani per non desiderare un lungo e ampio futuro davanti a noi. Il passato per noi è Storia da cui imparare. Il Futuro è la prospettiva geometrica”.
Curiosa questa frase dal sapore matematico. Ma illuminante, quanto meno per me.
Dopotutto, Barack Obama, Paul Krugman, Nouriel Roubini, Cristina Rohmer e Joseph Stieglitz (che hanno stilato il programma della ripresa) possono contare su un successo già verificatosi sul campo: il Giappone.
Se avessero ragione Mario Monti e il cancelliere Angela Merkel, a quest’ora il Giappone dovrebbe essere in ginocchio, né più né meno di quanto non lo sia la Grecia. E invece va a gonfie vele.
E’ la differenza tra il mondo visto da un ragioniere che esegue ordini e il mondo visto da chi –forse con un azzardo davvero rischioso- intende ringiovanire la Storia.
L’hanno capito tutti che è il gioco che va cambiato.
Qui da noi, invece, pensano che si tratti di qualche smazzata o di cambiare la marca delle carte. .
Ne parliamo a primavera inoltrata.
Ma allora è vero che il Giappone vuole porsi come nuovo volano mondiale a braccetto con l'America.
RispondiEliminaPorca miseria vuoi vedere che questo Benjamin Fulford alla fine non spara solo fuffa.
Tra le altre cose ha detto che Berlusconi verrà arrestato a breve...
PS ottimo post come al solito
Morghi
Tra le altre cose ha detto che Berlusconi verrà arrestato a breve...
EliminaE processato per tradimento dell'Italia, condannato alla fucilazione alla schiena con tutti i suoi amici-servi che si sono arricchiti alle ns. spalle, confisca di tutti i loro beni e loro restituzione al paese?
No? Peccato perchè é questo quello che si meritano.
Farbutti!
Ecco cosa ne pensa Paul Krugman dell'austerità
RispondiEliminaMerkiana
http://krugman.blogs.nytimes.com/2012/02/22/austerity-europe/#postComment
Ricordiamo.
RispondiEliminaAlla fine dei anni 60
$ 630 Lit
DM 150 Lit
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Capiamo
in quei anni il $ era 4 volte i DM
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Con un collasso europeo il $ varra' probabilmente meno della meta' della
nuova o vecchia moneta tedesca.
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Lo abbiamo gia' fatto noi. Non vi ricordate piu'. E dove siamo arrivati?
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Facciamolo anche noi. Usciamo dall'Euro, svalutiamo, stampiamo moneta,
richiamiamo Craxi dalla tomba, facciamo felici tutti.
Regaliamoci tanti e tanti altri anni di casta.
Soprattutto con un paese, il nostro che non e' America dove si aspetta che tutto quel liquido vada in produzione, in competitivita' e poi ritorno. Da noi andrebbe in stato, burocrazia, lavori pubblici inutili.
Comunque auguri ad Obama, anche perche' io non vedo niente, al massimo sento un cattivo odore di aria fritta e rifritta.
Comunque auguri ad Obama, anche perche' io non vedo niente, al massimo sento un cattivo odore di aria fritta e rifritta.
EliminaPure io.
Dal testo del Modigliani:
Travolto dalle circostanze e dagli indici negativi, dalla sua scarsa esperienza politica, e dall’avidità della finanza impietosa, Obama sembra ormai un pugile suonato, evanescente e incapace di promuovere una svolta.
Incapace appunto.
E non sarebbe il caso di domandarsi come mai nel 2008 i repubblicani proposero agli americani un simile incapace?
Forse perchè sarebbe stato, come in effetti é stato, un utile idiota, un puppet president?
E chi gli crede più.
Spero che l'auspicabile Obama-bis non si riveli una bufala come il primo.
RispondiEliminaNel frattempo, il criminale denominato simpaticamente ragioniere-robotico, sta perfezionando il suo crimine con l'adesione al Fondo Salva Stati (ESM).
Quale immane catastrofe si nasconda dietro questa rassicurante denominazione, lo si può comprendere attraverso la lettura di questo pdf:
http://www.palermoreport.it/images/stories/pdf/esm_Dossier_SME_Undiemi.pdf
scritto dalla giovane economista siciliana Lidia Undiemi.
La lettura è davvero spaventevole e da la misura di quanto sia breve lo spazio che ancora ci separa dal ricorso alle "vie di fatto", unico mezzo per opporci a questo mostro impropriamente chiamato Europa.
Modigliani,lei mi fa sognare ad occhi aperti (prima parte del post,quella "asiatica") in un paese da incubo,l'Italia,popolato da gente da incubo (esperienza diretta).
RispondiEliminaRiguardo Obama,il suo 53% dei consensi e le sue "intenzioni economiche"
PREGO perchè ciò si avveri,ma se ciò dovesse sul serio avverarsi,e quello che sto per dire lo dico con l'amaro (amarissimo) in bocca,che altro potrebbe fare se non sganciarsi dai fanatici della tecnocrazia in Europa? La risposta,come suggeriscono in "democrazia radical popolare" semmai dovrebbe arrivare(anche se di speranza qui stiamo invecchiando...) da quel centro-sinistra Italiano ed Europeo che oggi si fatica a vedere e sentire e che spesso risulta anch'esso fin troppo contaminato dal neoliberismo (personaggi tipo Enrico Letta,Walter Veltroni,Pietro Ichino e purtroppo tanti altri)e si mette pure ad appoggiare governi INDECENTI come quello di Monti,ma la cosa più triste sa qual'è caro DiCoriModigliani?
Che la gente NON DISTINGUE tra pareggio di bilancio e spesa a deficit,tra eurobond e titoli nazionali,tra riduzione insensata del debito pubblico(fiscal compact) e non,tra moneta sovrana e non e molto altro...(come se non bastasse,delle volte percepiscono parole come "riduzione del debito" o "pareggio di bilancio" come una cosa buona,stendiamo un velo pietoso...),per loro tutto si riassume in :"ci stanno pensando loro,speriamo che ci vada bene!","tanto sono tutti uguali,che vuoi fare?" e baggianate simili,sono sicuro che gli oligarchi tecnocrati lo sanno e ci martellano sapendo di riuscire a fregarci,o meglio,di riuscire a fregare la stragrande maggioranza,lo trovo triste ma purtroppo è così.Jack
Il Giappone può riuscire in questa politica di spesa perché, nonostante il suo debito pubblico elevato, ha la sovranità monetaria, cioè può stampare denaro in modo autonomo. Europa e Stati Uniti no perché la BCE e la Federal Reserve, che consideriamo banche centrali, in realtà rispondono ai loro azionisti che sono banche nazionali ed investitori privati di peso. Non rispondono ai governi e lucrano sul denaro che stampano, garantendosi una rendita parassitaria.
RispondiEliminaGli amministratori della Federal spesso finiscono al governo, come segretari al Tesoro o collaboratori eccellenti,e sono collegati con Goldman Sachs, Morgan Stanley, Rockfeller, Rotschild...: a volte sono le stesse persone che passano da un consiglio d'amministrazione all'altro (come avviene anche in Italia). Ecco perché di recente la Fed ha stampato 26 trilioni di dollari che ha prestato a tassi di favore a molte banche internazionali, senza che il Governo potesse intervenire. Solo dopo che s'è saputo il Congresso ha avviato un'inchiesta condotta dal senatore Ron Paul, ma di cui ancora non si conoscono i risultati. Anche Geithner fa parte di questo giro e questo può spiegare perché Obama ha avuto bisogno di almeno tre anni per riuscire a vedere l'economia con gli occhi e l'intelligenza di Paul Krugmann,Cristina Rohmer e della MMT. Ma di questo non se ne parla affatto e Monti invece viene osannato per i i suoi primi 100 giorni come se avesse risolto i problemi italiani!
Per la Grecia e gli altri PIGS i soldi escono dalla BCE solo se si rinuncia alla propria sovranità nazionale. Arrivano i commissari europei per garantire che i pesanti sacrifici dei popoli siano trasformati in soldi destinati a ripagare i debiti delle banche. Altro che investire per la crescita e lo sviluppo! Ciò che però non ci viene detto è che Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna hanno cominciato a capire questo gioco sporco e sono quindi sempre più decisi a non sottostare al ricatto perché ormai a loro è chiaro che buona parte di questi debiti sono illegali e che quindi non è giusto che a pagare siano soprattutto i semplici cittadini. Certo, faranno fallimento, ma almeno con dignità anche perché cambiando politiche economiche potranno riprendersi.
Per l'Europa la soluzione sarebbe modificare i Trattati per avere una BCE che risponda ad un governo eletto democraticamente dai popoli, sicché si abbia la sovranità monetaria e si possa stampare quindi moneta senza dover accettare diktat illiberali.
Con una classe dirigente nuova e responsabile. La sovranità monetaria affidata a questo parlamento italiano sarebbe, ad esempio, un rimedio peggiore del male!
a tutti i lettori di -libero pensiero- e ad integrazione di quanto dice nino p. suggerisco caldamente:
RispondiEliminahttp://www.minimumfax.com/libri/speciali/99
Jack
Grazie Jack per la tua segnalazione. Se vogliamo aggiungere un altro tassello, eccolo: ci sono in circolazione 32 trilioni(!) di assicurazioni sui debiti che possono diventare una valanga che travolge tutta l'economia. E non dobbiamo vederla come un male perché si smantellerebbe un sistema criminale che altrimenti dovremmo sopportare per secoli.
Eliminanino p. dice dice cose sensate, la differenza fra i paesi dell'eurozona e il Giappone risiede proprio nella sovranità della moneta. Anche il dollaro è una moneta sovrana, nonostante le pratiche ombrose della FED, così come lo yuan e la sterlina. Tutti i paesi con moneta sovrana possono emetterla quasi senza limiti con spesa a deficit positiva, aumentando il debito pubblico (vedi scuola MMT) senza timore di default, spread e crisi di debiti sovrani. Nell'eurozona se non si attuano politiche di rigore, il debito pubblico alto ci può portare alla catastrofe come in Grecia, in quanto il debito non è garantito dalla BCE. Ergo, con questa moneta e con una BCE che non fa la banca centrale, il debito altrochè se è un problema. Se con queste regole, applicassero oggi la MMT in Grecia o in qualsiasi paese dell'Eurozona sarebbe una catastrofe!! Prima ci riprendiamo la moneta sovrana (o la lira o meglio ancora un euro degli Stati Uniti d'Europa con BCE che stampa moneta prestatrice di ultima istanza)e poi attuiamo la MMT, politiche Keynesiane, Roosveltiane attraverso piani d'investimento.
RispondiEliminaComunque sempre complimenti a Di Cori Modigliani
sai,io ero e sarei ancora un europeista,ma dato che le cose vanno così,considero un autentico sogno di salvezza uscire da questo schifo di Europa e riprendersi la sovranità monetaria,svalutare e far ripartire l'economia ma finchè c'è Monti...
EliminaWatson, premio nobel per la risoluzione della struttura a doppia elica del DNA, diceva loro (lui e Crick) non erano i più intelligenti ma ce la fecero per la loro capacità di fare gruppo, di ascoltare molte voci.
RispondiEliminaTroviamo il modo di collaborare in migliaia per la stesura di un programma elettorale. Troviamo il modo di coordinare un lavoro di questo tipo e, dopo, troviamo 6/700 persone da candidare alle elezioni. Se la sedicente sinistra non lo fa facciamolo noi.
Prendiamo le decine di libri sugli sprechi italiani, riprendiamo quel bel lavoro che fece la signora Rame nello scorsa legislatura di recupero di tutte le leggi valide scritte ma mai approvate e che fanno la muffa nelle cantine del parlamento, sulle possibili riforme a costo zero, intervistiamo economisti, sindacalisti sindaci dei comuni virtuosi e mettiamo tutto su un sito "wiki"... insomma perché no? Smettiamo di pensare a cosa la sinistra può fare per noi ed iniziamo a pensare a cosa noi possiamo fare per noi!
Qualcosa dovremmo pur fare... se non questo cosa?