di Sergio Di Cori Modigliani
Quando Luigi Lusi andrà in galera, potremmo segnare un punto a favore nostro sul pallottoliere della speranza democratica per un futuro migliore per la nostra nazione.
rispondeva candidamente che “non ho nessuna intenzione di dimettermi, perché mai dovrei? Ho già espresso la mia posizione alla magistratura: ho sbagliato, pago e quindi è tutto risolto” quindi dimostrando che la cosiddetta “antipolitica” in verità ha più di una ragione da vendere (in realtà si tratta di “antipartitismo”) perché è chiaro come il sole anche per il più disincantato che questa vicenda sta dimostrando inequivocabilmente come davanti al peculato, alla corruttela, e alla reo-confessa manifestazione di reato, la direzione di ogni singolo partito non è in grado di esercitare la propria autorevolezza sui propri eletti: non ce l’ha.
Non stanno lì per far politica, stanno lì per approfittare della politica esercitando un personale tornaconto.
Gli eletti, infatti, stanno dimostrando –fatti alla mano- che considerano una loro prerogativa appropriarsi di soldi pubblici o fare affari con la politica, il che rende intercambiabili i partiti, uniformandoli nella loro specificità, grazie al fatto che non devono giustificare la spesa con libri contabili: non sono tassabili. Il titolo del quotidiano Il Giornale di oggi (una volta tanto) è davvero emblematico “diversamente ladri”. Come a dire che ammettono di esserlo (loro) ma non accettano la ben nota argomentazione dell’opposizione di “essere diversi”. Sono uguali. Il che è dimostrato anche dal fatto che appoggiano insieme il governo, che hanno sottoscritto mozioni comuni, che fanno insieme affari in borsa, che si suddividono i posti nei consigli di amministrazione delle grosse banche, ecc.
Questa vicenda dimostra che votare per il PDL o per il PD è la stessa cosa.
Oggi, 2 febbraio 2012 lo è diventato “ufficialmente” centomila volte più di ieri e ormai né Bersani né la Bindi né nessuno potrà più alterare questa verità.
Perché è scattato un fuggi fuggi generale che definire vergognoso è un complimento, e nel PD fanno a gara per far credere che il senatore Lusi nessuno lo conosceva, nessuno lo frequentava, era un personaggio minore, ecc.
Non è vero.
E’ coinvolto fino al collo Dario Franceschini dato che Lusi ha dichiarato ai magistrati di aver versato a lui “come d’accordo la cifra di 4 milioni di euro per spese di partito”, evento che Franceschini sostiene di non ricordare.
E’ coinvolto fino al collo Francesco Rutelli perché risulta firmatario del conto in banca insieme a Lusi “per co-delega notarile”. Il che dimostra “scientificamente” che Rutelli o è disonesto e complice o è completamente deficiente. Qual è l’adulto che ha un conto corrente in banca a firma comune con un altro individuo (a meno che non sia il proprio coniuge, figlio o compagno esistenziale) e non controlla mai, neppure una volta, quali assegni siano stati emessi, per quale cifra, e chi sia il destinatario? Che cosa avrebbe fatto Rutelli se, invece che essere finiti nel conto corrente della moglie per acquistare ville faranoiche, quei soldi fossero finiti nel conto personale di Totò Riina o Bernardo Provenzano? Come avrebbe potuto difendersi?
Questo vuol dire che nei partiti non esiste alcun controllo interno.
“Non è vero” ha tuonato un alto esponente del PD quando mi ha risposto alla domanda “tant’è vero che per evitare appropriazioni indebite nel PD c’è un chiaro dispositivo da tutti rispettato per cui da 130.000 euro in su scatta un immediato controllo capillare”.
Questo è un deficiente che non sa neppure leggere le carte.
I magistrati, infatti, ci hanno riferito –rendendolo pubblico- che il senatore Luisi non ha fatto zac e si è appropriato di 13 milioni. No. Ha cominciato emettendo prima 19 assegni da 128.000 euro, dopo tre mesi altri 42 assegni da 125.000 euro e così via dicendo. I 13 milioni risultano la somma di ben 109 assegni, tutti di cifra inferiore ai 130.000 euro. In uno dei versamenti ha commesso un errore nella transazione internazionale a carico della moglie in Canadà ed è scattata automaticamente un’ispezione della Banca d’Italia. L’incartamento era pronto già ad agosto del 2011. Hanno cercato di metterci una pezza. Non ce l’hanno fatta. Tant’è vero che nel mese di settembre e di ottobre il caro senatore è diventato generosissimo con i colleghi di partito, con le sezioni, con le spese per funzionari. Gli è andata male.
E lo sapete perché è accaduto ieri?
E’ stato grazie a tutti noi.
E’ il frutto del nostro lavoro.
E’ la vittoria di quella che Rosy Bindi, abbarbicata nella salvaguardia di un fortino che cola disgusto, vergogna e ludibrio verminoso da ogni poro, osa definire “la pattuglia dell’anti-politica che crea qualunquismo e dilaga nella rete”. Saremmo tutti noi, secondo lei.
Me l’ha confermato un magistrato. Al Ministero degli Interni sanno benissimo che gli italiani si stanno svegliando e non ne possono più. E poiché il governo e i partiti hanno scelto di non abbattere i costi della politica e la gente comincia giustamente a essere inferocita, solerti e onesti funzionari dello Stato (ne esistono ancora eccome per fortuna) vanno avanti facendo ciò che possono e hanno preteso di cominciare a fare un minimo di repulisti prima che arrivino i forconi veri, non quelli siciliani.
Lo dicono anche i veri sondaggi elettorali che vengono da attendibili società svizzere, da cui si ricava che il PDL è arretrato al 19,2% e il PD è crollato al 22,3%, e via dicendo, e che tutti i partiti insieme raggiungono soltanto il 57% perché l’astensionismo ha raggiunto il dato di 43,4%. Un dato molto preoccupante. Pericolosissimo. Tradotto in cifre vuol dire che su 48 milioni di elettori, se si andasse a votare entro tre mesi, poiché i votanti sarebbero non più di 25 milioni, con questa legge elettorale basta riuscire ad avere circa 6/7/8 milioni di voti per conquistare il premio di maggioranza e avere la maggioranza con la quale governare. Il che corrisponderebbe al 13% della popolazione: praticamente una dittatura oligarchica.
Considerando l’applicazione di statistiche ragionate sulla composizione delle clientele italiane che attribuiscono il costo/valore di ogni voto intorno alla cifra di 1250 euro ciascuno, vuol dire che la Repubblica Italiana uno se la compra per meno di 10 miliardi di euro. Una cifra davvero esigua per una qualunque multinazionale, per un qualunque fondo, per uno dei tanti clienti della Goldman Sachs o per Vladimir Putin o per un cinese o per un clan della ‘ndrangheta, o per chi vi pare.
E’ un calcolo che la Destra ha fatto. E punta su quello.
Grazie al senatore Luigi Lusi, insieme allo spaesato Scajola “non so chi mi abbia acquistato la casa”, insieme al ragionier robotico Mario Monti “non so che cosa sia la massoneria” l’intero management del PD ha raggiunto il disgustoso clan di “quelli a loro insaputa”.
Scajola è proprietario di un lussuoso appartamento a sua insaputa; Monti è massone a sua insaputa; il PD spende soldi dati a sua insaputa, dato che il senatore Luisi pagava addirittura l’affitto di locali della direzione nazionale del partito. Che razza di partito è un partito che oggi dichiara (Franceschini) “non sapevo davvero che fosse lui a pagare”.
Lusi era adorato nel partito. Era pieno di amici.
E la sua dichiarazione che ha RIPETUTAMENTE detto, scritto, faxato, e-mailato, addirittura feisbuccato, contiene tra le righe la macabra cifra dell’omertà minacciosa di un clan.
“Sia chiaro che mi assumo la responsabilità per tutti, a nome di tutti. Sono responsabile di tutto, e per tutti”. Tutti, chi? Di tutto, che cosa vuol dire? Sia chiaro: a chi?
Uno splendido avvertimento della serie “ragazzi, ok, pago io, restituisco un po’ di roba e sparisco…rimango qui fino al 2013 per avere il vitalizio e poi mi ritiro nella mia villa faranoica…tranquilli non coinvolgo nessuno”.
In suo articolo su Il Fatto quotidiano, comparso oggi, il giornalista Luca Telese spiega come funziona il “sistema dei pagamenti di Lusi” che fa da pendant al “sistema Penati” al “sistema dei capi-bastone del partito”, ecc.
Ci ricorda Telese:
Adesso sembra che nessuno conoscesse Luigi Lusi. A leggere le dichiarazioni pare che nessuno avesse a che fare con lui, che l’ex tesoriere fosse l’ennesima mela bacata, un solitario, una monade impazzita, che sia sopravvissuto come un marziano tra i suoi colleghi politici, e che l’unico responsabile di tutto sia il povero Francesco Rutelli, l’uomo che aveva favorito la sua ascesa quasi un’era geologica fa. In realtà, Lusi non era affatto isolato, non stava su Marte, era stimato e riverito da tutti i leader di tutte le correnti di tutto il Partito democratico (compresa quella che viene dalla Quercia), era il padrone di casa del Pd (prima di tutto in senso catastale) era al centro di una complessa rete politico-amministrativa che merita di essere decrittata e intitolata al suo nome.
Se aveva un rapporto con Rutelli, dopo la scissione era quello di averlo “tradito” per restare in un partito più solido e sicuro (sia pure senza interrompere i contatti). Il primo paradosso del sistema Lusi, dunque, è proprio immobiliare: Lusi, come amministratore, era il padrone della sede più bella del Pd, quella di via del Nazareno, per cui il partito di Bersani pagava regolarmente l’affitto. Ed era anche il regista di un accordo retributivo incredibile per cui parte dei dipendenti dell’Api rutelliana erano e sono ancora (una dozzina) a tutti gli effetti stipendiati dalla tesoreria del Pd. Il che, tradotto in un’immagine più vivida significa questo: il partito morto (la Margherita) intascava un reddito dal partito vivo (il Pd), che a sua volta sosteneva le spese di un apparato inesistente (l’Api). In virtù di questo miracoloso gioco di scatole cinesi, si era verificato questo paradosso che per un partito politico dovrebbe corrispondere a un elettrochoc: durante le ultime amministrative, sotto lo stesso tetto, lavoravano funzionari di partiti che avevano simboli concorrenti e in competizione l’uno con l’altro. Di più: funzionari dell’Api dipendenti nella pianta organica del Pd lavoravano per conquistare voti a un partito diverso da quello che gli pagava gli stipendi. Ovviamente le persone in questione non avevano nessuna colpa: ma questo complicato e barocco gioco di specchi, molto più simile alla struttura delle società fantasma che a quelle tradizionali e sane della politica, rende l’idea di che tipo di ramificazioni avesse il sistema Lusi.
E le complesse geometrie di specchiatura non sono finite. Il primo simbolo dell’Api era tutto incentrato proprio sulle api (intese come insetti), svolazzanti in un prato. Il secondo, varato solo sulle schede elettorali delle amministrative aveva bruscamente cambiato proporzioni e loghi. Il prato era diventato un fiore, inclinato, incredibilmente simile alla Margherita.
E in mancanza dell’originale, il giochino era riuscito, se è vero che in Campania nel 2010 il partito aveva toccato il 3, 5 %. Un’operazione da manuale con un aiuto. La Margherita (cioè Lusi) proprietaria a tutti gli effetti del simbolo clonato, aveva rinunciato a tutelarsi (al contrario della fondazione di Ugo Sposetti, che ha vigilato sul “copyright ” della Quercia. Ma il fattore più grottesco, nel coro dei cascanuvolisti di ieri erano quelle dichiarazioni di incredulità sulla finanza allegra di Lusi. Come dimostrano le veementi contestazioni di Arturo Parisi, Luciano Neri (e lo stupore di Dario Franceschini sulle incredibili dichiarazioni di Lusi, che gli attribuiva un finanziamento mirabolante di 4 milioni di euro!) nessuno ha voluto esercitare nessun potere di controllo sul tesoriere e nemmeno accettare destinazioni socialmente utili dell’incredibile mole di capitali gestita da Lusi……
Se aveva un rapporto con Rutelli, dopo la scissione era quello di averlo “tradito” per restare in un partito più solido e sicuro (sia pure senza interrompere i contatti). Il primo paradosso del sistema Lusi, dunque, è proprio immobiliare: Lusi, come amministratore, era il padrone della sede più bella del Pd, quella di via del Nazareno, per cui il partito di Bersani pagava regolarmente l’affitto. Ed era anche il regista di un accordo retributivo incredibile per cui parte dei dipendenti dell’Api rutelliana erano e sono ancora (una dozzina) a tutti gli effetti stipendiati dalla tesoreria del Pd. Il che, tradotto in un’immagine più vivida significa questo: il partito morto (la Margherita) intascava un reddito dal partito vivo (il Pd), che a sua volta sosteneva le spese di un apparato inesistente (l’Api). In virtù di questo miracoloso gioco di scatole cinesi, si era verificato questo paradosso che per un partito politico dovrebbe corrispondere a un elettrochoc: durante le ultime amministrative, sotto lo stesso tetto, lavoravano funzionari di partiti che avevano simboli concorrenti e in competizione l’uno con l’altro. Di più: funzionari dell’Api dipendenti nella pianta organica del Pd lavoravano per conquistare voti a un partito diverso da quello che gli pagava gli stipendi. Ovviamente le persone in questione non avevano nessuna colpa: ma questo complicato e barocco gioco di specchi, molto più simile alla struttura delle società fantasma che a quelle tradizionali e sane della politica, rende l’idea di che tipo di ramificazioni avesse il sistema Lusi.
E le complesse geometrie di specchiatura non sono finite. Il primo simbolo dell’Api era tutto incentrato proprio sulle api (intese come insetti), svolazzanti in un prato. Il secondo, varato solo sulle schede elettorali delle amministrative aveva bruscamente cambiato proporzioni e loghi. Il prato era diventato un fiore, inclinato, incredibilmente simile alla Margherita.
E in mancanza dell’originale, il giochino era riuscito, se è vero che in Campania nel 2010 il partito aveva toccato il 3, 5 %. Un’operazione da manuale con un aiuto. La Margherita (cioè Lusi) proprietaria a tutti gli effetti del simbolo clonato, aveva rinunciato a tutelarsi (al contrario della fondazione di Ugo Sposetti, che ha vigilato sul “copyright ” della Quercia. Ma il fattore più grottesco, nel coro dei cascanuvolisti di ieri erano quelle dichiarazioni di incredulità sulla finanza allegra di Lusi. Come dimostrano le veementi contestazioni di Arturo Parisi, Luciano Neri (e lo stupore di Dario Franceschini sulle incredibili dichiarazioni di Lusi, che gli attribuiva un finanziamento mirabolante di 4 milioni di euro!) nessuno ha voluto esercitare nessun potere di controllo sul tesoriere e nemmeno accettare destinazioni socialmente utili dell’incredibile mole di capitali gestita da Lusi……
Quando Luigi Lusi andrà in galera, potremmo segnare un punto a favore nostro sul pallottoliere della speranza democratica per un futuro migliore per la nostra nazione.
Caro DiCori ieri le facevo qualche appunto su Equitalia,non comprendendo o comprendendo solo parzialmente lo spirito di parte del suo post.
RispondiEliminaOggi nonostante il mio equivoco sono soddisfatto di aver contribuito assieme a Rossland a "stimolarla" a fare quelle precisazioni in modo che i "vessati" comprendono che non ce l'ha con loro (ma era bene chiarire secondo me,io non ho mai avuto dubbi sulle sue buone intenzioni ma magari qualcun'altro...
se poi pure sobillato da qualche spregevole furbone in malafede... ) e gli altri comprendono (si spera) la pericolosa propaganda neofascista.Jack
Vorrei aggiungere un paio di domande.
RispondiEliminaPerche' uno stato che ha gia' una Guardia di Finanza avrebbe bisogno di Equitalia? Ricordo che sono militari, armati, caso, e mi scuso se mi sbaglio, unico tra i paesi che conosco,
In fondo e' una ulteriore spesa. Sostanzialmente e' un allargamento ulteriore della Amministrazione Pubblica. Che cresce continuamente
e produce la base elettorale grazie alla quale sia pure ormai ridotta
al 50% garantisce il governo dei partiti in questo paese e la prego di notare come di rifa o di raffa si continui ad assumere nel Pubblico Impiego.
Questa base e' la garante consapevole o inconsapevole della continuazione di questo sistema.
E perche' poi non dovrei odiare il mio aguzzino.
Lascio perdere ebrei e SS, ma perche' io desaparecido argentino dovrei odiare i generali e non il mio torturatore diretto che si' sconvolto andava a confessarsi e si sentiva dire dal sacerdote
che quello che faceva era necessario farlo per la Patria.
Ma mi torturava. E se era figlio di povera gente, lo stesso, torturava.
Capisco non e' un esempio che si da al caso. Eccessivo. E voglio aggiungere una cosa sporca, di cui lei giustamente parla, l'utilizzo
di questo odio. Purtroppo e' cosi e non c'e' scelta, finisce sempre
cosi' o lo usa uno o l'usa un altro.
A proposito delle bufale del post precedente, che ne dici della news secondo cui mr. Panetta avrebbe detto che entro primavera Israel attaccherà l'IRAN?
RispondiEliminaguru
fermiamo ACTA la nuova censura del web per favore è importante
RispondiEliminaSergio mi dia una mano anche lei