di Sergio Di Cori Modigliani
Gli angeli l’accoglieranno festanti.
Si stanno già organizzando per la grande festa di benvenuto. Un welcome sweetheart molto particolare, quello di solito dedicato alle anime che la società civile condanna spingendole a sentirsi maledettamente dannate su una terra non in grado di poter riconoscere, sapere, accogliere, ma soprattutto capire, i tortuosi e sotterranei percorsi di una vita difficile.
Già. Una vita difficile.
Proprio lei, che dalla vita –per un lettore superficiale- aveva avuto fin dalla nascita tutto ciò che la gente vorrebbe avere. Una famiglia a suo tempo già celebre, affermata e ricca. Una ottima salute fisica, intelligenza, una prorompente bellezza fisica, uno status riconosciuto, fama, gloria, ricchezza materiale, successo sociale riconosciuto.
Eppure, lei, adorata e mitizzata, si era inoltrata fin dai quindici anni su un percorso che la maggior parte degli sciocchi e ciechi invidiosi non oserebbero mai neppure azzardarsi a intravedere. Alla domanda di una giornalista su quale fosse la ricetta del suo canto così originale, così unico, aveva risposto “Non ne ho idea, mi viene così, so però una cosa per certo: mi lascio andare fintantoché non mi sento sprofondare negli abissi della mia anima e mi sento persa in un buio così perfido, così totale, così spaventoso, e mi sento così piccola, così indifesa, che per riuscire a riemergere e a sperare nella Luce, devo cantare. E’ un canto alla ricerca della Luce. Ecco…io canto per questo….per cercare di dar Luce al buio che mi porto dentro l’anima, a nome di tutti”.
I sociologi, gli psicologi, moralisti, si accaniscono già per fornirci le spiegazioni delle ragioni per cui una imbattibile sirena ha scelto di andarsene a 48 anni, nel pieno della sua attività, attribuendo le colpe ai suoi vizi, all’uso di alcool e di droghe di cui aveva da sempre abusato. Come si può giudicare?
L’accoglieranno i suoi compagni di percorso che negli ultimi milioni di anni hanno fatto la stesa scelta: avere una vita difficile. Per i motivi più disparati. Me lo immagino, Billie Hollyday che prepara la cena per lei, magari insieme a Ludwig van Beethoven (un suo grande tifoso) e a Maria Callas e a Luigi Tenco e a Van Gogh e a tutte le animucce dolci che, fintantoché sono state in Terra, ci hanno regalato qualcosa, un brano musicale, una poesia, una canzone, un verso, un colore, un’immagine, una frase: qualcosa che ci abbia prodotto una grande e insopprimibile e indimenticabile emozione. Ciò che la realtà di tutti i giorni ci regala sempre di meno.
Se n’è andata a modo suo.
Sbronza come un copertone e strafatta di pillole. A lei, andava bene così.
Perché giudicare?
Una vita difficile, per definizione, è sempre incomprensibile. E merita, comunque, il rispetto che deve manifestarsi nell’assenza di giudizio.
E’ stata una sua scelta.
“I love you always my love” rimarrà un momento della musica pop occidentale degli ultimi decenni che ha davvero regalato una immensa emozione, un sorriso, un augurio, una speranza, una fantasia, a milioni di persone che si sono sentite autorizzate –attraverso la sua voce- a sognare di nuovo.
A me dispiace che se ne sia andata.
Penso che a lei, no. Altrimenti non l’avrebbe cercato.
Have a nice trip, Whitney Houston.
In memoriam
Requiem aeternam dona eis Domine et lux perpetua luceat eis, requiescant in pace.
RispondiEliminaAmen.
Come si fa ad accomunare W. Houston con gli altri citati "veri" artisti come Beethoven e VAn Gogh. Era solo una cantante arricchita e viziata. Ma quale olimpo! Non era un'artista, non c'era il lei momento creativo caratteristico dell'artista. Era un'artigiana, un'intertrepe con una bella voce. Comunicava cose scritte da altri e per questo era vergognosamente ben retribuita. Le Vere Donne da ricordare sono altre. Sono tra di noi. Sono quelle che allevano figli in questo periodo difficile magari con un lavoro precario. Rispetto la morte di ognuno ma non mitizziamo una cantante viziata.
RispondiEliminaCondivido in pieno cio' che è scritto da Modigliani . giulia b.
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