mercoledì 25 gennaio 2012

Quest'uomo si chiama Ignazio Cutrò. E' un siciliano con le palle. Diffondiamo la sua esperienza e la sua protesta civile.

di Sergio Di Cori Modigliani
Siamo tutti siciliani.
Mi piace l’idea di usarlo come mantra, come input positivo e propositivo nel tentativo di smuovere le acque e vedere se è possibile dare uno scrollone all’angosciante melma di questo immondo pantano che un tempo era il bel mare verde azzurro del nostro BelPaesechefu.
Un’etnia ricca, variegata, molto complessa da comprendere.

Ho conosciuto molti siciliani nella mia vita, molto diversi tra di loro, per un caso del destino. E in un modo o nell’altro, con loro, mi sono sempre capito. Soprattutto in Usa dove ho trascorso la maggior parte della mia vita adulta lavorativa. Sono molto simili agli ebrei e agli irlandesi con i quali hanno in comune diversi aspetti antropologici. Non a caso in America dove le etnie che vanno per la maggiore sono circa una ventina e –perché così ha voluto il potere applicando l’immortale strategia del divide et impera-  sono tutte antagoniste l’una dell’altra, gli ebrei e i siciliani e gli irlandesi sono sempre (e da sempre, quantomeno dagli inizi del secolo ventesimo) andati d’accordo e sono sempre stati alleati. Il contributo che i siciliani hanno dato alla formazione della cultura del nostro paese è immenso, è cosa nata. Soltanto degli inqualificabili beceri, rimbecilliti dalla propria faziosa cecità plutocratica, come i marpioni della Lega Nord, possono considerarli con aria di superiorità.

Come tutte le etnie estreme (per l’appunto appaiati a ebrei e irlandesi) i siciliani, all’Italia hanno regalato la punta più alta, la più luminosa e quella più buia e criminale: la Grande Cultura Umana e la Mafia.

I due premi nobel per la letteratura ne sono una grande testimonianza.
Ancora oggi rappresentano la sublime sintesi di ciò che noi italiani siamo, nel Bene e nel Male, con una profondità di conoscenza del tessuto umano e degli aspetti animici della nostra etnia che nessuno in nessun’altra regione è riuscito mai a eguagliare. Luigi Pirandello con le sue maschere nude e con l’invenzione dell’inossidabile Gioco Delle Parti ha trovato e raccontato la genesi della spina dorsale del nostro trasformismo psico-antropologico gattopardesco, della nostra costante doppiezza e furberia di cui oggi ne paghiamo le conseguenze. Così come la semplicità profonda della poesia del Gran Maestro massone Salvatore Quasimodo ha còlto il Sublime del discorso aperto con la Morte e con l’Eterno.

Dimenticare la Sicilia, in un momento come quello che stiamo vivendo, vuol dire censurare la vera Italia.

Ed ora veniamo al nostro uomo, oggi, 25 gennaio 2012.

Si chiama Ignazio Cutrò.

Il suo nome è noto a parecchi siciliani e qualche anno fa è salito all’onore della cronaca per qualche giorno. Dopo poche settimane è sparito dalle notizie e nessuno ne ha mai più parlato.
Dal 16 gennaio 2012, Ignazio Cutrò ha iniziato lo sciopero della fame, per protesta nei confronti della regione siciliana.
La truppa mediatica asservita non ha dato notizia del fatto; hanno scelto tutti, inequivocabilmente, di non fare da cassa di risonanza.

Ma chi è Ignazio Cutrò e che cosa vuole da noi?

E perché mai dovremmo occuparci di lui?

Che cosa abbiamo da imparare da lui, e che cosa ci può insegnare il suo esempio?

Ignazio Cutrò è un piccolo imprenditore edile, coniugato con figli.

Una persona semplice, per bene. Diciamo una persona “normale”.
Come vuole la perfida tradizione siciliana, la mafia si accorge di lui, di questo modesto imprenditore che poco a poco tira su una piccola realtà familiare di lavoro. E comincia a taglieggiarlo, a minacciarlo, a stargli appresso, ad esigere, pretendere e ottenere il consueto pizzo: la tassa sull’esistenza.
Lui deve sopravvivere, pensare a proteggere il poco che ha e la sua famiglia.
Finchè un giorno si stufa.
Dice basta.
Va dai carabinieri e denuncia tutti per estorsione e usura, consegnando ampie prove documentate.
Ignazio Cutrò è un siciliano che ha detto “no, io non ci sto”.
La magistratura gli crede e rubrica la sua denuncia. Apre un’inchiesta, trova i colpevoli, li arresta, li manda sotto processo, li condanna.
Il primo attentato che subisce è del 10 ottobre 1999 quando gli bruciano una pala meccanica come avvertimento e lui presenta una denuncia contro ignoti. La magistratura apre un’inchiesta avvalendosi delle sue testimonianze (nome in codice “face off”) e finisce per arrestare Luigi, Maurizio, e Marcello Panepinto e altri dodici mafiosi che il 24 gennaio del 2011 vengono condannati complessivamente a 66 anni di carcere.
La famiglia Cutrò finisce sotto protezione in quanto “testimoni di giustizia”.
Passano i mesi e tutto viene dimenticato.
Ma la mafia non dimentica. La mafia non perdona. Soprattutto quella politica.
Restituito alla sua dignità di libero cittadino, Ignazio Cutrò si rende conto di essere tagliato fuori dalle commesse di lavoro (parliamo qui di piccoli appalti locali dove il committente è l’assessorato comunale, provinciale, regionale) perché le istituzioni gli hanno fatto il vuoto intorno.
E’ pericoloso, Ignazio Cutrò. Per il solo fatto di aver detto NO.
E così, si rende conto che non può più lavorare. Che è il segnale mediatico che la mafia vuole, pretende ed esige che venga dato a tutta l’Italia “chi denuncia i mafiosi non lavora più”.

Non solo.
Nell’autunno del 2011, ormai ridotto alla fame, riceve dalla società di riscossione della Regione Sicilia una cartella esattoriale di 82.500 euro applicando una procedura che non gli compete. La prefettura di Agrigento –responsabile istituzionale- conferma e dichiara ufficialmente “che si è trattato di una serie di problemi di carattere burocratico e di errori di valutazione” ma la richiesta di pagamento prosegue pena il sequestro di tutti i beni personali. “Potrà far ricorso in seguito”.

Ignazio Cutrò si indigna e protesta. Nessuno gli dà ascolto. Tantomeno la stampa.
Finchè decide di fare lo sciopero della fame a oltranza che inizia il 16 gennaio 2012.

Ecco come le agenzie di stampa locali hanno diffuso la notizia.
16 gennaio 2012 -  Ignazio Cutro’, testimone di giustizia di Bivona e imprenditore che grazie alle sue denunce ha fatto arrestare e condannare diversi mafiosi della zona del Belice, ha iniziato stamane lo sciopero della fame.
L’uomo ha anche dato vita ad un presidio di protesta di fronte al Palazzo d’Orleans, sede della presidenza della Regione siciliana, e con lui ci sono alcuni aderenti del Comitato Cutrò, del Comitato Paolo Giaccone, e i familiari del giornalista ucciso dalla mafia,Beppe Alfano.
Ignazio Cutrò ha chiesto di essere ricevuto dal governatore Raffaele Lombardo e ha annunciato che il suo digiuno andrà avanti fino a quando non riceverà garanzie relative alla risoluzione della sua drammatica vicenda.

Tale notizia non è stata pubblicata in nessun giornale nazionale né comunicata agli italiani attraverso i networks classici (Ansa, Reuters, Rai, Mediaset, Rainews24, Skynews, tutti i quotidiani cartacei, tutti i talk show nazionali che seguitano a ospitare la Santanchè, la Gelmini, il Feltri, il Sallustri, la Conchita, il D’Alema, ecc.,ecc..

Ritengo fondamentale e imprescindibile far arrivare a Ignazio Cutrò un segnale forte di solidarietà, partecipazione, da parte di tutti gli italiani.

Non è uomo che approfitta e interpreta il ruolo della vittima.
Lui è stato ed è tutt’ora una vittima della mafia, una persona normale che si è ribellata, ha detto no e ha fatto arrestare i criminali manigoldi.
Ha mostrato e dimostrato, esercitando il suo potere personale, senza nessuna conoscenza “politica”, che è possibile dire NO.
E’ possibile rialzare la schiena.
E’ possibile battere la mafia.
La mafia non la si combatte con l’esercito e soltanto con  le manette.
La si combatte e la si batte, soprattutto, aumentando il volume di coloro che esercitano il potere personale soggettivo per far comprendere a tutti che esiste la Legge, lo Stato, le Istituzioni e che la mafia è permeabile, battibile, debole, costretta a piegare la testa perché sempre e comunque e dovunque passibile di denuncia.

Diffondiamo la storia di Ignazio Cutrò.

Ma non facciamone un eroe.
Non è un eroe.
E’ soltanto un uomo con le palle, come si suol dire.
Una persona normale, che ci tiene alla propria dignità.
Sono tutti quelli che non fanno come lui, ad essere anormali.
Qui di seguito, presento un estratto di sue dichiarazioni alla magistratura che ha poi sintetizzato in un suo blog, compreso “l’appello agli imprenditori” che è il seguente:
Appello agli imprenditori
 
Invito tutti gli imprenditori che si trovino nella mia stessa situazione a credere nelle istituzioni, al fine di ottenere un’adeguata tutela dei propri diritti. Chiunque voglia può mettersi in contatto con questo sito, oppure può rivolgersi direttamente alle forze dell’ordine. Posso testimoniare personalmente che lo Stato mi è stato vicino, infondendomi coraggio e sicurezza. Denunciare è un tuo diritto, ma anche un tuo dovere di cittadino libero che vuole vivere da uomo libero. Contattaci.

L’aspetto più interessante consiste nel fatto che lui, nonostante l’esito negativo della sua vicenda dal punto di vista materiale, è orgoglioso di aver fatto ciò che ha fatto, si è schierato dalla parte dello Stato nei confronti del quale spende parole di rispetto e di ringraziamento. Non è livoroso, non è arrabbiato.
E’ soltanto dignitoso.
E in un paese come questo, non è roba da poco.
Cerchiamo, tutti noi italiani, di aggirare la censura di stato che impone il silenzio sulla vicenda di Ignazio Cutrò per farla sapere al numero più vasto di persone.
Senza farne un eroe, sottolineando sempre che lui è la prova vivente che essere “normali” è possibile, auspicabile, necessario.
Non facciamolo sentire solo, abbandonato.
Non facciamo sentire isolata la Sicilia che protesta, perché questo darà adito e linfa a compagini come Forza Nuova, Scilipoti & co. di manipolare, mestare nel torbido, incunearsi. Non è un caso che tali individui detestano Ignazio Cutrò e non vogliono assolutamente che se ne parli.
Sta anche su facebook. Ecco come si presenta sul social network:                                                        
Lavora presso la mafia non mi fa più lavorare Ha frequentato diploma geometra Città natale: Bivona Data di nascita: 2 marzo 1967

Ecco che cosa ha detto e scritto.

I problemi veri e propri iniziarono nel Maggio 2006, da quando ho ricevuto un invito in una gara d’appalto, una trattativa privata, inviatami dall’E.S.A. Rimasi aggiudicatario di quel lavoro che consisteva nella sostituzione di una condotta idrica in c.da Donna a Ribera (Ag), nello stesso periodo avevo iniziato altri due lavori, uno con il consorzio di bonifica di Agrigento e l’altro con il comune di Bivona. Per un’ imprenditore, raggiungere determinati obiettivi è importante, ero vicino a realizzare il sogno della mia  vita, quello di raggiungere un determinato volume di affari per potermi iscrivere al S.O.A., avevo le carte in regola e anche i soldi per poter fare questa iscrizione, così potevo ingrandire la mia azienda per poter partecipare a lavori di livello Nazionale, ma avevo fatto i conti senza l’oste. A Ribera i mezzi la mattina li portavo al cantiere e la sera li posteggiavo avanti alla caserma dei Carabinieri di Bivona, naturalmente con delle spesa di gasolio che incidevano sul bilancio della mia azienda. Gli orari che sostenevo erano incredibili perché alle sette di mattina di tutti i giorni i mezzi dovevano trovarsi in cantiere. Il 23 Maggio avevo le tubature pronte per poterle immettere nello scavo, e adiacenti al ciglio dello strada, verso le 14:30 mi arrivò una telefonata, nella quale mi comunicavano che i tubi mi erano stati incendiati. Mi recai sul posto e constatai di persona il fatto. Dopo di che, mi recai nella Caserma dei Carabinieri di Ribera a sporgere denuncia contro ignoti. Tutto veniva messo nuovamente in gioco, tutto quello che mi ero prefissato per la mia azienda si trovava nuovamente in bilico!!!. L’indomani mi recai presso i reparti E.S.A. di Palermo dove esponevo ai vertici di quel’ente tutto ciò che era avvenuto, con la speranza che gia il materiale fornito al cantiere venisse risarcito, ma non è stato così, perché il materiale era compreso di fornitura e posa in opera. Quindi quell’Amministrazione non poteva farsene carico di sudetta spesa e in più vi era il rischio di non completare il lavoro e si doveva risarcire per danni sia l’ente appaltatore che gli eventuali agricoltori che sarebbero stati danneggiati dal ritardo dei lavori. Con l’aiuto della mia famiglia attingevo ai soldi messi da parte per il S.O.A. ricomprai tutto il materiale e completai il lavoro nel tempo utile previsto dal capitolato. Anche i contadini non subirono quindi danni dai lavori. A testa alta e testardaggine inizia nuovamente a lavorare ero arrabbiato come un Leone ferito nel suo orgoglio, cercavo di curarmi le ferite e di non mostrare agli altri le mie sofferenze. Questo è il prezzo che deve pagare un imprenditore onesto?

  • 23/11/2006 – Incendio Castagna
Ero da solo chiuso in macchina, di notte armato di una caldarella piena di pietre e una spranga di ferro, pronto ad allontanare chi volesse incendiare i miei mezzi. Non so se era incoscienza o coraggio. Tutto questo succedeva quando avevo iniziato i lavori da Filocco, il giorno lavoravo e la sera intorno alle 18:00 tornavo a casa, mangiavo e rimanevo un po’ con la mia famiglia. Verso le 23:00 ritornavo in cantiere e lasciavo a casa mia moglie e i miei figli. La notte lì da solo, ho pensato più volte se valeva la pena far tutti questi sacrifici, ma tutto questo veniva fatto per far vivere il più dignitosamente possibile la mia famiglia. La cosa positiva, se così la vogliamo chiamare, è che la notte quando ero lì da solo parlavo con me stesso, mi facevo le domande e la cosa strana è che mi davo le risposte da solo. Ero arrivato ad un punto di vita vegetativo, ma non so da dove mi arrivava quel coraggio o incoscienza, forse per un istinto di sopravvivenza che i nostri antenati ci hanno tramandato nel nostro DNA. Arriva il mese di Novembre, lì in C/da Castagna un freddo cane davvero insopportabile, in quelle notti non potevo neanche accendere la macchina per riscaldarmi, per paura che potesse venir qualcuno per compiere qualche atto intimidatorio, ed esser scoperto di star lì prima del tempo. Il 22 mattina un acquazzone impressionante, nebbia che non aveva niente da invidiare a quella di Milano, con l’ escavatore feci uno scavo per fare uscire l’ acqua dallo sbancamento, alcuni mezzi riuscii a portarli più sotto, vicino l’abitazione di Filocco. I camion mi restarono imprigionati nel terreno e anche la pala meccanica. Quella notte restai a casa, una nottata di pioggia, l’ indomani mattina verso le 6:30, parliamo del 23 novembre 2006, mi arriva una telefonata da parte di Filocco, mi disse queste testuali parole: << Gnà chi fà stà acchianannu?>> Ed io gli dissi: << pircchì chi succidì?>> Lui mi dice: << stà iurnata avemmu novità..fera ficiru!!!>>. Queste parole resteranno incise nella mia mente finchè vivrò, da lì ho capito che era successo qualcosa. Mentre percorrevo il tragitto che intercorre da casa mia fino alla C\da Castagna, a tutt’oggi non riesco a ricordarde come arrivai là, giunto sul posto trovai i mezzi bruciati, allora chiamai i carabinieri di Bivona e dopo pochi minuti giunsero sul posto. Successivamente arrivò il comandante della Compagnia dei Carabinieri di Cammarata, il capitano Giuseppe Asti; gli uomini dell’arma hanno fatto un sopralluogo, il suolo era così bagnato che non era possibile nemmeno camminare a piedi ed impediva le operazioni.

  • 08/12/2006 – L’8 Dicembre
L’ 8 dicembre 2006 io e la mia famiglia siamo andati a fare un giro per le vie di Palermo per evadere un pò dal paese, per cercare di dimenticare quello che ci era successo il 23 novembre 2006. Ritornati a casa verso le 17:30 lasciai i miei familiari a casa e sono salito un pò in paese, verso le 19:00 mi arriva una telefonata di mia moglie, la quale mi ha chiesto di rientrare subito a casa in quanto aveva notato sulla cassetta della posta un oggetto di colore nero. Quando arrivai a casa costatai di persona che cosa era quell’oggetto, una tazza nera capovolta, così chiamai subito i carabinieri di Bivona che contattarono i carabinieri di Cammarata, di conseguenza andai a fare l’ennesima denuncia contro ignoti.

  • 13/01/2007 – C’è Chi non và in Vacanza
Finalmente nell’aria si respirava l’aria Natalizia e non vedevamo l’ora di passarla in famiglia e con gli amici per scaricare un po di tensione. Il 22/12/2006 dopo aver gettato la prima fondazione del capannone in C\da Castagna, abbiamo ripulito tutti gli attrezzi che avevamo utilizzato fino a quel momento per la realizzazione di quell’opera, così per la seconda fondazione che era identica alla prima avevamo il materiale già pronto. Dopo le feste abbiamo tardato qualche giorno a lavorare perchè in quella zona, trovandoci in montagna qualche nevicata veniva giù. Il 13/01/2007 dopo pranzo, mi recai nel mio cantiere poichè l’indomani dovevo reiniziare a lavorare, ma mi accorgevo che mancava tutto il materiale. A primo impatto pensai forse se lo sono mangiato i cinghiali, ma poi ho capito che se lo sono presi i loro parenti più stretti. Quindi mi recai a Bivona, poichè in quel momento la caserma di Santo Stefano Q. era aggregata a quella di Bivona, trovai il Mar. Ord. Carlo Russo e rifeci la mia ennesima denuncia contro ignoti.

  • 29/03/2007 – Ricordi d’ Infanzia
Giorno 29 marzo 2007 uscendo di casa notai che sopra la cassetta delle lettere qualcuno aveva poggiato un contenitore in plastica da litri 1 per il contenimento di olio per ciclomotori. Mi recai presso la caserma dei carabinieri e mi ritrovavo a dover fare un’altra denuncia contro ignoti.
Quando ero piccolo, mio nonno mi raccontava che andavano a mietere il grano partendo la mattina presto col buio e ritornavano a casa la sera nuovamente col buio, dopo aver caricato il grano su dei muli. Mi venne spontaneo porre un quesito a mio nonno, << Nonno, ma tu non dormivi mai e se ti addormentavi come tornavi a casa?>>. Mio nonno mi rispose: << Eh caro nipotino dopo che caricavamo il grano, eravamo così stanchi che ci addormentavamo sicuramente sui muli, ma loro erano così abituati a percorrere la strada di ritorno, magari fino al punto che ci portavano davanti la porta di casa>>. Dopo tanto tempo posso dire che un episodio simile accadde pure a me, parliamo di tempi più remoti; gli dicevo al mio fuoristrada andiamo a fare una denuncia e a via di percorrere con consuetudine quel percorso, mi ci accompagnava.

  • 07/05/2007 – Poi Dicono Che C’è il Caro Petrolio
Avevo completato un muro di contenimento presso la cooperativa “palazzine la Quercia”, lavoro appaltato con il comune di Bivona. Un mio amico mi venne a cercare poichè aveva bisogno di qualche ora di lavoro con il mio escavatore, non ho percepito nessuna somma di denaro data la nostra amicizia ed essendo stato sempre un ragazzo molto disponibile. Terminai il lavoro sabato 5 maggio 2007 che consisteva nella pulizia della sua proprietà con il mezzo. Giorno 7 maggio 2007 verso le ore 8:30 del mattino andai nel sito dove avevo lasciato l’escavatore, notai una bottiglia di plastica contenente del liquido infiammabile con accanto 4 fiammiferi di legno, il tutto appoggiato sul cingolo nei pressi della cabina. Questa volta non ho dovuto fare tanta strada per andare a fare la denuncia poichè l’escavatore si trovava a circa 100 metri dalla caserma dei carabinieri di Bivona. Recandomi dai Carabinieri, trovai il Luogotenente Mancarella, esponevo i fatti e denunciavo nuovamente contro ignoti.

  • 19/09/2007 – Cose Che Capitano
La mattina del 19 settembre 2007 alle ore 6:30 sono uscito di casa e sono salito sul mio fuoristrada, dirigendomi in piazza. Parcheggiando e scendendo dall’autovettura vidi cadere qualcosa per terra, mi abbassai per raccoglierla e con grande stupore vidi che era una cartuccia, quelle di solito usate per la caccia. Controllai con attenzione e rinvenivo un’altra caruccia sul sedile del lato guida dello stesso tipo. Mi ci ero seduto sopra e non me ne ero accorto perchè sul sedile ho un cuscino. In quel momento mi è cascato il mondo addosso, mi ero reso conto che ero vulnerabile e mi potevano colpire in qualsiasi momento, non sapendo chi era l’arteficie la preoccupazione maggiore era per la mia famiglia ed in più non sapevo come dire loro dell’evento. Dopo che ero ritornato dalla caserma dei Carabineri di Cammarata, nella quale mi ero recato a fare la solita denuncia, ho chiamato mio figlio ed abbiamo parlato un pò sull’accaduto per vedere qual’era il modo migliore per dirlo a mia moglie. Lascio a voi pensare la sua reazione. La cosa più difficile era dirlo a mia figlia, non è facile dire alla propria figlia: sai oggi qualcuno non ha niente da fare e forse vuole uccidere papà. Con la complicità di mia moglie l’abbiamo informata e diciamo che ha superato questa fase. Sicuramente la commessa, se così la possiamo chiamare, me l’hanno fatta davanti casa mia, da allora le mie abitudini sono cambiate radicalmente. Questa fino ad ora è stata la mia ultima denuncia, comunque fino ad oggi 23 settembre 2008 stiamo vivendo questa fase della nostra vita con tranquillità e sicurezza perchè dietro ad ogni cittadino onesto c’è lo stato pronto a prendersi carico delle proprie responsabilità ed aiutare i più deboli.
Ignazio Cutrò


Su italiani, sveglia sveglia.

C’è chi si dà da fare per ripristinare legalità, equità e dignità mentre il resto della nazione sonnecchia, tra un grattaevinci e l’altro.

Facciamoci sentire.

3 commenti:

  1. sicuramente un supporto a Cutro' ma sarebbe il caso di smettere di scrivere nomi insignificanti come mafia. io riscriverei l'articolo mettendoci "cittadini siciliani" perche' la mafia sono loro, anche se non tutti ovviamente. chiamiamo le cose per quello che sono, la parola "mafia" crea una maschera che aiuta solo chi ci sta dietro.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Infatti come disse una volta un mafioso:

      Ma quale Mafia, chiamiamola amicizia

      Ed é dagli ed agli amici che si ottengono e danno favori.
      Per quelli i diritti NON esistono.

      Elimina
  2. la parola "mafia" come le parole "casta", "stato", "oligarchi" sono tutte maschere che aiutano chi gli sta dietro, quando sentiamo quelle parole abbiamo l'impressione che si stia parlando di un essere inafferrabile, di una cosa troppo grande per noi ed invece dietro tutte quelle parole ci sono sempre e solo uomini come noi, magari con interessi divergenti.
    cominciano a chiamarle per lo meno persone, magari indicando la zona in cui vivono, in modo da farci un'idea piu' reale della vita.
    se si vuole scardinare il sistema che non va occorre farlo non col metodo che lui usa, uno dei quali e' quello di chiamare con falsi nomi dei gruppi di farabutti.
    ritorniamo bambini e vediamo le cose per quello che sono, gente buona e cattiva. gli animali, le piante, non hanno mai fatto del male a nessuno, non hanno mai creato problemi, ogni cosa che non ci piace proviene da una parte di persone come noi ma con interess divergenti.
    cominciamo a vedere le cose senza il filtro della maschera che portiamo perche' fa anche comodo dire mafia anziche' persone, le persone le puoi combattere e se non lo fai ti senti responsabile, complice. la mafia invece e' un'idea astratta che puoi gonfiare quanto vuoi fino a creare l'illusione di non poterla sconfiggere perche' troppo grande.

    cosa posso fare io da solo? questa la scappatoia e il risultato e' il non far niente.

    se invece ti accorgi che di fronte hai uno come te allora ti puoi rendere conto che gli puoi dire di no.

    RispondiElimina