di Sergio Di Cori Modigliani
Ci risiamo, come al solito.
Incapaci di assumerci la responsabilità delle nostre azioni storiche e delle (nostre) malefatte che compiamo nel nostro territorio, dato che la criminalità organizzata più efferata d’Europa è, per l’appunto, ahinoi italiana, non si può non sottolineare la genesi di un fenomeno nuovo che io vigorosamente contesto: la diffusione sempre maggiore di un odio massivo contro i tedeschi e la Germania.
Non essendo in grado, per opportunismo, corruzione, miopia, di esercitare una sana ed efficace azione (legale) contro i nostri criminali nazionali, ci si organizza contro un nemico esterno: i siciliani adesso odiano i continentali dai quali si sentono abbandonati (invece di recarsi in massa dai carabinieri per denunciare l’intero consiglio regionale, destra e sinistra) i sedicenti padani vogliono la secessione invece di interrogarsi sul perché e come hanno votato e accettato la distruzione del territorio del Veneto sotto una colata di cemento gestita dalle imprese edili delle più importanti famiglie calabresi, e mentre i livornesi se la prendono con i pisani, i tarantini con i foggiani, su “Il piccolo” di Trieste compare un articolo di denuncia sull’ingresso alla grande della camorra napoletana nel territorio del Friuli Venezia Giulia -senza mai però accennare alla condiscendenza delle amministrazioni locali- (come se i camorristi arrivassero dalla luna)….e intanto il potere gongola.
E così si cerca di inventarsi un collante nazionale ritrovando un’unità di intenti nell’odio contro la Merkel, fomentando la protesta contro i tedeschi, sempre più identificati come i veri e unici responsabili dell’attuale sconquasso europeo, e soprattutto italiano.
Per la mafia, la ‘ndrangheta e la camorra una meravigliosa goduria.
Il che non vuol dire esimersi dall’esercitare una forte azione di critica politica al comportamento di Angela Merkel, ma non per il fatto che lei è tedesca, bensì per gli interessi retrivi che l’oligarchia finanziaria che la sostiene l’ha spinta ad interpretare. Né più né meno di quanto non lo faccia Nicolas Sarkozy, non lo faccia David Cameron, non lo abbia fatto Silvio Berlusconi e non lo stia facendo il nostro prode ragionier robotico Mario Monti.
Invece di protestare contro le “imposizioni della Germania” (così le ha definite Mario Monti) sarebbe il caso di interrogarsi, invece, se da quel paese, da quell’etnia, da quel popolo che, in Europa, è l’unico a non avere problemi economici, ad avere uno stato welfare che funziona alla perfezione, e ad essere il più solido difensore dei diritti civili nel continente, non ci sia anche qualcosa da imparare.
Dopotutto, oltre ad Adolf Hitler, la Germania ci ha regalato anche (tanto per elencare alla rinfusa i primi nomi che mi vengono alla mente) Johannes Bach, Ludwig Van Beethoven, Immanuel Kant, Wolfang Goethe, Karl Marx, Friedrck Nietszche, Albert Einstein, Wim Wenders, ecc. Evidentemente esiste una certa intelligenza e visionarietà caratteriale nel loro dna socio-psichico che nei secoli li ha arricchiti. Ma essendo stati anche gli inventori geniali del romanticismo hanno, inevitabilmente, da bravi romantici, anche la tendenza ad esercitare soluzioni estreme: vivono alla perenne ricerca di un equilibrio tra il Sogno e la Morte.
I tedeschi sono, per definizione, deliranti.
A differenza di noi italiani che siamo mitòmani.
Loro vivono fino in fondo la loro visione (o allucinazione) e davanti allo spettro della rovina, dell’aberrazione e della morte, non si fermano, perché sono allo stesso tempo zucconi e coraggiosi. Ma proprio perché sono intimamente tragici, sono profondi, e quando finiscono nei guai (vedi giugno 1945) imbevuti della loro cultura antropologica, sono in grado di elaborare fino in fondo il lutto, come si addice a tutte le etnie tragiche. E da lì riemergono, resuscitano, ad un più altro grado di evoluzione, perché praticano la sepoltura, la celebrano e traggono le lezioni dalla Storia.
Il pericolo, in questo momento, consiste nel fatto che l’oligarchia finanziaria planetaria –che ben conosce questo meccanismo a menadito- stia tentando di ipnotizzarli né più né meno di quanto non abbia fatto Hitler nel 1933 seguendo lo stesso schema: far fare a loro il lavoro sporco a nome di tutti.
Hitler, infatti, non era certo da solo, altrimenti sarebbe durato cinque mesi.
Dipende quindi dall’esercizio costante di un’attenta e vigile funzione critica propositiva di tutti gli europei “aiutare” i tedeschi spingendoli verso la loro impagabile capacità di Sogno e allontanandoli dall’ubriacante prospettiva magnetica della Morte.
Tradotto in termini attuali, si intende oggi per Morte la fine dell’euro, l’abrogazione della democrazia rappresentativa, l’allontanamento dalla prospettiva spinelliana della fondazione degli Stati Uniti d’Europa, il crollo verticale dell’economia.
I tedeschi non sono nemici. Stanno sbagliando, il che è molto diverso.
Mentre invece Berlusconi era un nemico del popolo e un nemico delle istituzioni.
Così come il ragionier robotico non è un nemico del popolo, ma è uno che non si rende conto di ciò che fa perché è troppo innamorato della propria immagine e ha fatto la scelta sbagliata, optando per l’attrazione del Buio invece che farsi sedurre dalla Luce.
E’ così diventato il più nefasto complice di un’oligarchia pericolosa.
Quindi, noi dobbiamo impegnarci a far ragionare i tedeschi. Impresa non facile per dei mitòmani che sono –per definizione- terrorizzati alla sola idea che la Tragedia esista. I mitòmani amano la Farsa perché essendo dei sociopatici non capiscono la differenza tra realtà e fantasia, ne fanno un’unica pappa che poi, nello scontro con i dati del Reale diventa prima melassa, poi delle sabbie mobili che ingoiano poco a poco, e infine un pantano verminoso che non produce più né piante né risorse né imprese. Quando finiscono dentro una tragedia la vivono in maniera farsesca. Sennò non sarebbero mitòmani.
Tutto ciò per dichiarare che mi sottraggo vigorosamente alla nuova moda anti-teutonica non a caso voluta, lanciata e praticata dalla Lega Nord, da La Destra, e diffusa in maniera populista e demagogica da organizzazioni tipo Forza Nuova che, in più di una regione italiana, si stanno cementando per osmosi con organizzazioni dell’estrema sinistra, diciamo così per bisogno tattico-strategico, applicando la infantile e falsa argomentazione per cui “il nemico del mio nemico è mio amico”. Falso.
Il nemico del mio nemico non è detto che debba necessariamente essere mio amico, anzi: può portarmi fuoristrada. Questa, infatti, è una interpretazione cinica che appartiene a un’idea dell’esistenza reazionaria e oligarchica che parte dal presupposto di avere finalità e obiettivi per interesse e non per idealità. Basta un esempio per chiarire: se la Coca Cola inquina l’ambiente e io mi oppongo e vengo sostenuto da un suo nemico, la Pepsi Cola, domani può essere che io finisca per avere un ambiente gestito dalla Pepsi Cola che sarà magari molto più inquinato ma non potrò dire nulla perché la Pepsi Cola l’ho eletta io dato che era mia alleata. E così via dicendo.
Per avere anche una sola possibilità di rifiorire come popolo, come nazione, e dare il nostro contributo a rifare l’Europa noi dobbiamo cominciare a essere molto meno mitòmani e molto più tragici.
Sono i tedeschi migliori ad avere bisogno di noi, oggi.
Perché, proprio in quanto forti e ricchi (quindi non spinti all’angolo dal bisogno) sono in grado di gestire e guidare la necessaria rivolta contro il tentativo di definitiva involuzione reazionaria perpetrata dall’oligarchia planetaria rappresentata dalla Merkel.
C’è chi viaggia per altri orizzonti, invece. Come La Destra, ad esempio.
Non a caso il 4 febbraio, da tutta Italia, si sono dati appuntamento a Roma, ben sorretti da Feltri, da Belpietro e da Guliano Ferrara, per una grande manifestazione al grido di “Abbasso la Merkel…contro le banche tedesche…non siamo servi dei tedeschi” ai quali, ahimè parteciperanno anche in “appoggio strategico” addirittura delle formazioni movimentiste della sinistra allo sbando puro.
Ed anche per rispondere a diversi quesiti che ho ricevuto per lettera tra ieri e oggi da alcuni miei lettori, ben sintetizzati da un commento a un mio post sulla Giornata della Memoria… “In seconda battuta vorrei sapere da Modigliani un pò più nello specifico (se ne ha voglia) che cosa è riuscita a fare la Germania rispetto a quello che invece non ha fatto l'Italia, per creare una società migliore e per cercare di ripartire dagli orrori del Nazifascismo. Grazie. Jack”.
Ecco la mia risposta a chi si firma Jack.
Sono nato e cresciuto in una famiglia italiana di ebrei socialisti antifascisti, e quindi educato da sempre a vedere i tedeschi come il diavolo da odiare. Qualunque cosa accadesse o di qualunque episodio si parlasse nell’arco di storia dal 1930 al 1945 era sempre colpa loro. E anche l’Italia intera era riuscita a stemperare la lettura del fascismo finendo per attribuire l’intera responsabilità dello sfacelo europeo alla Germania, ritenuta prima e unica responsabile; una situazione simile a quella di oggi.
Ricordo che cosa accadde quando –ero allora molto giovane- nei primissimi anni ’70 venne pubblicato un eccezionale libro. Era il frutto di un meticoloso e ottimamente documentato lavoro durato dieci anni, condotto e firmato da uno storico professionista italiano, davvero eccellente, il prof. Renzo De Felice. Il Libro “Storia del fascismo” veniva pubblicato da Einaudi in diversi volumi che cominciarono a uscire uno ogni due mesi. Un lavoro prestigioso, davvero sublime. Fu il terzo volume a scatenare il putiferio. Si chiamava “Gli anni del consenso”. Per la prima volta, un gruppo di studiosi italiani si assumeva la responsabilità di spiegare agli italiani come e perché i nostri predecessori si fossero innamorati del fascismo, come corressero volontariamente sotto il balcone di Piazza Venezia e quanto autentico fosse l’amore che il popolo manifestava nei confronti del Duce. Il prof. De Felice spiegava come quell’epoca storica rappresentasse “la presa del potere della piccola borghesia ottusa” attribuendo al fascismo la “responsabilità storica di aver gettato le basi per impedire lo sviluppo armonico di un capitalismo propulsivo che avrebbe potuto e dovuto spingere l’Italia verso la modernità”.
Apriti cielo!
L’intera sinistra intellettuale (comunisti in testa) insorse accusando De Felice (in pratica) di essere un mascalzone perché negava il ruolo degli italiani come vittime del fascismo. Lui difese a spada tratta il senso del suo immenso lavoro sostenendo che “il punto è proprio questo: non siamo stati vittime, bensì complici consapevoli”. Non ci fu nulla da fare.
La sua tesi non passò.
Certo, il suo lavoro era talmente inattaccabile dal punto di vista professionale, perché competente e dotato di una bibliografia immensa, con tonnellate di documenti portati a supporto della sua tesi, che nessuno osò contestarlo sulla verità dei dati. Ma si comportarono all’italiana (cioè da mitòmani): accettarono i volumi in cui si raccontavano gli aspetti nefastii, censurando l’altra parte, e finendo per isolare De Felice, attaccato perché introduceva il concetto che il capitalismo potesse essere anche generatore di ricchezza.
Fu l’occasione persa dalla cultura italiana. Dopotutto erano già passati 50 anni. Ma non ci fu nulla da fare. Anche perché gran parte di coloro che avevano sostenuto il fascismo si trovavano in parlamento seduti sugli scranni del Partito Comunista Italiano. La giustificazione che molti di essi diedero allora –e che la maggior parte dei nostri padri e nonni ha tramandato a noi dicendo il falso- era che “allora o ti iscrivevi al partito o non lavoravi”. Non era così, allora. E’ così oggi, come conseguenza del seme della mala pianta gettato nel 1922. Il fascismo non praticava il proselitismo. Erano gli italiani che entusiasti volevano iscriversi al partito pensando, in tal modo, di aggirare la fatica di studiare e applicarsi per conquistarsi il premio grazie al merito del loro operare. Indossando la camicia nera si ottenevano facilitazioni: fu la fondazione del paese dei furbi.
Elemento, questo, cooptato dal doppiogiochismo togliattiano che ha spinto valanghe di intellettuali e artisti a iscriversi al PCI e lavorare per l’Arci mettendosi al servizio del proletariato (in teoria) mentre, invece, in pratica si trattava del modo furbo di far carriera. Il Pci e l’Arci lo sapevano. Ma così si garantivano il voto. E così hanno partecipato alla costruzione di una nazione di furbi, educando la popolazione della sinistra all’idea che il “Partito” era sostitutivo della “Norma Legale”: l’inizio dell’abbattimento dello stato di diritto. Ancora oggi, sostenere quest’interpretazione, equivale a essere messo alla gogna.
Nel 1951, sei anni dopo la guerra, in una celebre quanto drammatica giornata, Konrad Adenauer si presentò al Bundestag in seduta congiunta e lesse un elenco di 1.756 nomi di importanti personaggi tedeschi di allora, molti dei quali, in quel momento, erano seduti davanti a lui come parlamentari, sia a destra che a sinistra. A quell’elenco appartenevano persone che avevano “volontariamente” prestato servizio appoggiando il nazismo. Adenauer chiese, “a nome delle generazioni che verranno, di aiutare la Repubblica Federale di Germania ammettendo le loro responsabilità, aiutando la Legge a gettare le basi di uno stato di diritto democratico, a dimettersi da ogni loro incarico e a mettersi a disposizione del Ministero della Giustizia che valuterà ogni singolo caso applicando quelle che sono le norme previste dal nostro ordinamento giudiziario”. Lo fecero tutti, tranne 46 persone. 20 di queste, nei successivi sei mesi commisero suicidio perché non sopportarono il peso del disprezzo collettivo sociale che gli dimostrarono. Gli altri 26, poco a poco, vennero sempre di più isolati. Tutti gli altri subirono regolari processi. Il 72% venne condannato, molti di loro anche a dure pene detentive. Nessuno ebbe lo sconto.
La notizia venne diffusa in tutto l’occidente, ad esclusione dell’Italia. Si temeva l’emulazione.
Sul nazismo, in Germania, calò una cortina di silenzio, che non aveva niente a che spartire con il negazionismo. Affatto. Preferivano non parlarne e non dibatterne pubblicamente perché non riuscivano a sostenere il peso della vergogna collettiva. Ma lo facevano regolarmente nelle case, negli uffici, nelle scuole. Cominciarono a uscire libri (sia romanzi che saggi, a tonnellate) in cui gli autori confessavano la propria adesione al nazismo e spiegavano le ragioni, senza vittimismo e senza pretendere pietismo. L’attore Maximilan Schell portò a teatro una piece che tenne cartellone per due anni e che raccontava la storia della presa di coscienza di un ex nazista.
Nel 1960 Rolf Hockhut con il libro, divenuto poi testo teatrale, “Il vicario” raccontò la storia della complicità del regime nazista hitleriano con il vaticano e con l’Italia. Nel nostro paese venne contestato (ovviamente) e censurato. Nessuno lo mise in scena. Sbancò in tutti i teatri d’Europa.
La figlia di Thomas Mann per cinque anni di seguito condusse una trasmissione radiofonica nell’ora di punta, tra le 18 e le 20 che si chiamava “noi nazisti inconsapevoli” e ruotava tutta intorno alla necessità dell’assunzione della responsabilità in proprio.
Perché la domanda, martellante e costante era sempre una e una sola “Com’è possibile che un’etnia così intelligente e colta come la nostra non si sia accorta che si stava mettendo nelle mani di una banda di criminali?”. Semplice ed elementare.
Alla fine degli anni’60, in Germania accadde una curiosa ondata di reazioni collettive che tutt’ora è studiata nelle facoltà di sociologia. Nella stragrande maggioranza dei casi nei quali qualche giovane adolescente veniva a scoprire che il proprio padre aveva aderito al nazismo, il giovane rompeva con la sua famiglia, se ne andava e rendeva pubblica la propria posizione dichiarando di vergognarsi di provenire da una simile famiglia. Il ’68 tedesco nacque come reazione al nazismo dei propri padri. Fu un fenomeno totalmente originale e diverso, unico nel suo genere. Era normale incontrare nel 1970 un giovane ventenne tedesco che, piangendo sincere lacrime, parlava della vergogna provata nell’aver scoperto che la ricchezza dei propri genitori proveniva dall’acquisizione impropria di beni altrui facilitato dal nazismo perché la vittima era un ebreo o un omosessuale o un disabile o un perseguitato politico (l’handicap fisico per i nazisti era considerato elemento sufficiente per poter essere considerato di “razza inferiore perché geneticamente impura”).
Due episodi mi viene da raccontare. Uno vissuto personalmente.
L’altro, invece, appartiene all’esperienza di un’altra persona: Jack Grossburger, il padre di un mio amico statunitense che ho incontrato qualche anno fa. A cena, a casa sua, per caso cominciammo a parlare dei tedeschi. Lui era stato in Germania come soldato dell’esercito americano, ed era un fiero democratico.
E lui mi raccontò ciò che gli era accaduto.
Nel 1955, dieci anni dopo la fine della guerra. Allora lui lavorava come responsabile marketing dell’American Express per l’Europa e quindi doveva viaggiare molto nel nostro continente. Lo mandarono per la prima volta in Germania. Arrivò a Francoforte, allora importante centro industriale e di affari. Trascorse l’intera giornata dedicandosi a colloqui d’affari. La sera andò in albergo si fece una doccia e poi, verso le 8.30 scese giù e andò dal concierge. Gli chiese doveva poteva andare a divertirsi. Cercava un bar, un locale notturno dove incontrare delle donne, un posto dove andare a ballare.
Il concierge gli disse che non c’era nessun posto aperto.
Lui insistè.
Il concierge chiamò il direttore dell’albergo, il quale, con educazione gli spiegò che non c’era nessun posto aperto in tutta Francoforte, perché i cinema chiudevano alle ore 20, i ristoranti anche e non c’era nessun posto aperto la notte.
L’americano rimase esterrefatto. Non ci poteva credere. Si trovava in una delle città industriali più importanti, era venerdì sera e alle 20 era tutto chiuso.
“Ma come mai?” gli chiese.
“Così è da noi” rispose il direttore dell’albergo “da noi la gente lavora e basta”.
Ma l’americano insisteva per sapere le ragioni; con il direttore aveva chiacchierato al mattino raccontandogli la sua esperienza di soldato in Germania e volle sapere a tutti i costi come fosse possibile una cosa del genere.
Il direttore alla fine cedette. Lo guardò negli occhi e gli disse:
“Mi meraviglio di lei, che è stato anche soldato. Ed è americano. Ma lei si rende conto di quello che noi tedeschi abbiamo fatto all’Europa? Pensa che un popolo in grado di fare una cosa del genere abbia voglia, la sera, di andare a divertirsi?”
“Ma sono passati dieci anni” rispose Jack “quanto pensa che dovrebbe durare?”.
“Non ne ho idea. Durerà quello che deve durare. Quando ce lo potremmo permettere allora rialzeremo la testa. Per il momento è meglio lavorare e pensare al futuro”.
L’americano mi confessò che rimase sconvolto. E non ha mai dimenticato quella sua esperienza.
L’altro episodio è avvenuto molto tempo dopo. E’ accaduto a me, nei primissimi anni’70.
Ero in vacanze con amici, in giro per l’Europa, nel mese di luglio. Senza dirlo ai miei genitori, avevo deciso di andare all’isola di Rugen a vedere il concerto dei Rolling Stones, dato che ero un rockettaro incallito. Insieme a noi c’era un’amica tedesca. Ci eravamo incontrati tutti a Nizza, in sei, e da lì su una Diane Citroen (una macchina piccolissima e anche scomoda) attraversavamo l’Europa fino al Mar Baltico. Arrivammo ad Amburgo e andammo tutti ospiti a casa dei suoi genitori, una famiglia protestante. Il padre era molto simpatico, un medico chirurgo, che votava per la democrazia cristiana tedesca, la CDU. La sera a cena, noi ragazzi cominciammo a discutere per una questione di soldi. Dividevamo le spese ma c’era stata una differenza di opinioni relativa a 10 marchi che Pierre, l’amico francese, avrebbe dovuto dare alla ragazza. Lui sosteneva che doveva dare soltanto 5 marchi. Io lo difesi perché pensavo che avesse ragione. Andò avanti per un po’. Ad un certo punto, lei mi guardò (parlavamo tutti tedesco) e mi disse: “Certo però per 5 marchi, si vede che sei ebreo. Voi ebrei siete tutti uguali, siete una razza tirchia”.
Io non dissi niente, e neppure ci feci caso, abituato com’ero all’Italia dove –ancora oggi-dire a qualcuno “nun fa er rabbino” è considerata norma collettiva consuetudinaria.
I genitori si scambiarono un’occhiata. La madre fece un cenno.
Il padre si alzò, si avvicinò, accarezzò la figlia sulla testa e le chiese di alzarsi.
Lei si alzò.
Il padre le mollò due robusti schiaffoni facendola avvampare. La prese per un braccio e la portò nella sua stanza dove la costrinse a rimanere senza uscire. Ritornò al tavolo, si sedette e ci disse “Per questa sera Ulrike non è disponibile. Domattina, dopo colazione, vi chiederà scusa e potrete proseguire il vostro viaggio”. Dopodichè si rimise a mangiare parlando con la moglie di Fassbinder, un regista allora di moda. Come se niente fosse.
In Germania non esiste attualmente nessun gruppo attivo politico di derivazione neo-nazista, se non qualche pacifico punk naziskin solitario che non dà fastidio né noia a nessuno.
Sulla base dei dati forniti dal ministero degli interni della nostra repubblica, invece, risulterebbe che in Italia negli ultimi dieci mesi c’è stata una proliferazione di gruppi nazi-fascisti. Ufficiali, oggi, ne contano circa 250, tutti radicati nel territorio.
Nel 1970, il leader socialista tedesco Willy Brandt invitò Golda Meir (in pensione, fino a pochi mesi prima era primo ministro dello stato d’Israele) a partecipare a Bonn, allora capitale tedesca dell’ovest, a un meeting dell’internazionale socialista. Golda Meir ci andò. Invece che una settimana, rimase in Germania tre mesi. Quando ritornò a Tel Aviv scrisse una commovente lettera nella quale spiegava che “ho ascoltato i vostri discorsi, ho guardato la vostra televisione, ho letto i vostri giornali, ho parlato con i vostri connazionali, e ho trovato una nazione restituita ad una democrazia davvero avanzata. Ho potuto toccare con mano un senso di autentico pentimento collettivo rispetto alla stagione del nazismo che mi fa ben sperare per l’umanità e per il futuro di tutti sul pianeta. Penso che al mio governo farebbe davvero cosa gradita ricevere la prima visita ufficiale di un vostro rappresentante”.
Fino a quel momento nessun tedesco era mai stato invitato in Israele.
Erano passati 25 anni.
I tedeschi vennero accolti e trattati con rispetto.
In Italia, di anni, oggi, ne sono trascorsi 80.
Ancora dobbiamo ascoltare alla tivvù una deputata del parlamento come Alessandra Mussolini che spiega il motivo per cui suo nonno debba essere considerato un grande statista. E le statistiche ci informano che attualmente il 65% dei siti online sono tutti di chiara marca neo-fascista. Il fascismo -da cui l'immagine in bacheca- non è stato soltanto un fenomeno politico. E' stato anche e soprattutto una scelta di vita e una specifica interpretazione dell'esistenza, di cui Nicola Cosentino ne è l'epìtome.
Paese che vai, usanze che trovi.
Paese che vai, spread che trovi.
Hai capito, Jack, il mio punto di vista?
Un altro post straordinario, vibrante e davvero istruttivo (ora sono curiosa di leggere La storia del fascismo di De Felice, fin qui mai affrontato per la mole non indifferente).
RispondiEliminaUn unico neo, e spero non me ne voglia se glielo contesto.
In Germania non esiste attualmente nessun gruppo attivo politico di derivazione neo-nazista, se non qualche pacifico punk naziskin solitario che non dà fastidio né noia a nessuno
Magari qualche gruppo esiste, visto che la Germania si è appena dotata di un'agenzia che avrà il compito di registrare e monitorare le attività dei gruppi neonazisti. La notizia è qui.
Vero è che in Italia i fascisti ce li coltiviamo in Parlamento e di gruppi neonazisti ne coltiviamo un po' ovunque senza troppi mal di pancia, altro che agenzie che registrano tutti e polizia coordinata per sapere cosa fanno o, come pare faranno in Germania, impedire ogni loro manifestazione pubblica.
Già questo non fare niente, è sintomatico degli scheletri nell'armadio bipartisan.
Non ne avessero, forse un qualche dubbio sulla legittimità di certe affermazioni razziste e xenofobe di alcuni parlamentari italiani ( e di alcuni politici locali), a qualcuno verrebbe...
è vero, ma lì intervengono subito. Nel 2010 hanno messo le mani su diversi gruppi neo-nazisti, ne hanno chiuso le sedi, hanno confiscato i beni e hanno garantito ai membri un sussidio di disoccupazione e l'obbligo di assistenza socio-sanitaria da parte di psicologi.
EliminaLa ringrazio per la sua risposta molto istruttiva e chiarificatrice (credo non soltanto per me) che ci aiuta a capire ancora di più quanto siamo maltrattati dalla (dis)informazione dei nostri cosiddetti giornalisti(anche qui ci sono delle eccezioni ma sempre troppo poche).
RispondiEliminaPer il resto volevo solo aggiungere delle precisazioni,molte delle quali tra l'altro coincidono con quanto detto da Rossland:
1)Ho avuto anch'io notizia della presenza di gruppi neonazisti in Germania e in tv ho addirittura visto sfilare qualche individuo con i baffetti alla Hitler
2)Anche a me è venuta voglia di leggere l'opera di De Felice soprattutto nelle sue parti censurate
3)Il suo post di ieri era molto prezioso perchè affrontava il
tema sotto un punto di vista diverso dalla solita storiella somministrata dai mass media a noi italiani,in particolare era bello perchè poneva gli Italiani,soprattutto quelli che occupano posizioni di grande rilievo nella politica,nell'editoria e nella società in generale,di fronte a pesanti responsabilità che hanno ma che fingono di non avere
4)Le aggiunte che lei ha fatto oggi in parte in risposta ad un mio commento di ieri,rendono i suoi due articoli ancora più preziosi e,come sosteneva ieri Ecodellarete.net,andrebbero anch'esse ASSOLUTAMENTE diffuse nelle scuole alla pari o forse ancor più dei precedenti articoli
5)Spero che non abbia rilevato ieri nella mia domanda un qualche tono polemico o scioccamente nazionalista perchè assolutamente non era nelle mie intenzioni
6)Ci tengo a farle sapere che se voleva soddisfare le mie curiosità (e spero quelle di tanti che come me,non sono nè degli storici nè hanno abbastanza anni sulle spalle per aver vissuto esperienze come le sue) sulle differenze dell'assunzione di responsabilità tra Italiani e Tedeschi per i crimini commessi,c'è riuscito in pieno.Credo che molte persone leggendo questi due post siano venute a conoscenza di molte cose che prima non sapevano e abbiano provato come me la sensazione di arricchimento culturale e per questo la ringrazio ancora.Jack
Jack, faccio mia ogni tua parola, in particolare le ultime: la sensazione, leggendo questi ultimi due post (ma anche altri, su altri temi affini), è di trovare risposte a dubbi insistenti sulla trasmissione del potere politico in Italia.
EliminaDubbi che si allargano fino alla continuità e contiguità di potere politico, potere economico e potere mafioso.
Una triade, quella fra questi tre ricorrenti legami, che solo la conoscenza di alcuni dettagli e il corretto inquadramento di alcuni fatti, consentirebbe forse di capire.
Continuità e contiguità che avrebbe potuto forse essere svelata nel breve periodo di Tangentopoli e forse, a saper guardare, è ancora tutta lì, davanti ai nostri occhi, quotidianamente confusi dalla mole di fuffa spacciata per informazione dalla quale siamo sommersi e quindi distratti.
Il conoscere la realtà dei fatti, i dettagli di ogni fatto, non è solo un arricchimento culturale sulla nostra storia: è l'unica strada per arrivare a una possibile consapevolezza capace di innescare un vero cambiamento.
Onore e merito, quindi, per il coraggio e la passione con cui il nostro ospite ci offre post come questi.
io credo che finche' l'uomo trova godimento nell'usare le varie etichette (tedeschi, italiani, ebrei, destra, sinistra, ecc) ne avra' ancora da camminare per un bel po'.
RispondiEliminaaltro giro per tutti.....
L'articolo e' lungo e affronta molti temi.
RispondiEliminaSbarazziamoci della Padania. E' solo un mito inventato.
Basta pensare a un ipotetico futuro referendum. Se si andasse al voto
la Valtellina se ne andrebbe con la Svizzera, cosi Varese e Como.
Milano resterebbe una enclave italiana, Bergamo e Brescia comincerebbero a guardare al Nord Est. Il sogno trentino, friulano ed anche veneto e' quello della vecchia amministrazione austriaca, la nostalgia della Mitel-Europa e' una costante in quelle regioni. E qui arriva la mia prima nota.
Un popolo che non si sa amministrare da solo non merita la liberta'.
Sarebbe si accolto ma non si liberebbe di quella cosa che io, non trovo
altra parola, si chiama disprezzo.
Su mafia e camorra & company e' inutile girarci attorno. Le sue infiltrazioni nello stato sono ancora una volta frutto di cattiva amministrazione. La mafia snellisce le procedure, le salta. Basta pensare alla riscossione dei crediti.
Sulla Germania e' presto detto, basta ragionare per assurdo.
Se lei uscisse dall'Europa e se anche la Gran Bretagna, la Francia, noi
e tutti gli altri rimanessimo che valore avrebbe l'Euro, sia pure che avesse un valore?
Se ha una colpa, condivisa comunque, e' di avere creato una moneta senza una Pubblica Amministrazione alle spalle. Hanno fatto votare
Costituzioni, referendum che erano solo cose ipotetiche e sono state
rifiutate. Sarebbe bastato la creazione di piccole zone europee dove
l'esperimento del nuovo stato europeo potesse essere seguito da tutti e piano piano, compreso, migliorato ed infine accettato da tutti. Io credo che noi, socialmente non siamo altro che il nostro
buon o cattivo Stato, non solo, se non abbiamo un grado comparativo,
pensiamo, immaginiamo che gli altri vivano come noi la relazione di
Stato e cittadino. Per quello quando leggo articoli di giornalisti stranieri sull'Italia capisco che questi signori partono da un punto che non esiste da noi. E lo stesso vale per noi.
Il Fascismo. Da bambino chiedevo a mio padre:
"Come mai che in Romagna dove tutti erano fascisti oggi sono comunisti?"
Domanda stupida di un bambino, voi che siete adulti saprete la risposta.
La mia ritorna sulla mia ossessione.
In uno stato medioevale come il nostro il governo di un unico principe funziona meglio di quello di tanti principi, spiegato Mussolini, spiegato Berlusconi. E se qualcuno mi risponde che mentalita', razza, bla' bla' bla' lo invito ad andare in un isola di terroni, isolani ed isolati come Malta dove una amministrazione britannica ha fatto ben altre cose di quella piemontese.
Il resto e' letteratura.
La figlia di Thomas Mann per cinque anni di seguito condusse una trasmissione radiofonica nell’ora di punta, tra le 18 e le 20 che si chiamava “noi nazisti inconsapevoli” e ruotava tutta intorno alla necessità dell’assunzione della responsabilità in proprio.
RispondiEliminaAssunzione di responsabilità in proprio nel paese dove i farabutti sono 'pecorelle smarrite', 'fratelli che sbagliano'?
Andiamo Modigliani, siamo realisti.
Per quel che mi riguarda auguro, spero che la Germania si rivolga ad est e lasci morire questi paesi latini/levantini dove la doppia morale regna sovrana e con essi quella Grande Bagascia che é alla origine dei loro mali.
Sallusti, intanto, si porta avanti col lavoro in un lungo delirio contro lo Spiegel. QUI e QUI
RispondiElimina@anonimo 12.30 La padania non e' un pretesto per farsi amministrare da altri, e' un pretesto
RispondiEliminaPer non farsi amministrare da Roma , una bella tavoletta raccontata dalla lega che ancora funziona.
Non sono leghista ,ma se facessero il referendum voterei propadania ....scuotiamo un po' gli animi,
Ci diranno che siamo veneti polentoni e razzisti , ci diranno che non abbiamo una coscienza nazionale, ci diranno tante altre cose...ma io ho due figli e al momento non vedo un futuro roseo per loro, non ho voglia di andare a Roma a prendere randellate e ho voglia di cambiare ... Non Sara' la strada giusta ma se uno non parte non va cmq da nessuna parte.
Oh bella!
EliminaMi consola intuire che si è capito il senso del post e del Giorno della Memoria.
Cioè che non lo si è capito affatto.
Che anzi, esattamente come scriveva Di Cori al precedente post, a rappresentanza dell'opportunismo sempre vivo del fascista che abita in ognuno di noi, si affacci anche fra queste sponde il non leghista che però voterebbe una secessione ma "per i figli".
Immagino che dei veneti anti-fascisti e anti-leghisti e anti-secessione, a lei non importi nulla.
Bastano un paio di figli da parare avanti per giustificare - come allora il fascistello italico - l'adesione a un'idea, a una tessera sottoscritta contro voglia ma per convenienza, a un voto non convinto ma basato su interessi di bottega.
La pulizia etnica nell'ex yougoslavia le dice niente?
Lo sa che le peggiori violenze furono fra vicini di casa che fino al giorno prima si scambiavano zucchero e sale sul pianerottolo?
Che idea di società coltiva, per i suoi figli, rifugiandosi in adesioni a idee delle quali lei stesso si dice poco convinto?
Almeno l'onestà degli intenti, a quei figli, gliela dovrebbe.
Siamo in Europa. Se l'Italia le sta stretta, vi sono altri paesi nei quali tentare una vita più consona alle sue aspettative.
O rivendica un diritto all'italianità che si prefigge, in caso di referendum, di ripudiare?
Un po' di coerenza e di serietà, quando si fanno affermazioni come la sua, non guasterebbero.
Non mi verrebbe mai in mente di dirle che è un polentone veneto, mica uso un linguaggio da leghista. Mi viene da suggerirle, però, di educare i suoi figli alla conquista di una competenza tecnica e di un merito sufficienti e necessari per combattere poi per conto loro -con l'amorevole ausilio psico-affettivo dei genitori- la battaglia per garantirsi le loro ambizioni. La criminalità organizzata prospera sul fatto che dinanzi all'espressione "tengo famiglia" gli italiani giustificano qualunque nefandezza. Pensi a garantirsi del fatto che i suoi figli crescono sani, onesti e si comportano da persone per bene. Una volta adulti, spetterà a loro darsi da fare per se stessi. I figli, in questo paese, il più delle volte vengono usati come scudo giustificativo per propri atti illegali da parte dei genitori, e per giustificare la necessità di inoltrarsi in scorciatoie, il più delle volte buie. Così l'Italia rimarrà sempre l'Italietta voluta dal duce.
EliminaMa c'è qualcuno che crede davvero che la cosiddetta Padania sia qualcosa di diverso da una cazzata messa in giro da Bossi e company per rubare un pò di voti a qualche fesso e per ingrassare un pò in compagnia di Roma ladrona?
RispondiEliminaBeh,se c'è allora è ora che si svegli!Basta dormire!
Vi ricordo che neanche un mese fa i grandi moralizzatori leghisti hanno salvato Nick o'mericano Cosentino ed è solo l'ultima di un milione di nefandezze...
Appena insediato il governo Monti tutti subito ad insultarlo (non che io ami Monti,anzi!Ci sta portando alla rovina come Papademos in Grecia) e a fare la parte di quelli che hanno chiuso con Berlusconi,neanche un mese dopo già si parla di rilanciare l'alleanza con Silvio da Arcore quindi cari i miei fan di Bossi e Maroni,per cortesia cercate di aprire gli occhi e di smetterla di confidare nei cialtroni in camicia verde,a meno che non avete deciso di farvi prendere per il culo per il resto della vostra vita.
Fred
la Padania è un pretesto per poter ricattare tutte le forze politiche e istituzionali e farsi pagare per evitare la guerra civile contribuendo alla diffusione della criminalità qui intesa come status operandi mentale e pratico, tutto qui. Non è niente più di questo. Abbiamo la mafia la 'ndrangheta la camorra e la padania.
RispondiEliminaSi potrebbe avere una trascrizione dell'intervento di Konrad Adenauer nel 1951 al Bundestag? Oppure un riferimento bibliografico?
RispondiEliminaGrazie
Sono per metà austro-bavarese, per parte di madre e provengo da una famiglia radicalsocialista (con una frangia comunista pre-1945 passata per Ventotene) dal lato paterno, e sottoscrivo quanto hai detto rispondendo a Jack. Quello antitedesco è una sorta di razzismo dei cialtroni (Ferrara, Sallusti e gli altri della banda), e tutto il Paese, complice anche la lettura che della resistenza ha fatto il PCI (lo stesso che con Togliatti non portò a termine l'epurazione: Napolitano in primis si è prontamente convertito da guffista al Gran Partito), incapace di memoria. Anche gli austriaci, per la maggior parte, fanno la stessa operazione di rimozione, facendosi passare per vittime, dimenticandosi non solo che Hitler era uno di loro così come i più fetenti tra i nazisti e gli aguzzini di ebrei, zingari, slavi e oppositori, ma che in occasione dell'Anschluß votarono a favore plebiscitariamente, mentre Hiltler non arrivò neanche lontanamente al 40% nelle elezioni che lo portarono al potere. Avanti così, da miserabili, ad attaccare, allo scopo di isolarlo, il Paese europeo che attualmente è di gran lunga il più sinceramente democratico, più decente, quello in cui meno si sente il problema dell'immigrazione. E quello che in cui, nonostante tutti i suo i difetti e gli interessi retrivi che la Merkel e il suo governo rappresenta, rimane l'unica speranza dell'Europa come la intendeva Spinelli.
RispondiEliminaCaro Sergio, finalmente una ricostruzione credibile degli eventi che hanno tragicamente segnato il passato recente della nostra nazione e dell’intera europa da cui si evince che alla base della persecuzione degli ebrei non c’era la retorica della razza, ma la mira di impossessarsi delle loro ricchezze.
RispondiEliminaOra le chiedo come sia possibile che, nonostante una storia di persecuzioni che si perde nei secoli, a tutt’oggi troviamo rappresentanti di questa comunità a capo dell’elite economico-finanziaria e culturale dell’occidente.
La prego inoltre di dissipare i dubbi miei e di molti altri circa la questione ebraica: si tratta di un’appartenenza etnica, culturale, o religiosa?
Mi scuso per l’estrema sintesi, ma le assicuro che i miei interrogativi sono sgombri da ogni preconcetto e solo il tentativo di capire il mondo in cui viviamo.
guru
Si tratta di un'appartenenza etnica. Certamente non per i religiosi che sostengono il contrario. In USA due mesi fa hanno fatto un sondaggio sulla comunità ebraica in America che è la più grande fuori da Israele. la domanda era: "Come ebreo lei si sente appartenente a una cultura, una etnia o una religione?".
EliminaLe risposte sono state: 61% cultura
24% etnia
15% religione
La maggior parte degli ebrei sono laici, per lo più atei. Ma hanno un'intensa spiritualità.
Come ha scritto Thomas Mann "E' il più grande mistero culturale delle etnie europee: un'etnìa con un profondo senso spirituale e mistico come nessun'altra; eppure, sono in maggioranza atei"
Carissimo Cori di Modigliani leggo quasi tutti i giorni i tuoi post, ma questo è il mio primo commento in quanto mi considero molto ferrato in materia di nazi-fascismo. Certo chiarisco subito che sono ammagliato dalla tua cultura generale, che vista la mia giovane età non posso assolutamente eguagliare. Ma posso suggerirti una risposta ad una domanda che poni: "Perché la domanda, martellante e costante era sempre una e una sola “Com’è possibile che un’etnia così intelligente e colta come la nostra non si sia accorta che si stava mettendo nelle mani di una banda di criminali?”. Semplice ed elementare."
RispondiEliminaOra io non voglio fare sempre le solite dietrologie o essere tacciato "complottista", ma la nascita del fascismo e del nazismo è da ricercare innanzitutto nel trattato di Versailles del '19, quando furono fatti immancabili (o voluti?) errori nelle trattative post-belliche. La Germania veniva fortemente penalizzata e per la prima volta nella storia le spese militari dei vincitori furono accollate agli sconfitti, costringendo la Germania in una depressione smisurata, con un inflazione alle stelle. Bene terminata questa crisi verso la fine degli anni venti, dopo la famigerata repubblica di Weimar, i tedeschi goderono di qualche anno di sollievo. Mi sembra proprio nel '29 Hitler si candidò e prese pochissimi ma veramente pochissimi voti. Ma poi vi fu il '29 di wall street e anche l'Europa subì il colpo. Quindi probabilmente i Tedeschi ebbero paura e sentirono di nuovo sulla loro pelle il ritorno di una crisi appena scongiurata, ed è questo il motivo dell' ascesa di Hitler. Anche perché, è qui viene il bello, i partiti fascista e nazista avevano un forte ideale anti capitalista, forse più che anticomunista, ed è questo il perché presero piede tra il popolo, lamentando che ricchi banchieri Ebrei fomentavano le crisi economiche per poter soggiogare il popoli e acquisire sempre più potere. Verità o fantasia? non voglio io pronunciare l'ardua sentenza, ma una mia idea ce l'ho. Poi però con la notte dei lunghi coltelli il caro adolfo eliminò il vero cuore del nazionalsocialismo trasformando tutta la baracca in una macchina da guerra. E qui arriva la parte buffa di questa storia: Poiché fu proprio la Exxon Mobile della Standard Oil di Mr. Rockefeller, un ricco banchiere ebreo americano, a fornire il petrolio alla macchina bellica tedesca. Insomma buffo no? Gli unici movimenti politici che si sono veramente opposti ad una fantomatica cospirazione di stampo giudaico, furono finanziati proprio da essi?
Per il fascismo italiano il motivo scatenante fu certa la famosa vittoria mutilata, ma le radici dei motivi e dei perché sono molto più profondi e sono d'accordo con te, che noi italiani voglia sempre fare i furbi, e poi finiamo per prenderla in quel posto.
Tornando ad oggi, credo che la germania sia stata scelta ancora per avere un ruolo centrale negli avvenimenti di cui fra poco saremo spettatori, poiché come ci spieghi tu è facile ingannare il popolo tedesco, perché vive di estremi, o nero o bianco, fanno molta fatica trovare un equilibrio, e la storia ne è la prova.
Govinda. è il mio vero nome. Saluti.
Ma perché se uno nomina la padania deve essere leghista? Ma perché se uno pone davanti un problema i propri figli viene tacciato di usarli come scudo per le proprie nefandezze?( quali poi ?)
RispondiEliminaE' ovvio che ogni buon padre Cerca di dare la miglior educazione ai propri figli , ma cerca anche di lasciare il meglio. Mi permetto solo di fare tre osservazioni :
La prima, ho notato che solo nominando questa parola " padania" , i commenti perdono ogni pacatezza, il che non e' bene ...il pensiero non e' più libero na accecato.
La seconda in una frase del commento del sign. Sergio " Una volta adulti, spetterà a loro darsi da fare per se stessi" , e' vero così dovrebbe essere ma visto come si sono dati da fare i nostri padri , nonni e bisnonni per regalarci quest' Italia sommersa dai debiti e da quant altro se pensiamo un po' anche al loro futuro non vuol dire farsi scudo per chissà quali nefandezze... .
Terza : non e' ancora detto che tra un anno sia ancora in veneto , in Carinzia
Si ha la possibilta' di portare le propria attività , in tre mesi individuano il sito giusto per la propria produzione e forniscono assistenza per i documenti e le certificazioni del caso. La tassazione e' certa. Un imprenditore non e' sinonimo di evasore. E sembrerebbe che li le tasse le paghino tutti , e la stampa sia un po' più libera che non qui.
Ma semplicemente perche' la Padania non esiste. Esistono i mille comuni del nord che in caso di separazione finirebbero per andare ognuno per proprio conto, magari in Cacania (vecchio nome del Impero Austriaco non della sostanza)
EliminaIn molti bar americani ci sono cartelli rivolti ai giovani tipo questo
"Tuo padre ti rompe, affittati una casa, trovati un lavoro, paga i tuoi conti, vivi la tua vita."
Come lei sa questo e' impossibile da proporre in Italia. E 50 spicchi
d'arancia non fanno piu' una arancia ma la sostanza rimane la stessa.
Mi dia pure la Padania, ma non gente che sta a spulciare leggi invece
di mandare tutti i codici a una biblioteca in maniera che i futuri storici abbiano materiale di cui ridere.
Mi dia gente che invece di chiamare fannulloni gli impiegati pubblici
li chiami disoccupati di lusso utili alla conservazione di clientele.
(Ha notato come continua a ingrossare la P.A.?)
Lei, intelligentemente, trova la scorciatoia Carinzia piu' pratica.
Ne sono convinto anch'io.
glie lo dico pacatamente: "la Padania è un delirio psicotico".
EliminaProvi a vedere che cosa succede se domani si svegliano ad Arles e gridano "Provenza libera da Parigi" oppure a Munich e urlano "Bavaria vuole la secessione da Berlino".
Pensa che accadrebbe un marasma politico? Nient'affatto.
Arriva la neurodeliri e se li porta via tutti con la camicia di forza.
That's it!
Ci riprovo.
RispondiElimina"Si potrebbe avere una trascrizione dell'intervento di Konrad Adenauer nel 1951 al Bundestag? Oppure un riferimento bibliografico?"
Nessuno che possa aiutarmi?
Grazie
Trovi accenni al discorso del 1951 qui.
Elimina(...)Ha fatto un discorso storico al Bundestag nel settembre 1951 in quale ha riconosciuto l'obbligo del governo tedesco di compensare L'Israele, come il rappresentante del Ebreo la gente, per il Holocaust. Ciò ha iniziato un processo che ha condotto al Bundestag che approva un patto fra l'Israele e la Germania in 1953 descrizioni reparations La Germania pagherebbe nell'Israele.(...)
Grazie, gentilissima.
EliminaMi interesserebbe, però, leggere quei 1756 nomi e le frasi che li hanno accompagnati.
Ed anche la loro scomparsa dalle scene.
le rispondo per gentilezza, e anche perchè non vorrei dare l'impressione di eludere una sua richiesta, solo per precisare: questa non è una biblioteca pubblica
RispondiEliminaEd io le rispondo con franchezza:
Eliminaquesta non la prima volta che Lei si sottrae alla richiesta di un riscontro.
Tanti nomi non passano inosservati.
Bello chiacchierare, eh?
guardi le avevo risposto già mesi fa a suoi commenti di identico tono....A) questa non è una biblioteca....B) gli anonimi non hanno diritto a nessun tipo di riscontro.....se non quello di scambiarsi commenti di qualsivoglia genere
Eliminaè stata una sua scelta
No, aveva risposto senza rispondere ad una richiesta simile. Proprio come ora.
RispondiEliminaQuesta è la prima volta che la vedo sgarbato.
La informo, inoltre, del fatto che con i commenti in un blog o altrove, in genere, ci si rivolge a TUTTI e non solo al "boss".
Se non le dispiace, quindi,
reitero - invocando cortesia - agli altri la mia richiesta.
Pace e bene a Lei, invece.