domenica 31 luglio 2011

la Gran Bretagna mette al bando la pubblicità di due trucchi femminili prodotti da l'Oreal: è una truffa

di Sergio Di Cori Modigliani

Sono un fan di Julia Roberts. E’ una bravissima attrice, dotata di un incantevole sorriso.
I personaggi che di solito lei interpreta sono sempre convincenti e solari.
Ma il tempo è malandrino. Lo è con tutti noi, quindi, anche con lei. Prima di essere una diva immortale, è una persona in carne e ossa. Una umana, tanto per intenderci.
L’immagine che vedete qui in bacheca propone due version del volto di Julia Roberts: quella a destra che mostra il suo bel viso “al naturale” (anagraficamente ha 47 anni) nell’immagine a sinistra, invece, l’immagine di Julia Roberts viene proposta come il risultato dell’uso di un certo prodotto chimico. Non ci sarebbe niente di male, in tutto ciò: se fosse vero.
E invece si tratta di un falso. Perchè l’immagine non è originale, bensì è stata ritoccata da un abile graphic designer. Il tutto è accaduto in quel di Inghilterra, a Londra, per la precisione.
E ha fatto esplodere, quindi, una polemica.
Uno scandalo?.
Molto di più: una vera tragedia marketing.
Veniamo ai fatti :
Con una repentina azione, nobile e allo stesso tempo coraggiosa, la UKASA (United Kingdom Advertising Standards Agency) l’associazione governativa britannica che si occupa di stabilire il rispetto dei parametri legali di ogni messaggio pubblicitario nei territori del commonwealth britannico (Gran Bretagna, Canada, isole dei Caraibi, Australia e Isole Falkland), ha bandito le pubblicità relative a “due specifici prodotti di trucco femminile”: “The Maybelline Eraser” (il cancellino) e “The Lancome Teint Miracle” (tintura miracolosa) entrambi prodotti e distribuiti dalla multinazionale del makeup L’Oreal.
Tutto è nato grazie alla indomita tenacia di Mary Jo Swinson, una simpatica cocciuta scozzese, co-fondatrice insieme a Marianne Mac Kindless dell’associazione, con sede a Glasgow, in Scozia, “Campaign for Body Confidence” (Campagna per la promozione della confidenza nel proprio corpo) una organizzazione che gestisce e promuove seminari, conferenze, video, libri, documentari al fine di promuovere nel pubblico femminile un aumento di confidenza e accettazione del proprio corpo per come il proprio corpo è, qualunque sia la sua conformazione.
In sei anni sono arrivati a 5 milioni di iscritti e nel consiglio direttivo si trovano fior di psichiatri, psicologi comportamentali, neurofisiologi, oltre che scrittori, giornalisti, ecc.,ecc. . La Swinson ha presentato una “formale e ufficiale” protesta contro la potentissima multinazionale “L’Oreal” con un incartamento lungo 163 pagine in cui spiegava che “il potenziale fruitore di tale prodotto –cioè la donna- è oggetto di una truffa: si vuol far credere che il volto di Julia Roberts è così fresco e liscio perché l’attrice ha usato questi prodotti, mentre in realtà le immagini sono state ritoccate al computer e quindi si tratta non di una persona umana bensì di una immagine robotica. Alle inglesi viene presentato un robot facendo loro credere che si tratti duna persona umana. E' esistenzialmente indegno e un insulto all'intelligenza della donna britannica”.
Apriti cielo.

Le parti sono state convocate subito. I legali di l’Oreal hanno sostenuto che “l’immagine di Julia Roberts è semplicemente evocativa, ogni donna lo capisce da sè. L’azienda l’Oreal non vuole in nessun modo far credere che usando questo prodotto si possa ringiovanire”.
Pessima difesa.
Tant’è vero che ha perso.
Di conseguenza le due pubblicità sono state cancellate e bandite in tutto il territorio dei possedimenti britannici e l’onda sta arrivando anche in Usa. Julia Roberts ha subito denunciato l’Oreal ma sei ore dopo è stata costretta a ritirare la denuncia –e si è beccata una controdenuncia- perché sei mesi fa aveva sottoscritto regolare contratto in cui alla postilla 46 autorizzava l’Oreal a operare “qualsivoglia ritocco alle immagini delle fotografie che si renda necessario ai fini della stampa”.

In Italia i due prodotti vengono regolarmente pubblicizzati.
In Italia i prodotti vengono regoalrmente venduti.
In Italia non è stata neppure data notizia della battaglia londinese.
In Italia non è stata data notizia dell’esito di tale battaglia.

Buona domenica a tutti, a chi ha le rughe e se le tiene e a chi non le ha ancora

sabato 30 luglio 2011

Altro che crisi: la compravendita di armi nel mondo va a gonfie vele. L'Italia è tra i più importanti paesi produttori e venditori di armi nel mondo.

di Sergio Di Cori Modigliani



Questo post è noioso.

Parla solo di cifre, date, dati, percentuali.
Presentate in maniera secca e diretta.

Parla di armi. Di commercio legale di armi.

Tutte le informazioni qui presenti provengono dal “SIPRI Arms Transfers Database” il più grande archivio europeo “ufficiale” realtivo alla compravendita di armi nel mondo.
(Sipri sta per "Stockholm International Peace Research Institute", con sede nella capitale svedese). Si ringrazia Paul Halton, Lucie Braud Sudreaux, Mark Brawley, Pieter Wezeman, Siemon Wiezeman per aver gentilmente messo a disposizione i dati ufficiali in modo tale da avere la possibilità di informare il lettore italiano

Iniziamo.

Dal 2000 al 2010 la vendita mondiale di armi da guerra di distruzione ha avuto il più “grande aumento in percentuale nella storia della civiltà umana con un incremento del 72%”. Nel solo 2010 il fatturato complessivo di vendita delle armi ha raggiunto la cifra di 1.727 miliardi di euro.
Per quanto riguarda l’Unione Europea nel 2010 si è realizzata una spesa di 47,2 miliardi con un incremento del 32% rispetto al 2008.

L’Italia è passata dal 6° posto del 2000 al 2° posto del 2010.

Ecco le cifre ufficiali dei paesi più importanti esportatori e venditori di armi:
1)     Francia……………..12,7 miliardi
2)     Italia………………. .  7,4 miliardi
3)     Germania……….….. 5,2 miliardi
4)     Gran Bretagna…...….3,5 miliardi
5)     Spagna…………..…..3,2 miliardi
6)     Austria………….…….2,2 miliardi

La Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea ci informa che il 53% di tali armi viene venduto in Medio Oriente e il restante 47% al cosiddetto sud del mondo.

Per quanto riguarda la vendita di armi da fuoco leggere e non militari (intendendo qui pistole, rivoltelle, carabine, fucili di precisione) su fonte rilasciata da “Osservatorio delle armi di Ires Toscana” il dato statistico ufficiale situa la Repubblica Italiana al primo posto in Europa nella vendita di tali armi per un ammontare di 350 milioni di euro solo nel 2010. Il 78% delle armi prodotte dall’Italia vengono realizzate nelle zone valligiane della Lombardia e in Piemonte, in località dove la maggioranza politica nelle amministrazioni locali è di stretta marca leghista.

I clienti acquirenti sono 1). Usa. 2) Gran Bretagna. 3) Francia. 4) Libia. 5) Russia. 6)Giordania. 7) Congo. 8) Egitto. 9) Siria. 10) Perù.

Gli Usa sono il più forte venditore di armi del mondo e il più forte acquirente di armi nel mondo. Nel solo 2010 gli Usa hanno acquistato il 43% di tutte le armi vendute.

La Cina è al secondo posto con il 7,5%.

Il più alto contratto di vendita di armi nel 2011 è stato firmato dall’Italia.
1)     Nel giugno del 2011, il Ministero della Difesa della Repubblica Italiana ha acquistato dagli Usa una serie di bombardieri di ultima generazione per un valore totale corrispondente a 13 miliardi di euro. Questo fatto ha obbligato il ministro dell’economia Tremonti a spingere la manovra finanziaria straordinaria da un previsto 45 miliardi di euro ai 70 miliardi per coprire la spesa militare suppletiva.
2)    
3)     Il vicedirettore del Servizio federale di cooperazione militare russo Vyacheslav Dzirkaln, secondo quanto riportava l'agenzia di stampa Interfax, dopo che ieri la Rosoboronexport ha spiegato che le sanzioni alla Libia e al suo leader Muammar Gheddafi faranno perdere alla Russia 4 miliardi di dollari in commesse ha spiegato che "Negoziati sono in corso con diversi paesi in medio Oriente.. Ma i loro risultati dipenderanno ampiamente dalla  situazione in Libano. Oggi la situazione in questo Paese è ambigua dal punto di vista della stabilità Questo è il motivo per cui la questione di fornire assistenza militar-tecnologica è nel limbo", ha spiegato il funzionario russo. Secondo quanto ha recentemente riferito il primo ministro libanese Saad Hariri, la Russia dovrebbe fornire al Libano sei elicotteri Mil Mi-24, 31 carri armati T-72 e 36 batterie d'artiglieria da 130 mm, oltre che le munizioni. Originariamente, il contratto prevedeva la fornitura di 10 caccia MiG-29, ma poi su richiesta di Beirut si è optato sugli elicotteri. La notizia viene un giorno dopo che il capo dell'agenzia russa incaricata dell'export di armi Sergei Chemezov ha spiegato che il danno per la Russia delle sanzioni sancite dal Consiglio di sicurezza dell'Onu contro Gheddafi, e dell’attuale guerra in corso, per quanto riguarda le vendite di armi, è di 4 miliardi di dollari. Chemezov ha anche spiegato che, con i Paesi del mondo arabo in rivolta, ci sono dubbi che la Russia riesca a superare i 10 miliardi di dollari quest'anno. Molte forniture sono a rischio per via della ventata rivoluzionaria che sta colpendo il mondo arabo , che è uno dei principali mercati per le arme russe, dopo la Cina e l'India. Si tratta comunque di affari che la Russia, comunque, vorrebbe portare a finalizzazione. Va in questo senso anche il fatto che, nei giorni scorsi, il ministro degli Esteri Anatoly Serdyukov ha ribadito che Mosca onorerà il contratto firmato nel 2007 con la Siria per la fornitura di missili cruise P-800 Yakhont, dei missili anti-nave dalla gittata di 300 km. La notizia ha provocato gravi preoccupazioni, in particolare, in Israele. Il ministro della Difesa Ehud Barak ha paventato che i missili vadano a finire nelle mani della milizia sciita di Hezbollah, nemica giurata dello Stato ebraico. Con tempismo pragmatico, Sergei Chermezov ha spiegato in una conferenza stampa che “l’attuale stato di perdurante belligeranza interna in Siria consente l’accesso al mercato della vendita delle armi ai rivoltosi che le acquistano al mercato libero europeo soprattutto dalla Francia e dall’Italia, i due più importanti paesi produttori e venditori di armi in Europa”.

La Cina, invece, in cambio del voto favorevole per dare inizio alla guerra in Libia, si è garantito il favore del consiglio di sicurezza dell’Onu per vendere nel mese di maggio 2011 un totale di armi da guerra (mitragliatrici pesanti, fucili a pompa, missili terra terra a basso raggio, bazooka e lanciamissili portatili) per un totale di 650 milioni di euro ai sguenti paesi: Kenya, Somalia, Ethiopia, Repubblcia Centroafricana e Angola.

Osservatori del SIPRI svedese hanno spiegato due giorni fa nel corso di una conferenza stampa che in Somalia nel corso degli ultimi sei mesi c’è stato una compravendita di armi superiore del 456% rispetto al biennio precedente, consentendo a diverse fazioni del paese di aumentare la pressione militare e l’entità di scontri inter-etnici impedendo quindi alle organizzazioni umanitarie nel mondo di poter far giungere gli aiuti umanitari per 4 milioni di persone che entro la prossima settimana moriranno di fame, di sete, di stenti.

Fine del post.

Buone vacanze a tutti.

150 anni di unità d'Italia. Tina Anselmi: il più solido pilastro dell'Italia che vogliamo costruire nel nome della legalità repubblicana.

di Sergio Di Cori Modigliani


Sorelle d’Italia, che fine avete fatto?
Sono sempre stato un fautore e ardente sostenitore della società multi-culturale, soprattutto oggi, in un mondo globalizzato, dove –se si vuole fornire se stessi di un minimo di strumenti di comprensione delle realtà operative- nel tentativo di capire che cosa sta combinando Tremonti, non è possibile non andare a verificare che cosa stia combinando il suo collega americano, cinese, russo, tedesco, brasiliano e via dicendo.
Tutte le capitali del mondo, quanto meno quelle occidentali, nessuna esclusa, sono sempre più multi-etniche. Saper leggere, identificare, e quindi comprendere quali siano gli elementi culturali, sociali e psicologici della storia recente di questa o quella specifica etnia, diventano un elemento fondamentale per trovare soluzioni vincenti, pragmatiche, efficaci.
Ogni popolo, ogni etnia, ogni nazione ha un suo dna culturale specifico.
Così come, i biologi, sono in grado di scoprire e inventare nuove medicine e vaccini grazie allo strumento della mappatura del codice genetico fisiologico umano, così, in campo politico e culturale, diventa fondamentale, ancorchè essenziale, identificare gli elementi di tradizione, di memoria collettiva, di Storia recente, per andare a cogliere quegli elementi di salvaguardia da poter poi usare come sistema immunitario sociale e psicologico.
L’Italia, purtroppo, accusa, oggi, 30 Luglio 2011, una gravissima lacuna, che nel corso degli anni si è trasformata prima in difetto, poi in una malattia endemica e corre il rischio di trasformarsi in una velenosa epidemia che finirà per annientare il popolo italiano decretandone la sua estinzione: “la rinuncia all’esercizio della memoria collettiva della nostra etnia”.
Gli italiani hanno perso la memoria.
Ritengo fondamentale, quindi, essere costantemente attivi nel pungolare questo debole ganglo per  contribuire al rafforzamento del muscolo della memoria.
Questo post nasce da riflessioni di questi ultimissimi giorni su tre elementi dell’attualità più recente e stringente: la P4 la massoneria europea e il massacro di Oslo.
Tutti e tre ruotano intorno all’idea centrale della “femmina”.
Della sua identità, del suo ruolo, della sua funzione, della sua importanza.
Nelle 1800 pagine del manifesto folle dell’assassino norvegese, l’autore non si occupa molto di politica se non per qualche annuncio, diciamo così, propagandistico; la maggior parte del testo è dedicata alla spiegazione dell’importanza di ricostituire una identità forte del “maschio guerriero cristiano occidentale” per portare fino in fondo la guerra contro quella che lui e i suoi accoliti, seguaci e sostenitori hanno identificato come l’elemento disgregatore fondamentale dell’Occidente: la libertà delle donne.
Soltanto uno sciocco e un superficiale potrebbe pensare che sia stato un caso che tale massacro si sia verificato nell’unica nazione sul pianeta Terra in cui il parlamento è composto in maggioranza da donne, dove la parità psico-sociale tra maschio e femmina è un dato psico-geneticamente già acquisito da due generazioni, dove il controllo del potere economico, culturale e sociale è saldamente nelle mani delle donne.
Può essere un caso? Lo è?
Lo ritengo, invece, un segnale. Che ha un senso. Un Senso.
A questo va aggiunta subito una veloce considerazione che si rende necessaria: noi non stiamo vivendo una crisi finanziaria mondiale, questo è un falso ideologico. E’ una potentissima e vincente arma di distrazione di massa. Noi stiamo vivendo una ristrutturazione epocale dei destini degli abitanti del pianeta Terra, è molto importante comprenderlo.
Si tratta, quindi, di tutt’altro.
Noi non stiamo andando verso il caos, come qualche improvvido opinionista dell’ultimora intende farci credere. Noi, ci stiamo dentro, al caos, da lungo tempo. Ed è ormai chiaro e assodato che per evitare la catastrofe (laddove per “catastrofe” non si intende il default di Grecia o Spagna o addirittura Usa, bensì l’inizio della estinzione della specie umana) è necessario, vitale, fondamentale e imprescindibile ricostituire un Nuovo Ordine Mondiale.
E’ ciò di cui si occupano e si stanno occupando, in questo preciso istante, in tutto il mondo le migliori menti pensanti, le persone più autorevoli e responsabili. Insieme a loro se ne stanno occupando anche le migliori menti criminali, le personalità più potenti e irresponsabili, i più avidi e incoscienti speculatori: la vera lotta è tra queste due fazioni.
Viviamo in un mondo complesso e la complessità è l’elemento costitutivo di ogni comprensione dell’attualità. Le banche, tanto per fare un esempio, non sono “il nemico”.
Il nemico sono i banchieri al servizio di alcuni criminali. E’ diverso.
Ma non tutte le banche servono i criminali. Alcune lo fanno, altre non lo fanno.
Idem per ciò che riguarda la destra, la sinistra, questo governo o quel governo.
Ci troviamo nell’occhio del ciclone del caos da cui sta per venire fuori la scelta sulla costituzione del Nuovo Ordine Mondiale.
Ma questa volta non sarà come alla fine del 1945 quando a Yalta, i tre faccioni rubicondi di Roosevelt, Churchill e Stalin spiegarono al mondo quale sarebbe stato il destino di tutti noi. No. Proprio no. Non sarà così.
Non ci sarà nessun annuncio. Nessuna spiegazione. Nessun comunicato.
Dobbiamo, quindi, capirlo e comprenderlo per conto nostro.
A questo serve l’esercizio del Libero Pensiero. Tanto più il Pensiero è libero e aperto e si nutre di dati e informazioni tratte dalla realtà e non dalla percezione subliminare prodotta e offerta dalle bande di criminali (vedi Oslo) tanto più è in grado di comprendere la nuova struttura del Nuovo Ordine Mondiale. Chi la comprende, sopravviverà perché avrà la possibilità di potersi adattare, e quindi evolversi.
Chi vedrà, vivrà.
Ma ritorniamo alla premessa iniziale, e al perché di questa immagine in bacheca.
Il manifesto di Oslo contro il femminismo svela alcuni aspetti interessanti della lotta tra il maschile e il femminile nel pianeta in questo momento. Nei suoi aspetti primitivi e più deteriori, gli attuali teatri di guerra più sanguinosi e pubblici nel pianeta sono –non a caso- i luoghi dove i maschi sono esattamente come l’assassino di Oslo sogna che dovrebbero essere (e da noi Mario Borghezio e –ahimè- una nutrita folla di sostenitori, sia a destra che a sinistra) i fondatori di una nuova civiltà: i talebani in Afghanistan, una guerra civile in Libia con dichiarato diritto allo stupro per tutte le fazioni coinvolte, dei sommovimenti popolari di massa soltanto in regioni dove la femmina è considerata poco più di una bestia da soma, mentre nel resto del mondo l’asse centrale dell’equilibrio maschio/femmina si è spostato: le femmine sono diventate protagoniste alla pari dei maschi nella gestione del caos, quindi dallo scontro o dall’incontro planetario tra il maschile e il femminile nascerà il Nuovo Ordine Mondiale oppure si estinguerà la specie.
Il Ministro degli esteri israeliano è una donna.
Il più importante interlocutore planetario dei paesi arabi è una donna inglese: la regina Elisabetta.
La donna più ricca e potente del pianeta, nel campo finanziario e mediatico è una donna cinese.
Il Ministro degli esteri statunitense è una donna.
Il primo ministro di Germania –unica nazione d’Europa senza crisi economica e a piena occupazione- è una donna, e così il 56% degli amministratori delle banche tedesche.
Il nuovo presidente del Fondo Monetario Internazionale è una donna, appena eletta.
Cinque presidenti su sei nell’America Latina sono donne che hanno portato l’intero cono sud del continente americano da una situazione da terzo mondo nel 2001 a una congiuntura del 2011 inimmaginabile fino a pochissimi anni fa, affrontando e cercando di risolvere la fame, la schiavitù, la produzione di lavoro, la ridistribuzione delle ricchezze. Tra quattro mesi il Brasile diventerà la ottava nazione più potente del pianeta sostituendo l’Italia che scende al nono posto. Sarà una donna a celebrare l’evento, la neo-eletta presidenta dell’unica nazione di lingua portoghese del continente americano.
In India le previsioni accreditano una donna nella prossima vittoria alle elezioni politiche.
Così anche nel Pakistan mussulmano.
Sono elementi che consentono alcune riflessioni e che ci permettono di ritornare alla nostra argomentazione iniziale.
Perché in Italia, invece, le donne hanno un ruolo sempre più subalterno? E che cosa c’entrano le donne con la P2, con la P4?
C’entrano, eccome se c’entrano.
Nell’attuale lotta tra le diverse organizzazioni e associazioni mondiali, è in corso un serratissimo, violento e sanguinoso confronto tra due anime: quella evolutiva e quella regressiva.
La Massoneria non fa eccezione.
La più importante organizzazione associativa planetaria –lo è per il solo fatto di avere alle spalle (in questo davvero unica) una esperienza di 250 anni in globalizzazione, multi-culturalismo ed esercizio di confronto senza pregiudiziale alcuna di etnia, di religione, di appartenenza e di provenienza- si trova al centro di una zuffa colossale, davvero epica, tra i due grandi centri, veri e propri motori propulsivi dell’intera massoneria: la Loggia Scozzese e quella Francese.
Il loro distinguo, polemica, confronto, scontro, guarda caso è proprio sulle donne.
Né più né meno di quanto non lo sia in Afghanistan tra l’occidente e i talebani, e in medio oriente tra la autorità palestinese (che vuole una pace sensata con Israele) e il gruppo militare di Hamas che vuole l’applicazione del codice guerriero maschile del manifesto di Oslo appoggiato da Borghezio & Co.
In Francia, il massone Sarkozy promuove Christine Lagarde a presidente del Fondo Monetario Internazionale e annuncia che sua moglie Carla (addirittura una straniera, evento fondamentale perché immette la supernazionalistica Francia dentro la globalità) entra in politica. Evento accolto in silenzio ma furiosamente osteggiato e selvaggiamente criticato dai massoni inglesi (che controllano la gestione della borsa valori di Londra, motore dell’Europa). Perché dal 2009 la massoneria francese si è aperta alle donne incorporandole come “pari e uguali, sorelle in sangue e combattenti per la fratellanza universale”. Le logge anglofone, invece, sono contrarie.
E loro sono in guerra tra di loro. E’ la guerra tra la tradizione maschile regressiva e spaventata che appartiene a una cultura, come quella inglese, impaurita da sempre dalle donne e quella francese che fortemente vuole spingere verso una necessaria evoluzione per un passaggio graduale di tutta la gestione del potere mondiale alle donne perché è in gioco “la grande nutrizione del pianeta” che soltanto le donne potranno e vorranno identificare, affrontare, risolvere per sempre.
Con beneficio di tutta l’umanità planetaria.
E veniamo all’Italia.
Sono state le donne a cambiare e fare la storia di questo paese.
E’ sempre venuto dalle donne il Grande Cambiamento.
I piduisti delinquenti lo sapevano benissimo, essendo tutti e soltanto maschi. Erano soprattutto le donne che avrebbero potuto incrinare il piano di “sequestro della nazione”:  
il potere di controllo dell’economia italiana e quindi l’espoliazione della ricchezza del patrimonio nazionale al fine di impossessarsi “totalmente” del paese, doveva passare perciò attraverso la fondazione e/o rifondazione di un modello italo-talebano della donna. La Loggia C (importantissima e poco nota loggia cosiddetta deviata) affida questo compito a Silvio Berlusconi a metà degli anni’80. Tutto l’impianto di corruttela, ladrocinio, espoliazione, clientelismo e ruberia ha come substrato subliminare un’idea italo-talebana della donna. Non a caso l’Italia è l’unica nazione al mondo dove per essere promosse a soggetti politici le donne devono, per lo più -oggi-  provenire da esperienze esistenziali che mostrino un’idea degradata della donna, seguendo –e applicando- alla lettera le istruzioni contenute nel manifesto dell’assassino di Oslo. Il povero Borghezio aveva ragione. Aveva ragione quando tuonava sostenendo di essere l’unico che aveva le palle perché diceva ciò che tutti sostengono nel suo ambiente politico. Ci stava comunicando una verità. E noi dobbiamo essergli grati per averci fornito un importante dato da non sottovalutare: l’esecuzione del piano della P2 nei suoi aspetti esistenziali-psicologici-subliminari (non quelli economico-finanziari-militari) il cui trionfo ha consentito la trasformazione della società italiana in ciò che oggi è.
Non a caso, sono state le donne a provocare in questa sonnolenta e abbrutita nazione di dormienti e lotofagi smemorati il primo impulso di novità e di cambiamento nella storia recente. Ciò che per Fini, Vendola, Chiamparino, Renzi, Rutelli, e compagnia bella, era soltanto una fantasia e un desiderio impossibile da realizzare, un gruppo trasversale di donne italiane, patriottiche e pensanti, a metà del gennaio 2011 ha messo in piedi, da sole, attivando un tam tam di genere, un gruppetto sparuto, nel quale sedevano accanto (tanto per fare un esempio) il direttore de l’Unità Concita de Gregorio e il direttore de Il Secolo d’Italia Flavia Perina –due donne “politicamente” agli antipodi- insieme ad altre di diversa provenienza politica e umana. Il gruppo di “se non ora quando” senza burocrazia, senza apparato, l’11 marzo del 2011 ha portato in piazza più di un milione di persone a Roma mettendo insieme l’icona erotica Monica Vitti e una suora, la rappresentante dei lavoratori Camusso e la poetessa Patrizia Cavalli, donne fasciste e donne comuniste, credenti cattoliche osservanti e laiche.
Il paese ha cominciato a smuoversi.
Grazie a loro.
E c’è chi ha avuto paura.
 “Se l’unità e il secolo vanno a braccetto siamo proprio fritti” commenta Emilio Fede in una telefonata al suo amico Lele Mora in data 18 marzo 2011.
Oggi, 30 luglio 2011, Concita de Gregorio e Flavia Perina sono entrambe disoccupate di lusso.
Privilegiate sì, ma pur sempre disoccupate. Forse un caso, forse no. Chi lo sa!
Così come era avvenuto (torniamo qui alla necessità di rinfrescare la memoria agli italiani ammalati di lotofagia tossica amnesica) nel 1981, quando, in seguito a specifici rapporti della polizia, della magistratura, dei servizi segreti, una donna italiana Nilde Jotti, allora Presidente della Camera, chiamò e convocò un’altra donna di schieramento politico opposto al suo, la democristiana Tina Anselmi e le affidò il compito di istituire una commissione parlamentare d’indagine sulla P2.
Richiesta del perché proprio la Anselmi, la Jotti, rispose nel 1984 “al di là del rispetto che l’on. Anselmi si è conquistato in tanti anni di battaglie parlamentari, c’è il fatto che soltanto una donna avrebbe garantito il paese che non ci sarebbero state insabbiature”.
“Ore 17.30. Sono convocata dall’onorevole Iotti. Mi propone di assumere la presidenza della commissione inquirente sulla P2. (…) Chiedo quindici minuti di riflessione. (…) Torno dalla Iotti alle 17,30 e accetto. “ (così la Anselmi, in suo diario racconta quel giorno: 30 ottobre 1981).
Un anno di lavoro. Un anno di ostacoli, di barriere, di minacce.
Due donne italiane, due sorelle d’Italia –coadiuvate da altre donne importanti che hanno scelto e preferito per prudenza rimanere tutt’oggi anonime, sia di destra che di sinistra- hanno portato avanti una inchiesta che avrebbe scosso la Repubblica nelle sue fondamenta. Anche rischiando la vita. Perché la propria cultura, la propria provenienza, la propria religione, non contò nulla, allora, rispetto all’amor di patria, alla battaglia di verità, al rispetto della legalità costituzionale. Finchè, in una giornata epica e clamorosa, il 25 novembre 1982, dopo dieci mesi di vorticoso lavoro, Tina Anselmi presenta in parlamento il risultato dell’inchiesta. La lista, 962 nomi, contiene tre ministri della Repubblica, il capo di stato maggiore della Difesa, i capi dei servizi segreti, 24 generali e ammiragli, 5 generali della Finanza, compreso il comandante, parlamentari (esclusi i comunisti, i radicali, il Pdup), imprenditori, il direttore del Corriere della Sera, il direttore del Tg1, banchieri, 18 magistrati, soprattutto editori e giornalisti e imprenditori della comunicazione.  Non è il governo Forlani, che si dimetterà, a rendere pubbliche le liste, ma Francesco De Martino, presidente della commissione d’inchiesta sul caso Sindona.
La ricerca era iniziata sette mesi prima, esattamente il 17 marzo dello stesso anno, quando il tenente colonnello Vincenzo Bianchi e il maresciallo Silvio Novembre, nel corso della perquisizione della villa del “Venerabile” Licio Gelli e della fabbrica “Giole” di cui Gelli era titolare a Castiglion Fibocchi, vicino ad Arezzo, avevano rinvenuto uno strano elenco in cui figuravano i nomi dei personaggi ai vertici del potere in ogni settore. Quei nomi, come si scoprì in seguito, appartenevano agli iscritti a una loggia massonica segreta, la Propaganda 2 (P2). La perquisizione era stata ordinata dai magistrati milanesi Giuliano Turone e Gherardo Colombo, che stavano indagando sull’omicidio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli commissionato da Michele Sindona, nonché sul rapimento (finto) e sulla morte (vera) dello stesso Sindona. C’erano uomini dei servizi segreti e pubblici amministratori, finanzieri e imprenditori, faccendieri e trafficanti d’armi, mafiosi e oscuri esponenti della borghesia, notai, avvocati e giornalisti.
Non si trattava soltanto di affari e di appalti. No. Non solo affari.
Si trattava del gruppo di persone che aveva la responsabilità di aver fatto uccidere tanti tanti innocenti: sangue degli italiani. Di sorelle e fratelli d’Italia. Dalle vittime delle stragi della stazione di Bologna a quella dell’Italicus mescolato a quello di molti personaggi equivoci, fra cui, per citare solo pochi nomi, il banchiere Roberto Calvi, finito a penzolare da un cappio sotto il ponte londinese dei Black Friars il 18 giugno 1982. E il bancarottiere mafioso Michele Sindona, morto per avvelenamento nel supercarcere di Voghera il 20 marzo 1982, due giorni dopo la condanna all’ergastolo. E il massone Mino Pecorelli, il giornalista specializzato in indagini politiche, fondatore dell’agenzia di stampa Osservatorio Politico (OP), ammazzato il 20 marzo 1979. E Aldo Semerari, il criminologo estremista di destra a cui fu addirittura mozzata la testa. E Aldo Moro, sequestrato e poi ammazzato per impedire che si attuasse il progetto politico del compromesso storico, incompatibile con il Piano di Rinascita democratica, redatto da Licio Gelli. E il giudice Vittorio Occorsio, ammazzato da un commando fascista il 10 luglio 1976, mentre stava indagando sui rapporti fra terrorismo nero e massoneria. L’avvocato Giorgio Ambrosoli, l’eroico liquidatore del banco Ambrosiano assassinato su ordine di Michele Sindona. E il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, ammazzato a Palermo il 3 settembre 1982 insieme con la giovane moglie Emanuela Setti Carraro, con l’autista e l’agente di scorta: una strage su cui ci sarebbe ancora molto da scoprire visto che il generale aveva incontrato Mino Pecorelli due giorni prima che il giornalista venisse assassinato.
Ma tante tante altre morti di servitori innocenti dello stato, ci furono allora. Tra cui Luciano Rossi, tenente colonnello della Guardia di Finanza “suicidato” il 5 giugno 1981, poco dopo essere stato ascoltato dalla Commissione d’inchiesta sull’informativa da lui redatta nel 1974, a seguito di un’indagine su Licio Gelli e la P2, condotta per ordine del suo diretto superiore, il colonnello Salvatore Florio, al quale più tardi toccò la stessa sorte.
Anche lui suicidato(si).
Nel 1986, quattro anni dopo, la Anselmi ancora riceve minacce a Castelfranco Veneto, città dove è nata il 25 marzo 1927. E’ un monsignore a minacciarla, addirittura dal Vaticano. Trova davanti casa del tritolo ma lei non si fa scoraggiare né intimorire. Dirà, lei cattolica praticante: “Non ho fatto la staffetta partigiana per farmi intimidire da un monsignore”.
Come sappiamo, la pubblicazione di quel testo pubblicò una enorme spaccatura nella vita politica italiana perché evidenziò un piano per costituire un’Italia parallela, nelle mani di pochi e di pochi potentati.
Le ultime indagini statistiche rivelano che il 92% degli italiani è convinto che la P2 sia scomparsa allora.
Non è così. Il loro piano è semplicemente andato a segno. Anche perché i nomi contenuti nella inchiesta non erano tutti.
Il presidente del Consiglio Berlusconi aveva la tessera n. 1816 ed era affiliato alla P2 dal 26 gennaio 1978;
il suo assistente Fabrizio Cicchitto aveva la tessera n. 2232 e si era affiliato un po’ più tardi, il 12 dicembre 1980.

Le cose vanno a gonfie vele, per loro, nel 2011, come risulta da una recente intervista del maestro venerabile Gelli a la Repubblica. Riceve i postulanti tre volte alla settimana, a Pistoia, a Montecatini, a Roma. È soddisfatto. Il suo Piano di rinascita democratica ha fatto e fa da linea programmatica al governo.
Come allora spiegò la Anselmi “dalla genesi della P2 nasceranno la P3, la P4, la P5 e così via dicendo: sono il cancro della spina dorsale della nazione”.
Oggi, la personalità di Tina Anselmi, nel ricordarla, ci conforta perché ci fa pensare all’esistenza di una tradizione genetica. E’ quella che va riattivata. Da quella bisogna attingere. Certo, nel governo, c’è una donna che ha avuto l’incarico di diffamarla, cancellarne il ricordo, offendere la memoria del suo grande lavoro.
E’ la ministra Prestigiacomo, la quale, nel presentare la biografia di Tina Anselmi per il libro “italiane” voluto dal Quirinale per i festeggiamenti del 150esimo anniversario dell’unità d’Italia, così l’ha descritta:
«Era rimasto imprevedibile, e straordinario, che la furbizia contadina della presidente divenisse il controverso modello della futura demonologia politica nazionale, distruttiva e futile. I 120 volumi degli atti della commissione che stroncò Licio Gelli e i suoi amici, gli interminabili fogli della Anselmi’s List  infatti cacciavano streghe e acchiappavano fantasmi».
Così l’attuale governo ha descritto Tina Anselmi “una furba contadina”, la persona che ha inventato il Ministero delle Pari Opportunità, che è stato un eccellente ministro e che è stata costretta a ritirarsi a vita privata. La sua sola presenza attiva rappresentava una minaccia per il crimine organizzato, e per i massoni deviati che hanno rinunciato alla tradizione libertaria dei grandi valori rivoluzionari della massoneria storica per dare vita a logge individuali, occupare l’Italia e gestire, con i soldi pubblici di tutti noi, i loro affari privati.
Abbiamo bisogno di donne così.
Abbiamo bisogno di donne come Tina Anselmi.
Abbiamo bisogno che “se non ora quando” non finisca per rimanere soltanto una sigla, o un nome.
Abbiamo bisogno delle Sorelle d’Italia.

Perché la P2 che è saldamente al governo “può essere battuta e buttata giù dalle donne e soltanto da loro”. Lo sostiene un massone importante, che per il momento intende rimanere anonimo.


Sorelle d’Italia, che fine avete fatto?

Dove siete?

venerdì 29 luglio 2011

Quando la politica diventa pornografia: la macchina del fango è un'arma di distrazione di massa della sinistra

"La superiorità morale del centro-sinistra non esiste. Men che meno del Pd". Lo ha detto il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris "In questo momento esiste una gran voglia di politica dalle mani pulite che viene dal basso. Non esiste in questo momento una superiorità morale, men che meno del Pd, né del centro-sinistra. Non c'é una superiorità etica di un certo schieramento politico".
di Sergio Di Cori Modigliani



Cronaca di una morte annunciata: come Pier Luigi Bersani e Rosy Bindi hanno deciso di dare esecuzione al piano di suicidio collettivo del PD –e della sinistra democratica- trascinando il paese in una deriva consociativa e collusiva con quei soggetti contro i quali sostengono di star costruendo una opposizione.
I più lucidi e “politici” tra gli esponenti della sinistra democratica, i più “pensanti” e lungimiranti, vedi Vendola (intervista comparsa in data venerdi’ 29 luglio 2011 sul quotidiano la Repubblica) Chiamparino, Fassino e Renzi, prendono con saggezza le distanze dinanzi alla catastrofe annunciata.
Ho scelto quella che nell’immaginario collettivo della mia generazione, precedente a quella attuale, sintetizza e rappresenta il simbolo della pornografia: Gola Profonda.
Questo era il titolo del primo film pornografico apparso e distribuito alle masse in occidente nel 1968, in conseguenza dell’abolizione della censura preventiva: si chiamava Gola Profonda, aveva come protagonista una certa Linda Lovelace, e raccontava la storia di una inquieta casalinga piccolo-borghese che si recava dal ginecologo per ovviare a un curioso disturbo fisico: il clitoride si era “magicamente” spostato ed era finito in fondo alla gola. Risparmio gli ovvii particolari. Il film fu un successone. Nel 1975, quando esplose in Usa il cosiddetto scandalo Watergate –relativo a intercettazioni illegali da parte del presidente Usa ai danni dell’opposizione democratica- due bravi giornalisti del prestigioso quotidiano Washington Post, Carl Bernstein e Bob Woodward, denunciarono lo sporco affare grazie alle confessioni di un anonimo informatore (la cui identità è stata resa nota soltanto due anni fa, 37 anni dopo,  in seguito alla sua morte). La stampa mondiale definì quell’informatore Deep Throat, per l’appunto, Gola Profonda.
La scelta di questo nome fu azzeccata. Identificava quel punto malefico e pernicioso dello scontro politico democratico in cui il confronto esula dai confini della legalità e diventa “osceno”, per l’appunto: pornografico.
In greco, “pornos” vuol dire osceno.
Con il termine pornografia si indica la “esplicita manifestazione e mostra di oscenità, sia essa fisica, fisiologica, metaforica”.
E’ ciò che la politica italiana è diventata.
Pura pornografia.
Non è un caso che i più lungimiranti in Italia –al di là di un facile moralismo accattone- abbiano individuato nei comportamenti personali sessuali di Berlusconi un gusto molto forte per la pornografia, intesa non soltanto come pratica esclusiva di un gusto molto privato, bensì come sistema esistenziale di interpretazione del mondo, e quindi, poco a poco, esteso a macchia d’olio in tutto il sistema economico, finanziario, industriale.
Fine della premessa.
Veniamo alla questione:
Bersani sostiene che “nel PD non esiste una questione morale”. Non soddisfatto di questa frase ne aggiunge, con inusuali toni aggressivi, un’altra che dice “Il messaggio è arrivato: l’abbiamo capito. Vogliono buttarci addosso la macchina del fango”.
Tutto ciò per difendere e salvaguardare dei militanti del PD (tutti di stretta provenienza PCI) che l’attuale segreteria del PD –Bersani e Bindi in testa- sta a un passo da trasformare in “vittime della magistratura” né più né meno di quanto non affermino di esserlo Berlusconi, Previti, Dell’Utri, Papa, Bisignani.
E perché sta accadendo tutto ciò?
Semplice: La magistratura ha trovato a new deep throat, una nuova gola profonda. E, come nelle migliori sceneggiature, la persona non compare, non si sa da dove provenga. Tant’è vero che non vengono pubblicate intercettazioni, lanciate accuse, o prodotte illazioni. Si aprono degli incartamenti giudiziari, si svolgono delle indagini, alcune personalità si trovano indagate, perchè ci sono alcuni imprenditori che si sono stufati e hanno deciso di vuotare il sacco.
Era ora.
Ma le informazioni, la nostra new entry Gola Profonda Italiana, fa in modo che arrivino poco a poco anche ai giornalisti, ai quotidiani, alle televisioni, ai bloggers, alla stampa estera, in modo tale da impedire il consueto giochetto perverso italico del consociativismo colluso.
Non è più possibile, quindi, coprirli.
Perché quando le vicende diventano pubbliche, scompare la possibilità di poter usare quelle informazioni come arma di ricatto per acquisire prebende, privilegi, favori.
Passiamo adesso ai fatti. Perché la gente ha il diritto civico –oltre che il dovere civile- di sapere che cosa sta accadendo, come, dove, quando.
Se non si hanno in mano i fatti, non è possibile comprendere e attuare delle scelte.
La magistratura milanese ha identificato una associazione, con sede a Milano, al terzo piano di Via Galileo Galilei n.14, dal nome “Fare Metropoli”. La magistratura sostiene che tale associazione, fondata nel 2008 dall’allora capo della segreteria politica di Pierluigi Bersani, Filippo Penati –fino a una settimana fa vice-presidente del consiglio regionale della Lombardia- fosse un’associazione che aveva come scopo quello di gestire un sistema di tangenti tra classe politica e imprenditoria.
Bersani e la Bindi negano.
I magistrati, invece, proseguono nel racconto. Spiegano come tale associazione abbia una particolarità davvero più unica che rara nel mondo dell’associazionismo: ha un unico esponente, rappresentante e socio, il suo Presidente –dalla fondazione in data 30 dicembre 2008- Pietro Rossi. L’ufficio è composto da quattro stanze completamente spoglie. Le stanze sono sempre vuote. Non ricevono visite, non hanno neppure il telefono. E’ l’unica associazione al mondo che non ha un sito web, non compare su internet. Non hanno neppure una segretaria. Eppure, tra i finanziatori di questa associazione troviamo la Banca di Legnano, la BMG comunicazione, la Sarno, la Gavio: tutte solide aziende che di solito non fanno affari con il primo arrivato.
L’associazione ha ricevuto finanziamenti per decine e decine di migliaia di euro, costantemente: una pioggia di danaro garantito. Secondo la magistratura questa associazione era il punto di raccordo tra le imprese (cioè l’industria che lavora) e Filippo Penati, il braccio destro di Bersani. Guarda caso, spulciando tra le carte della magistratura si viene a scoprire che tutti i finanziamenti generosi offerti a tale associazione provengono da imprese e professionisti ai quali la provincia di Milano ha offerto appalti, consulenze, incarichi, privilegi.
I soldi sono stati registrati ufficialmente nei libri contabili come finanziamento associativo. Secondo la magistratura, questi soldi, dall’associazione venivano poi versati al comitato elettorale di Filippo Penati, quindi al PD.
“Ufficialmente” quindi, i soldi per il partito provengono da una associazione.
E’ vero.
Ma l’associazione non spiega la ragione –non riesce proprio a trovarne le ragioni e il motivo- per cui degli imprenditori si siano svegliati un mattino decidendo di essere così generosi e munifici con un’associazione che non si occupa di nulla. Non fanno nulla. Nei loro uffici non accade nulla. Neppure un sito web, neppure una segretaria, neppure una linea del telefono, neppure un computer, un fax. Nada de nada.
Il presidente dell’associazione, Pietro Rossi, però, non è uno qualunque. E’ un consigliere d’amministrazione della società “Tangenziali esterne Milano” Spa, un’azienda quotata in borsa. Accanto a lui, attorno allo stesso tavolo, c’è una vecchia conoscenza della magistratura che ha memoria –e archivi ben guardati- l’imprenditore Bruno Binasco, finito in galera nel marzo del 1993 –la cosiddetta Tangentopoli- per aver finanziato illegalmente l’allora Partito Comunista Italiano. Secondo i magistrati inquirenti della procura di Monza, Binasco avrebbe versato soltanto nel 2010, 2 milioni di euro a Penati.
Ufficialmente, questa benemerita associazione della sinistra riceve contributi per “svolgere delle attività culturali di interesse sociale pubblico”. Certo, è curioso il fatto che dal dicembre del 2008 al luglio del 2011 non abbia neppure prodotto un evento. Non uno. Neppure uno. Zero. Più zero. Zero eventi a fronte di milioni di euro ricevuti. Perché i soldi fioccano eccome. E arrivano da privati, da enti, da banche, da associazioni. Guarda caso tutte società i cui amministratori e dirigenti vengono selezionati politicamente dal comitato provinciale di Filippo Penati. E da questa associazione partono offerte e proposte di consulenze a certe persone -tutte appartenenti a un ristretto numero di individui intorno a Penati & Co- che poi vediamo, qualche volta, comparire in televisione sostenendo che il PDl taglia i soldi alla cultura e che la sinistra è diversa. A me non sembra tanto diversa. Non essendo diversa non comprendo su quale base e principio intenda costruire una opposizione.
Per oggi, basta così.
Ai lettori pensanti che hanno seguito la lettura di quest’articolo fino a questo punto pongo una domanda con la raccapricciante sincerità di un democratico che proviene dalla sinistra: “dove sta secondo voi la macchina del fango di cui parlano Bersani e la Bindi?”.
Come mai quando la magistratura arresta Bisignani, i giudici diventano eroi, e quando la magistratura attacca Penati, allora si parla “di macchina del fango”?
C’è qualcuno in grado di spiegarmi questo problema lessicale?
C’è qualcuno che può spiegarmi come Bersani possa minimamente pensare a una credibile difesa di individui, sistema operativo, e norme consolidate, che sono –all’interno del PD- esattamente uguali a quelle proposte, prodotte e imposte dal PDL di Silvio Berlusconi?
Se il PD si comporta come il PDL perché mai dovrebbe essere giustificato?
In nome di quale principio?
La risposta è elementare: nel nome della pornografia.
Bersani è un pornografo della politica.
E’ molto probabile, per non dire quasi certo,  che nella sua vita privata sia un marito fedele, probo, amoroso e ottimo compagno, dotato di una sessualità personale pimpante e decorosa. Ma non basta per avere l’arroganza di “sentirsi” diverso dal premier.
In campo pubblico, sempre pornografia è.
Perché è la politica trasformata in oscenità.
Chi difende e salvaguarda il diritto della sinistra a operare nella illegalità, è un pornografo della politica.
Preferisco l’amore libero. A ciascuno secondo il proprio gusto.
Come Vendola, Chiamparino, Fassino, Renzi.

E mi auguro tanti tanti tanti altri.

giovedì 28 luglio 2011

Jumbo coin: una pazzia americana. E' l'arma nascosta di Barack Obama per evitare la bancarotta

di Sergio Di Cori Modigliani

La verità è che siamo alla frutta e -come abbiamo capito nella sua deriva criminale nel massacro degli innocenti a Oslo- la follia avanza ad ampie falcate, approfittando dell'indifferenza planetaria.
E del sonno generalizzato.

Ma gli americani sono una etnia davvero curiosa, e molto particolare.
Pragmatici, efficienti, tenaci.
Soprattutto molto creativi, specie quando si tratta di scegliere tra la vita e la morte.

Quando dieci giorni fa il Presidente Usa Obama aveva proposto di aprire dei colloqui bipartisan, addirittura in diretta televisiva, fintantochè non si fosse raggiunto un accordo, non avrebbe mai immaginato che i suoi oppositori repubblicani sarebbero stati così impietosamente duri nel salvaguardare gli interessi e i privilegi delle multinazionali e dell'elite dei super-ricchi da arrivare al punto di preferire la dichiarazione di insolvenza piuttosto che alzar loro le tasse.

Si è arrivati così al punto di stallo.
E intanto le borse vanno giù.
Ma i consulenti della comunicazione di Obama hanno lavorato bene.

Questa mattina, infatti, alle ore 9.15 ora locale di Washington (da noi le 15.30) un pimpante e allegro presidente fischiettante ha aperto la consueta riunione incubo.
I repubblicani hanno capito subito che sotto ci doveva essere un inghippo o -ancora peggio- doveva o poteva essere accaduto qualcosa in campo internazionale di cui nessuno tranne il Presidente ne era a conoscenza.

Obama, invece, ha estratto dalla tasca (proprio così, dalla tasca della giacca) un foglietto di carta, A4, sul quale c'era l'immagine della moneta che vedete qui in bacheca.

"Signori" ha detto il Presidente "lo sapete che cos'è questo?"
I repubblicani si sono guardati l'un l'altro esterrefatti pensando che il leader più importate del pianeta avesse perso il senno nel corso di una triste notte insonne.
Hanno scosso la testa con aria sospettosa.

"Ve lo dico io che cos'è!" ha proseguito il presidente "questa è una moneta di platino, che noi battiamo  e vendiamo mettendola a disposizione per lo più a collezionisti numismatici".
Dopodichè si è appoggiato allo schienale con aria soddisfatta.
"Avete capito?"
I repubblicani seguitavano a osservarlo con aria inorridita.
E allora, lui ha proseguito:
"Vorrei che trovassimo un accordo. Politico. E adulto e maturo. E' ciò che le borse qui, in Europa e in Asia si aspettano da noi. Dovremmo farlo assieme. Non lo volete fare. Bene. Non lo fate. Risolvo il problema da solo. Voi non mi consentite di alzare il debito, quindi, io -legalmente- non posso dare ordine alla Banca d'America e al suo Governatore di battere moneta. Ma nel corso della notte ho consultato la Legge in materia. Ed è molto specifica. Io non posso far stampare carta moneta, neppure un dollaro. Ma posso battere conio. Posso, cioè, far stampare qualsivoglia quantità di monete di qualsivoglia materiale sia composto. La Legge parla chiaro: non c'è limite alla quantità, purchè non sia carta moneta. Avete capito?"
I repubblicani l'hanno osservato sgomenti.
Il presidente ha proseguito:
"Non intendo mandare la mia nazione in bancarotta. Ho già dato istruzioni ai disegnatori di preparare il prototipo che è quello che vedete qui. Poichè per stampare due trilioni di dollari in monete preziose ci volevano almeno otto mesi, allora abbiamo deciso di fare così: stampiamo due monete e basta. Eccole qui. Su ciascuna delle due monete ci stampiamo la scritta "1 trilione di dollari in corso legale". Le due monete vengono depositate in un conto corrente a nome del governatore della banca centrale e del presidente degli Usa, a firma congiunta, garantiti da successive firme del Ministro del Tesoro, del Ministro dell'Economia e del Ministro della Difesa. Immediatamente, il presidente e il governatore emettono e firmano due assegni, ciascuno dei quali ha un valore di 450 miliardi di dollari, sufficienti, il 2 agosto, a coprire il nostro fabbisogno immediato. La cifra è garantita dal valore delle due monete depositate. Ed è tutto legale. Ho parlato un'ora fa con la Banca Mondiale che accetta le due monete in garanzia. Superata la bufera, le due monete verranno eliminate, dichiarate fuori corso e vendute all'asta per beneficenza".
Il presidente si è alzato e ha esclamato la classica frase, ovviamente, americana:
"Situazioni estreme richiedono in tempi estremi idee estreme e soluzioni estreme. La seduta è tolta. Ci aggiorniamo a questa sera alle ore 18".
E se n'è andato.

La notizia si è diffusa subito in ambiente borsistico fermando la speculazione. The "Jumbo Coin" -l'hanno chiamata così- ha  prodotto, immediatamente, un effetto calmierante del mercato.

Si tratta di una follia. Di una follia americana. Che cos'altro!
Così, infatti, Cnn presenta la notizia: "An American Madness, what else?"

Ma tecnicamente funziona.

Il risultato di questa follia, però, è stato quello di convincere i più riottosi repubblicani a riaprire le cartelline ricominciando la trattativa per trovare una soluzione comune.

Follia per follia, da questa mattina Obama ha un'arma in più.

Da tutto ciò se ne deduce che siamo nelle mani dei pazzi.

O quantomeno, della folle creatività.

Che Dio ce la mandi buona.



Sul sito business di CNN, l'esperto di economia aziendale, Jack Balkin, spiega come funziona tecnicamente e legalmente l'idea del jumbo coin. E' una pazzia, non vi è dubbio, ma se funziona, va benissimo.
Why not?

Le ragioni di Mario Borghezio: perchè sono contrario alla sua censura

di Sergio Di Cori Modigliani

L’incidente Borghezio è stato chiuso. O meglio, non è stato neppure aperto.
Troppo presto derubricato come un’esternazione dovuta all’eccessivo caldo, alla ricerca di pubblicità, o al gusto perenne di una ricerca di atteggiamenti stravaganti con la dichiarata idea di procurarsi voti di mitomani, Mario Borghezio ha chiesto “ufficialmente” scusa e non se ne parla più.

Eppure, lui, aveva le sue ragioni.
Ma non gli è stato dato tempo, spazio e occasione, per spiegarcele.
Peccato.

Perchè sono queste che a me interessano e sono queste che offro qui ai miei lettori.

Da un’accurata analisi sintattico-grammaticale delle 1836 pagine del "Manifesto 2083: la Dichiarazione d’Indipendenza dell’Europa" si trovano diversi passi –almeno dieci- identici (ma davvero identici) ad articoli pubblicati sul quotidiano la Padania negli ultimi due anni, identici adlmeno venti discorsi effettuati nei comizi di alcuni candidati della Lega Nord e perfettamente in linea con quanto detto dall’on. Borghezio ieri l’altro, perché Borghezio ha ragione quando sostiene “io sono uno che ha coraggio, ho il coraggio delle mie opinioni e non ho nulla da ritrattare; la base della Lega Nord la pensa come me, io ho semplicemente esternato il pensiero corrente all’interno del mio partito. Quando parlo io interpreto la voce di  50.000 persone che mi hanno dato il voto per andare in Europa a rappresentarli, pensano esattamente ciò che io sto dicendo adesso, ovverossia: nel manifesto di Breivik esistono diverse solide argomentazioni che vanno sostenute, salvaguardate e che appartengono alla tradizione culturale della Padania. Noi padani vogliamo le stesse cose”.

Anche Adolf Hitler veniva definito nel 1928 in Germania un "imbianchino mitomane e niente di più: non farà mai nessuna strada" (geniale profezia dell'allora borgomastro di Berlino).

Chi considera oggi Mario Borghezio una specie di buffone da non prendere in considerazione, commette un grave errore. Va ascoltato. Va invitato a parlare e a raccontarci quello che i leghisti pensano e dichiarano di volere quando stanno tra di loro.
Perché soltanto ascoltando delle voci dall’interno è possibile comprendere la realtà delle cose.

Purtroppo, in Italia, è stata conmpiuta la peggiore delle scelte possibili: l’intera classe politica a spingerlo via, ma nessuno ha voluto intervistarlo, fargli domande, chiedergli l’origine delle sue idée.
Soltanto comprendendo, sapendo, capendo, è possibile armarsi delle necessarie armi razionali e legali per poter combattere la diffusione della irresponsabile idiozia che finisce poi per produrre –in menti già alterate da sconquassi chimici interni- fenomeni tragici, dall’esito criminale, come quello verificatosi in Norvegia.

Qui di seguito pubblico alcuni brani che i quotidiani inglesi, svedesi, statunitensi, danesi e tedeschi hanno identificato come il perno intorno al quale ruota l’ideologia delle persone che hanno sostenuto e tuttora sostengono l’assassino di Oslo.

Riguarda –e non è certo un caso- la sessualità.

Perché l’aspetto di cui in Italia non si è parlato e si sta in questi giorni censurando (gravemente, a mio avviso, molto gravemente) consiste nel fatto che il manifesto non parla di politica, se non in minima parte, non parla di terrorismo e di stragi se non in una percentuale davvero esigua.

Parla di sesso.

Parla soprattutto della sessualità tra maschio e femmina in Occidente sostenendo la tesi di quell’idea del mondo che in Italia il mondo mediatico ha scelto di definire il celodurismo della Lega Nord.

Ecco di seguito il brano centrale che non commenterò.

Un’unica considerazione devo, ahimè farla.
Sulla quale invito i lettori pensanti a riflettere.
24 ore dopo il massacro norvegese, il Parlamento italiano ha affossato la legge sull’omofobia con esultanza massiccia di Borghezio che ha ritenuto fossero ormai maturati i tempi per poter cominciare a diffondere la vera natura del programma ideologico dietro le sue “cosiddette” esternazioni.

Ecco il testo.
Delle 1518 pagine di cui è composto, questa è la sezione 2.89 intorno a pagina 500, dopo quattrocento pagine in cui spiega la storia della sessualità in occidente identificando nel femminismo il nemico storico dell’Europa.

Così scrive l'assassino norvegese: Non esiste aspetto dell’attuale cultura europea all’interno della quale non sia ormai preminente l’ideologia femminista. Il potere europeo gestito dalle banche ha un unico dichiarato scopo: trasformare l’intera società da patriarcato in matriarcato, facendo in modo di negare e quindi abolire l’intrinseco valore dei maschi eterosessuali Cristiano-Europei, gli unici veri nativi del nostro Continente. Il cancro doloroso e pernicioso consiste nella femministizzazione della Cultura Europea che ha avuto inizio intorno al 1830, la cui prima tappa, da poco conclusa per loro vittoriosamente, consiste nella evirazione morale e psicologica del maschio, trasformandolo in una sotto-specie…esistono delle pubblicazioni e dei seriali televisivi dagli effetti perniciosi che sono stati abilmente confezionati allo scopo di produrre questi effetti di evirazione morale del maschio eterosessuale Cristiano Europeo: il primo e più velenoso prodotto è stata la serie di “Sex and the city” perché ha veicolato uno stile di vita che ha comportato la propagazione dell’immoralità sessuale femminile, introducendo il concetto di legittimità della promiscuità femminile, ed evidenziando il Capitale Erotico usato dalle donne per manipolare i maschi. La degenerazione della nostra società è intimamente legata a questa epidemia di malattie sessuali trasmissibili anche a livello emozionale, soprattutto come “impatto emotivo”.  Il destino della Civiltà Europea consiste nella capacità dei maschi di saper resistere in maniera soddisfacente contro la barbarie del femminismo Politicamente Corretto”…...seguono diverse decine di pagine in cui viene spiegata la resa delle donne europee all’invasione dei maschi islamici e poi riprende... “la chiave della ripresa dell’Europa e del trionfo della Cultura Europea consiste nella garanzia del controllo dei corpi delle donne e dei loro organi riproduttivi. Bisogna limitare il loro accesso alla riproduzione tecnologica e quindi deve essere un impegno da parte delle avanguardie maschili più sensibili far sì di impedire l’accesso delle donne a un livello avanzato di specializzazioni e di studi abbassando il numero di donne laureate e diplomate. Non bisogna dimenticare che stiamo vivendo all’interno di un cerchio suicida che comporterà la scomparsa della Cultura Europea organizzato e gestito dalle femministe, non a caso le più furiose sostenitrici del multiculturalismo. Dobbiamo lentamente ritornare alla costituzione della venerazione del Guerriero, del Maschio Guerriero, perché la femministizzazione del maschio europeo  corrisponde alla femministizzazione dell’Europa per intero. Vigliacca per definizione e dimenticanza –un tempo virile e casta- l’Europa si è sottomessa allo stupro etnico piuttosto che correre e accettare il rischio di magari profonde ferite nel resistere all’attacco esterno.”

L’idea della donna che l’attuale classe dirigente italiana veicola; la preferenza per donne ministre che provengono –come curriculum vitae- dai calendari erotici piuttosto che dalle scuole di specializzazione della Harvard School of Echonomics; la difesa da parte di Libero, il Giornale e la Lega Nord delle azioni dell’autore di questo manifesto, e il fatto che –come immediata risposta politica- 24 ore dopo il massacro, il sonnolento parlamento italiano abbia immediatamente votato, risvegliandosi, per affossare la legge che denunciava l’omofobia…..sono tutti questi, elementi sui quali riflettere.

Per confrontarci. Per dibattere. Per abituarci a pensare.

Come commento, aggiungo l’opinione di Jane Claire Jones, prestigiosa giornalista della ADN Kronos, editorialista e opinionista dell’attendibile quotidiano inglese The Guardian che, nel pieno rispetto anti-censorio della grande tradizione culturale democratica britannica, ha pubblicato il Manifesto perché la gente legga, sappia, comprenda, si confronti.

Ecco la conclusione di una ottima giornalista europea pensante, la britannica Jane Claire Jones:

“A differenza di Breivik, noi dobbiamo essere in grado di saper resistere alla facile tentazione di operare superficiali collegamenti e connessioni azzardate. Nessuna informazione relativa al passato, gli studi, le amicizie, i lavori, la religione e l’etnia di appartenenza e le esperienze individuali esistenziali di quest’uomo, possono essere utili per giustificare le sue azioni. E’ e rimane un vile assassino e niente più di questo. Il suo lingugaggio tecnico e freddo nel descrivere quella che lui chiama “operazione marketing” per costruire l’Europa ci regala il ritratto di un essere completamente privo e sprovvisto di umanità il che deve indurci a riflettere sulla relazione tra idee e azioni quando si è in presenza di individui privi della capacità di esercizio della compassione umana. Ciononostante, mentre il comportamento del signor Breivik deve e può essere considerato –e quindi capito e accettato- come il frutto di una mente folle annebbiata dalla malattia mentale, noi non renderemmo un buon servizio alla memoria dei morti innocenti e al nostro desiderio di europei che vogliono evolversi se ci fermassimo soltanto a questa considerazione piatta. C’è di più. E’ per questo che dobbiamo confrontarci”.

Svegliamoci. Cerchiamo di comprendere e riflettere e dibattere.