lunedì 29 ottobre 2018

Un neo-nazista che elogia lo stupro alla guida del Brasile






di Sergio Di Cori Modigliani


Al suo ultimo comizio elettorale, il neo-eletto presidente brasiliano Bolsonaro, tanto per rassicurare gli elettori sulla sua caratura ideologica, ha chiuso il suo intervento (accolto da applausi ed evviva da decine di migliaia di persone) dichiarando che il primo provvedimento del suo esecutivo sarebbe stata l'immediata depenalizzazione dello stupro, così finalmente si abbatte l'ideologia dei mitomani della sinistra, il popolo sa benissimo che alle donne piace ed è quello che cercano.
Angela Merkel (d'accordo con i suoi alleati di governo) si è rifiutata di congratularsi con lui. Idem Theresa May. E quindi, praticamente, il resto del mondo.
I due unici immediati ed entusiasti sostenitori sono stati Donald Trump ("lavoreremo molto bene insieme") e Matteo Salvini ("congratulazioni e complimenti: benvenuto nella grande famiglia internazionale dei sostenitori della libertà").
Insieme agli Usa, quindi, la Repubblica Italiana diventa l'unica nazione a promuovere l'immagine di una autentica bestia impresentabile.


P.S. Il Brasile è il paese al mondo con il più alto numero registrato di femminicidi accertati e documentati: 150 al giorno, circa 50.000 donne assassinate all'anno dopo essere state suprate e seviziate. E' diventato più violento del Messico, il che è tutto dire.
Si vive meglio a Kabul.


Qui di seguito alcune chicche del neo presidente brasiliano:

1. “Pinochet avrebbe dovuto uccidere più persone.” Veja, 2 dicembre 1998

2.“Ho cinque figli. Quattro ragazzi, al quinto sono stato debole e ho avuto una femmina.” Discorso al Clube Hebraica, Rio de Janeiro, 3 aprile 2017

3.“Il mio consiglio e la mia condotta: evado quante più tasse è possibile. Se non ho bisogno di pagare qualcosa, non la pago.” Programa Câmera Aberta, Band RJ, 23 maggio 1999

4.“Sono favorevole alla tortura e voi lo sapete.” Programa Câmera Aberta, Band RJ, 23 maggio 1999

5.“Attraverso il voto non cambieremo mai niente in questo paese. Niente! Assolutamente niente! Sfortunatamente, cambieremo quando cominceremo una guerra civile. E a fare il lavoro che il Regime Militare non fece: ucciderne trentamila! [...] Se qualche innocente morisse, capita; in ogni guerra muoiono innocenti. Io sarei felice di morire se altri trentamila morissero con me.” Programa Câmera Aberta, Band RJ, 23 maggio 1999

6.“La situazione del paese oggi sarebbe migliore se la dittatura avesse ucciso più persone.” Folha de São Paulo, 30 giugno 1999; "Il grande errore è stato torturare e non uccidere.” 7 agosto 2008

7.“Quale debito storico avremmo con i neri? Io non li ho mai schiavizzati. I Portoghesi non hanno mai messo piede in Africa. I neri sono stati portati qui da altri neri.” Programa Roda Viva, 30 luglio 2018

8.“Non ho mai picchiato la mia ex moglie. Ma ho pensato di spararle più volte.” Revista IstoÉ, 14 febbraio 2000

9.“Dio sopra ogni cosa. Non c’è una cosa chiamata Stato secolare. Lo Stato è cristiano e la minoranza dovrà cambiare, se possono. Le minoranza dovranno adattarsi alla posizione della maggioranza. Discorso all’Aeroporto João Suassuna, Campina Grande, 8 febbraio 2017

10.“Non ti stuprerei mai perché non te lo meriti.” alla Deputata Federale Maria do Rosário, novembre 2003

Ecco il link dello scontro avvenuto durante una intervista (https://youtu.be/1hhoqMNDIVM) .

Sei mesi fa, nel corso della campagna elettorale, quel video era stato usato dai sostenitori di Lula contro di lui e per due mesi, in tutto il Brasile, lo stupro e il rapporto politico che le diverse forse politiche avevano con questa dimensione maschile dell'esistenza, era diventato l'argomento di cui tutti dibattevano. Durante quel periodo che ha poi infiammato gli animi portando uno scriteriato a tentare di uccidere Bolsonaro, mentre da parte dei sostenitori dello schieramento di sinistra intervenivano dovunque a sostegno delle diverse organizzazioni femministe che denunciavano la misogina campagna di Bolsonaro, i sostenitori dello schieramento di destra intervenivano dovunque chiedendo libertà di stupro; molti lo ritennero una scherzosa provocazione e un trucco per far parlare di sè, e cavalcare l'onda esagerando l'esasperazione per acquistare pubblicità e visibilità; fu in quelle giornate molto calde (e molto violente, dato che si registrarono diverse decine di morti, soprattutto a Minas Gerais) che Bolsonaro sostenne la sua idea che propose come regalo ai suoi numerosi elettori e fans.
In questo altro video ( https://youtu.be/fe-dAwXDu1U) che dura 19 minuti, si fa riferimento a una seduta del parlamento del febbraio 2016, presideuta dalla deputata Maria do Rosario. In quell'occasione, ci fu un durissimo scontro. E' interessante notare la qualità dei commenti a quel video su you tube, che denotavano una inusitata aggressività insultante nei confronti della do Rosario.  Da quel giorno, la campagna elettorale ha iniziato a radicalizzarsi finendo per concentrarsi poco a poco su due punti: il diritto del maschio ad avere salari maggiori rispetto alle donne e l'accettazione del principio di stupro come "norma" e non più come reato.
 

sabato 27 ottobre 2018

Elogio dell’intolleranza









A casa mia, i disonesti e i furbi non ci possono entrare.
Nel caso capiti qualcuno per sbaglio, portato da un comune conoscente, che si riveli appartenente a una delle categorie sopra citate, mi riservo il diritto di prenderlo dalla collottola e buttarlo fuori dal mio territorio.
Perchè sono diventato intollerante.
E me ne vanto.
La mia compagna mi aveva avvertito: “guarda che stai diventando intollerante”.
Aveva ragione.

Il testo base che lancia la sfida del grande pensiero progressista europeo libertario, il saggio “De Tolerantia” firmato dal grandioso pensatore britannico John Locke e pubblicato a Londra nel 1689, prima in latino e subito dopo in inglese, oggi -nel caso John Locke risorgesse- si chiamerebbe “Epistola sulla necessità dell’intolleranza per i giusti” con il sottotitolo, “consigli ai progressisti su come affrontare gli ipocriti, i doppiogiochisti, i trasformisti, senza farsi prendere da una crisi di nervi e uscirne rinvigoriti”. 
Forse qualche editore sarebbe interessato, per la sezione dedicata a libri di divulgazione filosofica “per una nuova ecologia della mente etica”.

E’ giusto e sacrosanto che il Papa sia tollerante e accogliente, io no.
Sono un umano peccatore, nonchè progressista e soggetto politico combattente.
Quindi, sono intollerante dinanzi all’idiozia di massa; 
sono intollerante di fronte alla corruttela permanente; 
sono intollerante quando avverto la malafede, spicciola o ben congegnata; 
sono intollerante dinanzi all’opportunismo e alla miseria umana, quella spirituale, quella interiore, alimentata da pulsioni, ambizioni e sogni piccolo-.borghesi.
Sono soprattutto intollerante all’ipocrisia in ogni sua coniugazione.

Rivendico il mio diritto a sottrarmi alla litania di massa che oggi va di moda, basata sull’essere inclusivi di chicchessia: esperienza di santificazione fatta con risultati mondani davvero tragici. 
Nella mia dimora privata, nel mio gruppo ideale, associazione, movimento, club o partito che sia, l’intolleranza sta di casa. E la selezione è durissima. 
Ai primi segnali, scatta una iniziale insofferenza che porta, inevitabilmente, alla reazione definitiva.
Gli esseri spiritualmente puliti, sinceramente libertari, intimamente democratici, socialmente e politicamente progressisti, possono (devono) praticare l’intolleranza.
Il fascino dell’intolleranza consiste nel fatto che è politicamente scorretta.
E’ sensuale perchè nasce dalla pretesa interiore di combattere la noia mortifera che dà l’appiattimento, il non poter esprimere la propria persona, le proprie idiosincrasie, le proprie idee, assumendosi la responsabilità delle proprie opinioni (manifestazione questa di assoluto vigore erotico); consente di combattere l’idea ormai già vista, già praticata, già vecchia, del all inclusive che doveva essere usa e getta, e invece sta diventando norma.
L’intolleranza garantisce la vittoria certa sulla solitudine: male che va si riesce a stare con se stessi sentendosi in ottima compagnia. 
Essere intolleranti fa bene alla salute: fa comprendere subito chi si è e che cosa si vuole. 
Fa risparmiare tempo ed energia: quando si manifesta rende palese la personalità dell’interlocutore confermando la giustezza della propria scelta.
Sono intollerante nei confronti del produttore di armi, nei confronti di chi vende le armi, di chi le acquista e di coloro che le usano.
Sono intollerante nei confronti di ogni pacifinto, di ogni finto democratico.
Sono intollerante nei confronti di ogni finzione, che adoro nel suo unico territorio consentito: la letteratura, il cinema, l’Arte.
Oggi, Voltaire sarebbe considerato un intellettuale pericoloso da tenere ai margini, per via dei suoi continui squisiti libelli in cui si esaltano le virtù dell’essere intolleranti.
L’ idea di un mondo tollerabile è il regalo della vera intolleranza militante!
Pensate come potrebbe andare meglio la vita di ciascuno di noi se da domani venisse abolito -per Legge- il diabolico concetto iper-liberista del politicamente corretto, consentendo a chiunque di manifestare la propria opinione e sottraendosi all’attuale moda del “comunitarismo”, base pulsante dell'ideologia lepeniana e salviniana, l’ultima geniale trappola ideata dai conservatori neo-aristocratici per imbrigliare le menti, raffreddare i cuori e sporcare l’anima, nuova coniugazione del nazi-fascismo e del comunismo riciclati per essere riadattati ai social networks.
Essere intolleranti consente di potersi occupare di un elemento fondamentale per la ripresa economica: l’investimento sulla qualità del prodotto che è la base strutturale del successo del made in Italy nel mondo: l’intolleranza sposta l’attenzione dalla quantità alla qualità.

Se vogliamo essere davvero liberi, riconoscere, rispettare e accogliere il diverso da noi, senza aver paura, senza sentirci minacciati, è necessario praticare la solida intolleranza nei confronti degli screanzati, dei trogloditi, dei prepotenti, dei primitivi, degli ignoranti, della vecchia e dell’ultima ora e di qualsiasi colore.
L’attuale retorica della tolleranza è un passatempo per pusillanimi, che ignorano di essere semplicemente una pedina nelle mani dei tecnocrati che vogliono quantificare le nostre esistenze riducendo la nostra partecipazione a un dato statistico, a un numero di percentuale, alla somma di contatti digitali effettuati o ricevuti da un anonimo robot.
Grandioso paradosso dei nostri tempi attuali: l’intolleranza assoluta è la solida base libertaria sulla quale poter costruire l’edificio di una nuova società più progredita, più evoluta, come dire: più tollerante.
Così è, se vi pare.

venerdì 26 ottobre 2018

La tragedia degli annunci in un paese che ama la farsa.







"L'italiano è un popolo davvero eccentrico. Vivono le partite di calcio a mo' di tragedia, come se si trattasse di una guerra, e vanno a far la guerra festeggiando come se si trattasse, invece, di una commedia".
                                                                  Sir Winston Churchill. Londra 1950


di Sergio Di Cori Modigliani

La tragedia comunicativa che viviamo oggi, nella nostra quotidiana attualità, a stento può essere condivisa, perchè la maggioranza della popolazione non la percepisce come tale. Molte (troppe) persone non si rendono conto che siamo immersi in una tragedia antropologica, sociale, culturale e quindi -inevitabilmente- a breve anche economica e finanziaria. Pensano che stiamo dentro una commedia degli errori e ormai si fa a gara a chi pubblica il post più comico e divertente sul ministro Salvini o sul ministro Toninelli.
Avendo eliminato il "senso della sostanza" (e quindi la realtà oggettiva) questo governo ha istituito il virtuale come punto di riferimento dell'attività dell'esecutivo, rifiutandosi per principio di confrontarsi con il mondo reale. Forse è meglio ripeterlo per evitare fraintendimenti: "rifiutandosi per principio di confrontarsi con il mondo reale".
E così si comincia a costruire un immaginario collettivo della nazione dove l'assunzione di responsabilità in proprio (nel mondo reale esistenziale) viene a cadere. Ragion per cui il ministro del lavoro può sostenere in tutta tranquillità l'idea che "abbiamo abolito la povertà" festeggiando dal balcone di Palazzo Chigi, sapendo che nessun attivista, nessun elettore e anche nessun giornalista insisterà nel chiedere adeguata documentazione, dati, cifre, date, luoghi, modalità, statistiche di carattere sostanziale tali da poter suffragare il proprio annuncio per poi presentarsi (a quel punto) all'Onu accolto da una gigantesca quanto meritata ovazione d'applausi.
El pueblo, così facendo, viene spinto volontariamente e consapevolmente verso un mondo in cui i fatti non hanno più alcuna rilevanza, quindi si può tranquillamente sostenere che nel 2019 l'Italia crescerà "almeno" del 3% senza fornire alcuna prova, dettaglio, programma, se non la richiesta fideistica al popolo di credere ad un annuncio totalmente privo di fondamento reale, ma fortissimo e potentissimo nel mondo della virtualità.
Il reale è il vero grande nemico del M5s e della Casaleggio, consapevoli che su quel piano si perdono voti, consenso, clienti e soldi. Di conseguenza, devono allontanare le persone dalla realtà quanto più è possibile per mantenere alta l'illusione virtuale, quel mondo in cui i fatti non contano e ciò che vale è la percezione della realtà su base soggettiva. Allora prepariamoci a vivere in un mondo per molti aspetti davvero comico e divertente, perchè ciascuno sarà libero di dire ciò che vuole e i governanti penseranno di farla franca costruendo annunci uno dopo l'altro senza mai fare i conti con la realtà. Due mesi fa era stato detto che il governo aveva chiuso il dossier Ilva con 0 esuberi (esuberi pari a zero), totalmente in linea con l'abolizione della povertà. Tutti abbiamo deciso di crederci. Oggi, a Taranto, i lavoratori dell'Ilva scioperano. Hanno scoperto che gli esuberi sono 3.000, che l'azienda Ilva non bonificherà un bel nulla e forse si rendono conto che l'accordo con questo governo è risultato essere molto ma molto peggio, complessivamente, di quello firmato da Carlo Calenda un anno fa.
Ma a nessuno interessa: quello è il mondo reale.
E così il governo vive la propria identità come se la sua mansione fosse quella di gestire un reality, e non una nazione. 

Perchè il virtuale è divertente e bello. 
Come la manovra. 
La realtà invece è noiosa e peregrina, quindi, tanto vale abolirla. La povertà è stata abolita, i tarantini hanno svoltato alla grande perchè l'Ilva verrà risanata dopodomani, nessun esubero, neppure uno, e chi contesta queste affermazioni è nemico del popolo.
Problema risolto, secondo i nostri governanti.
Così come è stato risolto il problema del finanziamento delle banche. Annunci quotidiani che le banche sono criminali assetate di sangue e che -a differenza dei precedenti governi- non beccheranno neppure un euro. Poi arriva la realtà e il ministro Salvini, questa mattina, spiega che il governo mette a disposizione 15 miliardi di euro per le banche prese dal fondo costruito apposta da Gentiloni e Padoan, cioè dallo Stato. La notizia ha avuto finora poca diffusione mediatica ( soprattuttosui social) Questo annuncio, assolutamente necessario per tranquillizzare le decine di milioni di italiani che hanno soldi nelle banche che loro vedono andare a picco, lo fa Salvini non Di Maio, il ministro dello sviluppo economico.
Ma Di Maio vive in un altro mondo, dove il lessico è diverso, dove le banche falliscono senza alcun impatto sociale e i risparmi dei cittadini non vanno in fumo. Non poteva farlo, i suoi elettori avrebbero protestato, perchè l'iniezione di realismo sarebbe stata traumatica.
In casi come questi, un meme divertente non basta.
Buona fortuna a tutti, sinceramente.

Ecco la realtà che bussa alla porta. Ma non fa notizia.
Oppure, è solo un altro annuncio.

venerdì 19 ottobre 2018

La catastrofe che non ci sarà perchè c'è già stata




di Sergio Di Cori Modigliani

Dal prossimo lunedì, è molto probabile, nessuno neppure ricorderà il "caso della manina" e sui giornali si parlerà d'altro.
Perchè viviamo dentro un reality.
Da lunedì, altra puntata.
O meglio: è l'attuale classe dirigente politica a vivere dentro un reality, costruito a tavolino per tutti noi, la quale pretende -da noi cittadini senza alcun potere- che noi partecipiamo come claque passiva.
Sia chiaro: compresi il PD, Forza Italia e Confindustria, tutti e tre comparse necessarie per il funzionamento dello spettacolo.
E' una messinscena.
Tutti complici.
In un paese, quando il proprio ministro degli interni che -per forma e costituzione tutela la sicurezza nazionale e non è autorizzato a intervenire nelle relazionalità con altri stati essendo quella mansione specifica e delegata del dicastero agli esteri- si presenta (non si comprende su quale base) sotto il cartello degli industriali italiani, a Mosca, e sostiene che lui si sente a casa in Russia ma non in Francia, Germania o Italia, e il presidente della Repubblica -ovvero il capo dello Stato e comandante delle forze armate- ritiene di non dover redarguire pubblicamente con furibonda severità un tradimento etico del proprio essere "nazione italiana sovrana", allora si finisce dentro la realtà nuda e cruda: state tranquilli se siete degli ansiosi, non avverrà nessuna catastrofe, non ci sarà nessun disastro epocale.
La catastrofe e il disastro epocale sono già avvenuti da tempo.
Ma poichè eravamo tutti presi dallo spettacolo del reality, ci siamo persi la realtà.
Non lo abbiamo capito.
Odio, rabbia, livore, complottismo da operetta, sono diventati gli ingredienti della nostra malsana quotidianità: fa audience.
Grande Paradosso dell'attualità: nel nome del sovranismo abbiamo perso il Senso della nazione e della concordia.
Ormai, le decisioni sul nostro presente e futuro vengono prese a migliaia di chilometri da Roma.
A nostra insaputa.
Il tutto a nome del "prima gli italiani".
Come dire: dopo il danno dei precedenti governi, la beffa di quello attuale.
Rivoglio i miei sereni compatrioti innamorati della nazione.



mercoledì 17 ottobre 2018

La Ue esiste e resiste molto bene.






di Sergio Di Cori Modigliani


La differenza tra la realtà "nuda e cruda" (come si diceva un tempo) e la percezione di tale realtà (ovvero: il modello virtuale dei social) è sempre più marcata.
Mentre i nazionalpopulisti italiani si affannano a dichiarare estinta la Ue (il che è un delirio basato sull'informatica predittiva, quindi "una idea virtuale e non reale" che spinge verso la auto-profezia) arriva una notizia davvero importante sulla Ue di cui neppure un post o un rigo negli ultimi 4 mesi:

entro la mezzanotte di oggi si chiudono formalmente gli incontri tra Theresa May e la Ue per regolamentare la Brexit. La discordia è totale e sta andando malissimo.
La grande sorpresa (negativa) per Farage, Bannon, Trump, Putin, Le Pen, Salvini, Grillo & co. è stata la totale compattezza, la forte tenuta collettiva dei 27 paesi della Ue contro l'arroganza britannica. Sono falliti tutti i tentativi di far litigare i membri della Ue sull'Irlanda.
Da 126 giorni si va avanti e i conservatori britannici, i russi e la finanza anglo-americana sono letteralmente "disperati" perchè non si sarebbero mai aspettati una tenuta così forte, coesa e massiccia da parte dei 27 membri della Ue.
Una bellissima notizia vera. Verissima.

Benvenuti nel mondo reale.
Anzi, dear Prime Minister May: welcome to the real world!

martedì 16 ottobre 2018

avvenne 75 anni fa, in Europa







di Sergio Di Cori Modigliani


75 anni fa i nazisti irrompevano nel ghetto di Roma e deportavano migliaia di ebrei romani nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau, per attuare il programma della "soluzione finale del problema ebraico in Europa".
Non è facile, nell'Europa attuale, esprimere un commento evoluto senza cadere nella consueta retorica commemorativa, utile a ottenere mipiace d'indignazione per avere la possibilità di dire a se stessi io sono una persona per bene. Senza mai interrogarsi oltre. Oltre.
E' sempre l'Arte (quando è autentica si scrive sempre con la A maiuscola) a fornirci risposte adeguate.
Il modo migliore per fornire agli europei (e quindi ai romani e agli italiani tutti) uno strumento potente di riflessione e di nutrimento estetico, intellettuale e spirituale è quello di affidarsi a un evento artistico attuale che affronti l'argomento.
Ed è ciò che vi propongo.
Non è un caso -e sarebbe un grave errore considerarlo tale- che sia proprio un tedesco ad aver realizzato uno squisito prodotto artistico sul nazismo, sui suoi effetti e sull'idea del mondo dei nazisti. Si chiama Florian Henckel Dannesmarck.
Costui è il finanziatore, produttore, soggettista, sceneggiatore, direttore della fotografia, musicista, montatore, nonchè regista, del suo film "opera senza autore" nelle sale italiane in questo momento.
L'autore è riuscito a comunicare (nello stesso film) un vibrante messaggio di denuncia della follia del nazismo, del comunismo, del consumismo americano, e del mercatismo.
Il tutto trattato con la profondità della leggerezza.

Narra la storia di un tedesco nato a Dresda nel 1931 e lo segue fino al 1966 facendogli attraversare diversi mondi e diverse epoche europee.
Tutti tedeschi gli attori. Tom Schilling, Saskia Rosenthal, Sebastian Koch e Paula Beer.
La chiave di lettura proposta dall'autore è: la misoginia, che lui considera (come ha dichiarato) essere l'autentico e vero motore alla base dell'interpretazione nazista del mondo.
Come a dire: tutti i nazisti erano misogini, tutti i misogini sono veri nazisti, anche se non lo sanno.
Consiglio a tutti di vederlo.
Vale davvero la pena.
Dura 170 minuti.
I tedeschi se la passano molto meglio di noi, non vi è dubbio.

lunedì 15 ottobre 2018

Wilkommen frau Schulze






di Sergio Di Cori Modigliani



Si chiama Katharina Schulze.
E' nata nel 1985, sotto il segno dei Gemelli.
Ecologista e ambientalista da sempre, femminista, europeista, anti-fascista, cosmopolita.
E' la nuova leader dei verdi tedeschi in Baviera, la più ricca regione d'Europa dove ieri si sono svolte le elezioni.
 

Gli ultimi sondaggi davano i cristiano-sociali al 44%, 
l'estrema destra al 22%, 
i socialisti al 20% 
e i verdi intorno al 7%: 
questo nel mondo virtuale.
 

Nel mondo reale, invece, i risultati hanno dato i cristiano-sociali al 37%, 
i verdi al 18%, 
l'estrema destra all'11%, 
i socialisti al 9%, 
e il resto dei voti sparpagliati su liste locali, nessuna delle quali ha superato la soglia di sbarramento.
 

A Monaco di Baviera, una delle roccaforti del polmone economico della Germania, i verdi sono il primo partito con il 30% dei voti e la Schulze è stata la candidata più votata ieri.
Secondo molti analisti tedeschi non sarà certo una meteora.
E' vista da tutti come la più accreditata e temibile concorrente -nonchè erede- della cancelliera Angela Merkel.
"E' il volto giovane della novità, la donna guerriera di cui la Germania e l'Europa avevano bisogno per far voltare pagina all'intero continente e spingerci verso un futuro sostenibile, pulito, socialmente civile e rispettoso della Terra".
Così, ieri notte, la radio pubblica di Monaco di Baviera dava l'annuncio dell'esito elettorale.

Come dire: beati loro!
Wilkommen frau Schulze


venerdì 12 ottobre 2018

Sorelle d'Italia alla riscossa



di Sergio Di Cori Modigliani

Italiane: datevi una mossa!! Il paese ha bisogno di voi.
Un paese sempre deludente, il nostro.
A differenza dei nostri parenti europei più prossimi -omologhi per etnia, cultura, religione, e tradizione storica- come Spagna, Francia e Portogallo, l'Italia è incapace di vendere se stessa sottolineando ed evidenziando il meglio di sè.
Sempre in bilico tra la xenofobia dei bulli cretini e la xenofilia dei piccolo-borghesi provinciali, non siamo mai in grado di trovare la lucidità strategica necessaria per mostrare e dimostrare al mondo il nostro valore aggiunto..
Ieri apro il Wall Street Journal e, tolta la prima pagina con i comprensibili titoloni relativi ai crolli delle borse, leggo "I giapponesi in estasi per lo sport italiano femminile. Le atlete italiane sono il nuovo trend in Asia: dedicheranno alle atlete italiane uno speciale manga".
Poi, sono andato a vedere su alcuni importanti giornali asiatici on-line scritti in inglese e si parla con eccitata ammirazione della nazionale femminile italiana di pallavolo (volleyball) che sta partecipando al campionato del mondo a Tokyo dove (finora) ha battuto tutte le contendenti (8 vittorie su 8) schiantando ieri l'altro la nazionale Usa -considerata insuperabile e imbattibile- attuale detentrice del titolo mondiale.
In termini pallavolisti è considerato un evento epico.
La Rai ha trasmesso venti giorni fa in prima serata su canale2 le dirette della squadra maschile di pallavolo ai mondiali, dove ha fatto una penosa e pessima figura.
E le atlete, invece?

Italiane!
Datevi da fare a sostenere le nostre atlete di cui non si parla.

lunedì 8 ottobre 2018

Dove va e dove ci sta portando il M5s?







di Sergio Di Cori Modigliani


Una parte di me è convinta che la dirigenza del M5s ha fatto male i conti, perchè la stragrande maggioranza dei suoi elettori ha dato loro fiducia sperando in un pragmatico cambiamento reale e non volevano affatto lo sfascio dell'Europa.
Lo pagheremo tutti.
Un'altra parte di me è convinta che la dirigenza del M5s, finalmente libera perchè ha preso il potere, ha tolto la maschera e ha interpretato il volere dei suoi elettori che volevano, hanno sempre voluto e vogliono lo sfascio dell'Europa.
Lo pagheremo tutti.

Non so quale sia la risposta giusta.
Qualunque essa sia è, comunque, tragica.





mercoledì 3 ottobre 2018

Essere progressisti non è ancora un reato. Quantomeno fino adesso.





Sulla comunicazione e sui fascisti.

Qualche decina di anni fa, quando uno ascoltava parlare Giorgio Almirante, era naturale pensare “è un fascista”, così come era naturale pensare -quando si ascoltava Enrico Berlinguer- commentare con il proprio vicino “mi sa proprio che questo tipo è un comunista”. Anche quando si leggeva sul Corriere della Sera una intervista a Giulio Andreotti, era naturale pensare “secondo me, questo è davvero un democristiano” e così via dicendo.
I più giovani è bene che non corrano subito a trarne un ragionamento errato, del tipo “ma allora era diverso, era più semplice”.
A quei tempi era tanto difficile quanto lo è oggi, o quanto lo fosse stato venti anni prima di allora.
La complessità, da sempre chiave suprema per cogliere e accogliere le contraddizioni del reale, esiste da diecimila anni, pressappoco da quando Caino prese a sassate suo fratello Abele uccidendolo. Da quel momento (pagina 3 della Bibbia) il nostro percorso sociale -quanto meno di noi occidentali che da quella cultura proveniamo- si è immerso nella complessità di fattori polivalenti perché fu chiaro, ahimè fin da subito, che perfino la più solida, salda e rassicurante istituzione sociale, la famiglia patriarcale, non era immune da possibili varianti, perfino criminali.
Nella realtà di oggi, se una novità esiste, consiste nel fatto che la prima grande vittima del genocidio culturale messo a segno in Europa sia stata, per l’appunto, la complessità.
E’ scomparsa dal dibattito reale dell’attualità quotidiana, per essere sostituita dallo sdoganamento della semplificazione, un diabolico trucco per selezionare una classe dirigente, un pubblico, una platea di ascoltatori, in base all’appartenenza e aderenza a concetti elementari, quindi regressivi, di fatto primitivi, e non più discriminando sull’intelligenza, il merito, la cultura di chi ascolta e accoglie.
Oggi, noi viviamo una realtà nella quale la sostanza è stata sostituita dall’apparenza, un concetto marketing liberista, applicato dall’industria della pubblicità.
In inglese si chiama “packaging”.
So di averne già parlato ma il tema è ancora attuale. 
Fu teorizzato nel lontano 1956 e spiega i fondamenti della seduzione dei consumatori arrivando al punto di sostenere che “l’adeguata forma estetica, di colore, di sapore, di suono, di forma, e prima di ogni altra cosa, di presentazione del prodotto, sono in grado di attribuire un plusvalore alla sostanza stessa del prodotto, estendendosi al punto tale che il consumatore non investe più energie nel porsi domande sulla qualità del prodotto, perchè ricava la sua intima soddisfazione libidica dal fatto di aver acquistato un oggetto per lui iconico, una autentica reliquia, anche se costa un dollaro. Il pacchetto diventa l’ambito feticcio dei suoi desideri. Se il pacchetto è sbagliato, il consumo sarà negato”.
Nel 1957, un grande sociologo statunitense, Vance Packard, ci regalava un testo storico, pilastro della antropologia sociale moderna (in italiano è stato pubblicato dalla Einaudi editore di Torino, nel 1962, con il titolo “I persuasori occulti”) nel quale riportava, per l’appunto, questo brano che ho citato.
Nei nostri tempi mediatici, oltre al packaging è stato aggiunto il concetto di “titolazione” che sostituisce il contenuto. Conseguenza dell’analfabetismo di ritorno pianificato, il messaggio politico -qualunque esso sia- non risiede più in una argomentazione (è irrilevante che sia conservatrice o progressista) bensì “nell’effetto prodotto dalla reazione chimica determinata dalla reazione viscerale sollecitata dalla titolazione e dall'annuncio di uno specifico evento, il cui obiettivo consiste nell’abolire il senso andando subliminalmente all’attacco della ragione per provocare una reazione istintiva in cui la mente raziocinante viene esclusa” come acutamente ci spiega il grande sociologo Richard Sennett (nel suo ultmo capolavoro, “Insieme” pubblicato in italiano dalla Feltrinelli editore di Milano nel 2012, purtroppo letto in Italia (forse non a caso) da pochissime persone, poco reclamizzato né presentato, né promosso).
L’abolizione del Senso è il pilastro solido dell’iper-liberismo conservatore. 
L’economia, il debito pubblico, i conti, l’euro, tutta la consueta brodaglia che la cupola mediatica cucina ogni giorno per noi, è un effetto e un prodotto della sistematica e scientifica pianificazione dell’abolizione del Senso e dei punti di riferimento.
La destra estrema italiana ha capito, decenni fa, che era molto più utile e vincente seguire questa strada invece che quella della violenza armata: si arrivava prima all’obiettivo senza spargimento di sangue, senza testimoni, senza reazioni.
Impossessandosi della comunicazione linguistica alla quale è stato sottratto il valore del Senso e la potenza della Sostanza, il gioco è stato facile.
Ed è stato quindi elementare diffondere e divulgare falsi ideologici, presentati come novità.
Tra questi, al primo posto c’è la seguente espressione: “Non esistono più né la destra né la sinistra, sono categorie arcaiche" e di seguito, “il fascismo e il comunismo sono soltanto parole vuote prive di significato, sono vecchie categorie sorpassate”;  “oggi viviamo in un’epoca post-ideologica”.
E’ il cavallo di battaglia -e il cavallo di Troia- del pensiero conservatore dell’estrema destra.
Anche una persona dotata di pochi strumenti è in grado di poter comprendere il seguente assunto, per quanto paradossale possa suonare: se la destra sostiene perentoriamente, battendo di continuo su questa frase, che la destra e la sinistra non esistono, mentre la sinistra sostiene invece che esiste una forte differenza, allora il solo fatto che questa frase venga compilata rivela una matrice sostanzialmente di destra, che corrisponde a un’idea del mondo totalitaria, fondativa del pensiero Unico, il cui obiettivo consiste nell’impedire che possa manifestarsi una qualsivoglia forma di opposizione perché nega e abbatte le differenze e le distanze. 
Se si sottrae l’oggetto del contendere, al soggetto vengono sottratte tutte le armi logiche del ragionamento.
Non esiste nessun soggetto politico attivo, in tutto l’emisfero occidentale -che appartenga al mondo progressista- disposto e disponibile a firmare la locuzione “la destra e la sinistra non esistono più”.
Così come l’espressione “mondo post-ideologico” promuove un nuovo concetto (oggi di moda) che si chiama “comunitarismo” (chi è interessato può andare a leggere i filosofi Richard Rorty, Bernard Henry Levy, Hillary Putnam, Zygmunt Bauman che hanno prodotto pagine fondamentali sulla “produzione di Falso Ideologico della destra conservatrice per distruggere il patrimonio intellettuale della sinistra” la frase è di Richard Rorty, Berkeley 2000).
Il comunitarismo è un concetto marketing dell’iper-liberismo applicato alla socio-politica.
Promuove e lancia nell’agone della Politica la variante del centro commerciale. Si tratta di un gigantesco iper-mercato delle cosiddette idee in cui il messaggio è il contenitore e non il contenuto. Si accoglie chiunque – quindi si abolisce il concetto meritocratico basato sul “conta chi vale”- promuovendo soltanto i manager di un gigantesco iper-mercato che funge da contenitore e quindi applicando alla lettera la base della conservazione neo-aristocratica del “vale chi conta”, come avveniva nella società occidentale prima della rivoluzione francese.
Il comunitarismo è un prodotto iper-liberista che nasce dopo la fine della guerra fredda.
E viene confuso con il “post ideologico” al quale darei un significato esclusivamente temporale che facilita, in quanto tale, la produzione di un “pensiero laico”.
La strategia del pensiero laico, liberale, libertario e radicale, è ben altra cosa. Serve per evitare, in maniera surrettizia, che il pensiero progressista, ridotto al’angolo, possa manifestarsi e venga bloccato da frasi come “sei ideologico, quindi sei vecchio, oggi viviamo in un mondo post-ideologico in cui la destra e la sinistra sono categorie obsolete”.
E’ così che il fascismo si incunea e getta i semi del Pensiero Unico Totalizzante.
Il comunitarismo è stato promosso e lanciato dai consulenti della comunicazione di Marie Le Pen in Francia nel 2009 (in testa Craig Paul Roberts, ex ministro degli esteri di Ronald Reagan) con il termine “movimento identitario” ma è stato tradotto in spagnolo e in italiano con il termine “comunitarismo”; che rappresenta la rinuncia all’espressione della individualità e dell’originalità dell’essere umano, qui inteso come Persona Sociale.
L’iper-mercato comunitario impone il collante unificante: un nemico comune. Che sia l’euro, le banche, Draghi, l’Ue, Juncker, poco importa perché nulla ha più senso. Ciò che conta è la propria disponibilità a rinunciare alla specificità delle proprie idee e far quadrato contro un nemico comune.
Così facendo si apre la strada alla perdita di creatività, di attività propositiva, perché ciò che conta è crescere insieme costruendo una massa di facitori di odio. Quando sarà necessario, sarà un gioco elementare trasformare i clienti dell’iper-mercato in soldati volontari.
Il comunitarismo non ha niente a che fare con il concetto di comunità.
La “comunità” è un concetto solido, opposto.
E’ un nucleo collettivo composto da persone che non stanno insieme perché odiano qualcuno o sono contro qualcuno o contro qualcosa, bensì perché sono a favore di qualcosa, hanno una idealità comune basata su un progetto fattuale che neppure contempla l’esistenza del nemico esterno.
La comunità degli ambientalisti non va nel contenitore iper-mercato del comunitarismo ecologico -dove il collante è l’odio la denuncia e la minaccia contro, che ne so, i petrolieri- ma propone se stesso (e tutti i componenti di quella comunità) come un soggetto attivo che, ad esempio, sceglie di non buttare plastica in mare e di non incendiare i boschi. L’appartenenza alla comunità nasce da usi e costumi condivisi, identici bisogni, idee collettive il cui fine è il bene comune. Non stanno insieme né per difesa né per offesa. Una comunità di frati francescani non sta in convento per far comunella contro Satana. Loro stanno lì a far la marmellata di fichi tutti contenti perché -questa è la loro idea e progettualità- ritengono che mangiando un cibo sano e genuino spinga le persone a sentirsi più disponibili e aperti a comprendere la magnitudine di Fratello Sole e Sorella Luna e così il mondo sarà migliore. Se uno lo capisce, loro sono contenti. Se uno non lo capisce, a loro non interessa poi mica tanto, dispiace un po’ essere testimoni del suicidio degli innocenti.
Essere progressisti, esiste.
Lo si evince dal linguaggio, dalle reazioni, dalle scelte, dalla propria biografia.
E nel mondo di oggi, gli autentici progressisti sono intolleranti. Assolutamente.
Sono severi. Implacabili.
Perché la posta in gioco è la loro stessa esistenza.
Essere progressisti vuol dire accollarsi -nella percentuale consentita dalla propria individualità- la responsabilità collettiva del mondo intero e lavorare per migliorarlo.
Perché il progressista parte dal presupposto lanciato dal più grande intellettuale progressista europeo della seconda metà del secolo scorso, Jean Paul Sartre: “Certamente che sono un progressista. Per me è inconcepibile pensare un mondo in cui non siano tutti felici e faccio ciò che posso per lavorare per quello, sapendo che felice è soltanto una esigua minoranza planetaria. Fintanto che ci sarà al mondo un solo bambino che muore di fame, perché qualcuno deve lucrare un profitto sulla sua esistenza, io nego a chiunque la sola idea di aspirare alla propria felicità. Arrivo al punto di sostenere che non può neppure esistere una comunità che aspiri a godere di rispetto sociale, se non contempla l’idea di lavorare, l’intero pianeta, per debellare la povertà, l’analfabetismo e l’indigenza. L’unica comunità che conta è quella che si conta sulla sua esistenzialità, che trova il suo corollario nell’ingigantire sempre di più l’accesso al più alto numero di persone del loro diritto ad avere una casa, accesso alla sanità, all’istruzione, strumenti adeguati per lavorare, produrre arte e scienza. Chi non lavora per questo, vuol dire che si è accomodato nello status quo. Ne va della sua coscienza. Se ne ha una”. E’ una parte della lettera che inviò al Re di Svezia, agli inizi degli anni’60 per spiegargli il motivo per cui rinunciava al Premio Nobel, il cui ammontare lo pregava di versarlo in beneficenza all’Unicef per sostenere la ricerca scientifica. “Non voglio premi nè medaglie perchè sono un progressista. C’è poco da celebrare quando il 64% del pianeta non ha ancora nè acqua nè elettricità. Andate a costruire dei pozzi per loro invece di premiare gli intellettuali senza alcun beneficio per la collettività”.
La confusione dei generi, il finto buonismo, la piattola della tolleranza, il comunitarismo, la demagogia, soprattutto la comunella nel nome dell’odio, sono tutte modalità usate dai fascisti post-moderni per abbattere definitivamente il Senso.

Nel 2010 (in tempi, quindi, non sospetti) uno scrittore italiano, che si chiama Valerio Evangelisti, molto famoso tra i cultori di fantascienza e di romanzi epic, scrisse un articolo spiegando la diffusione del pensiero neo-nazista in Italia, la proliferazione del nuovo fascismo che sta avanzando. Lo pubblicò sul suo sito.blog (Carmilla) che si occupa di letteratura e arte e poi venne ripreso da una rivista dei “rifondaroli” che si chiamava “Su la testa” e pubblicato qualche mese dopo sul sito Controinformazione. L’aspetto inquietante, direi allarmante, di questo articolo consiste nel fatto che quasi otto anni dopo è diventato di stringente attualità
Ve lo ripropongo all’attenzione.
Vale la pena per pensarci su.

http://www.carmillaonline.com/2010/07/21/i-rosso-bruni-vesti-nuove-per/


L’ultimo, sconcertante prodotto della strana famiglia che sto per descrivere ha per nome “autonomi nazionalisti sovranisti”. Si tratta in effetti di giovani neonazisti che fanno propri alcuni simboli esteriori non tanto dell’autonomia, quanto dell’anarchismo più radicale.
Vestono le tutine nere dei “Black Bloc”, si fregiano della A cerchiata. Di recente hanno occupato una casa rurale abbandonata nei pressi di Pavia, con l’intento di farne un centro sociale. Inalberano l’insegna del movimento internazionale “Antifa Aktion”, rappresentata da una bandiera rossa giustapposta a una nera, se i militanti sono in prevalenza marxisti, o una nera su una rossa, se prevalgono gli anarchici. L’emblema vuole comunque indicare l’unità di anarchici e marxisti contro il fascismo.
Non è così per gli “autonomi nazionalisti”. Nella loro versione, la bandiera nera copre la rossa, ma la scritta attorno è “Anti-Antifa Aktion”. Il nemico è dunque l’antifascismo militante.
Si tratta, in Italia, di un pugno di giovanotti, per di più invisi a Casa Pound, che li ha trattati a male parole. In realtà il piccolo movimento è nato in Germania, dove, visto il successo degli “Antifa”, alcuni militanti di estrema destra hanno pensato che fosse solo questione di look; poi il nucleo iniziale si è ramificato, raggiungendo persino l’Australia. Prassi di questi gruppi? Infiltrarsi nelle manifestazioni degli Antifa e causare il maggior numero possibile di danni insensati, con obiettivi certamente diversi da quelli dei Black Bloc propriamente detti.
Restano comunque un’esigua minoranza, come gli “anarchici nazionalisti” che li avevano preceduti. Ben diverso — anche se numericamente ancora marginale — il peso esercitato dalla tendenza fascista detta “rosso-nera”, o “comunitarista”, o “nazional-bolscevica”, o “socialista nazionale”. In Italia è una lunatic fringe, eppure può contare su un quotidiano, qualche rivista, diverse case editrici e molti siti web, che alcuni, in buona fede, credono di estrema sinistra. Il fatto è che questo filone ha una sua storia e, qui e là per l’Europa, persino un suo radicamento.
Un recente numero del Bollettino Aurora di Alex Lattanzio — pubblicazione “rosso-bruna” in rete molto ben dissimulata, tanto che prende nome dal famoso incrociatore che appoggiò gli insorti della Rivoluzione d’Ottobre — rievocava i “padri nobili” in quei comunisti nazionalisti che negli anni ’20, in Germania, ebbero un qualche seguito, fino a venire cancellati dai nazisti hitleriani. In realtà, l’origine della corrente è più recente. Il fondatore autentico è il belga Jean-François Thiriart (1922-1992), ex combattente delle SS valloni, collaborazionista in nome di gruppuscoli provenienti dall’estrema sinistra approdati al sostegno al Terzo Reich. Nel dopoguerra, Thiriart pagò le sue scelte con alcuni anni di carcere. Tornato in libertà, fondò alla fine degli anni ’50 il movimento Jeune Europe (avente per simbolo la croce celtica, poi divenuta di uso comune a destra), che si opponeva alla decolonizzazione del Congo belga, dell’Algeria e degli altri possedimenti europei in Africa. In Italia, Jeune Europe ebbe quale primo referente Ordine Nuovo, mentre all’interno dell’OAS (Organisation Armée Sécrète) franco-algerina, trovò un discepolo brillante e intelligente in Jacques Susini, l’ideologo del gruppo terroristico.
Lentamente, tuttavia, le idee di Thiriart, inizialmente tanto antiamericane quanto antisovietiche e centrate sulla nozione di Europa quale culla della civiltà, mutarono. Cominciò a leggere l’URSS quale baluardo nazionalista, specialmente nella figura di Stalin, e a considerare con simpatia la Cina. Formulò la nozione di “Eurasia”, entità politica e culturale in fieri capace di dare scacco all’imperialismo americano, ormai quasi il solo nemico (con la sua appendice ebraica, Israele). Accantonò il filocolonialismo per appoggiare i movimenti di resistenza dell’America Latina e del Medio Oriente.
In Italia i referenti cambiarono. Per i dettagli rimando a un saggio di Claudia Cernigoi, La strategia dei camaleonti: comunitarismo e nazimaoismo, apparso nel 2003 sulla rivista triestina La Nuova Alabarda e facilmente reperibile sul web. Vi si trova anche un dizionario con i nomi più significativi, sempre ricorrenti. Riassumendo almeno tre decenni, chi traspose in Italia le nuove idee di Thiriart fu in primo luogo “Lotta di popolo”, il più noto gruppo detto nazi-maoista. Seguirono “Lotta Studentesca”, in parte “Terza Posizione”, la rivista “Orion” di Milano (facente capo alle edizioni Barbarossa e alla Libreria del Fantastico di viale Plinio), fino all’ala estrema e armata, i NAR di Giusva Fioravanti. Più raggruppamenti minori, misticheggianti o aventi radicamento locale, in forma di circoli e associazioni culturali.
Più interessante vedere gli sviluppi attuali. Non senza avere notato che quella componente, sicuramente minoritaria, del fascismo “di sinistra”, ha comunque contagiato l’intero arco della destra extraparlamentare, o parzialmente extraparlamentare in quanto associata elettoralmente ai partiti del centrodestra. Se ne trovano tracce in Fiamma Tricolore, in Forza Nuova, in Casa Pound-Blocco Studentesco (l’espressione più “moderna” e originale) e in molte formazioni assenti dalla scena nazionale.
Una rassegna dei gruppi e dei siti che sto per citare è compresa in un saggio, L’arcipelago della destra radicale, presente nel sito web L’Avamposto degli Incompatibili (ora qui). Quello che tento ora è un rapido aggiornamento.
Anzitutto è d’obbligo il rimando a una delle maggiori formazioni che agiscono a livello europeo, a dimostrazione che siamo di fronte a una piccola Internazionale. Si tratta delPartito Comunitario Nazional-Europeo, i più diretti eredi di Jean-François Thiriart. Quando si accede in rete al loro sito, si è accolti dall’inno sovietico. Si passa poi a una pagina fitta di ritratti di Stalin e Che Guevara. Il partito sembra avere molte filiazioni soprattutto nell’Est europeo, e, quanto all’Europa occidentale, in Francia. Qui pubblica un periodico, Les Causes du Peuple. Fa il verso a La Cause du Peuple, il noto settimanale maoista francese diretto, negli anni successivi al ’68, da Jean-Paul Sartre. Per comprendere l’ispirazione autentica basta esaminare il dossier dedicato a Thiriart, in termini osannanti.
Il PCN non sembra avere relazioni dirette con il russo Partito Nazional-Bolscevico fondato dal poeta e scrittore Eduard Limonov (eccellente, va detto, in entrambe le sue espressioni artistiche). Questo è un partito slavofilo, aggressivo, trasgressivo, che di comunista non ha molto, a parte il solito richiamo alla grandezza di Stalin. Raccoglie giovanissimi sotto bandiere curiose: falce e martello in un cerchio rosso (o nero) che ricorda le insegne naziste, o, addirittura, l’immagine di Jean Marais con maschera verde nel film “Fantomas ’70”.
Gli italiani sono più seri e, pur condividendo in certa misura le idee dei loro confratelli dell’Europa orientale, sono più abili a camuffarsi. Prima di catalogarli, vediamone le idee di fondo (non comuni a tutti i nuclei, ma alla maggior parte):
– L’unione di Europa e Asia (“Eurasia”) è in grado di sconfiggere l’imperialismo statunitense. Chiaramente, l’attuale Unione Europea non è un passo avanti in quella direzione (e qui mi sento di concordare);
– A questo fine, va bene l’alleanza con tutti gli Stati e le forze che perseguono il medesimo obiettivo, dagli integralisti islamici, ai nazionalisti slavi, a paesi socialisti o socialisteggianti come Cuba, il Venezuela o altri dell’America Latina;
– Il capitalismo è aborrito, ma identificato in sostanza con le banche e i grandi fondi di investimento. Nella maggior parte dei casi nelle mani di ebrei;
– Il conflitto di classe è taciuto o considerato “superato”. Non rientra negli schemi interpretativi. I rapporti di forza sono diventati “geopolitici”, e la Russia di Putin, la Cina o il Vietnam che promuovono il neocapitalismo, l’Iran ecc. sono oggettivamente oppositori del sistema globale. Le classi escono dal quadro. Si parla di “stati”, “etnie” o “popoli” come surrogato delle classi.
– Nessun “comunitarista” si definirebbe razzista. Ogni comunità deve mantenere la sua identità culturale, e nel proprio ambiente va più che bene. Gli esodi di massa verso i paesi più ricchi sono dovuti non a miseria, ma un piano americano per piegare l’Europa — e la futura Eurasia. Ovviamente con l’appoggio della finanza internazionale e dei suoi organi di controllo, che mirano a soffocare la nostra cultura e ad averci in pugno per debolezza di fronte all’invasione.
– Israele è identificato con gli ebrei in toto, e comanda in pratica il mondo intero. La resistenza alla politica del governo israeliano è indifferenziata. Contro gli israeliani, per i rosso-bruni, va bene di tutto: i palestinesi veri e propri (in tutte le loro componenti, spesso assai diverse), i talebani, gli estremisti islamici, il califfo Al Bagdadi, fino ai naziskin di quartiere. Il nemico sono “gli ebrei” in genere. Controllano il sistema finanziario, si sono inventati l’Olocausto per tenerci sotto ricatto perenne. Ciò li coinvolge come “genus” potenzialmente pericoloso, a prescindere da età, sesso, cultura, fede religiosa o non religiosa effettiva, ecc.
Questo “corpus” di idee, condiviso in larga misura ma raramente in ogni punto, connota vari piccoli gruppi esistenti in Italia, maestri di confusione.
Il sito Aurora, già citato, è apparentato con la rivista Eurasia, che fin dal nome denuncia i suoi riferimenti nascosti. Quando Arcoiris TV trasmetteva via satellite, dedicò a Eurasia anche una rubrica settimanale, forse senza sospettare che si trattasse di “rosso-bruni”. Sia Aurora che Eurasia svolgono una cospicua attività editoriale. Sono fascisti almeno quanto a estrazione, ma lo nascondono con notevole abilità.
Ancora meglio lo nasconde il sito Comedonchisciotte. Chi lo seguì dalla nascita, ricorda che in principio offriva di scaricare I protocolli dei Savi di Sion. Adesso pare un sito di estrema sinistra, che colleziona articoli di ogni tendenza. Fulvio Grimaldi, la cui collocazione a sinistra non è in discussione, lo linka sul suo blog, quasi fosse affidabile. In effetti converge su molte valutazioni. Ma questo è un suo problema. In equivoci analoghi cade abbastanza spesso Giulietto Chiesa, che con i rosso-bruni condivide l’interpretazione — fondata o meno che sia — degli attentati dell’11 settembre 2001 come complotto maturato all’interno degli Stati Uniti. Antiamericanismo viscerale e antisionismo (da leggersi come detto sopra) sono i punti di forza di Comedonchisciotte, un sito che gode di una certa popolarità.
Qui va detto, per inciso, che non riconoscere il conflitto di classe come centrale priva la destra “nazional-bolscevica” della filosofia della storia propria della sinistra. A ciò sopperisce cercando il motore degli eventi in cospirazioni raffinate (a volte credibili in parte, altre volte no), e in gruppi di potere che nascostamente guidano le scelte palesi di Stati e coalizioni tra nazioni (Gruppo Bildeberg, Club di Roma, ecc.). Se l’11 settembre è il cavallo di battaglia, attraverso “personalità” come il saggista americano di estrema destra Webster Griffin Tarpley (autore tra l’altro di un libro contro Toni Negri, visto, tanto per cambiare, come manovratore delle BR), in siti che costeggiano l’area senza appartenervi integralmente, come Luogo Comune, ciò si estende anche a eventi come la spedizione dell’Apollo 11 sulla luna, frutto di manipolazione cine-televisiva. L’importante è che ci sia qualcuno che complotta nell’ombra, dai banchieri ai Savi di Sion attualizzati.
Malgrado simili bizzarrie, alcuni transfughi della sinistra sono finiti per approdare alle sponde rosso-brune, con maggiore o minore consapevolezza. E’ il caso dell’economista Gianfranco La Grassa, allievo di Antonio Pesenti (firmò con lui un cospicuo Manuale marxista di economia politica), sempre citato dai “nazional-bolscevichi”; di un altro economista radicale, Vittorangelo Orati, che a suo tempo collaborava alla Monthly Review (1); ma soprattutto è il caso del “filosofo marxista” Costanzo Preve, divenuto un autentico teorico del “comunitarismo”. Ha un suo sito, Comunismo e Libertà (prima si chiamava Comunitarismo.it), da cui divulga il nuovo verbo, sempre richiamandosi a Marx.
Tornando all’ala “militante” dei rosso-bruni, ecco Socialismo Nazionale e Gerarchia, vincolati a Militia, gruppuscolo (un tempo denominato Movimento Politico Occidentale) che di recente ha avuto guai giudiziari, anche per le sue connessioni con alcune curve calcistiche di tifosi; ed ecco Rinascita — Quotidiano di Sinistra Nazionale (da non confondere, è chiaro, con La Rinascita del PdCI). Il giornale ha una versione cartacea, non facile da reperire in edicola. Accanto al titolo riporta una citazione di Nietzsche; i contenuti sembrano di estrema sinistra. In realtà i fondatori hanno vecchi percorsi che ben poco hanno a che fare con la storia del movimento operaio. Rimandano invece al terribile vecchietto ex SS, Jean Thiriart, e alla sua Jeune Europe.
Potrei continuare pagine e pagine con l’elencazione. Mi limito invece a fare un breve riferimento a un’altra corrente rosso-bruna, di origini differenti. Si tratta dei seguaci, che si potrebbero definire “fascisti ecologisti”, del filosofo francese di destra Alain de Benoist. Costoro hanno circoli, siti e riviste, nonché una casa editrice di dimensioni non piccole, con sede a Bologna: Arianna Editrice (appoggiata a una catena distributiva, Macrolibrarsi). Arianna pubblica testi di medicina alternativa, libri su cospirazioni varie, saggi sulla decrescita e su forme di illuminazione interna, pamphlet contro il “signoraggio bancario”. Diffonde quotidianamente un bollettino in rete, in cui hanno ampio spazio il negazionismo dell’Olocausto, le tesi sul superamento delle distinzioni tra destra e sinistra, la geopolitica di impostazione “eurasiatica”.
Cosa pensare di tutto ciò? Ho inteso limitarmi a una semplice, sommaria rassegna. La mia idea è che la “crisi delle ideologie” non si sia abbattuta solo sulle forze del movimento di classe, ma abbia lasciato orfana anche parte della destra più aggressiva, desiderosa di scendere sul terreno del sociale a occupare le piazze lasciate vuote da una sinistra sfiancata. Lo fa ripescando teorie ambigue e tutt’altro che nuove, come si è visto. Vi riuscirà? Non ci si faccia illusioni sui numeri, i “rosso-bruni” sono pochi ma non mancano di potenziale di crescita. L’unico modo per impedirlo è che quelle piazze tornino a riempirsi di bandiere rosse.

lunedì 1 ottobre 2018

Chi se ne frega degli indonesiani, tanto quelli mica votano!






di Sergio Di Cori Modigliani


"Ma che te frega, tanto quelli so' asiatici!"
1,300 persone morte accertate per colpa dello tsunami indonesiano. Più qualche altro migliaia di dispersi che fanno presupporre un tragico esito a breve.
Si calcolano tra i 5 e i 10.000 morti.
Su migliaia di post su fb, in giro ho visto soltanto qualche timido accenno. Poco interesse, per non dire nullo, tanto quelli so'asiatici che te frega!
Il mondo va così.
Poi, quando arriva una qualunque elezione (da noi) spuntano come funghi i terzomondisti, i cattolici, i volontari del sacro cuore, i compassionevoli al grido di "il mondo è piccolo e siamo tutti uniti, diamoci la mano votate per me..." ecc.ecc.
In Asia abita il 42% della popolazione planetaria.
In Europa, il 7,4%.
Ma i 550 milioni di europei rappresentano il 54% del consumo planetario.
Il che conferma ciò che tutti sanno: le esistenze umane sono irrilevanti, non contano un bel nulla.
Conta soltanto chi consuma.
Quindi, chissenefrega degli indonesiani.
L'idea che, su una allegra spiaggia estiva, circa 300 giovani che seguivano un concerto siano stati spazzati via da una'onda gigantesca come nei film catastrofici di Hollywood, dovrebbe indurci a parlare fitto fitto tutti quanti sulla immediata e inderogabile necessità di affrontare il problema dello squilibrio ecologico ambientale provocato da un sistema planetario criminale costruito da noi, per noi, ad uso e consumo di noi.
A dispetto di tutti gli altri.
Ce ne occuperemo a breve, quando la prima onda anomala farà il suo trionfale ingresso nel Mar Mediterraneo.
Di sicuro, non prima.