venerdì 22 novembre 2019

Abroghiamo la distopia



di Sergio Di Cori Modigliani


I media televisivi e i bulli da talk show si gettano come avvoltoi sulle sardine, alla disperata ricerca del clown di turno -i sedicenti leader- per poterli definire, etichettare, sussumerli nella loro chiacchiera inutile, tesa solo ad acchiappare odiens.
Dimostrando (e già questo consentirebbe un gigantesco successo per un poppante sconosciuto che ha 12 giorni di vita) di non poter nè capire nè comprendere nè riconoscere, l'aspetto attuale, e quindi liquido, della nuova generazione dotata di forti anticorpi genetici, nati proprio per dichiarata propensione a non voler niente a che fare con il gioco delle parti dei bulli da talk show e sondaggisti sbavanti al seguito.
Il messaggio che veicolano è sinceramente anti-populista e non è anti-politico, anzi.
Tutt'altro.

Sanciscono la fine dei Di Battista/Di Maio, dei farlocconi leghisti e della sinistra stanca di se stessa, capace soltanto di pedinare chiunque sia pedinabile, pur di salvaguardare la propria riconosciuta (e riconoscibile) rendita di posizione per marpioni di lungo corso.
La loro caratteristica principale consiste proprio nel NON essere nè barricadieri nè iconoclasti. Anzi.
Loro sono Antichisti e rivendicano il senso della tradizione italiana rifiutando la lettura distopica dei sovranisti.
Ecco i punti salienti del loro manifesto sul quale riflettere.


"Cari populisti, la festa è finita, per troppo tempo avete tirato la corda dei nostri sentimenti. L’avete tesa troppo, e si è spezzata. Per anni avete rovesciato bugie e odio su noi e i nostri concittadini: avete unito verità e menzogne, rappresentando il loro mondo nel modo che più vi faceva comodo. Avete approfittato della nostra buona fede ma dei vostri contenuti non è rimasto più nulla. Amiamo le nostre case e le nostre famiglie, cerchiamo di impegnarci nel nostro lavoro, nel volontariato, nello sport, nel tempo libero. Mettiamo passione nell’aiutare gli altri, quando e come possiamo. Amiamo le cose divertenti, la bellezza, la non violenza (verbale e fisica), la creatività, l’ascolto. Noi crediamo ancora nella Politica e nei politici con la P maiuscola. In quelli che pur sbagliando ci provano.
Grazie ai nostri padri e nonni avete il diritto di parola, ma non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare
”.


Costringe tutti noi alla riflessione serena.

giovedì 21 novembre 2019

Kissinger parla a Pechino allertando il mondo sul pericolo rappresentato da Trump



di Sergio Di Cori Modigliani


Il miope ghetto della comunicazione mainstream e della diffusione di notizie in Italia, lo trovo sempre più inquietante. In questi giorni si sta decidendo l'immediato futuro del pianeta, nessuno escluso (parliamo di pochi mesi, pertanto la scadenza è imminente). Quindi, si riferisce anche a noi (gli italiani sono lo 0,7% dell'umanità e siamo importanti soltanto per noi stessi). Mi riferisco all'epocale scontro politico in atto in Usa, dove in questi giorni si sta decidendo se mandare a casa oppure no Donald Trump. In entrambi i casi non sarà indolore per nessuno, perchè si riferisce alla bocciatura oppure alla promozione del populismo e sovranismo globale nel pianeta. Basandoci sulle scarne e piatte notizie dei nostrani corrispondenti televisivi da New York, sembrerebbe che la lotta sia tra i democratici e i repubblicani. Non sembra affatto sia così. In verità, sul tavolo del presidente americano è pronta "anche" l'opzione militare, quella vera, tra Usa e Cina. Il punto è proprio questo. Lo scontro, infatti, è trasversale, ed è tra i falchi militari e le colombe, presenti in entrambi gli schieramenti. I grossi marpioni della finanza speculativa sono presenti alla pari in ambo le parti: e saranno proprio loro a decidere. La parte repubblicana delle colombe (quelli già disponibili a trattare il licenziamento clamoroso di Trump) hanno scelto (e lanciato sul campo) il proprio rappresentante unico, un signore di 96 anni che gode di invidiabile salute fisica e di ancora più invidiabile intelligenza, competenza e lucidità mentale. Si chiama Henry Kissinger e il suo nome non dice nulla ai giovani millennials di oggi. Lui è il front man del campo pacifista repubblicano. E' la notizia del giorno nel mondo (esclusa l'Italia, si intende). E'stata ampiamente diffusa dal più importante sito planetario di informazione (China Daily news, in lingua inglese) e immediatamente ripreso e condiviso su tutte le piattaforme dal secondo più importante sito asiatico (India Times). Entrambi, informano circa 3 miliardi di persone nel mondo, pari al 45% della popolazione planetaria, quindi andrebbero ascoltati. Presentano una intervista a Kissinger e raccontano ciò che sta facendo. Sembra che la sua nuova attività diplomatica sia iniziata lo scorso novembre (quando di anni ne aveva 95) e si è recato in Cina in visita privata (non ha alcun incarico istituzionale, quindi -in teoria- rappresenta soltanto se stesso). Aveva sulla sua agenda alcuni appuntamenti con personalità importanti e ha viaggiato su un nomale volo di linea della Air China. Arrivato a Pechino, però, la sorpresa. L'aereo atterra su una pista laterale e gli assistenbti di volo spiegano ai passeggeri che prima devono far scendere una persona. Le hostess accompagnano il vegliardo verso la scaletta (non ha bisogno di aiuto, cammina spedito con la schiena dritta) e Kissinger trova il tappeto rosso e una banda di suonatori che intona l'inno ufficiale americano (i cinesi sanno come gestire la diplomazia nel pianeta, dato che l'hanno inventata loro circa 4000 anni fa). A riceverlo c'è il sindaco di Pechino, il comandante in capo dell'esercito cinese e il vice del presidente che gli comunica un "lieve" cambiamento di programma. Prima di andare nel suo albergo e incontrare le persone con le quali ha appuntamento è stato invitato a prendere un drink nel palazzo governativo, ospite personale di Xi Jing Ping e sua moglie. Inizia così l'avventura dei repubblicani (colombe) che vogliono scaricare Trump, un anno fa. Quella visita, invece dei previsti quattro giorni, è durata due settimane. Un anno dopo, pochi giorni fa, Kissinger è ritornato a Pechino, intervistato alla televisione di Stato dopo essere stato presentato al paese (anche i millennials cinesi non avevano la minima idea di chi fosse quell'anziano straniero) da Xi Jing Ping in persona che ha spiegato di "trovarsi davanti a un uomo di grande coraggio" il quale, nel 1971, da solo, ha preso l'aereo ed è volato a Pechino per incontrare Mao e iniziare a cambiare il volto del pianeta. "quest'uomo ci ha aiutato fin da allora ad iniziare il grande e poderoso balzo di sviluppo economico che oggi ci consente di essere la seconda potenza economica del pianeta". 
Nell'intervista, Kissinger ha spiegato ai cinesi che Trump è un uomo pericoloso e che la sua ossessione per la pratica dei dazi porterà "inevitabilmente e inesorabilmente" verso la guerra tra le due super potenze "come avvenne nel 1914". 
Lui sta cercando di fermare questo processo e spiegare ai cinesi che gli americani non vogliono la guerra. 
E' una intervista interessante. 
Ne consiglio la lettura a chi è in grado di comprendere la lingua inglese. 
Buona fortuna a tutti.

Basta digitare "China Daily New" o "Times of India" e la trovate.



lunedì 18 novembre 2019

Who is in charge, here?



di Sergio Di Cori Modigliani

Nell'interminabile valanga di film, seriali, telefilm statunitensi (sez. polizieschi thriller di svariata natura) che vengono proiettati alla tivvù italiana, c'è sempre (a un certo punto) la stessa scena: si verifica un evento inatteso e drammatico, arriva la polizia e/o pompieri e/o ambulanza e/o FBI e infine si presenta qualcuno che si fa largo tra le macerie e i morti spappolati e, inesorabilmente, pone la domanda di rito:
"Who is in charge, here?" (trad.: chi comanda, qui?).
Si fa avanti qualcuno in divisa e dice: io.
A quel punto, lo spettatore ha capito che quello o quella sarà l'eroe vittorioso oppure finirà dentro con la vita rovinata, perchè lo hanno messo in mezzo e lui/lei paga.
Perchè c'è sempre un responsabile che paga.
E' per questo che si chiama "responsabile".

Al netto delle chiacchiere e piagnistei vari sulla modesta Italietta che noi amiamo tanto, il problema nazionale è questo: il nostro è un paese dove comandano tutti e non comanda mai nessuno, quindi non esiste mai la possibilità (anche legale) di individuare immediatamente un responsabile che risponde all'opinione pubblica, alla stampa, alla Legge. E se va male, finisce in carcere subito, perchè l'onere della responsabilità della carica è un elemento strutturale del funzionamento di una società.
Da noi esiste una forma di immunità circolare, collettiva e condivisa, basata sul riconosciuto consociativismo.
Quindi, il paese non funziona.
E seguiterà a non funzionare.
Un piccolo esempio: a Roma, dopo due anni, non è stato finora possibile appurare chi fosse la persona responsabile del funzionamento delle scale mobili sulla metro. Stanno ancora litigando tra una decina di soggetti e altrettante società che si accusano l'un l'altra declinando ogni addebito.
E' così.
E lo sappiamo tutti.
Per questo motivo il paese non cambierà mai.
Affrontiamo la realtà per ciò che essa è.