venerdì 28 febbraio 2014

Un fiorentino doc scaglia un macigno sul tavolo di Matteo Renzi: ne vedremo delle belle. Alessio Villarosa: "Il destino li ha puniti"


di Sergio Di Cori Modigliani

Ecco a che cosa serve l'Europa, se ci sono persone oneste e competenti che sanno come farla funzionare e lo vogliono fare.

Arriva da Bruxelles un poderoso macigno per il governo Renzi, gigantesco.
A lanciare il sasso è un fiorentino doc, di pasta diversa da quella del premier.
Si chiama Niccolò Rinaldi, e nella capitale toscana c'è nato (1952) e cresciuto.
Si è sempre occupato di solidarietà, volontariato, fin da giovanissimo, laureandosi in Scienze Politiche nel lontano 1975 con una tesi sul commercio povero di strada a Dakar, in Senegal, e sulle forme alternative di commercio sia in Africa che in Sud America per contrastare l'avanzata territoriale delle multinazionali. Inizia a lavorare come consulente dell'Onu e per venti anni si occupa di questioni relative ai diritti civili delle popolazioni più disastrate del pianeta. Agli inizi del millennio, insieme ad altri quattro amici, fonda a Firenze la cooperativa di commercio equo-solidale (collegata a piccoli agricoltori africani e sudamericani che si sono sottratti al controllo della Monsanto e non praticano la coltura ogm) che si chiama "Equoland".
Nel 2009 si presenta come candidato indipendente alle elezioni europee nella lista dell'Idv di Antonio Di Pietro e viene eletto al parlamento europeo. Data la sua competenza in materia, finisce per occuparsi di questioni relative alla gestione e organizzazione del sistema bancario e finanziario dei paesi dell'euro. 
Dieci giorni fa si è rivolto alla persona giusta, nel momento giusto, nel modo giusto.
E' andato da Joaquin Almunia, vecchio socialista spagnolo basco, di Bilbao, che attualmente ricopre l'importante carica di Commissario Europeo per gli affari economici e monetari della Ue, (in carica fino al 20 novembre 2014) vera spina nel fianco sia per Barroso che per Rajoy, detestato dall'attuale governo iberico che lo attacca sempre, sostenendo che mette il bastone tra le ruote nei rapporti tra la BCE e il governo (il che è vero). Chi è interessato può leggere l'interessante articolo (in spagnolo) a firma Luis Ayllòn pubblicato il 18 Luglio 2013 su una importante pubblicazione http://www.abc.es/economia/20130718/abci-perfil-almunia-naval-201307172215.html che descrive bene sia il personaggio sia i suoi rapporti con il duro Rajoy.

L'europarlamentare italiano Rinaldi ha applicato la regola e la norma.
Ha preso il fascicolo ufficiale relativo al decreto Bankitalia (codice SA38311 2014 c/p) denominato "Revaluation of Banca D'Italia- desk Italy" e ha chiesto "ufficialmente" -nel corso di una formale interpellanza- se l'apposita commissione, dopo averla letta e vagliata, l'avesse accettata trovandola lecita. Il presidente Almunia ha dichiarato testualmente "a noi nessuno, dall'Italia, ci ha comunicato nulla nè formalmente nè informalmente, è un'operazione che ha aggirato i dispositivi di Legge". 
E così, la Commissione ha avviato la procedura ufficiale di immediata ispezione per valutare gli estremi che applicano l'infrazione contro il governo italiano, sostenendo che "dietro la rivalutazione, in realtà si cela un aiuto sostanziale da parte delle casse dello Stato Italiano nell'ordine di 7,5 miliardi di euro a favore di sei istituti di credito privati, in violazione dell'attuale norma vigente in materia". Le banche sarebbero: Intesa San Paolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena, Banca Carige, Banca Popolare dell'Emilia Romagna, Ubi Banca.

Tutto ciò potrebbe essere frutto della famigerata bagarre alla Camera dei Deputati, teletrasmessa in diretta, con i conseguenti dibattiti che ben sappiamo.

La questione, quindi, si riapre alla grande, e getta una luce nuova sulla vicenda che chiarisce -senza più alcuna ombra di dubbio- la vera natura dell'esecutivo, quanto meno di quello precedente.
Da notare che dal momento in cui il decreto è stato trasformato in Legge, le banche summenzionate (notoriamente piene di debiti con i bilanci clamorosamente in rosso) hanno goduto in borsa di incredibili rialzi spingendo l'intero comparto azionario ai massimi degli ultimi anni. Con enorme profitto per chiunque ci ha investito sopra.
Questa iniziativa europea modifica anche il ruolo della Presidente della Camera, la quale, avvalendosi di un dispositivo nazionale mai usato prima, aveva scelto di applicare la cosiddetta ghigliottina definendo il provvedimento "di emergenza nazionale".
Era l'onorevole Laura Boldrini al corrente che tale provvedimento, da lei definito "di emergenza" probabilmente violava le disposizioni della normativa europea in materia, e che avrebbe potuto produrre come risultato quello di aprire contro di noi la pratica per infrazione con gravissimo danno pecuniario per i conti pubblici?

Capisco, oggi, l'inusitata ferocia, mescolata a sbrigativo cipiglio, con la quale le istituzioni partitico-parlamentari hanno gestito l'operazione.

Comprensibile la felicità dell'onorevole Alessio Villarosa, di M5s, che ha dichiarato questa mattina: "Quando ieri ho saputo della mia sanzione ho detto che la Storia li avrebbe puniti per questo. Ecco, il giorno dopo quella sanzione la Storia comincia a punirli. Sono felicissimo. Lo avevamo già detto che la BCE non aveva avuto il tempo nè di visionare nè di controllare in tempo utile i documenti relativi a questa operazione". 

Era il Presidente della Repubblica, sempre così solerte nel rammentare alla dirigenza parlamentare l'importanza di rispettare i parametri, le normative e gli impegni assunti con le istituzioni comunitarie in Europa, informato sulla realtà dei fatti?
L'allora ministro dell'economia, Fabrizio Saccomanni, ha detto il falso a Napolitano?
Ha detto il falso anche alla Boldrini?
Queste sono le domande che vanno poste, di cui il Parlamento dovrebbe occuparsi immediatamente.

Ecco a che cosa serve l'Europa.

Qui di seguito, la nota dell'agenzia Reuters che ha lanciato il macigno sul tavolo di Matteo Renzi. 

http://it.reuters.com/article/topNews/idITMIEA1R00G20140228

BRUXELLES (Reuters) 28 Febbraio 2014 - La Commissione europea ha chiesto alle autorità italiane informazioni sul decreto legge, già convertito, che prevede la rivalutazione delle quote della Banca d'Italia, per valutare se sia possibile configurare un aiuto di stato ad alcuni istituti di credito.
Lo ha detto oggi Antoine Colombani, portavoce del commissario europeo alla Concorrenza Joaquin Almunia.
"E' una semplice richiesta di ulteriori informazioni che ovviamente non pregiudica in alcun modo la sostanza della nostra valutazione", ha aggiunto il portavoce.

La Commissione fa inoltre sapere che questa lettera precede l'interrogazione del parlamentare europeo dell'Idv, Niccolo' Rinaldi, che ipotizza aiuti di Stato contrari alle norme comunitarie sulla concorrenza.


giovedì 27 febbraio 2014

Qual è la natura del M5s? L'espulsione di alcuni eletti, può insegnarci qualcosa?



di Sergio Di Cori Modigliani


E' interessante notare, oggi, sia sulla stampa cartacea che in rete e su facebook, le reazioni generali alle espulsioni decretate ieri nei confronti di alcuni parlamentari del M5s.
Facebook viene spesso identificato come un bar, quindi liberamente aperto a ogni avventore. 
In realtà è un mare, che può essere un oceano così come può essere un modesto acquario casalingo, dipende se uno ha scelto e deciso di costruirsi il proprio personale ghetto, composto da amici virtuali che la pensano esattamente nello stesso modo, oppure ha scelto di avere amici misti, da poetici sognatori educati a truzzoni volgari con la bava alla bocca. 
La prima impressione, navigando su diverse pagine feisbucchiane, mi conferma la mia idea sulla diffusione capillare della ferocia e della cattiveria in questo paese. 
Non appena si sente l'odore del sangue, gli squali arrivano a frotte e si scatenano, perchè è la loro natura. 
Si approfitta dell'occasione per poter diffondere clamorosi falsi già pre-confezionati, vomitando insulti nei confronti di chi la pensa in maniera dissimile, mentre alcuni professionisti dell'informazione colgono l'opportunità di prendere degli articoli che erano rimasti chiusi nel cassetto del pudore giornalistico, in attesa di una ghiotta occasione: eccola. Zac!
Il mare diventa presto una palude immonda e inevitabilmente -a meno che non si sia dei santi o persone di particolare saggezza prudente- si finisce per trovarsi coinvolti in risse faziose che producono soltanto acrimonia, livore, frustrazione. 
A quel punto le argomentazioni perdono di valore, nonchè di efficacia.
Sulla stampa cartacea si trovano dei distinguo che da soli definiscono la natura dell'informazione in Italia. Nelle prime cinque testate nazionali, compaiono numeri e fatti diversi -molto spesso contraddittori- a seconda dell'uso che conviene. Si va da "30 deputati lasciano il movimento" (la Repubblica) a "più di 20 pronti a lasciare" (corriere della sera) quattro ore dopo trasformato in "lasciano in sei", mentre La Stampa annuncia: "M5s caos. Civati apre ai fuoriusciti: c'è spazio per fare un gruppo".
Su alcune importanti pubblicazioni on-line (considerate in teoria sostenitrici del movimento) si leggono lunghi e dettagliati editoriali in cui si spiega perchè "si tratta di un ennesimo autogol".
Ecc,ecc.

Chi conosce la vera natura intrinseca di questo movimento, oggi, si diverte come al circo.
Ciò che davvero conta, infatti, è comprendere che cosa sia il M5s, ma soprattutto -ciò che più conta in assoluto- che cosa sia diventato esattamente un anno dopo le vittoriose elezioni.
A mio avviso, è diventato ciò che era, il che mi sembra un ottimo risultato.
Dovendo rappresentare il M5s con un'immagine carnale di tipo visivo, mi vien da pensare a una gran bella donna, decisamente selvaggia, sconosciuta e anonima, che all'improvviso irrompe in una grande festa piena di celebrità, quindi con giornalisti e televisioni al seguito. Essendo attraente e molto appetitosa, è inevitabile che attiri gli sguardi, l'interesse e le mire dei partecipanti. L'immediata reazione dei festaioli consiste nel pensare che o si tratta di una femmina in vendita oppure si ha a che fare con un'oca padovana in cerca di visibilità. Tutti si lanciano alla conquista della debuttante. Pochi si rendono conto che la malaugurata ha una particolarità sua originale, di solito una caratteristica che le rende la vita difficile, molto difficile, per definizione: la gran bella donna è anche molto intelligente. Nessuno bada a quest'aspetto, perchè l'interesse maschile generale non consiste nel cercare di capire e comprendere chi sia questa donna per entrare in relazione con lei, ma sono tutti presi soltanto dall'ansia del possesso. Dinanzi alle curiose reazioni della bella donna, i maschi meno dotati di acume elegante reagiscono in maniera conforme e usuale, come accade sempre alle donne che sono belle e anche intelligenti (destino non facile): vengono aggredite, considerate strane, stravaganti, infine molto pericolose, quindi dileggiate e diffamate. I più improvvidi si lanciano alla sua cattura e tentano di circuirla con moine di varia natura, da quelle mercantili a quelle (di solito) di facile presa, ma non capiscono il perchè del rifiuto, non rendendosi conto che l'intelligenza -quando c'è- serve soprattutto ad anticipare le mosse dell'interlocutore comprendendo le sue recondite intenzioni.
La natura del movimento è gestaltiana ed è la sintesi di un'idea ying-yang della società.
E' quindi incomprensibile per chi è soltanto ying o soltanto yang.
Il che la rende inafferrabile.
Contiene al proprio interno ex fascisti accanto a ex comunisti, sostenitori dell'euro e detrattori dell'euro, tifosi della decrescita felice e tifosi della crescita felice, statalisti e liberisti, europeisti e anti-europeisti, radicali e tradizionalisti, che si confrontano, si incontrano, si scontrano, su posizioni molto spesso diverse ma si riconoscono nell'idea di una collettività civica che esuli dal concetto aziendale burocratico dei partiti italiani e lo contesti in maniera chiara, trasparente, ufficiale, prendendo le distanze da chi sguazza nei mari dove la differenza tra destra e sinistra è stata ridotta ai suoi termini più angosciosamente minimi: a destra c'è Berlusconi con un partito composto da chi esegue gli ordini del proprietario di un'azienda, al fine esclusivo di produrre profitto per la sua famiglia,e in cambio c'è lavoro, prebende, privilegi, una vita facile; a sinistra è la stessa cosa con la differenza che pretendono sia diverso, forse perchè le famiglie invece di essere una soltanto, sono due forse tre, quindi (nella loro mente) è diverso. 
Tutte insieme, queste famiglie, controllano l'intero mercato mediatico, editoriale, televisivo, cinematografico, bancario, culturale, sanitario, come nel medioevo. 
Chi non accetta l'asservimento alle famiglie berlusconiane o piddine, non può avere accesso al mercato del lavoro, il che rende l'Italia un paese completamente anòmalo e impossibile anche per la più perversa mente ultra-liberista; dopotutto quelli sono capitalisti, per cui tra un parassita che vive di rendite da familismo e un lavoratore, preferiscono sempre quest'ultimo. 
Da cui lo stallo perenne del paese che il capitalismo internazionale non riesce nè ad affrontare nè a risolvere perchè si rende conto di avere a che fare con una situazione pre-capitalista.
Tant'è vero che anche i poteri forti, quando entrano nel nostro territorio, se la devono vedere prima con le signorie post-moderne dell'aristocrazia italiana, i baroni, i marchesi, i duchi, travestiti da baldi servitori dello Stato, per i quali non esiste il concetto di cittadinanza, ma solo e soltanto quello di sudditanza.

La particolarità delle donne belle e anche intelligenti, è cosa nota, consiste nel fatto che il più delle volte sono autonome e indipendenti "no grazie, so difendermi e cautelarmi da sola" il che aumenta il disadoro sconcertante del maschio rapace che non capisce, perchè per lui è inconcepibile. 
Così, in politica. 
Abituati al consociativismo familista/partitico da almeno 25 anni ininterrottamente, i forzisti piddini non riescono a comprendere la natura del M5s. 
Il pizzino di Renzi a Di Maio ("ma voi vi comportate sempre così?") che lo ha lasciato interdetto, nonchè esterrefatto, mi ricorda una festa dove, una volta, avevo visto un tipo -che le aveva provate tutte- che a un certo punto si era avvicinato a una donna e pensando di sfoderare il suo asso nella manica, le aveva proposto: "ti va se ti accompagno a casa? Ho qui sotto la mia Jaguar". E lei di rimando: "No grazie, preferisco il taxi" e poi, in aggiunta: "Io sono anche animalista".
Ma lui non capì, motivo per cui stabilì che lei era una puttana.
Infatti, prima che lei andasse via, le disse: "Ma tu, fai sempre così?".
Il mondo va in questo modo, lo sappiamo.

Penso che la lezione da apprendere a proposito dell'espulsione di questi eletti, sia questa.
Non sono d'accordo con coloro che lo considerano "un autogol" del movimento.
Non è neppure un goal.
E' il tentativo di manifestare e affermare la propria natura che trova la propria costituzione nel concetto di intelligenza collettiva, spina dorsale del movimento, basato sul reciproco controllo, lo stesso che aveva animato i padri costituenti che avevano costruito uno Stato con poteri autonomi che dovevano controllarsi a vicenda, non pensando che i partiti (un giorno) avrebbero eliminato la democrazia abbattendo il concetto basilare di maggioranza vs. opposizione e quindi esautorando il concetto di controllo a favore del consociativismo complice, madre della diffusione capillare del fenomeno della corruttela.
Chi è desideroso di partecipare alla festa partitica non può essere identificato nel movimento perchè l'uno esclude l'altro. E' comprensibile e umano che esistano queste pulsioni. Così come è fisiologico che un movimento reagisca cercando di espellere gli elementi che possano essere inquinanti rendendo tossica la propria spina dorsale.
A mio avviso, oltre a non essere un autogol e non essere neanche un goal, non è neppure un tiro, è un semplice passaggio di palla. E' una cosa normale, abilmente delineata dalla cupola mediatica per costruire un dibattito falsato su argomentazioni pretestuose.
Tutto qui, secondo me.

In conclusione aggiungo la chicca del giorno, prodotta dal settimanale L'Espresso, sempre in prima fila -almeno dal 27 febbraio 2013- nel tentativo ben riuscito di spingerci sempre più in basso nella classifica relativa all'esistenza della libertà di stampa in Italia.


"Ieri l’Espresso ha pubblicato una non notizia. Secondo quanto riportato dal periodico di De Benedetti, un portavoce M5S, Mario Giarrusso, avrebbe dichiarato che io avrei falsificato la sua firma sotto alle mozioni di sfiducia ai ministri Giuliano Poletti e Federica Guidi. Chiunque può verificare che si tratta di una falsità: basta infatti consultare i due atti depositati al Senato per verificare che la firma del portavoce Giarrusso non c’è. Il fraintendimento di Giarrusso, su cui ha immediatamente speculato l’Espresso, è stato forse dovuto al fatto che le due mozioni sono state annunciate in un primo momento via email, perché fossero condivise tra tutti i portavoce, mentre solo al momento del deposito effettivo, avvenuto alle 18.30 dopo le correzioni suggerite dal gruppo, sono state apposte le firme di chi le ha sottoscritte. La vera notizia che l’Espresso non ha dato è che il MoVimento 5 Stelle ha depositato una mozione di sfiducia contro il Ministro del Lavoro e una contro quello dello Sviluppo Economico, in conflitto di interessi a causa delle loro responsabilità imprenditoriali e associative.
Forse Luca Sappino, che ha firmato l’articolo, avrebbe potuto prima provare a verificare se sui due atti la firma di Giarrusso fosse davvero presente o meno. Se siamo agli ultimi posti nella classifica della libertà di stampa, in fondo, un motivo ci sarà." 

mercoledì 26 febbraio 2014

Con il cuore abbraccio i milioni di votanti del PD. Li abbraccio uno per uno, sono brava gente, delusa e sconcertata. Penso che per loro sia davvero dura.



di Sergio Di Cori Modigliani

Parliamo oggi di calcio, cioè dell'Italia vera, visto che si avvicinano i mondiali, e quando la nazionale vince, spontaneamente il paese si ritrova unito e solidale nel correre per le strade abbracciato al tricolore. 
In quei momenti non c'è più nè Grillo, nè Renzi nè Berlusconi.

E' possibile riuscire a raggiungere simile epopea civica anche nella politica?
Questo dovrebbe essere il primo obiettivo di chi davvero ama il paese.

E invece, la faccenda si complica e diventa sempre meno chiara e meno trasparente.
Intendiamoci, non è che sia una novità, in un paese come questo, dove la Verità non è considerata un valore e le uniche riunioni politiche che davvero contano sono quelle segrete e clandestine di cui -proprio perchè ignote- nessuno parla mai.

La faccenda si complica perchè quella che viene considerata la miglior virtù di Matteo Renzi -il suo decisionismo a tutto campo- in realtà è il suo peggior difetto. L'Italia, in questo momento (a mio avviso, sempre) avrebbe bisogno di cooptare mentalmente la struttura basica del calcio -che sta nella nostra cultura popolare in maniera autentica e non è stata nè importata nè imposta dall'esterno- e quindi applicare il concetto base di quello splendido gioco: l'idea di squadra.
Nel calcio moderno attuale, i grandi allenatori non sono coloro che riescono a inventare dei particolari moduli tecnici che altri ignorano; prendono il patentino alla stessa scuola federale degli allenatori e partono tutti alla pari, conoscendo molto bene ogni tipo di schema. 
Il grande allenatore, oggi, è un uomo che deve essere emotivamente equilibrato, e deve avere soprattutto una mostruosa conoscenza istintiva dei meccanismi della psicologia umana, dato che ogni domenica deve vedersela con undici ragazzini, per lo più analfabeti, che sono capricciosi, viziati, privilegiati, miliardari, individualisti, malati di visibilità e divismo, e da questo tripudio di esaltazione egoica narcisistica, l'allenatore deve plasmare un concetto di collettività basato sull'elementare principio che si vince in undici e in undici si perde, rinunciando alla propria vanità. Non bastano i fuoriclasse.
Un buon governo dovrebbe basarsi sullo stesso identico principio.

Nelle democrazie e negli stati che funzionano -tipo Germania o Usa- la squadra di governo ha sempre molto chiaro in mente qual è la squadra da battere: la disoccupazione, il malessere popolare, la mancanza di benessere condiviso. E l'opposizione non viene mai identificata come il nemico: loro sono i giocatori che stanno in panchina. Perchè se il fine è vincere la partita, all'occasione ci sarà bisogno di sostituzioni adeguate, quando si capisce che si prendono goal e non se ne segna neppure uno (vedi i nostri ultimi quattro governi).
Da noi, non funziona così.
L'opposizione è considerata il nemico numero uno, e in democrazia è sempre un errore. 
Questa idea produce faziosità, rissosità, cattiveria, mancanza di coesione.
Non solo.
All'interno della compagine di chi governa -a seconda delle giornate- ogni tanto compare un terzino che decide di fare il centravanti, un centrocampista che si improvvisa portiere, il che, oltre a produrre inefficacia e confusione, finisce per creare scompiglio, mentre l'allenatore si sgola ai bordi del campo, ma nessuno gli dà retta.
La mancanza di chiarezza, in Italia, aumenta per il fatto che il Presidente in carica (ovvero l'arbitro) assegna i rigori e stabilisce le espulsioni sulla base di un suo capriccio e non applicando la logica del regolamento. Questo comportamento induce a incattivire i tifosi, aumentando la depressione sociale, trasformando i giocatori in furbetti di comodo che si buttano in area fingendo un fallo sapendo che verrà dato loro il rigore, anche se non c'è.
Matteo Renzi si è candidato come la novità che avrebbe dovuto riportarci al calcio bello.
Il problema sta nel fatto che lui vuole coprire tutti i ruoli; vuole parare i rigori e calciarli, allenare e giocare, stabilendo lui come si debbano applicare le regole.
Nel suo discorso al Senato -paragonabile al momento in cui l'allenatore raduna i suoi 11 giocatori dai quali deve ottenere la fiducia totale sul suo schema- ha attaccato politicamente soltanto il M5s, chiarendo, quindi, che (come al solito) "non c'è alternativa" perchè è stata abolita la panchina e ha lanciato il Grande Paradosso italiano, unico in tutto il pianeta: i suoi nemici si trovano all'interno della maggioranza che lo sostiene; i suoi più validi estimatori e sostenitori si trovano nelle fila dell'opposizione, dentro Forza Italia. 
Chi vota per lui, ne parla male. 
Chi vota contro di lui, ne parla bene. 
Questo stato di totale confusione sta provocando l'ennesimo stallo che serve a coprire la vera autentica natura di questo governo: una solida alleanza tra Forza Italia e PD, con la novità renziano-massonica, che non si può dire perchè altrimenti il pubblico insorge e svuota gli stadi.
Il fine di questo governo consiste nell'imporre uno stato di irrealtà, con uno spruzzo di diabolica perversione clandestina: si promuove un bipartitismo che non esiste, allo stesso tempo negando che esista, grazie alla complicità di partitini che reggono la finzione. Si va in campo a giocare con sette giocatori, invece che in undici, perchè il terzo polo viene cancellato, quindi è chiaro che non si vuole vincere. 

Nel famoso incontro tra Grillo e Renzi, da subito il premier incaricato ha detto: "ma io non ho nessuna intenzione di chiedervi la fiducia", al che Grillo aveva risposto: "ma allora perchè ci hai invitato?". A quel punto, Grillo, che è uomo di grande esperienza sulla scena, ha capito che la sceneggiatura era un'altra e che era stato invitato a una partita sbagliata, e quindi si è adattato. Non c'è stato nessun giornalista, nessun opinionista, nessun politologo, che si sia chiesto (e abbia scritto) "visto che viviamo una situazione d'emergenza ed è necessario mettere in piedi una squadra che vince; visto che si tratta di consultazioni per stabilire che tipo di governo inventarsi per trovare soluzioni adeguate, non sarebbe il caso di prendere atto che sono tre le squadre che forniscono i giocatori alla nazionale?". 
Non è stata neppure ventilata, nè come ipotesi, nè come possibile alternativa. 
Dopo l'incontro è partito un attacco (a mio avviso suicida) sia contro chi non è in linea con questo governo -chi non vota la fiducia al PD è espulso dal partito- sia contro l'opposizione del M5s, accusata di non praticare la democrazia interna perchè fa il gioco di squadra, a differenza del PD che -invece- consentirebbe ogni forma di contrasto, dissenso, diversità di opinioni, libertà di voto. Il che è falso.
E i media si sono adattati, abboccando a questa facile esca, da cui è nata la novità del giorno: il PD è democratico, il M5s no.
Tutto ciò non potrà che aumentare la ferocia faziosa in tutta la nazione, chiarendo quindi che il primo obiettivo "culturale" dell'attuale governo consiste nel moltiplicare la falsificazione della realtà, sottraendo il buon senso che viene abolito, perchè la priorità del governo è imporre a tutti i costi un bipolarismo (un'ossessione massonica anglo-americana) che gli italiani non hanno mai amato, non hanno mai voluto, non hanno mai votato, usando ogni mezzo possibile per evitare che si manifestino realtà terze o quarte. 
Non c'è squadra, quindi.
Non c'è gioco.
La rappresentanza cittadina non viene contemplata.
Finchè ci spingeranno all'antica e nefasta tradizione fiorentina di infognarci in diatribe immonde riducibili a un presupposto scontro tra guelfi e ghibellini, non se ne esce.
Il nemico del governo, dichiarato, non è la miseria sociale, la povertà economica, la mancanza di diritti civili, la disoccupazione, l'assenza di investimenti, la corruzione, la criminalità organizzata, l'inefficienza e inefficacia di uno stato fatiscente.
Il nemico è il Terzo Polo, perchè la sua sola esistenza va ad intaccare il piano di Rinascita Nazionale di gelliana memoria e la pianificazione del Nuovo Ordine Mondiale basata sulla gestione del potere locale a conservatori di sinistra o conservatori di destra.
Non deve esserci nessuna alternativa.
Essendo un tifoso della nazionale, protesto per questa omissione che ci farà perdere.
Come squadra nazionale, come società, come stato collettivo, quindi come individui.
Siccome oggi, su tutta la rete, si parla della mancanza di democrazia interna del M5s, e si spinge la gente a dividersi in due filoni di tifoseria: chi è per l'espulsione dei dissidenti pentastellati e chi non lo è, io opto, invece, per presentarvi l'elenco aggiornato degli espulsi dal PD, compresi alcuni casi clamorosi in cui i funzionari piddini sono stati espulsi "soltanto" per aver espresso -ad esempio- la propria opposizione alla Tav o per aver denunciato (in quanto amministratori locali) casi gravi di corruzione ai danni dello Stato.
Vogliamo cominciare a parlarne?



C'è un certo Gianluca, il quale, sul suo blog che si chiama "controcorrente" ha stilato la nota di coloro che sono stati espulsi ufficialmente dal PD di recente, senza che nessuno ne abbia parlato, nessun giornalista abbia sentito l'esigenza di andare ad intervistare uno degli espulsi, per chiedere ragguagli in merito, nessuna televisione (neppure locale) li abbia invitati a un talk show, senza che nessuno nè su twitter nè su facebook abbia menzionato gli episodi, alcuni dei quali davvero sconcertanti:


http://controcorrenteblogdotcom.wordpress.com/2013/06/19/ecco-una-breve-lista-degli-espulsi-dal-pd/


ESPULSA DAL PD L’EX SINDACO DI AVIGLIANA, CON LEI VICESINDACO E ASSESSORE.
ACQUI TERME. FERRARIS E GIGLIO ESPULSI DAL PD.
IL GRUPPO DEL PARTITO DEMOCRATICO DEL IV MUNICIPIO DI ROMA HA DECISO DI ESPELLERE IL CONSIGLIERE GIORGIO LIMARDI, A SEGUITO DI UN RIPETUTO COMPORTAMENTO DIFFORME ALLE LINEE DEL PARTITO.
MARIO RUSSO, VALERIO ADDENTATO E ROBERTO MERLINI SONO STATI ESPULSI DAL SEGRETARIO DEL PD PROVINCIALE DI ROMA CARLO LUCHERINI.
AGROPOLI. CARMINE PARISI: “CACCIATO DAL PD PERCHÉ HO DENUNCIATO LA SPECULAZIONE EDILIZIA”.
TROINA. ESPULSI DAL PD DUE CONSIGLIERI COMUNALI, PER AVERE VOTATO IN CONTRASTO CON LE INDICAZIONI DEL PARTITO.
CASTIGLIONE DEL LAGO. ROSANNA GHETTINI, CATERINA BIZZARRI, GIANCARLO PARBUONO E IVANO LISI ESPULSI DAL PD.
TERREMOTO PD ALESSANO: ESPULSI COSIMO DEL CASALE E DONATO MELCARNE.
PIACENZA, BUFERA NEL PD: ESPULSI I SOSTENITORI DI RENZI DALL’ESECUTIVO. SOSTITUITI I DIRIGENTI CON UNA TELEFONATA.
RAPALLO, SONO STATI ESPULSI DAL PD: MARIA CRISTINA GERBI, GIORGIO BRACALI, ALESSIO CUNEO, EMANUELE GESINO, MAURIZIO IVAN MASPERO, MARIA MORRESI, GIULIO RIVARA.
LA SEGRETERIA CITTADINA DI ORTA NOVA HA ATTIVATO LE PROCEDURE PER IL DEFERIMENTO DEL CONSIGLIERE COMUNALE ANTONIO BELLINO ALLA COMMISSIONE DI GARANZIA, ALLA QUALE SARÀ PROPOSTA L’ESPULSIONE DAL PD PER VIOLAZIONE DELLO STATUTO E DEL CODICE ETICO.
SAN MAURO TORINESE, RUDY LAZZARINI ESPULSO DAL PD INSIEME A UN NUTRITO GRUPPO DI COLLEGHI.
CASERTA. RINO ZULLO È STATO ESPULSO DAL PD.
CARMELO MAZZOLA E DOMENICO PRISINZANO SONO STATI ESPULSI DAL PD DI CASTELBUONO.
AFRAGOLA: VALENTINO ESPULSO DAL PD.
SEI ISCRITTI AL PD ALLONTANATI DAL PARTITO PER NON AVER APPOGGIATO MARINI CANDIDATO SINDACO A FROSINONE.
SOLIDARIETÀ A PAOLO DEAN EX SINDACO DI FIUMICELLO E A ROSANNA FASOLO, EX ASSESSORE DELLA GIUNTA DEAN, ESPULSI DAL PD.
TERLIZZI. SEGRETERIA PD: «ESPULSI DAL PARTITO 2 funzionari
VAL SUSA, IL PD ESPELLE 4 AMMINISTRATORI CONTRARI ALLA LINEA TORINO-LIONE



P.S.
Qui di seguito, diffondo e condivido una lettera aperta scritta dall'onorevole Alessandro Di Battista, persona che conosco e stimo, nella quale il portavoce alla Camera dei Deputati spiega il suo personale punto di vista relativo al problema dei cosiddetti "dissidenti".
Buona lettura.

Scrivo sull’espulsione dei 4 senatori non per influenzare il voto di qualcuno (credo che tutti coloro che leggano sia intellettualmente indipendenti e sappiano valutare, d’altronde anche sull’incontro con Renzi avevo condiviso una mia idea – quella di non andare – e alla fine hanno vinto i sì) ma per darvi degli elementi dall’interno. Come a noi spesso mancano “elementi esterni” a voi possono mancare delle informazioni e dei modi di vedere le cose che abbiamo noi che lavoriamo in questo gruppo tutti i giorni. Ricordo in quanti mi hanno scritto chiedendomi di andare in TV. Vi ricordate quanto ero restio? Non mi piace il mezzo, la consideravo una mezza sconfitta. Voi mi scrivevate «hai ragione ma è necessario». Alla fine ho deciso di andarci e devo dirvi che avevate ragione voi! A me mancava un punto di vista che avevate soltanto voi. Sull’espulsione dei 4 senatori è più o meno la stessa cosa. Credo che vi manchi un punto di vista interno ed è mio dovere, per il bene del Movimento, fornirvelo. Li chiamano “dissidenti”, mai parola e è stata più sbagliata. Credetemi, non si tratta di dissentire, di avere opinioni diverse, di criticare. Ma stiamo scherzando? Ognuno di noi, cittadini nelle Istituzioni e fuori dissentiamo, critichiamo, abbiamo opinioni diverse. E meno male! Il pensiero unico, come il PartitoUnico portano alla rovina di qualsiasi gruppo, società o nazione. Ma non è questo il punto. Io ho visto in queste 4 persone, sistematicamente, da mesi, e in modo organizzato la logica del dolo, la malafede, il sabotaggio di tutte le grandissime battaglie che abbiamo portato avanti come gruppo. Ogni qual volta avevamo un successo da comunicare (e voi sapete quanto per il M5S che ha il 99% dei mezzi di informazione contro sia difficile comunicare) usciva, sistematicamente una dichiarazione di uno dei 4 pronta a coprire il messaggio del gruppo. Ogni qual volta serviva lanciarsi e buttare il cuore al di là dell’ostacolo (molte battaglie le abbiamo iniziate senza sapere come sarebbero finite, senza nemmeno immaginare le conseguenze agli occhi dell’opinione pubblica, vedi art.138) c’era sempre uno dei 4 che si trasformava in “zavorra professionale”, una zavorra che puntava all’immobilismo. E per un Movimento restare fermi è la morte assoluta. Anche io sono un dissidente, non l’ho pensata come Grillo sul reato di clandestinità e infatti ho votato per la sua abolizione, io, come tutti i miei colleghi critico in assemblea una posizione, un modo di vedere, un’idea. Io voto, io vinco e io perdo. Ma quando perdo so che la decisone dell’assemblea è sacra in quanto frutto di un vero processo decisionale, frutto dell’intelligenza collettiva, non di diktat di berlusconiana o debenedettiana matrice. Mi spiego? Siamo in guerra, una guerra democratica, fatta di informazione, partecipazione, amore per la politica. Ma di guerra si tratta. Abbiamo tutti contro, tutti i partiti, un magma succhiasoldi, abbiamo contro gran parte della stampa, delle TV, abbiamo contro i poteri forti, le banche, abbiamo contro la mafia, la massoneria (credete che queste organizzazioni parastatali non vi siamo in Parlamento?), abbiamo contro quest’Europa della finanza. Questo non è un gioco. Ecco, io non posso lasciare la “trincea” sapendo che mentre sferro un “attacco” (ripeto, le nostre armi sono e saranno solo informazione, impegno, studio e partecipazione alla politica) qualcuno mi sparerà, scientemente e volutamente alle spalle. O mando via queste persone o finirà che resteremo fermi in “trincea”. Mi spiego? Sono 10 mesi che la storia è sempre la stessa, l’assemblea decide, l’assemblea suda per prendere una decisione, fatica, (la democrazia partecipata è bellissima ma è faticosa) e non appena questo avviene, in 3 nanosecondi, leggiamo attoniti, titoli sui giornali che infangano 9 milioni di persone che credono che il letame vada spalato e non trattato con i cucchiaini d’argento. Il palazzo è una vasca di squali, tiraforma cittadini in onorevoli, in statisti da 4 lire, in sabotatori speranzosi in futuri da protagonisti. Questo fa il palazzo e quello che deve fare il M5S è mandare via queste persone, con il cuore sofferente per averle perse sul cammino ma la consapevolezza che il cammino vale più di ogni altra cosa. Ve lo dico con il cuore e vi chiedo di fidarvi anche se la fiducia è un bene che si deve dare con parsimonia di questi tempi. Queste persone, in prossimità delle europee, elezioni fondamentali per noi, farebbero danni irreparabili al gruppo. Voterò sì per l’espulsione dei 4 senatori, e mai come questa volta voto convinto!
P.S. Giusto per darvi un ulteriore spunto. Andate sul sito http://www.tirendiconto.it/trasparenza/ e date un’occhiata alle restituzioni di tutti quanti. Controllare è un dovere da parte dei cittadini, i datori di lavoro di noi dipendenti nelle istituzioni. Se io volessi tenermi più soldi di quelli che mi spettano (e per codice comportamentale e per etica, l’etica va oltre le regole!) io non avrei dubbi, inizierei a criticare il gruppo, l’assemblea e Grillo. Mi trasformerei in “dissidente” come li chiamano i giornali. Allora sì, starei in una botte di ferro. Terrei più soldi e accuserei l’assemblea di essere antidemocratica se intendesse espellermi. Pensateci.
P.S.2 «Sono d’accordo per l’espulsione ma sarebbe un autogol mediatico». Leggo qualcuno di questi commenti. Questo non è da M5S, noi facciamo le cose giuste, sempre, poi ci occupiamo delle conseguenze. Se avessimo dovuto dar retta ai titoli dei giornali non ci saremmo mai dovuti presentare alle elezioni, non avremmo provato a fermare la votazione sul decreto Bankitalia (che pensate che non sapessimo che ci avrebbero dato degli squadristi, ma 7,5 miliardi di soldi nostri erano più importanti). Ecco anche adesso la salvaguardia del gruppo è molto ma molto più importante dei titoli di quei giornali che ovviamente ci detestano perché vogliamo toglierli il finanziamento pubblico. I giornali finiscono nei cassonetti nel giro di 24 ore, il Movimento se lo proteggiamo durerà molto a lungo.
                                                                                          Alessando Di Battista








lunedì 24 febbraio 2014

Qual è la logica del Potere in Italia? Matteo Renzi è una novità oppure no? Una riflessione su di noi.


Certe volte gli economisti che ricoprono incarichi ufficiali danno cattivi consigli; altre volte danno consigli ancor peggiori; altre volte ancora lavorano all’Ocse”.
Premio Nobel Paul Krugman, a proposito di Pier Carlo Padoan. New York Times Febbraio 2011.


di Sergio Di Cori Modigliani


I sistemi di potere sono uguali dovunque, da sempre.
Eppure, si manifestano secondo diverse modalità originali, seguendo delle specificità legate alla tradizione, al territorio, alla cultura d'origine, e quindi si esprimono seguendo delle logiche che sono proprie di quella etnia, gruppo o nazione. 
Se si vuole combattere contro il potere costituito -e la sua logica- bisogna prima comprendere e capire quale sia la sua natura intrinseca, altrimenti non sarà mai possibile disinnescare quei meccanismi contro i quali ci si oppone.
In Russia e in Usa, ad esempio, il potere si manifesta sempre in maniera chiara e netta. 
A seconda di chi lo detiene, il paese va da una parte o dall'altra, e per i cittadini è molto chiaro quali siano le forze in campo e quali interessi -in quella precisa circostanza storica- siano rappresentati dal loro presidente e dai componenti del governo in carica.
Michail Gorbacev è stato un uomo completamente diverso da Vladimir Putin.
Così come Barack Obama lo è da George Bush jr.
La Russia di Gorbacev era una Russia completamente diversa da quella di Putin.
Così come l'America di Obama è un'America distinta da quella di Bush.

Non così da noi, dove i premier si susseguono senza che nessun meccanismo strutturale venga mai minimamente intaccato, nessuna riforma venga mai avviata, ed è irrilevante che a vincere le elezioni sia una compagine che (in teoria) si richiama alla destra, alla sinistra o al centro, perchè l'esecutivo lo è soltanto di nome: è una rappresentanza puramente simbolica. Le personalità in carica svolgono una funzione vicaria, di gregariato.
Loro non sono: sembrano.
L'immagine che viene offerta al pubblico, quindi, ruota intorno all'apparenza senza mai svelare la sostanza, e al cittadino non viene mai riferito con esattezza quali siano le forze reali che stanno gestendo la nazione. In tal modo, si crea una nebulosa che offusca il teatro reale dello scontro e i votanti diventano semplici e banali spettatori di un gioco delle parti di cui ignorano perfino la sceneggiatura e la trama. 

In Italia, la natura del potere politico è diventata oscura e clandestina, sotterranea, sottaciuta.

Quelli che volgarmente vengono definiti "i poteri forti" conoscono molto bene questo meccanismo (l'hanno imposto loro) che assecondano, foraggiano, finanziano, in modo tale da poter esercitare il potere reale esecutivo -quello che davvero fa girare l'economia- in maniera clandestina, senza testimoni, senza osservatori poco graditi o disturbatori che possano alterare gli equilibri in campo. In questo senso, in Italia, non c'è stata alcuna novità dal 1994. 
Il primo Berlusconi si presentò come un originale elemento scardinante, che allora colpì l'immaginario collettivo della nazione in cerca di una forte modificazione verso un cambiamento moderno del paese. Si scontrò subito contro la logica clandestina e dinanzi alla scelta radicale (cambiare il meccanismo o assecondarlo, perchè allora aveva la forza di poter scegliere) optò per l'adattamento alla norma tradizionale conservatrice, e la sua forza propulsiva -che era reale- durò lo spazio di sei mesi. E' il motivo per cui "i poteri forti" hanno amato, adorato, vezzeggiato, coccolato, l'esistenza del cosiddetto conflitto di interesse. Dinanzi alla prospettiva di cambiare l'Italia per davvero, mettendo a repentaglio la tenuta delle proprie aziende, Berlusconi scelse di salvaguardare l'interesse privato personale familista, e in cambio gli venne offerta la possibilità (che lui accettò di buon cuore) di fondare una dinastia parentale, partecipando quindi all'esercizio del potere esecutivo italiano secondo la modalità oligarchico-medioevale presente nel nostro paese. 

Con il governo Renzi, il potere italiano ha deciso di muoversi secondo la propria norma consuetudinaria, quella per l'appunto clandestina, oscura, che lo ha qualificato subito come una fotocopia aggiornata di Mario Monti o Enrico Letta. Basta guardare i curricula e le vite dei ministri per comprendere chi, in questo momento, davvero stia al potere. 
Matteo Renzi (come giustamente suggerisce il Financial Times) non conta nulla. 
E' una normale, tranquilla, operazione di maquillage. 
C'è, però, un ma.
Il punto è proprio questo.
E' l'ennesima favola che viene raccontata agli italiani.
Ma questa volta si tratta di una favola tutta italiana, il cui esito non è affatto scontato.
Per poterla comprendere al meglio, ci facciamo aiutare dal più geniale e imbattibile artista produttore di favole che la nostra grande cultura abbia mai prodotto: Carlo Collodi.
Anche lui toscanaccio doc, come Licio Gelli, come Matteo Renzi.
E' la favola di Pinocchio.
Perchè non si possono fare i conti senza l'oste, e in questo caso, l'oste, è il fattore umano.
Matteo Renzi è una personalità molto forte, un giovane caratteriale, e non è ancora chiaro come possa evolversi la favoletta con un tipo come lui.
Il nostro bravo Pinocchietto è stato accolto a braccia aperte proprio perchè era lui: infantile, bugiardo, giocherellone, creativo, un po' manigoldo, abbagliato dalle giostre del potere, proprio come Pinocchio, e come lui fatto di legno. Il Gatto e la Volpe (che non devono aver letto il finale della favola) lo hanno messo nel sacco e si rallegrano entusiasti. Questo pensano.
L'attuale governo, infatti, è loro.
In realtà, noi abbiamo un bicolore Berlusconi-D'Alema, anzi, un tricolore.
Come ha acutamente fatto notare il nostro baldo pregiudicato "e così siamo riusciti a piazzare un nostro ministro al governo pur stando all'opposizione", l'esecutivo è composto da berlusconiani fedeli doc nei posti strategici: al ministero dello sviluppo economico, a quello degli interni e a quello della sanità; D'Alema ha imposto i suoi all'economia, agli esteri e al lavoro; e il tricolore è stato completato dalla presenza dell'opus dei vaticanense garantita da Maurizio Lupi di Comunione e Liberazione, da Enrico Franceschini alla Cultura e da un fedelissimo casiniano. Così è stato costruito un modello catto-comunista-berlusconiano che non ha assolutamente nulla di renziano, non presenta alcuna novità, e si pone come il legittimo garante di una totale regressione del paese, con inevitabile fallimento.
Il Gatto e la Volpe si leccano i baffi. 
Dal loro punto di vista hanno ragione, li capisco.
L'inossidabile Balena democristiana si è ingoiata il nostro burattino che, in questo preciso momento, si trova dentro la pancia dove incontrerà Geppetto.
Il problema sta nel finale della favola, ovvero nella risoluzione del mistero attuale italiano che risponde alla seguente domanda: "ma qual è la vera ambizione di Matteo Renzi?".

Per me, non è dato saperlo. 
Non lo conosco personalmente e con franchezza, devo dire, che non so quale delle due potenziali ipotesi corrisponda al vero. Forse non lo sa neppure Renzi, oggi, ma lo capirà al massimo entro quaranta giorni, non oltre. E anche noi, insieme a lui, lo capiremo.
Ben presto si accorgerà che lui non conta nulla, ma davvero nulla, e non ha alcuna possibilità di prendere alcuna decisione. Lui non può che eseguire ordini.
Come reagirà, allora?
Facciamo un esempio.
Il Ministro dell'economia Padoan non è un impiegato dei poteri forti, com'era Saccomanni; chi lo sostiene commette un errore: lui è il potere forte, ben altro dire. 
Sarà lui a dare ordini a Renzi e non viceversa. 
E' l'uomo che per conto del Fondo Monetario Internazionale, nel 1998, ha assunto l'incarico di responsabile del "desk Argentina" convincendo l'allora presidente in carica, Menem, ad attuare alla lettera i dispositivi economici da lui suggeriti che avevano come scopo quello di de-industrializzare il tessuto nazionale, privatizzare l'intero impianto energetico argentino passandolo sotto il controllo di multinazionali anglo-americane, affidare alla Monsanto la gestione del lancio della produzione massiccia di ogm con la conseguente distruzione di circa 2 milioni di ettari, e mettere il sistema bancario sotto la guida di due colossi della finanza da lui suggeriti: Goldman Sachs e J.P.Morgan.
 Il risultato fu il crollo del paese, con una disoccupazione al 56% e il default. 
In Sud America, Padoan, non ci può più andare neppure in vacanze travestito da pinguino. Dopo la distruzione dell'Argentina, il Fondo Monetario Internazionale lo promuove, e lo passa ad altro incarico, assunto nel 2002, avvalendosi della collaborazione di Mario Draghi: "desk Grecia" dove ha attivato la sistematica devastazione dell'economia locale, imponendo logiche speculative sui derivati che hanno avviato il suicidio della nazione ellenica. Nel 2008, conclusa l'operazione Grecia, viene promosso a vice-presidente dell'Ocse. Mario Monti, allora, dichiarò che Padoan aveva svolto un lavoro egregio e -siamo alla fine del 2008- ebbe a dire che "l'attuale situazione della Grecia è la prova lampante del successo dell'euro". E' il nemico numero uno di Paul Krugman e di Joseph Stiglitz. Qualche giorno fa, di lui hanno parlato in Usa (ambito occupywallstreet) grazie allo splendido lavoro portato avanti da Lori Wallach, direttrice del Public Citizen’s Global Trade Watch, prestigioso osservatorio indipendente di Washington che si occupa di combattere una battaglia della cittadinanza mondiale contro la presa del potere da parte delle multinazionali e della finanza, Lo hanno identificato come l'uomo che -per conto dell'Ocse- deve portare in fondo il varo del TAP (Trans Atlantic Partnership) un meccanismo legale di accordo tra Usa e Ue che imporrà dei contratti tra privati e stati nazionali che comportano la possibilità di "denuncia da parte dei privati nei confronti di singoli governi per mancato profitto, con penali talmente alte da mettere gli stati nella condizione di dover per forza accettare le richieste di specifica legiferazione da parte di enti privati; e tutto ciò verrà realizzato senza che nè i cittadini nè i singoli parlamenti vengano avvertiti, informati, coinvolti". Tutto ciò lo abbiamo saputo grazie a Julian Assange e al lavoro del gruppo wikileaks. C'è una bellissima intervista video realizzata da Lori Wallach ad Assange nella quale raccontano la questione, andata in onda su migliaia di canali privati in Usa (circuito alternativo indipendente) il 14 novembre 2013.
Ecco il link per chi voglia ascoltare e vedere  l'intervista:

http://www.democracynow.org/2013/11/14/tpp_exposed_wikileaks_publishes_secret_trade


Ritorniamo al nostro governo.
O Matteo Renzi è ciò che i suoi detrattori credono, ovvero: mera apparenza priva di sostanza, e quindi si accontenta di coltivare come unica ambizione quella di apparire, sembrare, e accontentarsi di essere un burattino, oppure la sua ambizione è molto più alta e poderosa perchè lui, il potere di cambiare il paese lo vuole davvero esercitare, e quindi, non appena si accorgerà che non conta nulla, rovescerà il tavolo e si andrà alla fine di maggio alle elezioni politiche.
Non ho idea quale delle due ipotesi sia quella giusta.
Per il momento, il Gatto e la Volpe gongolano.
Ma la favola di Pinocchio ha avuto un lieto fine (oggi sono ottimista).
In seguito a una strana mareggiata, la grande balena vomita il proprio contenuto e Pinocchio viene ributtato fuori; da naufrago approda alla riva dove si accorge che ha raggiunto la sua grande autentica ambizione: è diventato un essere umano.
Come andrà a finire Matteo Renzi?
Non lo so.
So per certo che è stato ingoiato dalla grande balena democristiana e si trova dentro la sua pancia. Rimarrà al calduccio, ben pasciuto, accontentandosi di fare l'attore con la consapevolezza di essere fatto di legno, colla e chiodi?
Oppure, la sua vera, profonda ambizione, consiste nel diventare un bambino vero?

Lo sapremo molto presto.

venerdì 21 febbraio 2014

Te lo do io Sanremo!


di Sergio Di Cori Modigliani

L'intelligenza collettiva degli italiani è in aumento: il crollo degli indici di ascolto della seconda serata di Sanremo ne è un chiaro e visibile termometro.
Un bel colpo la prima serata ma, in verità, il trionfatore è stato Beppe Grillo, nella sua versione mediatica da convitato di pietra. Tutta l'Italia era incollata al televisore soltanto per un motivo: attendere il momento (preannunciato con grancassa) in cui Grillo si sarebbe alzato in piedi, con un salto sarebbe piombato sul palcoscenico urlando magari il "tutti a casa". E invece, dopo essersi seduto tra il pubblico, dopo poco, annoiato da morire e forse anche infastidito, si è alzato alla chetichella e probabilmente se n'è andato in pizzeria con i suoi amici intimi. Ma la gente non lo sapeva e seguitava ad aspettare. 
La seconda serata, non essendoci questo jolly, l'indice è crollato impietosamente.
Così, per fortuna di noi tutti, ne possiamo parlare senza dover essere coinvolti in astiose polemiche, apparentemente politiche, che dissanguano la pazienza e provocano crisi di nervi.

Poiché si tratta di una kermesse popolare televisiva che ha contribuito a formare l'immaginario collettivo della nazione, penso che possa essere utile argomentarne in forma critica per comprendere il programma politico del nuovo governo.
Se andate a controllare negli archivi storici e guardate una puntata del 1959, del 1969, del 1979, si possono estrarre dei codici significativi per leggere la realtà di allora e capire che cosa stava accadendo in Italia e che tipo di establishment gestiva la baracca.
Un tempo, questa manifestazione era ciò che sosteneva di essere: un festival della canzone italiana. Diversi cantanti concorrevano e il giorno dopo la fine della kermesse, nelle officine meccaniche, a scuola, in ufficio, alla fermata dell'autobus, c'era qualcuno che fischiettava o cantarellava "quel motivetto lì", una frase musicale che apparteneva alla canzone che più di ogni altra in assoluto aveva colpito l'immaginario della nazione; e non sempre era quella che aveva vinto. Comunque fosse, era un prodotto tutto italiano, basato sullo stereotipo (vero) che noi italiani siamo un paese di cantanti e abbiamo bisogno di canzoni nelle quali identificarci. E' un dato sociologico autentico, motivo per cui Berlusconi ha lanciato il suo motivetto "meno male che Silvio c'è" costruendosi il suo personale refrain populista. 
Si parlava di canzoni, di cantanti, di zuffe tra cantanti, di amori tra cantanti, di odi e litigi tra cantanti, di liti tra tifoserie diverse di fan che sostenevano l'uno al posto di un altro.
L'inossidabile regina era "la canzone italiana".
Poi, negli anni, Sanremo è diventata un'altra cosa, codificando l'affermazione del berlusconismo come idea centrale del mondo: la sostituzione dell'evento-sostanza con l'evento-apparenza fuorviante, e le canzoni (e anche i cantanti) sono state mandate in pensione. Il pubblico, ben educato ed eccitato dai media, viveva l'attesa non più relativa alle canzoni, alle melodie, alla qualità della voce, alla profondità delle strofe, bensì alla polemica, alla trasgressione, alla sorpresa che si sarebbe verificata nel corso del festival. 
E così, poco a poco, i cantanti si sono trasformati in personaggi di secondo piano di cui a nessuno importa nulla, perché ciò che conta non è più il ritmo di una canzone, bensì "l'evento che si inventano". Che sia la farfallina di Belen, l'impromptu di Roberto Benigni, l'uscita satirica di Maurizio Crozza contestata dai berlusconiani, o la protesta di operai (più o meno veri) in rivolta, è uguale: ciò che conta è che i cantanti non sono più i protagonisti perché questo Paese è diventato un Paese di ipocriti che hanno scelto (consapevolmente e scientemente) di rinunciare all'autenticità di un qualunque evento -dove sostanza e apparenza coincidono in un forte magma- per sostituirlo con una idea pubblicitaria il cui fine è vendere ciò che non esiste, come le cifre del Ministero del Tesoro che sostengono l'idea che la crisi è finita e l'Italia si è ripresa. 
Quindi, si officia un rito che in partenza è già falsificato (come le consultazioni di governo) perché si finge di parlare di canzoni mentre, invece, ci si occupa di altro.
L'ospite di turno non è più il contorno più o meno speziato del piatto forte (il/la cantante migliore) ma diventa il protagonista; la canzone prediletta -o il suo autore- diventano il contorno inconsapevole, quasi inutile, dello show offerto da qualcuno che magari non ha mai cantato nella sua vita e non ha la minima idea di che cosa sia comporre una canzone. 

In questo senso, il Festival di Sanremo seguita a essere la rappresentazione dell'Italia per ciò che essa è in quello specifico momento. 
E oggi è il teatro del falso, dell'apparenza buonista, del politicamente corretto.
Ma i tempi cambiano. 
Non l'Italia della classe dirigente e del festival di Sanremo.
Questo falso perdurante si è incattivito negli ultimi venti mesi, in seguito alla crisi.
E' diventato feroce. Doppiamente feroce. Come l'Italia nella quale viviamo.
Feroce, una volta, perché c'è la cattiveria nel sostenere un falso sapendolo. 
Feroce, una seconda volta, perché lo si fa come esecuzione di un ordine politico proveniente dal pensiero unico e si accetta di farsi pagare per produrre falsi popolari.
Nell'edizione di ieri sera gli organizzatori, probabilmente disperati per essersi accorti che le melensaggini consuete non fanno più presa (essendo l'Italia, da un anno a questa parte, maturata, migliorata, e molto ma molto più addolorata) hanno optato per la sezione "politicamente corretto". 
Era stato anche annunciato.
La cupola mediatica, oggi, ha celebrato con enfasi quello che io considero un rito macabro che mi ha offeso come essere umano e come soggetto politico attivo italiano.
Per non parlare del fatto che nessuno ha neppure commentato una canzone che sia una, perché -per l'appunto- si sono dilungati (con applausi a gogò) sull'evento "politico".
Parliamo, quindi, di politica. Perché di questo si tratta.
La conduttrice dello spettacolo, Luciana Littizzetto pare abbia dichiarato: "Essere disabili è bello".
Nella sua mente questo assunto evidentemente appartiene al mondo dell'accoglienza.
Non sono d'accordo. Per me è falso.
E' l'assassinio del Senso, la cancellazione della Logica, sintetizzato nel concetto di "la diversità è normale". 
Proprio come nel libro "1984" di George Orwell in cui il potere strilla "la guerra è pace".
Accogliere la diversità e far credere che l'accoglienza consista nel trasformarla in normalità, lo ritengo una pericolosissima falsificazione della realtà. La vera libertà consiste nel riconoscere, identificare, accettare (e sapere come gestirla) la diversità proprio in quanto diversa, altrimenti diventa una doppia violenza. Lo è una volta nei confronti dei normali che perdono il senso della misura e le loro idee si annebbiano in una pappa (questo è il pensiero unico). Lo è una seconda volta perché  toglie al "diverso" il suo valore aggiunto dell'unicità autentica esistenziale, ciò che gli dà identità umana.
Il successo di Bocelli , così come quello di Ray Charles, Ottis Redding o Josè Feliciano -al di là del loro talento- deriva proprio dal fatto che sono i simboli di una meravigliosa epopea umana che segna e segnala il senso dell' affermazione della diversità in un mondo di normali.
Essere disabili è una tragedia, invece, non è per niente bello. E una cittadinanza e una nazione civile lo deve sapere e si deve occupare e  preoccupare di offrire strumenti adeguati per rendere la loro vita meno faticosa, meno dispendiosa, meno sofferente. Sono tragedie dovute al destino biologico, malandrino quanto casuale e vanno trattate con la delicatezza emotiva e il rispetto che ogni diverso -qualunque sia la dimensione di appartenenza- ha il diritto di esigere dalla collettività: "accettatemi e accoglietemi nella mia diversità ma non offendetemi fingendo che io sia normale, perché io non lo sono e voi dovete tenerne conto".
Ed è mostruoso inzuppare nella brodaglia buonista e nella retorica da politically correct, il biscottino dell'effetto retorico e demagogico per sedurre i normali che in questo modo si sentono assolti e portati alla non assunzione di responsabilità.

Penso alle affermazioni di Saccomanni che sostiene la fine della crisi, la fine della recessione, la ripresa del paese e ci induce a credere che siamo diventati di nuovo un "Paese normale" mentre invece non lo siamo e abbiamo il diritto e il dovere civico di urlare a voce spiegata la nostra voglia di essere considerati nella nostra anormalità, nella nostra diversità, nel nostro disagio di disabili europei, perché i soldi per pagarsi le medicine non ci sono più, non ci sono i soldi per mandare i bimbi all'asilo e per pagare gli studi universitari ai figli e per rispettare il mutuo e quindi abbiamo un handicap, siamo anormali, quindi, diversi. E non è bello.
Vi offro una mia fantasia immaginifica.
Pensiamo a una conferenza stampa di Matteo Renzi tra un mese, nel corso della quale ci dirà qualcosa in linea con quello che è l'evento Sanremo:

"E' con enorme entusiasmo e ottimismo che sto affrontando con la mia squadra questo difficile guado del Paese, ma sono convinto che stiamo sulla strada giusta e ce la faremo, perché è una nuova Italia che sta già emergendo e si sta affermando. E' l'Italia della bellezza e dell'eccellenza, che pesca nelle nostre più profonde e artistiche tradizioni sentimentali. E' quella Italia che mi consente oggi, con orgoglio, di poter affermare: essere disoccupati è bello! E' bello per davvero. Pensate al padre che al pomeriggio va a prendere i suoi due figli all'asilo, perché non ha niente da fare e quindi ha tempo da spendere: ha ritrovato una ricchezza. Sta ricostituendo il senso ritrovato della paternità di cui abbiamo tanto bisogno. Prende i suoi figli e li porta ai giardinetti e quando sua figlia gli dice "papi poi mi compri la Barbie che mi avevi promesso?" questo nuovo italiano è contento nel dire alla figlia "no, tesoro, noi non abbiamo una lira e quindi non te la compro"; e al figlio che gli chiede "poi però mi compri le scarpe da tennis come quelle dei miei compagni?" gli dice: "no, piccolo mio, non ho il becco di un quattrino". A tutti i disfattisti, a tutti quelli che protestano e pretendono, che disfano perché non vogliono fare, io dico loro: ritroviamoci nell'abbraccio con una normalità che ci rende finalmente tutti uguali, tutti alla pari, occupati e disoccupati, chi abita in lussuose magioni e chi vive in mezzo alla strada: siamo tutti finalmente uguali! Stiamo rifondando insieme il grande sogno della democrazia normale, abbattendo le diseguaglianze. Grazie per l'attenzione!".






mercoledì 19 febbraio 2014

In margine all'incontro tra Beppe Grillo e Matteo Renzi. Ecco quello che penso.



di Sergio Di Cori Modigliani

L'immagine che vedete qui riprodotta in bacheca, a tutti coloro che sono nati dopo il 1970, non dice molto, perché appartiene alla memoria storica appresa sui libri e non al loro vissuto personale civile. Per i più anziani, invece, rimane un ricordo indelebile della nostra storia recente, della nostra eredità, il memento di come eravamo, di che cosa accadeva.
E' un'immagine tragica per noi italiani, che ci ricorda la nostra provenienza, quali impervie strade siamo stati costretti ad attraversare, ed è emblematica dell'aspetto feroce della lotta politica per la conquista del potere.
Non a caso l'ho scelta oggi come "testimonial" di questo post che scrivo come mio commento personale all'incontro tra Beppe Grillo e Matteo Renzi.
L'immagine è relativa allo statista democristiano Aldo Moro, sequestrato dai terroristi delle brigate rosse, che finirono per scegliere di ucciderlo. La scelta estrema di eliminarlo fu provocata, allora, dalla posizione netta, dura, inconciliabile, intransigente, da parte dei due personaggi politici più importanti di quella tragica primavera del 1978: Enrico Berlinguer e Francesco Cossiga. Entrambi, in quei tragici momenti, parlavano con voce unica: "con i terroristi non c'è trattativa" dichiaravano ogni giorno; oppure "chi usa la violenza e si pone al di fuori delle istituzioni, provocando paura e terrore nella popolazione, non ha il diritto di essere considerato un interlocutore valido a nessun livello. Mai".
Ci fu un terzo incomodo, allora, un giovane ambizioso, da poco giunto alla ribalta della grande politica, Bettino Craxi, che scelse, invece, di essere identificato come l'alfiere della trattativa.
Non credo che per Enrico Berlinguer sia stato facile, in nessun modo, compiere quella scelta; nonostante fossero oppositori politici, condivideva con Aldo Moro un sodalizio, un fronte di costante dialogo aperto, entrambi decisi a cambiare in meglio l'Italia.
Aldo Moro non era un santo, ma non era neppure un mascalzone corrotto.
La sua intuizione (nota soltanto agli storici e a chi si occupava allora di politica) nel 1973, durante la più grave crisi economica del dopoguerra -si chiamava "la crisi del petrolio"- si dimostrò vincente e cambiò davvero il paese. Nel pieno dell'occhio del ciclone, chiamò nell'ottobre di quell'anno Enrico Berlinguer per una serie di incontri privati finalizzati alla risoluzione dei gravi problemi del paese. Usando termini odierni era come avere oggi lo spread a 600 punti; la lira era stata svalutata tre volte in un anno; l'inflazione era arrivata al 18%, la gente era disperata e furibonda, il malessere poteva esplodere in un momento qualsiasi. L'Italia si trovava incastrata tra la Nato e il Patto di Varsavia e il PCI era ufficialmente legato a Mosca. L'esito di quei colloqui portò a una scelta nazionale e i due siglarono un patto. Forte dell'accordo, Aldo Moro partì per Washington con l'intento di riferire personalmente a Richard Nixon la nuova situazione: i comunisti erano disposti a lanciare ufficialmente "la via italiana al socialismo" sulla base di un compromesso dovuto alle circostanze, dichiarando fedeltà alla Nato; in cambio, gli americani davano il via alla DC per trattare con i comunisti considerandoli interlocutori politici alla pari affinché, insieme, risolvessero i conflitti sociali interni (la crisi stava erodendo i salari e la disoccupazione stava per esplodere) affidando a Francesco Cossiga il ruolo di grande tessitore del raggiunto accordo. Così fu.
Perno dell'accordo che portò nel 1977 a un governo di larghe intese gestito da Cossiga (appoggio esterno del PCI) era quello di fare "le riforme strutturali dello Stato". 
A Mosca, quell'accordo non piaceva.
A Washington, neppure.
Come ciliegia sulla torta della guerra fredda, arrivarono le brigate rosse.
I terroristi volevano trattare con lo Stato.
Cossiga e Berlinguer (entrambi amici intimi di Moro) si rifiutarono, spiegando al paese che la base dell'indipendenza, dell'autonomia, della libertà di una nazione sovrana, consisteva nel non trattare mai con chi non seguiva e non perseguiva un solido percorso di alternativa democratica finalizzata al bene comune. 
E tennero duro, sapendo che sarebbe costata la vita al loro amico. Come accadde.
Molti, moltissimi (anche tra i democratici comunisti e tra i democratici democristiani) erano, invece, per trattare, nel nome della pietà, della compassione, del dialogo a tutti i costi.
Aldo Moro morì assassinato.
Fu l'inizio della fine delle brigate rosse e l'Italia voltò pagina riprendendosi, con la consapevolezza collettiva che esisteva uno Stato forte e le istituzioni erano in grado di poter reggere l'urto contro qualsiasi nemico.
Ma quella tragica lezione storica non venne incorporata.
Quindici anni dopo si ripresentò, per i motivi opposti, quando l'Italia era diventata la quinta potenza economica al mondo ed era leader industriale in Europa. Il comunismo non esisteva più e invece delle brigate rosse (scomparse) venne fuori la criminalità organizzata che voleva far parte -d'accordo con i circuiti cinici della finanza internazionale anti-italiana- del circolo dirigente politico nazionale per poter mettere le mani sulla dovizia di appalti sia pubblici che privati.
Lì, lo Stato cedette.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. 

Fine del riferimento storico, utile come premessa, per ricordarci sempre da dove veniamo.

Leggendo gli svariati commenti di migliaia di cittadini, twittati e feisbuccati, sull'incontro tra Grillo e Renzi, mi è ritornato alla memoria questo passaggio del nostro background civico collettivo. 
Oggi, nel mondo post-moderno a gestione mediatica, cavalcato dai social networks e dall'immediatezza emotiva di un evento, i teatri e gli scenari politici sono diversi. 
Con l'aggiunta che la chiave di lettura della realtà politica passa attraverso i due paradigmi fondamentali della sintassi mediatica in Italia: il Paradosso e l'Ossimoro. Se non si comprende questo, si finisce per diventare vittime di un abbaglio, di una illusione ottica, di una manipolazione e si perdono i contorni che definiscono la realtà per ciò che essa è.
Veniamo dunque al punto: Matteo Renzi è un giovane politico. Il suo valore reale politico è pari a quello di Flavio Tosi, Ignazio Marino, Luigi De Magistris, colleghi che amministrano grandi città. E' diventato il segretario di un partito che non ha vinto le elezioni e che ha costituito un governo con un altro partito che ha perso le elezioni, guidato da un pregiudicato che le istituzioni hanno stabilito non essere degno di far parte del Senato, condannandolo alla decadenza del suo ruolo e della sua funzione, in quanto condannato a "non poter svolgere nessuna mansione in ambito pubblico istituzionale". Siccome messa così era davvero troppo perfino per i votanti piddini, a ottobre del 2013 si è verificata una specie di spaccatura nel PDL (che se è vera sembra finta). Il paradosso consiste nel fatto che la spaccatura si è verificata perché il PDL era "contro questo governo", ma ha votato la fiducia al governo. Matteo Renzi, nel frattempo, dichiarava che non avrebbe mai fatto nè le larghe intese nè un accordo con Berlusconi su nessun punto. Lo ha accolto nella sede del PD e con lui ha stabilito il varo di una legge elettorale. Qui entriamo nell'ossimoro: i perdenti decidono le leggi. E qui proseguiamo nel grande paradosso: il sindaco di una città di media grandezza che non è stato mai votato a livello nazionale in una regolare votazione politica (le primarie sono un evento privato) ha comunicato al primo ministro in carica che lui era decaduto e l'ha licenziato. L'aspetto folle consiste nel fatto che il primo ministro ha accettato come se si trattasse di un evento normale. Anche il Presidente in carica l'ha ritenuto normale, così come ha ritenuto normale che non venisse fatto neppure un accenno, un dibattito, una votazione, nè alla Camera nè al Senato (perché non c'è tempo, è stato detto). Questo sindaco è diventato il Presidente del Consiglio incaricato comunicando che a) avrebbe fatto esattamente lo stesso tipo di alleanza e di governo che aveva fatto la persona da lui licenziata per aver fatto quel tipo di alleanza e di governo; b) che escludeva qualunque tipo di alleanza con la compagine di SEL che faceva parte della coalizione elettorale del suo partito.
Quindi, oltre a non rispettare nessuna promessa elettorale, non è stato rispettato neppure l'alleato di coalizione, il quale (Vendola) -anche questo incomprensibile- non ha protestato più di tanto, considerando normale che l'alleato scelga di allearsi con l'oppositore: altro paradosso inspiegabile.
Il Presidente ha ricevuto al Quirinale le delegazioni, accogliendo un senatore decaduto, condannato in via definitiva, che per Legge non può esercitare funzioni pubbliche, facendola apparire come prassi normale.
L'immagine che si è offerta al Paese è stata inevitabilmente quella delle istituzioni che sono state sequestrate dai privati, perchè le scelte di governo, le cariche, i ruoli, le mansioni, le modalità di legiferare, avvengono tra soggetti privati che decidono sulla base di un loro capriccio personale -sorretto dai media- di andare ad occupare dei luoghi pubblici.
E veniamo quindi all'incontro tra Grillo e Renzi.
E' l'incontro tra il leader che rappresenta le istanze di gran parte dell'elettorato italiano e un segretario di partito che non si sa nemmeno se e quanto rappresenti la base di quel partito. 
Poichè gli italiani sono, oltre che spaesati, avviliti, depressi, stanchi, demoralizzati, immotivati, soprattutto addormentati, non hanno preso atto della gravità di ciò che sta avvenendo. 
Il leader di M5s, facendosi carico delle istanze della base, comunica il suo punto di vista: "è inutile andare all'incontro, si tratta di una farsa" ma prende atto dell'umore generale e lancia un sondaggio il cui esito viene rispettato e allora si va.
Il tutto a Palazzo Chigi, luogo ormai completamente esautorato da ogni funzione di autorevolezza esecutiva pubblica, si svolgono incontri tra soggetti privati.
C'è quindi l'incontro che Grillo gestisce sapendo che sta vivendo un paradosso e finisce come tutti sanno: a pesci in faccia.
Meno male.
Avevano ragione Enrico Berlinguer e Francesco Cossiga: con i terroristi non c'è trattativa.
I poteri forti hanno sequestrato le istituzioni della Repubblica.
Hanno scelto e deciso di non rispettare la formalità del dettame della Legge.
Dicono notizie false, danno cifre false e bugiarde, e vengono smentiti dall'Europa.
Diffondono paura e terrore che aumentano la depressione sociale e la disperazione.
La mia parte interiore di sincero democratico e di grande amante del dialogo e della comunicazione con ogni tipo di interlocutore (sono uno che parla anche con i sassi) era a favore dell'incontro.
La stessa parte di sincero democratico è stata contentissima dell'esito: pesci in faccia da parte di chi ha vinto le elezioni ed è costretto a vedersela con un vero intruso nelle istituzioni.
Ci hanno sequestrato l'anima e vogliono anche trattare.
Hanno diffuso soltanto paura e terrore psichico.
A coloro che sono rimasti delusi perché si aspettavano da Grillo un armonico dialogo, non posso che dire: aveva ragione lui, si trattava di una farsa.
Io sono rimasto deluso da me stesso, per aver pensato che valesse la pena l'incontro.
Ho esagerato in ottimismo.

L'unica possibilità per le istituzioni italiane di dimostrare di non essere una società privata consiste nel prendere atto della situazione attuale e indire nuove elezioni politiche, immediatamente.

Avevano ragione Enrico Berlinguer e Francesco Cossiga: con i terroristi non c'è trattativa.
Mai, e per nessun motivo.
Chi non rispetta la Legge, è fuori dal sistema.