Paese che vai, usanza che trovi.
Riadattato, sarebbe il caso di dire: paese che vai, popolo che trovi.
Mentre l'Italia precipita al più basso livello mai raggiunto di sostenibilità democratica, dal 1946 a oggi, arriva una notizia confortante dal settentrione del nostro continente.
E non mi meraviglia.
Basta guardare le cifre, gli indici, le classifiche, la tradizione locale.
A livello internazionale la chiamano Danimarca Felix.
E' un piccolo regno nell'estremo nord d'Europa, incastrato tra i colossi tedeschi e svedesi.
Il Regno di Danimarca è primo al mondo come qualità di vita.
E' primo al mondo come libertà di stampa.
E' primo al mondo come rispetto dei diritti civili e soprattutto rispetto dello Stato di Diritto.
Tra tutti gli indici, il più importante è quello relativo all'ultimo sondaggio effettuato dall'Onu nel luglio del 2013: il 62% dei cittadini si dichiarano felici della propria esistenza, del proprio paese, del proprio governo, di come vanno le cose.
Non possiamo che invidiarli.
Sarebbe un errore, a dimostrazione del fatto che l'invidia, oltre a essere un sentimento malsano, diventa un vizio civico pernicioso perchè spinge verso la passività tinta di malevolenza.
Che cosa sta accadendo in questi giorni in quel Regno?
La notizia: il governo formato da una coalizione di centro-sinistra nel 2012 e guidato da Helle Thorning-Schmidt, ha firmato un contratto ufficiale con la Goldman Sachs affidandole la gestione del loro colosso nazionale dell'energia, la società Dong. L'accordo,consentirebbe ai danesi di potersi approvvigionare di energia a un costo molto inferiore, quindi di risparmiare parecchi soldi ogni mese. Ma i danesi sono venuti a conoscenza di questo contratto e si sono ribellati.
Perchè, evidentemente, per loro (è per questo che sono felici) al primo posto nella scala dei valori c'è il senso dell'indipendenza, dell'autonomia, della libertà come nazione e come popolo.
Sono insorti.
Hanno cominciato a diffondere in rete la notizia, hanno immediatamente organizzato un appello firmato in poche ore da ben 185.000 cittadini e lo hanno inviato sia alla regina che al governo. Infine, si sono riversati per strada, protestando contro la svendita della loro authority.
Annette Vilhelsem, Ministro degli Affari sociali (nonchè leader del Partito Socialista, un importante membro dell'alleanza di governo) si è dichiarata "esterrefatta e offesa come danese" per la decisione e ha annunciato di ritirare la propria coalizione dall'esecutivo. Se n'è andata sbattendo la porta. Si è creata, quindi, una frattura politica gravissima e si è aperto un contenzioso molto forte tra il popolo, la cittadinanza da una parte e il governo dall'altra. La disputa è ancora in corso.
Il Regno di Danimarca è un membro dell'Unione Europea.
Questo accordo -non a caso lanciato come prototipo in un piccolissimo stato come esperimento- ci annuncia il trend emergente in Europa: consegnare il controllo del cuore pulsante di ogni nazione -la gestione delle fonti di energia- ai colossi finanziari che diventerebbero "ufficialmente" i veri padroni del paese. Tradotto potrebbe voler dire che se un governo intende perseguire qualche banca perchè ha compiuto un atto illegittimo e dannoso per la comunità, interviene quella società finanziaria per imporre il silenziatore censorio, pena la chiusura dei rubinetti energetici: elementare quanto banale.
Hanno bisogno, quindi, del sostegno dell'intero continente.
I danesi stanno dando un bellissimo esempio da seguire che conferma la validità del posto che occupano nelle classifiche. Un sondaggio realizzato dalla corte regnante, ieri mattina, ha rivelato che il 79% dei danesi "preferisce pagare di più le bollette mensili ma essere indipendenti dalla finanza internazionale".
Così funziona la democrazia in un paese in cui il danaro non è il valore principe.
La differenza tra la democrazia e la democritura italiana consiste nel fatto che alla base fondativa del principio democratico c'è l'idea che il governo teme il giudizio del popolo; nelle democriture, invece, è il popolo che teme e ha paura del governo, da cui discende la propensione tutta italiana alla deferenza, al servilismo, alla mediocrità.
E' un esempio pericoloso, quello danese, sia per la troika che per la finanza.
Infatti, in Italia, Spagna, Portogallo non ne parlano, non sto vedendo neppure un'immagine, una fotografia, un editoriale, un commento, un'analisi, con un'unica eccezione, Ilsole24ore, il giornale della Confindustria, che ha pubblicato un pezzo raccontando l'intera vicenda senza che venisse ripresa dagli altri.
La notizia è stata diffusa in tutta Europa dal quotidiano britannico The Guardian, vedi qui:
http://www.theguardian.com/world/2014/jan/30/socialists-quit-denmark-coalition-goldman-sachs-deal
Ecco l'articolo "sfuggito" ai più
http://www.ilsole24ore.com/art/servizio/2014-01-30/danimarca-mani-goldman-sachs-energia-scatta-rivolta-popolare-e-governo-perde-pezzi-151423.shtml
Riadattato, sarebbe il caso di dire: paese che vai, popolo che trovi.
Mentre l'Italia precipita al più basso livello mai raggiunto di sostenibilità democratica, dal 1946 a oggi, arriva una notizia confortante dal settentrione del nostro continente.
E non mi meraviglia.
Basta guardare le cifre, gli indici, le classifiche, la tradizione locale.
A livello internazionale la chiamano Danimarca Felix.
E' un piccolo regno nell'estremo nord d'Europa, incastrato tra i colossi tedeschi e svedesi.
Il Regno di Danimarca è primo al mondo come qualità di vita.
E' primo al mondo come libertà di stampa.
E' primo al mondo come rispetto dei diritti civili e soprattutto rispetto dello Stato di Diritto.
Tra tutti gli indici, il più importante è quello relativo all'ultimo sondaggio effettuato dall'Onu nel luglio del 2013: il 62% dei cittadini si dichiarano felici della propria esistenza, del proprio paese, del proprio governo, di come vanno le cose.
Non possiamo che invidiarli.
Sarebbe un errore, a dimostrazione del fatto che l'invidia, oltre a essere un sentimento malsano, diventa un vizio civico pernicioso perchè spinge verso la passività tinta di malevolenza.
Che cosa sta accadendo in questi giorni in quel Regno?
La notizia: il governo formato da una coalizione di centro-sinistra nel 2012 e guidato da Helle Thorning-Schmidt, ha firmato un contratto ufficiale con la Goldman Sachs affidandole la gestione del loro colosso nazionale dell'energia, la società Dong. L'accordo,consentirebbe ai danesi di potersi approvvigionare di energia a un costo molto inferiore, quindi di risparmiare parecchi soldi ogni mese. Ma i danesi sono venuti a conoscenza di questo contratto e si sono ribellati.
Perchè, evidentemente, per loro (è per questo che sono felici) al primo posto nella scala dei valori c'è il senso dell'indipendenza, dell'autonomia, della libertà come nazione e come popolo.
Sono insorti.
Hanno cominciato a diffondere in rete la notizia, hanno immediatamente organizzato un appello firmato in poche ore da ben 185.000 cittadini e lo hanno inviato sia alla regina che al governo. Infine, si sono riversati per strada, protestando contro la svendita della loro authority.
Annette Vilhelsem, Ministro degli Affari sociali (nonchè leader del Partito Socialista, un importante membro dell'alleanza di governo) si è dichiarata "esterrefatta e offesa come danese" per la decisione e ha annunciato di ritirare la propria coalizione dall'esecutivo. Se n'è andata sbattendo la porta. Si è creata, quindi, una frattura politica gravissima e si è aperto un contenzioso molto forte tra il popolo, la cittadinanza da una parte e il governo dall'altra. La disputa è ancora in corso.
Il Regno di Danimarca è un membro dell'Unione Europea.
Questo accordo -non a caso lanciato come prototipo in un piccolissimo stato come esperimento- ci annuncia il trend emergente in Europa: consegnare il controllo del cuore pulsante di ogni nazione -la gestione delle fonti di energia- ai colossi finanziari che diventerebbero "ufficialmente" i veri padroni del paese. Tradotto potrebbe voler dire che se un governo intende perseguire qualche banca perchè ha compiuto un atto illegittimo e dannoso per la comunità, interviene quella società finanziaria per imporre il silenziatore censorio, pena la chiusura dei rubinetti energetici: elementare quanto banale.
Hanno bisogno, quindi, del sostegno dell'intero continente.
I danesi stanno dando un bellissimo esempio da seguire che conferma la validità del posto che occupano nelle classifiche. Un sondaggio realizzato dalla corte regnante, ieri mattina, ha rivelato che il 79% dei danesi "preferisce pagare di più le bollette mensili ma essere indipendenti dalla finanza internazionale".
Così funziona la democrazia in un paese in cui il danaro non è il valore principe.
La differenza tra la democrazia e la democritura italiana consiste nel fatto che alla base fondativa del principio democratico c'è l'idea che il governo teme il giudizio del popolo; nelle democriture, invece, è il popolo che teme e ha paura del governo, da cui discende la propensione tutta italiana alla deferenza, al servilismo, alla mediocrità.
E' un esempio pericoloso, quello danese, sia per la troika che per la finanza.
Infatti, in Italia, Spagna, Portogallo non ne parlano, non sto vedendo neppure un'immagine, una fotografia, un editoriale, un commento, un'analisi, con un'unica eccezione, Ilsole24ore, il giornale della Confindustria, che ha pubblicato un pezzo raccontando l'intera vicenda senza che venisse ripresa dagli altri.
La notizia è stata diffusa in tutta Europa dal quotidiano britannico The Guardian, vedi qui:
http://www.theguardian.com/world/2014/jan/30/socialists-quit-denmark-coalition-goldman-sachs-deal
Ecco l'articolo "sfuggito" ai più
http://www.ilsole24ore.com/art/servizio/2014-01-30/danimarca-mani-goldman-sachs-energia-scatta-rivolta-popolare-e-governo-perde-pezzi-151423.shtml
Il governo danese scricchiola sulla cessione di una quota dell'utility energetica Dong alla banca d'affari americana Goldman Sachs, un provvedimento che, sebbene alla fine sia stato approvato, ha sollevato una levata di scudi degna del miglior patriottismo economico francese. Contestando la decisione, Annette Vilhelsem, ministro degli Affari sociali e dell'integrazione e leader del Partito popolare socialista (uno dei tre che compongono la coalizione di minoranza del governo) ha annunciato l'uscita sua e degli altri cinque ministri socialisti dall'esecutivo di centrosinistra guidato dalla socialdemocratica Helle Thorning-Schmidt; ha però assicurato che il partito continuerà a sostenere, a livello parlamentare, il governo.
Anche il premier Helle Thorning-Schmidt ha garantito che non ci saranno nuove elezioni e il governo andrà avanti con un rimpasto, da decidere con l'unico alleato rimasto, i centristi del Partito social-liberale. È indubbio tuttavia che la compagine governativa esca indebolita dalla vicenda, sebbene anche finora il primo ministro abbia governato con l'appoggio di partiti esterni alla coalizione: a questo punto - infatti - può contare nominalmente appena su un terzo dei seggi parlamentari.
Fin qui il dato politico. La vicenda tuttavia ha altri risvolti interessanti. Dong Energy , principale gruppo energetico controllato dallo Stato, nel 2012 ha realizzato un volume di affari di 67,2 miliardi di corone (circa 9 miliardi euro). A ottobre il governo ha annunciato un'intesa per cedere il 19% di questo "campione nazionale" a fondi controllati da Goldman Sachs per poco più di un miliardo di euro, con una clausola che avrebbe concesso alla banca d'affari controversi diritti di veto sulla gestione di Dong, diritti che nessun altro azionista possiede.
L'operazione ha suscitato una vera e propria sollevazione popolare nel Paese: una petizione online ha raccolto oltre 185mila firme contro l'accordo, un sondaggio condotto per il Jyllands-Posten (il quotidiano salito alla ribalta nel 2005 per la pubblicazione delle vignette su Maometto) ha rivelato che il 63,4% dei danesi ritiene che Dong Energy debba rimanere una società interamente danese, diversi politici di centrosinistra hanno accusato il governo - già criticato per politiche giudicate troppo di destra - di tradimento.
L'ex premier socialdemocratico Poul Nyrup Rasmussen ha definito l'accordo una «catastrofe» che rischia di far perdere alla Danimarca il suo primato in materia ambientale. Non sono rimasti in silenzio i populisti euroscettici del Partito popolare danese, che si sono schierati - naturalmente - contro il provvedimento.
L'ombra della campagna elettorale per le europee si allunga del resto anche sulla "Danimarca felix". E poco importa il fatto che, secondo le stime di alcuni analisti, l'ingresso di Goldman abbatterebbe i costi dell'elettricità...