di Sergio Di Cori Modigliani
Nel novembre del lontano 1927, la redazione del celebre settimanale americano Time, decise di stampare un numero unico con la copertina dedicata a "l'uomo dell'anno". L'intenzione era quella di sintetizzare la tendenza emergente contribuendo ad alimentare il dibattito suscitato da quella specifica persona. La prima uscita era dedicata all'aviatore Charles Lindbergh che aveva da poco attraversato l'oceano atlantico, da Baltimora a Parigi, da solo, aprendo la strada delle comunicazioni planetarie verso la modernità globale.
Da allora, si sono succedute diverse icone rappresentative dell'umore di quell'anno specifico. Meritò la copertina Josif Stalin e se la conquistò anche Adolf Hitler, dopo una convulsa riunione di redazione alla fine della quale venne presa una salomonica decisione: prendere atto che -purtroppo- il nazismo era diventato il trend emergente della cultura occidentale e quindi non poteva essere sottaciuto, ma allo stesso tempo evitando di pubblicare la sua fotografia per evitare che la sua immagine venisse diffusa e quindi fraintesa come atto pubblicitario. Negli anni'90, in seguito a epocali discussioni pubbliche aperte dalla sociologa femminista Camille Paglia, la redazione si arrese ai nuovi tempi mandando in pensione la propria idea maschilista del mondo, e sostituì il termine "man of the year" con l'espressione "person of the year" aprendolo anche alle donne.
In Usa, questo evento segnò una vera e propria rivoluzione nelle coscienze popolari.
Nel maggio del 2014 uscì il numero speciale dedicato a Laverne Cox, prima persona transgender a conquistarsi il palcoscenico, provocando in Usa l'ennesima rivoluzione nella costruzione di un nuovo immaginario collettivo.
In tempi recenti, soprattutto da quando esiste facebook, e il narcisismo patologico ha dilagato provocando una tossicomania dello spirito libero pensante, quella copertina è diventata un brand e la massa planetaria se ne è appropriata duplicandola.
Una recentissima ricerca su facebook ha rivelato che soltanto nel nostro paese sono state fatte nelle ultime settimane almeno venti copertine diverse. In tutto il mondo sembra che siano ormai quasi diecimila, comprese diverse agghiaccianti immagini fortemente volute dall'Isis che ha inteso, in tal modo, lanciare il segnale di una appropriazione del simbolo.
In teoria, questa vera e propria mania di massa avrebbe dovuto slavare e diluire la forza originaria della copertina autentica. Invece no, tutt'altro. L' ha rafforzata.
Perché tutte le copertine similTime hanno un'idea in comune: il narcisismo auto-referenziale e non la comunicazione. Sono tutte firmate da partiti, movimenti, associazioni, enti, gruppi, club, il cui fine consiste nello sfruttare il brand Time presentando se stessi come il vero trend. Questa modalità auto-pubblicitaria spesso finisce col ritorcersi come un boomerang e comunque decuplica la potenza evocativa dell'icona originale.
Quest'anno la copertina di Time è stata dedicata a una comunità, uscendo dal leaderismo mediatico. L'hanno dedicata, infatti, agli anonimi medici, infermieri, tecnici, assistenti, volontari, che in tutto il mondo, quest'anno, hanno rischiato la propria vita per dedicare la propria esistenza al fine di salvare la vita di persone a loro sconosciute.
Il trend lanciato quindi è stato identificato dai sociologi più accorti in netta contro-tendenza rispetto a questa moda volgare auto-referenziale: il 2015 sarà l'anno della comunità.
Ho deciso di partecipare alla moda corrente, seguendo però il trend proposto da Time.
E sulla base di questo principio, nel fare i miei più sentiti auguri per il 2015 (e i ringraziamenti per la fedele attenzione) a tutti i lettori di questo blog, dedico la copertina dell'ultimo post del 2014 alla comunità degli esuli in patria.
Perchè sono stati loro a produrre il meglio di questo paese nel 2014.
Perchè saranno loro a firmare la cifra del cambiamento fragoroso che porterà il 2015.
Dedico il 2014 a tutti i dissidenti, ai pensanti invisibili, agli emarginati che il potere mediatico vuol far credere che siano anche marginali.
Dedico il 2014 a tutte le menti critiche attive in una qualunque organizzazione, sia privata che pubblica, che sono stati espulsi per aver osato difendere e salvaguardare la libertà del proprio pensiero autonomo e indipendente.
Dedico il 2014 a tutti i servitori dello Stato che nell'espletamento della loro mansione e funzione, quando si sono trovati oggetto di pressione o di tentativo di corruzione hanno, naturalmente e istintivamente, senza bisogno di chiedere l'opinione a chicchessia, risposto: "No, mi dispiace, io queste cose non le faccio".
Dedico il 2014 a tutti quegli uomini che si sono svegliati un mattino sentendosi a disagio con se stessi senza sapere il perché e mentre si lavavano i denti e si radevano guardandosi allo specchio, ad un certo punto hanno visto se stessi indossare una divisa che sentivano andar loro ormai troppo stretta. Se la sono tolta e l'hanno gettata via dalla finestra, ritrovando se stessi nel nome di una comunità ideale più ampia, ideale, magari di là da venire, ma sufficiente per conquistarsi il rispetto dello specchio.
Dedico il 2014 a tutte quelle donne (e quegli uomini) che dopo i primi quattro schiaffoni (anche metaforici) ricevuti dal grande amore della loro vita, hanno avuto la geniale intuizione, il coraggio e l'ardire, di prendere il loro cuore accartocciato, far le valigie, e fuggire via a gambe levate affrontando magari l'inevitabile solitudine di una nostalgia complessa, da coltivare nell'intimità.
Dedico il 2014 a tutti quei bravi operatori dell'informazione in Italia, costretti a vivere camuffati come topi, negli squallidi verminai delle redazioni mediatiche, che si sono rifiutati di partecipare al gran ballo della deferenza servile con invito a corte, pur sapendo che lì stanno e lì rimarranno senza nessuna possibilità di far mai carriera né di ricevere un riconoscimento, una promozione, magari neppure un salario garantito. Per fortuna ne esistono ancora molti, intimiditi e intimoriti dalla solitudine del loro sensibile disagio.
Dedico il 2014 a tutti coloro che hanno scelto e deciso di abbandonare la logica del branco, capendo che non siamo animali, ma esseri pensanti e autonomi, e lo hanno fatto sentendo che ne andava della loro vita per salvaguardare e proteggere la libertà del loro pensiero, qualunque sia la loro sfera di schieramento e di appartenenza.
Dedico il 2014 a tutti gli italiani anonimi che sul petto portano cicatrici invece che medaglie.
E lo dedico anche a tutti coloro che seguitano a essere rifiutati e bocciati perchè non protetti e non garantiti ma insistono con inaudita tenacia nel seguitare a praticare il loro talento.
Dedico questo 2014 a tutti coloro che si sentono in questo paese esiliati in patria, e come tali, soli e nostalgici.
Questa notte, all'ora zero, brindando con la mia compagna, il mio pensiero andrà a tutto il clan di questi invisibili sentendomi a loro affratellato: sappiate che non siete soli.
Non siamo soli.
Dedico questo 2014 alla comunità degli invisibili che rendono ancora vivibile l'esistenza.
Con l'augurio che il 2015, come tutti i trend più evoluti sembrano segnalare, segni l'anno in cui in prima fila sarà il concetto di "comunità", luogo di accoglienza alla pari di ogni spirito libero e fiero, dove non conterà più l'appartenenza, ma l'essenza.
Dove, finalmente, al posto delle divise ci saranno le persone.
Dedico questo 2014 a tutti gli uomini e le donne in Italia che hanno vissuto la tragica ma entusiasmante esperienza di sapere da se stessi che non sono yes man nè yes woman, perché hanno detto no a chi voleva imporre loro qualcosa che loro giudicavano sconveniente.
Dedico questo 2014 a tutti gli eretici italiani, degni eredi consapevoli di Giordano Bruno.
Il 2015 sarà l'anno delle grandi eresie: è il mio auspicio sincero.
Il mio pensiero, la mia stima, il mio rispetto, e il mio sincero affetto solidale va a tutte queste persone che non conosco.
Per tutto il resto c'è la mastercard della cupola mediatica e dei partiti presenti in parlamento.
Buon 2015!