di Sergio Di Cori Modigliani
Alcune riflessioni e spunti da week end, relativi al fronte attuale della Guerra Invisibile.
E quindi, oltre al fronte interno italiano, anche quello degli Usa e del Sudamerica.
L’attuale guerra in corso è globale, perché il fine ultimo è il controllo delle risorse del pianeta e la sottomissione dei popoli e delle nazioni tutte, nessuna esclusa, raggruppate a seconda dei continenti. Noi siamo in occidente e quindi a me preme comprendere e dibattere sul teatro di guerra come si manifesta in occidente, che comprende due continenti ed è già piuttosto complesso e faticoso.
Ma non è che l’Africa, l’Asia e anche l’Oceania stiano a guardare.
Per il momento possiamo però dire che tra tutti i cinque continenti –è la mia ferma opinione geo-politica- il primo a porsi come il più evoluto e libero e aperto (in questo momento) in tutto il pianeta, sia il continente dell’Oceania, il più piccolo tra tutti.
Non è certo un caso che Julian Assange sia australiano.
Il loro isolamento geografico dal resto del pianeta li situa in una posizione avvantaggiata.
Per noi europei, e soprattutto italiani, non è così.
Noi siamo nell’occhio del ciclone, con un netto peggioramento della situazione dovuto al fatto (qui lo accenno e basta, eventualmente se ne parlerà in un altro post futuro) che l’oligarchia finanziaria planetaria ha incassato una grandiosa vittoria (per loro) nell’estate del 2011, da cui l’accelerazione della cosiddetta crisi finanziaria, grazie alla guerra libica. Per dei motivi geo-politici complessi, Gheddafi era diventato la punta di diamante della riscossa e di una profonda trasformazione evolutiva del continente africano in chiara funzione antagonista delle oligarchie finanziarie europee, quindi andava eliminato, senza dare alcuna informazione (ma davvero nessuna) su tutto ciò che c’era dietro. Ancora oggi, a un anno di distanza, la stragrande maggioranza degli occidentali, anche i più disincantati, ignorano perché ci sia stata quella guerra. Non sanno neppure quale sia stato l’esito. Diciamo che è stata la grande vittoria di Mario Draghi. E l’inizio della catastrofe per noi.
E’ iniziata la campagna militare d’attacco della destra oltranzista, così si apre l’autunno, decisi ad andare verso l’affondo finale. Era stato previsto.
E’ un po’ come fu nel 1941 quando i nazifascisti in Europa e il Giappone in Asia dilagavano, ormai convinti di riuscire a farcela per costruire il Nuovo Ordine Mondiale. Soltanto dopo il 7 dicembre del 1941, in seguito all’attacco di Pearl Harbour, quando gli Usa chiusero la parentesi dell’astensione pacifista ed entrarono in guerra con tutto il loro potenziale, il teatro cominciò a cambiare. E ci vollero ben quattro anni, lunghi e dolorosi, e circa 100 milioni di morti per porre la parola fine a quello scontro.
Oggi, 2012, in piena era post-moderna, dove l’alta tecnologia e la cupola mediatica suonano la musica che noi balliamo, il teatro è “apparentemente” diverso. In quanto “invisibile” la guerra, oltre a non essere “ufficialmente” dichiarata, non è palpabile; estremamente difficile da decrittare, decodificare e decifrare, perché le masse nel 2012 sono molto più vaste di 60 anni fa, le comunicazioni sono in tempo reale e quindi velocissime, e basta davvero poco, pochissimo, per spingere l’esito della guerra da una parte o dall’altra: certe “notizie”, certe “informazioni”, certi “teatri” se smascherati e resi pubblici possono essere in grado di smuovere intere nazioni sconquassando la finanza. E’ fondamentale quindi, per gli oligarchi, che le informazioni vengano deformate, che il Senso non si affermi (e quindi mettere le persone in condizione di “non poter comprendere il significato”) e fare in modo che la gente finisca per impaludarsi in localismi inutili, teatri fittizi, battaglie inutili; la finanza deve usare “la rete”, ovvero il più importante dispositivo planetario di diffusione della realtà vera, a suo vantaggio: annebbiandola. Una volta dentro la nebbia, ci si perde. Si naviga a vista, non si sa dove si va a parare, ed essendo il regno del virtuale poliedrico e multiforme, è davvero cosa difficile districarsi nei nodi che compongono la rete, per capire. Dalla rete al cartaceo, la traduzione avviene secondo paradigmi ben delineati da appositi software orchestrati dalla finanza che foraggia, ecco perché è essenziale imbavagliare la classe intellettuale (comprandola, corrompendola, isolandola) e che la truppa mediatica si attenga agli ordini.
Quando la massa (a seconda dei momenti e delle situazioni) comincia ad essere allertata e lo scenario sociale si arroventa, allora scatta la confusione, la conflittualità, la divisione finchè le opposizioni antagoniste vere non si riconoscono più: viene alterato l’ago della bussola.
Questa fase mi è apparsa molto chiara dalle reazioni di un incredibile numero di persone al mio post sull’Ecuador e a qualche notiziola davvero spicciola che ho fornito sul Sudamerica. In Italia si scopre oggi ciò che in Sudamerica è avvenuto nel 2007. Ci si accorge oggi che nel 2008, 2009 e 2010 si era scatenata una furibonda battaglia tra l’Europa e il Sudamerica (gestita in maniera perdente dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale) e che circa un miliardo di persone, nel nome del libero mercato, dello Stato di Diritto, e dell’applicazione del principio di auto-determinazione dei popoli, in maniera pacifica, se ne sono andati verso la strada opposta a quella praticata in tutto il continente europeo. Precedente pericolosissimo: gli europei non dovevano sapere. E infatti non l’avete saputo. La gente ha scoperto che in rete ci sono ben pochi links, ben pochi siti, ben poco materiale su questa faccenda. Non ci si rende conto che parte dell’annebbiamento consiste nell’aver fatto credere alle persone che “se non c’è il link, e wikipedia non ne parla esaustivamente, e non ci sono informazioni al riguardo, allora non può esistere”. Esistono dei post succosissimi di Beppe Grillo, pieni di notizie utili e fondamentali (soprattutto del 2009, anno per lui di grande ispirazione, per motivi che io ignoro) di cui non trovate alcuna menzione in rete, nessun link, nessun riferimento.
La rete non è altro che lo scalino più avanzato della comunicazione rispetto ai tempi berlusconiani quando gli italiani abboccarono al “se non lo dice la televisione allora non è vero; se non vi arrendete alla visibilità e quindi non apparite in televisione allora non avete mercato” (c’è ancora chi lo pensa, e quel che è peggio, c’è ancora chi lo pratica). Berlusconi è caduto (per sempre, checché lui ne pensi) perché era obsoleto e non era più funzionale al nuovo sistema oligarchico: non aveva capito che c’era la Rete dopo la televisione, così come i militari fascisti americani non capirono nel 1964 che c’era la televisione dopo la radio, e vedere alle ore 20 la sera, a casa, i propri soldati che massacravano intere comunità di inermi contadini tra le sperdute risaie del sudest asiatico, avrebbe provocato una rivoluzione culturale nel popolo americano.
Con la Rete è uguale, con diverse differenze.
E’ totale ed è inter-attiva, quindi in “teoria” più profonda e immediata della tivvù. Ma ha un difetto, insito nella sua natura: la miriade di informazioni a disposizione non servono a nulla se non si è in grado di poterle e saperle elaborare. Quindi è necessario impedire l’elaborazione. Basta quello, per loro, per chi la controlla. Tant’è vero che (lo avrete notato) sui giornali cartacei non ci sono più notizie, ma soltanto analisi, opinioni, interpretazioni, che finiscono tutte con lo stesso refrain: c’è una grande confusione in giro, non è chiara la situazione, non si capisce che cosa sta accadendo, nessuno può dire che cosa accadrà. La paura, l’incertezza, la confusione, sono le tre armi più importanti della cupola mediatica. A quel punto, qualunque sia la qualità e la quantità di informazioni a disposizione, la comprensione sarà impossibile: vince la nebbia.
Tre le notizie belliche, dal fronte Usa, Sudamerica e Italia.
Veniamo all’Italia. Una necessaria premessa. Invece del link (che non esiste) c’è la citazione da fonte diretta della mia memoria esistenziale, relativa a una conversazione che ebbi circa 15 anni fa con il Dott. Antonio Ingroia. In quell’occasione, lui mi chiese se io sapessi perché la mafia veniva chiamata “la piovra”. Risposi subito, con arroganza, che lo sapevo.
“Ma certo. Si chiama così perché è tentacolare, come la piovra. Si piazza sul territorio e poi con le sue spire avvolge tutta la realtà intorno”.
“No, non è per quello” rispose Ingroia. “La motivazione è un’altra. Deriva dalla caratterialità originale della piovra, dalla sua natura. Quando la piovra sente che si avvicina un predatore o un pesce pericoloso e si sente minacciata, allora, a quel punto, per via della sua intrinseca natura ittica, eietta una sostanza nera, molto viscosa, spessa, che l’avvolge tutta, spruzzando dovunque. I pesci intorno vengono accecati e per una manciata di secondi perdono completamente l’orientamento, non possono più contare sulle bussole naturali. Quando la corrente fa diradare la nebbia, la piovra è sparita; velocemente ha nuotato da un’altra parte, si è dileguata”.
La mafia è la più importante arma di distrazione di massa dell’etnia italiana, per tradizione storico-culturale-politica.
Tutto ciò che sta accadendo in questi giorni (vedi polemiche relative alla trattativa stato.-mafia) altro non è che la nebbia viscosa della piovra.
In tal modo si creano teatri alternativi (scenari completamente inutili) che vanno a coprire le vie di fuga della piovra (riassestamento della presenza della finanza oligarchica in Italia e nel mondo) delegittimando la magistratura. In questo teatro, sostenere un punto di vista o l’altro, diventa irrilevante. Ciò che conta è creare confusione, incertezza, disorientamento. Quanto più se ne parla, tanto più aumenta la confusione. Si finirà per non parlarne più. Quando avranno smesso di parlarne, vorrà dire che la piovra si è già sistemata da un’altra parte ben protetta.
La nebbia era necessaria in questo momento, in Italia.
L’uscita di Panorama (ho controllato l’esatta data dell’immissione della notizia on line) è avvenuta alla stessa identica ora in cui, sulla prima linea del fronte, si verificava un importante evento, unico nel suo genere, destinato a provocare un gigantesco scossone tellurico in tutto il continente americano, dall’Alaska al Polo Sud. Era estremamente importante che non se ne parlasse in Italia, che non si dibattesse sull’argomento. Infatti, nessuno ne ha parlato. L’evento, di per sè, appare piccolo piccolo, quasi privato.
E’ avvenuto in Florida, Usa, alla convention repubblicana.
Per la prima volta nella storia bicentenaria di quella importante nazione, la Chiesa Cattolica si è schierata, rompendo il patto di “non schieramento” con la realtà politica nazionale statunitense. Fu l’unica cosa che non riuscì al vecchio Kennedy, nel 1960 quando gestì la campagna elettorale di suo figlio John Fitzgerald: gli mancò l’appoggio ufficiale di Roma, nonostante fosse il primo candidato cattolico alla presidenza.
E’ avvenuto l’altro ieri, quando il più potente cattolico d’America, l’arcivescovo di New York, Theodor Dolan, l’uomo di Tarcisio Bertone e punto di riferimento dello Ior, si è presentato alla convention repubblicana e ha benedetto sia il mormone Mitt Romney che il candidato alla vice-presidenza Paul Ryan, cattolico oltranzista, rappresentante dell’ala più conservatrice e retriva d’America, chiarendo “ufficialmente” lo schieramento ufficiale della Chiesa di Roma nelle fondamentali elezioni presidenziali del 6 novembre. In Italia, Dolan è il punto di riferimento di due persone chiave dell’attuale schieramento politico: Giuliano Ferrara e Paola Binetti. L’uno, diabolica mente pensante del PDL, l’altra, già senatrice del PD nella circoscrizione IV della Lombardia per il PD, membro importante dell’opus dei, leader del gruppo “Te Deum”. Nel febbraio del 2010 si è dimessa dal PD ed è passata all’Udc. L’impegno di entrambi (Ferrara e Binetti) consiste –è dichiarato, noto e pubblico- nel trasferire ogni risorsa finanziaria da parte dello stato nel campo dell’istruzione e della ricerca scientifica, dell’innovazione e dell’alta tecnologia, a quello privato controllato dall’opus dei attraverso i gruppi Te Deum e Memento Domini. Con l’incondizionato appoggio del PDL, del PD e dell’Udc.
Questa è la ragione per la quale il Foglio adesso è schierato su posizioni ultra-filo-montiane. L’elefantino è ritornato adolescente. Indossa di nuovo la divisa di colonnello che esegue gli ordini del comitato centrale in maniera piatta, disciplinata e diligente.
L’evento è scoppiato come una bomba in Usa.
Nel 1960, in Florida i cattolici erano il12% della popolazione; in California il 20% e in Illinois il 20%.
Nel 2012 i cattolici in Florida sono il 55%, in California il 70% e in Illinois il 50%.
Rispetto alle ultime elezioni i cattolici (tra i votanti) sono aumentati del 32%.
Al 95% sono tutti emigrati di lingua ispanica.
Da cui la sicumera di Ferrara che negli ultimi sei giorni per ben quattro volte, alla tivvù, ha spiegato che Romney vincerà di sicuro e Obama non ha alcuna chance.
La notizia ha avuto una potentissima onda d’urto in tutto il continente americano di lingua ispanica, soprattutto in Venezuela, Ecuador, Uruguay, e Argentina, le nazioni più cattoliche del continente, dove lo Ior concentra il 65% delle sue attività finanziarie e dove la Chiesa Cattolica si sta spaccando in due perché i governi socialisti sudamericani hanno iniziato l’attacco all’illegittimo potere temporale della Chiesa sull’istruzione pubblica e sulla ricerca scientifica. In Venezuela ci saranno le elezioni il 7 ottobre, e in tutto il continente, la destra più aggressiva, da una settimana a questa parte, contando sull’appoggio incondizionato della Chiesa di Roma è partita all’attacco; con violenza in Venezuela, con virulenza culturale in Argentina, con diffamazioni e attacchi personali in Ecuador contro l’attuale presidente (cattolicissimo) Rafael Correa. L’aspetto positivo dal fronte bellico consiste nell’esistenza di un gigantesco fronte radicale di coloro che si richiamano alla cosiddetta “Teologia della Liberazione”, cattolici combattenti, che si rifanno alla teologia di San Tommaso D’Aquino, il quale nei suoi scritti prevede il concetto di tirannicidio e la rivolta armata contro chi pratica il dispotismo, lo schiavismo e l’annullamento della volontà degli esseri umani perché annulla in loro la possibilità di esercitare il libero arbitrio.
Sembrano lotte e battaglie medioevali.
Lo sono.
Siamo, infatti, nel medioevo.
O meglio: è dove ci vogliono portare, cinesizzando il mercato.
Questo è uno dei fronti bellici attuali.
Esultano le borse e i mercati finanziari per l’accordo politico Goldman Sachs-Ior in tutto il continente americano, dal Canada al Polo Sud.
In Europa vanno in brodo di giuggiole.
Dal 1 settembre del 2012, su decisione presa dall’ufficio internazionale dell’ONU contro il crimine organizzato, diventa operativa la presenza a Ciudad de Guatemala di un nucleo investigativo operativo e avanzato contro la criminalità organizzata composto da super segugi, perché quella è una roccaforte e punto di incontro tra l’uomo più ricco del mondo, il re dei media planetari, il messicano Cisneros, lo Ior, i narcos colombiani, la ‘ndrangheta calabrese e la mafia siciliana.
Lì arriva il Dott. Ingroia.
Secondo i più scriteriati, scappa via.
Secondo la mia opinione personale, invece, con illuminante coraggio e abnegazione, ha scelto di andare a prestare servizio in prima linea, al fronte.
Sulla linea del fronte della guerra vera.
Come ha detto ieri sera in televisione, a proposito dell’Italia “non ci sono ancora le circostanze, non è ancora il momento”.
E chi vuol intendere, intenda.
A nome di tutti gli italiani per bene, gli auguro un buon viaggio, buon lavoro e buona fortuna.
Per quanto riguarda noi che stiamo qui, oh beh.
Dipende da noi, da tutti noi, fare in modo che l’Italia “diventi il momento giusto” e si “creino le circostanze giuste”.
Bando alle ciancie, quindi.
Perché la destra oligarchica finanziaria sta schierando il suo esercito più micidiale.
Se la Chiesa di Roma ufficializza la propria posizione a fianco della finanza oligarchica speculativa, senza il benché minimo pudore, vuol dire che siamo a quella che –per loro- è la battaglia finale. In Cile lo scontro tra il movimento studentesco e la Chiesa si sta radicalizzando in questi giorni in maniera molto forte. A Buenos Aires anche: vogliono privatizzare l’intero sistema d’istruzione e della ricerca scientifica in tutto il continente sudamericano. Ma non ci riescono. Hanno i governi contro, questa volta.
La battaglia laica e socialista, la battaglia contro il liberismo oltranzista e contro la privatizzazione dell’istruzione, al soldo del privilegio aristocratico di un’oligarchia, si combatte in Usa, a Caracas, a Buenos Aires, a Montevideo, a Santiago, per il momento.
Da noi, silenzio totale.
In Spagna pure.
Ma se vogliamo, anche noi possiamo fare la nostra parte.
Non è più necessario dire “basta informarsi”. Non è così.
Bisogna cominciare a fare collegamenti, a unire i puntini giusti per vedere la figura.
Ciò che è importante non è più la notizia, dove sta e qual è e chi ci arriva prima.
Questo è il Grande Paradosso oggi.
La notizia vera che interessa a tutti noi, oggi, è la “notizia che non c’è”.
Altrimenti, non si chiamerebbe Guerra Invisibile.