mercoledì 29 maggio 2013

In memoriam di Franca Rame


di Sergio Di Cori Modigliani

di Sergio Di Cori Modigliani

 “Oggi, alla mia età, posso dire che sto cercando di terminare le cose della mia vita lasciate in sospeso, come una biografia che sto scrivendo – diciamo – per non lasciare niente al vuoto. Ma quello che vorrei continuare a dire alle donne, anche dopo la mia morte, è di non perdere mai il rispetto di se stesse, di avere dignità. Sempre. Ripensando alla mia vita non ho mai permesso che mi si mancasse di rispetto
               
                                                                                                                FRANCA RAME

E’ morta Franca Rame. Mi piace celebrarla ricordandone un aspetto caratteriale che la rende, nel pensiero, nobile: la fedeltà. E’ stata una donna fedele alla tradizione familiare dalla quale proveniva (padre attore in una compagnia di giro); è sempre stata fedele compagna di un uomo difficile come Dario Fo, è sempre stata fedele a se stessa, è sempre stata fedele ai valori ai quali credeva che non ha mai tradito, poiché non ha mai ceduto a nessun compromesso al ribasso. Un’italiana nobile e fedele, in un paese per lo più composto da una classe dirigente fatta di ignobili traditori, mi sembra una meravigliosa eredità sulla quale meditare con ottimismo. Divenne senatrice nelle liste dell’Idv, il partito di Di Pietro. Entrò al Senato e cominciò a lavorare per ciò che credeva. Quando si accorse che non era possibile, perché anche quel partito soggiaceva a compromessi sottobanco, ignorati dai suoi elettori, allora si dimise e se ne andò via, rinunciando a ogni privilegio e prebenda. Recuperare questo tipo di valori è fondamentale oggi per ricostruire, dentro di noi, quel tessuto capillare composto di etica, buon senso, e forte credenza in qualcosa di idealmente evolutivo; nel tentativo di cercare tutti insieme di dar vita a una nuova idea di collettività e di comunità. Basata, per l’appunto, su forti valori condivisi nei quali identificarsi, per superare l’angoscioso scoglio del cinismo e dell’opportunismo, per noi italiani sempre in agguato. Fu sequestrata e violentata da una banda di fascisti nel 1973. E lei scelse di rendere pubblica la sua tragica esperienza  qualche anno dopo. Una donna d’altri tempi.
Oggi viviamo in un mondo molto diverso, pieno di altre forme di insidia. Oggi va di moda una certa pirateria considerata bonaria, una forma di sciacallaggio vista come gusto per l’eccesso e non come tendenza alla criminalità, un’ossessione per la visibilità narcisista che è diventata addirittura moneta di scambio sociale, sostituendosi al rispetto della prestazione di lavoro.
Dal consueto sciacallaggio mediatico siamo passati però, nella giornata di oggi, al terrorismo vero e proprio: gira in rete una lettera, a firma Franca Rame, indirizzata a Dario Fo, nella quale lei cercava di convincerlo a prendere le distanze dal M5s. Ebbene, sappiate che si tratta di un clamoroso FALSO. Gli squali mediatici hanno aspettato la sua dipartita per piazzare questa ignobile pensata, approfittando del fatto che lei non c’era più a protestare dichiarando la lettera illegittima, bugiarda e falsa.
Il solo fatto che a qualcuno sia venuta in mente un’idea del genere o, ancora peggio, qualcuno abbia emesso quest’ordine, la dice tutta sul momento che l’Italia sta attraversando.
Franca Rame era una vera artista, ed era una persona normale e per bene.
Penso che ricordarla in questa maniera semplice, in questo terribile 2013, sia il complimento più bello che le si possa fare.
In memoriam.

P.S.

Vigiliamo sulla rete e allertiamoci, tra internauti, quando annusiamo o vediamo squali all’opera. 

Si va avanti con entusiasmo. Perchè le cose non stanno come vogliono farci credere. Per fortuna!


di Sergio Di Cori Modigliani

Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono”.

                          Malcolm X, fondatore e leader del movimento Black Panthers

 

Ramazzando nel dibattito collettivo, nel tentativo di aggirare le banalità, scempiaggini, mistificazioni, falsità, manipolazioni, che in questi giorni i media compatti -sia quelli cartacei che televisivi e sul web- ci stanno regalando, ne ho trovato uno che spicca di gran lunga al di sopra dello squallore generale. Non soltanto per il contenuto, ma anche e soprattutto per la certificazione della firma. L’autore è uno dei più noti esperti italiani su questioni politiche nazionali, docente di Storia dei partiti Politici e Politologia all’Università degli Studi di Urbino. Il professore si chiama Ilvo Diamanti. L’altro ieri, nel corso di un talk show televisivo ha spiegato, con intelligente argomentazione, come vada letto un risultato elettorale in Italia: il risultato delle politiche del 25 febbraio ha sancito la sconfitta bruciante del PDL e quella personale di Silvio Berlusconi, il quale ha perso il 48% del suo elettorato. Ma il cavaliere ha stravinto il dopo-elezioni. Il PD, dal canto suo, ha preso più voti ma non ha vinto, perché non ha raggiunto la maggioranza necessaria per governare da solo; in compenso ha straperso il dopo-elezioni. Il M5s ha stravinto le elezioni e non è stato in grado di stravincere il dopo-elezioni. Le cose stanno così. Le amministrative sono diverse dalle politiche e vanno considerate, dunque, in un ambito diverso. E’ necessario, comunque, verificare come verrà gestito da tutti il dopo-elezioni. Perché è quello che conta.

Analisi puntuale che sottoscrivo.

Il dopo-elezioni è fondamentale. Vi sono diversi precedenti in Italia dai quali poter apprendere delle lezioni civiche sul funzionamento della strategia politica. Nella fondamentale elezione del 1986, la Democrazia Cristiana puntava ad allungare di almeno il 15% la sua distanza dal P.C.I. I comunisti avevano come obiettivo quello di diventare il primo partito italiano, essendo ormai chiaro a tutti che era una questione di tempo il crollo dell’impero sovietico. I socialisti cercavano una poderosa affermazione aumentando di almeno il 10% rispetto al turno precedente. Vinse la D.C. mantenendo lo stesso risultato. Il P.C.I. si avvicinò a una distanza dello 0,8% restando però secondo. Il P.S.I. passò dal 12,2 al 12,8%. In realtà persero tutti e tre, poiché nessuno raggiunse l’obiettivo prefissato considerato imprescindibile, mostrando al paese un quadro politico –pur nelle sue differenze- molto ma molto simile a quello attuale. Va da sé che ciascuno cantava e pretendeva vittoria. Ma quando Occhetto, Andreotti, Forlani, Craxi, si sedettero intorno a un tavolo, Bettino Craxi li stracciò letteralmente, come se avesse preso il 50%. La documentazione ufficiale di quella riunione durata ben sei ore non è ancora pubblica. Lo sarà, a termini di Legge, nel 2016. Ciò che conta è il Senso della vicenda.

In Politica, come giustamente sta spiegando il prof. Diamanti, non contano tanto i numeri, bensì l’uso che se ne fa. Applicare una strategia da ragionieri come se si trattasse del consiglio di amministrazione di una società quotata in borsa, dove conta soprattutto la voce di chi possiede il pacchetto maggioritario delle azioni, è perdente.

E’ un po’ come al gioco delle carte; che sia poker, bridge, burraco o tresette è irrilevante: alla fine, anche se non si hanno buone carte, vince chi sa giocare meglio.

Quindi, il dato delle amministrative va letto, argomentato e dibattuto alla luce di una sana e intelligente strategia del dopo-elezioni.

Mettiamola così: “E’ finita la campagna elettorale, per il momento non si vota più; finalmente è possibile cominciare a parlare di politica. Era ora”.

Finora, infatti, non si è mai parlato di Politica, ma si è vissuti all’interno di una gigantesca nuvola di perenne campagna elettorale, iniziata lo scorso settembre. La cupola mediatica ha partecipato con tutta la sua gigantesca forza adattandosi all’ambiente e alla circostanza; dopotutto sono ben pagati proprio per fare questo lavoro, senza che il lettore o il telesionato se ne accorga. Ciò che conta, oggi, è affrontare il dopo-.elezioni e vedere come “leggere” il risultato per comportarsi di conseguenza.

Su tutti i media il M5s è il grande perdente di queste elezioni. E’ un trucco mediatico. Fecero la stessa cosa con i socialisti nel 1986. Il più fiero antagonista di Craxi, il quotidiano la repubblica, era addirittura arrivato al punto di paventare un aumento dei socialisti, in termini elettorali, del 60%, avvicinandosi al P.C.I. Alla fine delle elezioni, quindi, l’aumento di voti ottenuto dai socialisti venne presentato come “Craxi sconfitto alle urne: il P.S.I. tiene ma non dilaga”. Perché mai avrebbe dovuto dilagare? La strategia di Craxi non era affatto quella di essere il leader di un partito di massa, bensì di rappresentare, con forza realistica, dei blocchi sociali laici formati da imprenditori e professionisti decisi a contrastare il consociativismo, già operativo, dei catto-comunisti. Per alcuni versi è simile alla posizione assunta dal M5s a queste elezioni, tanto è vero che si sono presentati soltanto nel 35% dei luoghi deputati. Se il M5s avesse puntato a vincere le elezioni amministrative affermandosi come “partito-massa” si sarebbe presentato dovunque e Grillo avrebbe condotto una aggressiva campagna elettorale come quella realizzata in Sicilia e a Parma. L’obiettivo consisteva nel garantirsi una presenza all’interno delle istituzioni locali per cercare di avvicinarsi all’obiettivo finale del movimento: scardinare il sistema marcio italiano sorretto da partiti fatiscenti e cancellare per sempre una società diseguale, uno stato inefficace e inefficiente, per ricostruirlo dalle fondamenta su basi diverse, più consone alle esigenze collettive della comunità nazionale. Allo stesso tempo dimostrare cifre alla mano (in questo caso sì) che il PD e il PDL seguitano la loro folle corsa verso l’auto-distruzione. Tant’è vero –calcolo ragionieristico oggettivo- che il PD perde il 43% dei consensi ottenuti nel 2008 su scala nazionale; e il PDL perde addirittura il 65% dei voti raccolti nel 2008. Questo dato illuminante consente al mio quotidiano surrealista di pubblicare la notizia (con editoriale chiesto al prof. Diamanti) aperto dal seguente titolo: “Berlusconi eclissato: prosegue l’emorragia di voti nel PDL esplosa alle politiche. Il PD vince ai numeri ma non controlla più la società: lascia sul tappeto 295.164 voti, questo è il numero degli elettori che hanno scelto di non votarlo più.

Il dato oggettivo delle amministrative è il seguente; osservatelo con attenzione:
PD: 26,26% 2013. Nel 2008 aveva preso il 34,03%.
PDL: 19,21% 2013. Nel 2008 aveva preso il 36,57%.
A me sembra che gli elettori abbiano parlato molto chiaramente. Da aggiungere, infatti, il dato che, in casa PD, nel 78% dei casi, le personalità elette sono esponenti della società civile scollati dalla burocrazia centrale, spesso contrari a questo governo e in netta opposizione a Letta, Franceschini, e in antagonismo alla segreteria attuale. Luca Zingaretti (un politico davvero abile che conosce molto bene la sua professione ed è un abile stratega) ha sostenuto invece Ignazio Marino ed evidentemente gestirà a nome del PD “il post-elezioni diamantino”. Pochi hanno ricordato che Marino stava quasi per essere buttato fuori dal partito in quanto fiero sostenitore di Rodotà, dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, della necessità della trasparenza, dell’immediato taglio dei costi alla politica, e addirittura sostenitore a livello nazionale dell’abolizione delle sovvenzioni all’editoria e giornali. Praticamente il programma del M5s. Lo ha addirittura dichiarato apertamente in conferenza stampa, rifiutandosi di nominare i burocrati. Ha deciso di non mettere il simbolo del partito per non far scappare via gli elettori. Se andate su facebook e andate a leggere i commenti di tanti piddini romani (anche nomi molto noti) noterete che sono in molti ad affermare che è bene che la direzione nazionale capisca che la vittoria di Marino a Roma non ha nulla a che fare con questo PD.
Tutto ciò per spingere i lettori più intelligenti a meditare, dedicare dei pensieri e dibattere sui risultati elettorali delle amministrative, pensando a come gestire il dopo-elezioni.
Perché lì vince la Politica. Lì vince chi ha una solida strategia, chi è lungimirante, chi si sottrae alle fantasie ragionieristiche piccolo-borghesi dei numeri e ne trae le dovute conseguenze.
Ciò che il paese ha confermato è la bocciatura dell’attuale classe politica dirigente.
Gli elettori non sono andati di corsa a votare per il M5s perché il movimento –e ne è consapevole - non era in grado di poter esprimere una efficace, competente, adeguata classe dirigente da presentare in alternativa all’attuale quadro fatiscente offerto da PD e PDL. Non è ancora il momento.
Su questo è necessario lavorare nel dopo-.elezioni.
Viviamo come pesci dentro un acquario, ammaliati dalla nostra mitomania che ci fa pensare di essere luminescenti animaletti che scorrazzano nei mari del Pacifico Meridionale. Non è così.
Viviamo dentro un falso perenne: è la condizione del Paradosso della Surrealtà.
Il PDL che ruota tutto intorno al grande comunicatore Berlusconi crolla perché non arriva nessuna comunicazione: il mittente è diventato afono, vecchio, intorpidito; soprattutto non ha nulla da comunicare a nessuno. Forse neppure a se stesso.
Il risultato è paradossale.
E così, dunque, va letto.
Hanno vinto gli italiani che lentamente si stanno svegliando. All’astensione va aggiunto, infatti, anche il calcolo di schede bianche e nulle che porta il dato nella città di Roma a un 39,8% di voti validi. Più chiaro di così, si muore.
Stiamo sulla strada giusta, quindi. E’ legittimo essere ottimisti.
E’ fondamentale saper gestire il dopo-elezioni e sottrarsi alla falsificazione dei media che disperatamente stanno cercando di nascondere i propri scheletri nell’armadio, ormai con le ante aperte e il popolo italiano che sornione, osserva lo spettacolo divenuto pubblico.

Siamo soltanto all’inizio.

martedì 28 maggio 2013

Se Beppe Grillo fosse Mario Monti: ecco dove va il M5s e che cosa vuole da noi.

Che paroloni, uuh!
Nello strombazzare un esito elettorale presentandolo come una campana a morto del M5s.
Titola il quotidiano la repubblica: "La vendetta del PD: crolla Grillo", con annessi editoriali vari a dimostrazione -secondo loro- che la portata storica della presenza nell'agone politico del M5s si è esaurita e quindi conclusa. E' esattamente il contrario. Vediamo il perchè.
Se Beppe Grillo fosse Mario Monti, oggi avrebbe applicato la consueta logica da ragioniere (il ragionier vanesio) e avrebbe comunicato ai cronisti la propria assoluta soddisfazione nel "sottolineare l'incredibile successo ottenuto nella città di Roma dove il M5s ha aumentato i propri consensi nell'ordine del 625%, passando alla Storia come il più grande aumento elettorale in percentuale nella vita della Repubblica: nel 2008 avevamo ottenuto il 2,2%, in questa tornata, invece, il 12,4%". E qualcuno della massa mediatica si sarebbe inchinato dinanzi all'impietosa, fredda, quanto implacabile verità oggettiva delle cifre e non avrebbe potuto far altro che prendere atto di tale "illuminante" dato statistico (peraltro inoppugnabile) spiegando quindi al pubblico come e perchè era maturata tale vittoria. Ma per fortuna di noi italiani Beppe Grillo non ha una logica da ragioniere, quindi si è ben guardato dal coprirsi di ridicolo sostenendo tale ipotesi. Tutti noi, infatti, l'avremmo giudicata capziosa, infantile, priva di aderenza al quadro reale.
Tanto per ricordare in che mani siamo (l'Alzheimer sociale è sempre in agguato, ed è bene combatterlo senza sosta) vorrei sottolineare che tale "piatta logica dei numeri" è il cavallo di battaglia di Monti-Letta ed è quella applicata nel 2012, grazie alla quale è stato accelerato il processo di disintegrazione della società italiana, approfondendo in maniera tragica la crisi economica. Nel marzo del 2012, infatti, presentando il bilancio dello stato, erano state immesse nella sezione "entrate" diverse cifre: a) introito di 14 miliardi di euro entro il 31 dicembre relative alla tassazione dovuta dalle concessionarie di videoslot; b) introito di 6 miliardi di euro relativo alla tassazione del 4% per ogni stipula di rogito nella compravendita di immobili con conseguente introito di 2 miliardi di euro di tasse pagate dalle società di intermediazione immobiliare; c) introito di ulteriori 6 miliardi di euro attraverso il 21% di Iva pagato dalla piccola e media impresa; d) grazie alla poderosa attività della guardia di finanza, un introito di "almeno" 3 miliardi di euro relativo alla tassazione suppletiva sui beni di largo consumo dovuto alla nuova tassazione in vigore. Il tutto, rubricato come un 31 miliardi di euro dati per sicuro, che avrebbe portato il pil italiano dal preoccupante -1,4% del 2 marzo 2012 all'ammaliante +0,8% del quarto trimestre, dato che (dichiarazione ufficiale di Mario Monti) "vedo già la luce in fondo al tunnel, perchè tutti i trend sono concordi nel prevedere la ripresa economica entro la fine dell'anno, grazie alla buona governance dell'attuale governo". Risultato reale: a) quasi neanche un euro incassato dalle concessionarie del gioco d'azzardo; b) quasi neppure un euro incassato dalle tasse immobiliari perchè il mercato è crollato con un arretramento del -52% nella compravendita di immobili e conseguente fallimento e chiusura del 28% di agenzie immobiliari; c) quasi neppure un euro incassato dall'Iva sulle piccole imprese perchè ne sono fallite circa 150.000, e sono state chiuse ben 270.000 partite iva non essendo le persone in grado di sostenerne l'onere; d) quasi neppure un euro incassato dal mercato interno perchè le manovre del governo hanno comportato un abbattimento del consumo interno nazionale contraendo la spesa nazionale e riportando il dato del consumo interno (indice di salute economica di una nazione) a quello del 1992.
Risultato reale al 31 dicembre 2012: 32 miliardi di euro di debito in più "non previsto" con il record storico di debito pubblico e il pil a -3,2% invece che +0,8%. Non solo. Un anno dopo, in conseguenza di questo disastro annunciato, Mario Monti ha perso le elezioni, ma è andato al governo piazzando i suoi uomini in posti chiave.
Questa è la logica dei numeri.
Così funziona il sistema politico "reale" nella Repubblica Italiana.
Ma siccome Beppe Grillo non è Mario Monti, e io non sono un amante dell'interpretazione ragionieristica dell'esistenza e della politica, mi rifiuto di applicare tale logica ridicola perchè ciò che per me conta consiste nel "dato esistenziale reale di un risultato elettorale, e il suo impatto politico".
Qui iniziano i dolori. Ma essere maturi e consapevoli (come ben insegna la medicina olistica) vuol dire interpretare ciò che non va, ovvero i sintomi, come un'occasione d'oro per avviare un processo di "salutificazione" del proprio corpo.
Crollo, tradimento, tramonto, debacle, sconfitta: questi sono i termini usati oggi dalla cupola mediatica.
Si approfitta di questo risultato per spingere la popolazione a osservare la punta dell'indice ferito e sanguinante, sviando l'attenzione dalla necessità di osservare la luna, per poterla riconoscere, prendendo atto della sua esistenza. Sarebbe stato un crollo se in un qualunque comune dove si è votato, avesse clamorosamente perso il sindaco uscente M5s, la giunta uscente M5s, travolta da scandali e ruberie. Delle importanti città italiane, l'unica verifica seria sarà l'elezione amministrativa del comune di Parma , perchè a quel punto gli elettori saranno chiamati a giudicare l'operato di Pizzarotti.
 Il risultato negativo, che è reale, se rapportato alle attese preventive, sta tutto nel livello davvero basso del sistema di comunicazione di M5s, che va riconsiderato, carato, modificato, migliorato, evoluto. Sono fortemente in disaccordo con tutti coloro che oggi accusano i media di essere i responsabili del calo elettorale: è come se un bolscevico nel 1916 accusasse i giornalisti zaristi di scrivere bugie su Lenin; o, più recentemente, è come se nel 1960 i sindacalisti italiani avessero accusato, piagnucolando, la famiglia Agnelli di non avere aiutato i loro candidati nella battaglia per la conquista del comune di Torino. Ridicolo. Sono, inoltre, fortemente in disaccordo con tutti coloro che, oggi, reclamano il diritto di esponenti, attivisti, militanti del M5s di andare subito nei talk show televisivi per esprimere il proprio punto di vista. Il problema è ben altro.
Nel mio immaginario quotidiano surreale (da oggi dotato anche di televisione surreale con una specie di CNN h24) la notizia sarebbe stata data in maniera molto diversa. Tipo: "A Roma, il PD costretto a far buon viso a cattivo gioco, incassa la vittoria di un grande sostenitore di Rodotà, la vittoria di un furibondo contestatore dell'attuale dirigenza; incassa la vittoria di un suo esponente che al Senato ha votato NO alla fiducia al governo; incassa la vittoria di un candidato poco incline alla logica burocratica dei capi-bastone". Grazie alla televisione surreale, avremmo avuto anche la video-intervista al candidato perdente Marcello De Vito il quale, raggiante, avrebbe detto: "Come cittadino romano non posso nascondere di essere fortemente deluso per l'esito della mia lista, abbiamo perso l'8% rispetto al dato del 25 febbraio alle regionali (il confronto con altre amministrative è più sensato) ma come esponente politico del M5s sono entusiasta e davvero felice. Questo risultato è la conferma del meraviglioso lavoro svolto dal M5s in Italia, della sua forza dirompente, della sua necessità, perchè a Roma viene battuta la politica familista di Alemanno che ha devastato la città; vince un politico che, come molti altri iscritti e dirigenti PD romani, aveva sostenuto fortemente Rodotà che era anche il nostro candidato; non appena ha saputo di aver vinto, il Dottor Ignazio Marino ha chiarito subito -consapevole che noi gli stiamo sul collo- che ha deciso di far suo il programma di M5s, convinto che la trasparenza, la pratica del bilancio sociale, il taglio immediato dei costi della politica romana, e una immediata apertura nei confronti delle esigenze della cittadinanza a scapito della burocrazia partitica, siano gli elementi di punta del suo progetto. Consapevoli dell'attuale stato di cose, ci dichiariamo delusi dai nostri numeri ma commossi e raggianti nel toccare con mano che, a Roma, si vince solo e soltanto se vengono portate avanti le istanze del M5s: perchè il nostro programma è ciò che vuole la gente".
Questo avrei dichiarato io, se fossi stato Marcello De Vito.
Perchè penso che corrisponda alla verità tutta politica dei fatti. 
Se il governo sta valutando l'ipotesi di derubricare il finanziamento pubblico ai partiti, è perchè ci sono in parlamento 163 parlamentari che non danno loro requie;
Se il parlamento non ha ancora dato mandato al ministro della difesa Mauro di inviare subito almeno 5.000 soldati italiani nel Mali, è perchè il M5s ha piazzato un vice-presidente e un segretario alla commissione esteri, che si stanno impegnando tutti i giorni proprio su questo punto;
Se il parlamento non ha emesso un immediato decreto legge che autorizza il Tesoro a chiedere alla BCE un prestituccio di 10 miliardi di euro da girare subito alle banche strozzine affamate, è perchè tale dispositivo è stato bloccato dai parlamentari del M5s che stanno in commissione bilancio;
Se i media hanno bisogno di attaccare frontalmente il M5s e far credere che è già finito, dipende dal fatto che i "163 rompicoglioni" hanno rubricato e formalmente chiesto alla presidenza della Camera e del Senato di eliminare il sovvenzionamento dello Stato a giornali, settimanali, mensili, radio, televisioni, case editrici, per un risparmio valutato intorno a 2 miliardi di euro l'anno, da destinare immediatamente a un fondo di sussidio per imprese sull'orlo del fallimento in quanto creditrici  dello Stato.
Ha torto chi vuole adesso andare ai talk show.
Ha torto chi insiste a tenere quella posizione, ormai puramente teorica, che identifica la rete come un medium da santificare che esclude l'intervento in carne e ossa nella realtà, scavalcando la virtualità.
Ha funzionato a meraviglia l'idea di Grillo/Casaleggio di lanciare lo slogan "1 vale 1". E' stato fondamentale per introdurre la necessità di abbattere il rischio di clientele, personalismi, capi-bastone. Ma va aggiornato. La scelta dei candidati in rete non è più sostenibile seguendo delle modalità che non favoriscono la creazione di una dirigenza politica composta dai migliori e dai più meritevoli tra tutti i sostenitori attivisti del M5s. E, in questa fase, da combattenti e guerrieri ben equipaggiati e saggiamente formati.
Ci siamo forse dimenticati che questa è una guerra?
Pensavate fosse una passeggiata? Un picnic virtuale? Una narcisata?

La sola presenza del M5s mette in fibrillazione l'intero sistema politico italiano, che seguita a essere composto, nei posti cruciali, da individui dediti all'uso della cosa pubblica per interesse personale, di gruppo e/o del partito di aderenza.

E' un lungo cammino. Il fine consiste nell'abbattere gli oligarchi e trasformare l'Italia da pantano a società dinamica.

Ne sa qualcosa Gianni Alemanno.
Se non fosse stato per l'esistenza del M5s, probabilmente il PD non avrebbe mai accettato la candidatura del Dottor Marino; se non fosse stato per l'esistenza del M5s, a destra nessuno sarebbe andato a chiedere ragguagli in comune grazie alle notizie, informazioni, dati e date fornite dagli attivisti romani.

Mettiamola così:

Il M5s affossa Alemanno e la sua giunta.
Ignazio Marino ringrazia, e incassa il premio.
Vedremo la seconda fase come si coniugherà.

Tranquilli, quindi, sui paroloni.

Il nostro futuro è nelle nostre mani.
Dobbiamo semplicemente seguitare a rimboccarci le maniche, correggere gli errori, e proseguire.
Non è mica un facile lavoro convincere i milioni di italiani foraggiati, mantenuti, finanziati, sovvenzionati, dai partiti che danno a loro i soldi rubati dalle nostre tasse.
Per questo i partiti li adorano. Tanto più esisteranno parassiti, tanto più i partiti sopravviveranno.
La strada è davvero lunga.
Ma ciò che conta è il primo passo.
Quello è stato già compiuto.

lunedì 27 maggio 2013

Finalmente un risultato elettorale che rispecchia la realtà. Soprattutto a Roma. Gli italiani cominciano a capire.


di Sergio Di Cori Modigliani


E adesso ci toccherà anche sorbirci le analisi dei sociologi, i numeri, le statistiche, i grafici, le interviste, le dichiarazioni, le spiegazioni. Roba da ridere.
Tranquilli ragazzi, non è accaduto nulla.
Questa, semmai, è l’unica vera notizia. Che cos’altro sarebbe dovuto accadere?
Il potere politico italiano, finalmente, trova la sua tanto ambita quadratura del cerchio e fonda il vero partito unico italiano, che ben rappresenta l’attuale fase di avvilimento e confusione. Spinti all’angolo e smascherati, rivelano la loro strategia e la mostrano a chi vuol guardare e capire.
Il trionfo dell’astensione è l’obiettivo minimo dell’attuale classe politica dirigente italiana. Era ciò che volevano, era ciò che auspicavano, era ciò che speravano.
Gli opinionisti massa della cupola mediatica asservita già si lanciano nel fornire falsi clamorosi, della serie “siamo diventati come gli americani in Usa dove la maggioranza non vota” (letto sul corriere della sera e la repubblica, la stessa identica frase) ennesimo tentativo di fornire dati fuorvianti ai lettori attraverso il consueto tentativo manipolatorio delle coscienze potenzialmente pensanti.
In Usa, infatti, gli ultimi 12 mesi (grazie a occupy wall street) hanno dimostrato che il dato era in controtendenza, tant’è vero che alle ultime elezioni politiche del 5 novembre 2012, in Usa, la percentuale dei votanti è stata la più alta dal 1980 e nelle successive 145 elezioni amministrative locali, svoltesi in 24 stati dell’unione, la percentuale dei votanti ha raggiunto i valori assoluti più alti; in alcuni casi (vedi California, Wisconsin e Massachussets) con punte anche del 75% e dell’82%. L’Italia, invece, segue il trend egiziano.
Al potere politico italiano, l’astensione fa gioco.
E a quella hanno puntato.
Tanto meno sarà il numero degli elettori, tanto più facile sarà controllare i blocchi sociali che votano. Nella città di Roma la proposta era quella di ben 19 candidati sindaci, supportati da ben 40 liste collegate per un numero complessivo di 1667 aspiranti consiglieri comunali. Per un totale di 48 posti. Da notare che tra i 19 candidati sindaci non c’era neppure una donna. C’è addirittura una lista dei “grilli parlanti”, ottima modalità furba di quart’ordine per confondere l’elettorato meno avvezzo e informato.
La Politica, in Italia, seguita ad essere il corridoio privilegiato per svoltare individualmente, usando e sfruttando parole d’ordine diffuse a megafono, grazie alla amplificazione della rete e dei social networks. Dalle liste “fermiamo le banche” a quelle “notav”, da quelle “aboliamo equitalia” a quelle “salviamo gli animali dalla vivisezione” la proliferazione di precari, disoccupati, babbei, banditi, furbi, furbetti e furboni, hanno prodotto il risultato che speravano di ottenere: la vittoria del partito dell’astensione.
Nessuna sorpresa, quindi.
E’ l’attuale trend della politica italiana, foraggiata dai giornalisti che hanno fornito un solido contributo quotidiano per mettere in fuga i cittadini, convincendoli a non recarsi alle urne.
E’ stata –quantomeno a Roma- la più avvilente e squallida campagna elettorale mai vista.
Personalmente parlando, la sorpresa consiste nel fatto che ci sia stato un crollo così modesto.
Nelle ultime tre settimane non si è mai parlato delle esigenze locali della cittadinanza, perché il dibattito è stato spinto verso altre derive: dalla puntuale e burocratica richiesta di certificazione millimetrica delle diarie e dei guadagni di esponenti del M5s al tentativo (ben riuscito) di spingere l’elettorato a raggelarsi in faziose diatribe “contro” qualcuno o qualcosa. Quasi nessuno si è espresso “per” o “pro” qualcuno o qualcosa.
Da questo pomeriggio, nei consueti talk show, ascolteremo i leader politici lamentarsi preoccupati per questa tendenza. Un atteggiamento ipocrita che non fa altro che aggiungere beffa al danno.
Per potersi garantire lo stallo, e quindi il mantenimento dello stato di tenuta dei privilegi dinastici della oligarchia che ci controlla, era necessario annebbiare il panorama, costruire teatri artificiosi, e impedire l’accesso alla cittadinanza di una necessaria informazione sui problemi pratici, necessari da affrontare subito per poter avviare un cambiamento.
Vince, in realtà, il narcisismo, la visibilità, l’apparenza, confermando il dato saliente che è l’autentica verità della spina dorsale antropologica italiana: l’assorbimento e l’incorporazione –conscia o inconscia che sia- del berlusconismo. Non poteva essere altrimenti, avendo Berlusconi formato un governo nonostante avesse perso le elezioni.
Il messaggio che è arrivato al popolo, da parte della destra e da parte della sinistra, è stato forte e chiaro: “le elezioni sono inutili, perché chiunque sia il vincitore saremo sempre noi a stabilire chi governa e chi non governa”.
Per poter invertire questa tendenza è necessario lavorare a lungo e a fondo.
E va fatto collettivamente.
E’ necessario avviare un programma vasto di formazione culturale delle coscienze che diventi la base portante della politica intesa come partecipazione e rappresentanza di esigenze e bisogni autentici della collettività. Ma per farlo bisogna prima essere in grado di modificare la antropologia individuale del nostro essere italiani. Essere contro non basta più, è inutile.
Bisogna essere a favore e propositivi, capendo e incorporando il concetto che wikipedia non basta.
Non è sufficiente scrivere una striscetta su facebook, citando la frase di un grande romanziere (facendo credere di essere uno scrittore o un lettore) per esserlo. Così come non serve a nulla declinare il quotidiano elenco di nefandezze provocate dai propri avversari, puntando a coagulare il consenso come forma di protesta e di rabbia.
Se si vuole cambiare la società, la si vuole migliorare e la si vuole fare evolvere, è necessario accettare il principio che i progetti vincenti sono la conseguenza di buone idee operative. E le buone idee le producono soltanto coloro che hanno studiato e confezionato dei programmi come risultato di una creatività che è la sintesi del merito personale e della forte acquisizione di una competenza tecnica.
La gente non va più a votare perché ha capito che cosa vuol dire “il re è nudo” ovvero: avere colto il Senso dell’intercambiabilità dei candidati.
Non è certo un caso che Corrado Passera, a suo tempo (marzo 2012) è passato alla storia dell’ignavia indecorosa quando con tono scocciato disse: “non aspettatevi certo una ideona, perché qui non si tratta di idee”. Che cos’altro dovrebbe fornire, come rappresentante di un servizio pubblico, un individuo che è ministro dello sviluppo, se non idee operative vincenti? E’ la stessa identica frase regalata dall’attuale ministro in carica (Zandonato del PD) nel corso di un convegno di imprenditori “le idee non servono”.
Il messaggio è arrivato.
La gente l’ha capito.
Se il potere non produce idee, se le idee non servono, allora è inutile votare.
Se vogliamo restituire dignità alla democrazia, se vogliamo che un’elezione abbia Senso e quindi veda la passionale partecipazione di tanti che si incontrano e si scontrano, dibattono e si confrontano, sui programmi, sulle potenziali soluzioni, sulle proprie diversità, allora è assolutamente necessario restituire l’egemonia alle idee, a coloro che le hanno, e a coloro che sono in grado di comprenderle, farle proprie, e trasformarle in un fatto pragmatico.
L’impresentabile classe politica dirigente italiana è riuscita a mantenersi in piedi falsificando la realtà e facendo credere che la morte delle ideologie corrispondeva alla morte delle idee, per giustificare il fatto che loro non ne avevano.
La morte delle ideologie ci ha liberato dalla burocrazia e dalla faziosità di parte, liberando il meraviglioso e insostituibile patrimonio di idee degli individui. Hanno bloccato quella ricchezza.
Quella è la sezione che va liberata.
Se non si comincia a dar spazio alle idee, vinceranno sempre i burocrati.
E la gente che andrà a votare sarà sempre di meno.
L’ultima cosa che mi sento di fare, in questo momento, è di partecipare al piagnisteo generale condito di ipocrisia italiota, addebitando al popolo, con aggressiva cattiveria, la “colpa” di non essere andati a votare. Io invece li capisco. Li comprendo. Loro attendono delle idee, se nessuno le propone, giustamente non seguono nessuno.
Bastava pochissimo.
Due mesi fa circa, Franco Battiato sussurrò a Michele Santoro, nel corso di una trasmissione nel suo talk show, che “ci vuole poco per cambiare e liberarsi da questi personaggi impresentabili: basta non invitarli più”. Per Santoro, questo suggerimento è stato inaccettabile e improponibile. Da allora, Battiato non si è più visto, ma in compenso c’è sempre Daniela Santanchè.
E ci stupiamo se poi la gente non va a votare?

Perchè dovrebbe?

sabato 25 maggio 2013

Cambiamo il linguaggio: è così che cambiamo l'Italia. E ricostruiiamo un nuovo immaginario collettivo.



di Sergio Di Cori Modigliani

Qual è  una frase, un proverbio, un detto comune che più di ogni altro –tutti d’accordo- potremmo scegliere come il più rappresentativo dell’immaginario collettivo nazionale? Difficile a dirsi, perché se ci inerpichiamo su questa strada, ci accorgiamo subito che la storia nazionale ci impedisce di ritrovarci, come popolo, in una sintesi comune. Mentre donne e buoi dei paesi tuoi (piuttosto desueto) è stato riesumato da Borghezio e Salvini per farne il cavallo di battaglia della cosiddetta Padania, la piccola borghesia romana ha riproposto ultimamente il chi va piano va sano e va lontano, splendida truffa subliminale per incitare la gente a non fare nulla o comunque accettare l’idea che le riforme vanno fatte con il contagocce.
La hit parade sociologica è stata di recente redatta da un interessante studio condotto dall’equipe dell’esimio linguista Prof. Tullio De Mauro, che ci ha regalato anche delle comiche sorprese post-moderne, laddove si segnalano delle novità antropologiche, come quella dei dieci più importanti centri urbani metropolitani d’Italia dove sembra che sia molto diffusa la pratica del “toy boy”, l’amante giocattolo, il giovane bambolotto usa e getta, divenuto, in quanto maschio, meta ambita di femmine cinquantenni in cerca di emozioni; tant’è vero che –con enorme sorpresa dei ricercatori- è venuta fuori la riedizione dell’antichissimo gallina vecchia fa buon brodo, frase fulminante che alcune mamme competitive lanciano, come sfida minacciosa, alle figlie adolescenti che le contestano urlando nel corridoio di casa. Ma la vera sorpresa consiste nelle due frasi, al primo posto ex aequo, che hanno ottenuto il massimo del consenso. Una rappresenta la resa degli italiani, ormai avviati verso la fede e la speranza, extrema ratio di chi ritiene di non aver più nulla da perdere, avendo rinunciato a qualunque forma di lotta, di protesta, di opposizione; e questa categoria è ben rappresentata dal chi vivrà vedrà (con aggiunta di sospiro) un’espressione che tradotta corrisponde a qualcosa del tipo: speriamo bene, staremo a vedere quando accadrà, non dipende da noi, non possiamo che attendere gli eventi, ecc. Comunque sia, è un sintomo di passività e di avvilimento collettivo. L’altra, invece, è la riesumazione di una frase coniata diversi decenni fa e poi bandita a furor di popolo, dopo che diversi intellettuali, luminari, professori, politici e giornalisti, avevano insultato e dileggiato un famosissimo giornalista italiano che nel 1985 l’aveva riesumata, sostenendo che ben rappresentava ciò che il popolo italiano era, senza farsi soverchie illusioni. L’autore era Enzo Biagi e la frase era stata pronunciata nel corso di una spiritosa trasmissione televisiva curata da Catherine Spaak, in onda sulla Rai, che si chiamava “Harem” e si occupava di cultura, libri, diritti delle donne e pari opportunità. Il format della trasmissione prevedeva che in studio, ospiti della Spaak, ci fossero soltanto donne, appartenenti a diversi schieramenti, età, professioni, ceti sociali. Alla fine, nascosto da un telone, seduto su uno sgabello, c’era il “maschio fantasma” che veniva interrogato su un certo argomento per sentire il punto di vista rappresentativo di un uomo. E poi si svelava chi fosse costui. La frase improvvida di Biagi fu la seguente: “Evviva er re de Franza, evviva o’re de Ispagna, purchè se magna: questa è l’Italia”. Apriti cielo! Non soltanto se lo mangiarono vivo in studio ma il giorno dopo venne identificato come un fascista populista, un denigratore, un malvagio distruttore di quella unità nazionale ritrovata, che in quel momento era tutta presa dal nuovo mantra dell’epoca “Milano da bere” poi scomparso nel nulla e sepolto per sempre grazie a tangentopoli. Oggi, a Milano, da bere  c’è rimasta soltanto l’acqua piovana delle falde inquinate -sia geograficamente che metaforicamente- dalla ammorbante presenza della ‘ndrangheta. Neanche a dirlo, allora, fui tra quelli che contestarono Enzo Biagi. Anche io, come italiano, mi sentii umiliato nel mio ruolo di cittadino consapevole, all’idea che quella frase potesse rappresentare la sintesi della identità nazionale, con la specifica “ecco ciò che sono e vogliono gli italiani”.

Sono trascorsi, da allora, ben 28 anni.
Nessun dibattito su questa frase, non ce n’è alcun bisogno. E’ la hit parade 2013.
Il che vuol dire, con il senno di poi, ammettere la mia serena ingenuità utopistica di allora e chiedere scusa a Enzo Biagi, il quale, invece, evidentemente aveva ben capito in che razza di paese stessimo vivendo e come si stava già evolvendo la situazione.
Ma l’immaginario collettivo popolare cambia. Lo si può cambiare. Lo si può alimentare. Lo si può aiutare ad evolversi. Le parole servono, per l’appunto, a questo. Un buon programma per ciascuno di noi consiste nell’investire della creatività per coniare nuove espressioni sintetiche che possano davvero essere una luce formativa per il futuro dei nostri figli. Ogni popolo, ogni etnia, ogni cultura, ha le sue espressioni linguistiche comunitarie. La loro importanza non è legata al fatto che servono a comunicare, quanto piuttosto all’impatto che hanno nella formazione della socialità collettiva e gli studiosi le identificano come un sintomo rivelatore della struttura comportamentale di questa o quella nazione. Non conosco la lingua tedesca e mi piacerebbe tanto conoscere una delle loro forme dialogiche più comuni per definire se stessi: è probabile che contiene la chiave di comprensione anche della loro politica. Ma conosco abbastanza bene gli Usa perché vi ho abitato per diversi decenni. Nonostante l’enorme varietà di etnie, culture e popoli mescolati, ne hanno una, di frase, che appartiene all’intera collettività: chiunque l’ha fatta propria. Fool me once, shame on you; fool me twice shame on me”. E’ la spina dorsale della loro psicologia e della loro economia. Tradotto vuol dire “frègami una volta, e la vergogna è tua; frègami due volte e la vergogna è mia”. E’ la costituzione dell’assunzione in proprio della responsabilità individuale socio-psicologica, che contiene anche la consapevolezza del loro essere un po’ ingenui e farlocconi, facili da abbindolare. E quindi, da bravi protestanti, attribuiscono la colpa a chi li manipola (la prima volta) approfittando della loro innocente dabbenaggine, e si autoassolvono appellandosi alla buona fede. Ma non troverete mai nessun americano disposto ad accettare passivamente l’idea di farsi abbindolare due volte dalle stesse persone; perchè se lo fa, alla fine si arrende e recita il mea culpa. Negli ultimi 150 anni, in Usa, non è mai accaduto che sia stato rieletto un presidente che ha poi deluso le aspettative dei suoi elettori: Roosevelt, Eisenhower, Reagan, Clinton, Obama (tanto per nominare solo quelli degli ultimi 100 anni) hanno fatto ciò che ci si aspettava da loro. Con due uniche eccezione: Nixon nel 1974, scoperto, smascherato e obbligato a dimettersi coperto di infamia; George Bush jr. accusato dopo il suo secondo mandato di aver mentito ai cittadini e quindi oggetto di disprezzo collettivo, perchè –come scrisse allora Philip Roth su New York Times- “ci ha inevitabilmente spinto a odiare noi stessi in quanto americani, proprio perché siamo stati così stupidi da votarlo di nuovo, noi non possiamo che prendercela con la nostra natura di autentici farlocconi: e odiando noi stessi stiamo creando le basi psicologiche per determinare una nuova crisi economica”. Roth è un geniale romanziere e di economia non sa nulla, né ha mai avuto pretese. Quando scrisse questo articolo, alcuni economisti lo presero un po’ in giro, ma ci fu, invece, uno sconosciuto avvocato dell’Illinois che prese la palla al balzo e con magnifica retorica usò quell’articolo come base dei suoi discorsi elettorali, citando anche (non a caso) il famoso proverbio da me summenzionato, per richiamare i suoi concittadini ad assumersi le responsabilità in prima persona. Si trattava di Barack Obama. “Se vi fate fregare anche questa volta, la responsabilità sarà soltanto vostra: noi possiamo cambiare”.

Tutto ciò come commento spensierato sulle elezioni che si terranno domani e lunedì in 706 comuni italiani, sulle quali non nutro grandi speranze. Anzi. La mia cautela elettorale mi ha stimolato questo post, spingendomi a porre ai miei lettori il seguente quesito: “come è possibile che gli italiani votino il candidato A che promette la cosa B e dopo cinque anni, avendo toccato con mano che la cosa B non è diventata reale, lo rivota; visto che questa volta promette la cosa C. Ma cinque anni dopo, lo stesso candidato di dieci anni prima, il quale non aveva realizzato la cosa B e neppure la cosa C, prospetta l’idea della cosa D e riesce a essere votato ancora una volta”. E così via dicendo.
Come è possibile, secondo voi, che si verifichi un meccanismo mentale come questo?
Propongo, pertanto, di prendere a prestito la frase americana, perché ritengo che per un po’ possa e debba essere utilizzata con enorme vantaggio della collettività.
Votiamo per chi ci pare, ma non facciamolo per abitudine, per vizio, per consuetudine, per tradizione.
Combattiamo l’Alzheimer sociale che ci sta rovinando l’esistenza.
In attesa di coniugare, noi, intera collettività nazionale, una nuova frase originale,.una espressione figlia di un neologismo, un proverbio inedito, tutto italiano, che ci consenta di poterci identificare anche e soprattutto come comunità di adulti pensanti.
Senza sorpresa, inoltre, la splendida ricerca dell’equipe del prof. De Mauro rivela e rileva che gli italiani stanno diventando “la prima etnia analfabeta dell’Unione Europea”: sempre minore il numero di lettori, di studiosi, di acculturati. Depressione, ignavia e indifferenza in aumento. Con la allarmante nuova moda, già incorporata nella massa nazionale che vive in rete, basata sull’idea che per sapere come stanno le cose basta andare su wikipedia.

Cominciamo da qui, a cambiare l’dea di nazione.

venerdì 24 maggio 2013

Il sindaco di Parma, Pizzarotti, non è osceno. Il ministro Franceschini, invece, lo è.







di Sergio Di Cori Modigliani

Il nostro è diventato davvero un paese osceno. Lo dico letteralmente parlando.
Dal punto di vista etimologico il termine "osceno" viene dal latino e significa, soprattutto, "portatore di cattivo augurio, veicolo di cattiva sorte" più tardi esteso anche all'eccessiva esibizione delle parti intime, e infine promosso all'attuale rango di metafora di tutto ciò che è disgustoso, brutto, negativo, con la sottesa e mai negata aggiunta di un inevitabile riferimento alla sessualità.
L'oscenità può essere (in parte) soggettiva, ma nell'uso comune e nella socialità esistenziale condivisa diventa, invece, glorioso paradigma collettivo che la identifica con "la turpitudine" e la inserisce in quell'ambiguo territorio dove si danno appuntamento le parti più nascoste e distruttive dell'essere umano. Nell'immaginario collettivo, "l'osceno" diventa il limite più basso e inferiore al quale si possa arrivare.
Ruby può essere considerata da alcune persone "oscena". Ma da altri può essere considerata una persona "davvero molto piacevole". Dipende dal gusto, dalla propria estetica, dalla propria ottica personale di riferimento. Ciò che diventa davvero "osceno" per noi, cittadini della collettività nazionale, non è il suo comportamento e la sua essenza (il giudizio può e deve essere variegato, multiforme, diversificato, personalizzato) bensì "la modalità pratica" con la quale la sua esperienza esistenziale viene presentata al pubblico nazionale.
Ciò che c'è di "osceno" in tutto questo teatro, al quale ci obbligano ad assistere quotidianamente, consiste nell'essere testimoni dell'affermazione del principio basico che ha fondato l'Italia attuale: "L'Oscenità che è diventata Norma". L'oscenità sta nel fatto di spacciare come consuetudine il fatto che un importante uomo politico con cariche istituzionali, peraltro imprenditore con l'ossessione del profitto, elargisca milioni di euro a una ragazza sconosciuta nel nome della beneficenza. Questo fatto ha decuplicato l'estensione della "oscenità", perchè ha lanciato il principio che tutto diventa lecito. Io non penso affatto che Ruby sia oscena.
Penso che sia "osceno" il fatto che venga considerato "legalmente normale" essere depositaria ricevente di svariati milioni di euro perchè (così recitano i documenti) "è una modalità di aiutare una povera ragazza in difficoltà".
Diventa quindi "normale" che Lusi, un senatore della Repubblica che ha rubato (reo confesso) 23 milioni di euro alla collettività, venga spostato dal carcere -dove la magistratura ha stabilito che meritava di stare- in un ameno convento, amorevolmente accudito da fraticelli dediti alla manifattura di succulente marmellate di fichi.
Questo, io, lo trovo davvero "osceno".

Così come trovo "osceno" il fatto che seguiti a percepire -regolarmente depositato sul suo conto in banca- il suo lauto sitpendio (comprese le diarie) di 22.450 euro al mese come senatore della Repubblica. Ufficialmente, nessun esponente del gruppo cui appartiene (la margherita) e del partito politico di appartenenza (il PD) ha ritenuto opportuno -forse lo hanno dimenticato- depositare regolare domanda chiedendo l'abolizione dell'emolumento essendo il senatore in galera in quanto ladro, dato che è previsto dalla Legge, ma il punto è che la Norma, in questo caso, è a discrezione.
Così come trovo "osceno" il fatto che Enrico Letta e Angiolino Alfano considerino "normale" godere di elargizioni finanziarie da parte di Lottomatica, società dedita alla diffusione del gioco d'azzardo, peraltro controllata dalla casa editrice De Agostini che detiene il pacchetto azionario di maggioranza, il che introduce la potenziale apertura di un nuovo fronte del cosiddetto "confilitto di interessi" al quale nessuno sembra prestare la dovuta attenzione. I due più importanti membri del governo hanno un rapporto privilegiato di natura finanziaria con una grosso gruppo industriale dell'editoria nazionale. Ma è legale, quindi è Norma.
Appunto. Per me, invece, è osceno.
E' l'Italia di oggi: l'Oscenità è diventata la Norma.
Non c'è quindi da stupirsi, nè meriterebbe alcun commento, il fatto che il ministro Franceschini si sia speso per fare pubblicità elettorale via sms alla sua compagna candidata alle elezioni comunali di Roma.
Un fatto del genere, in Gran Bretagna, Danimarca, Germania, Francia o Usa, per quanto ne so,avrebbe comportato immediatamente l'obbligo di dimissioni e il definitivo allontanamento dall'attività politica.
Non da noi.
Nessuno oserebbe chiederlo, sarebbe un "assurdo".
E' colpa nostra, quindi, se l'Italia va come va.
Siamo un paese osceno che considera assurdo ciò che per il resto del mondo civile è normale.
Questo è il salto necessario da compiere.
Riappropriarsi dell'uso delle parole, del linguaggio, del senso.
Dedicare, ad esempio, qualche pensiero al fatto che l'oscenità è diventata norma, e ha trasformato la vita politica collettiva nel teatro di un film porno. Io preferisco l'erotismo, che è vitale.
Dedicare, ad esempio, qualche pensiero al fatto che i dispositivi "legali" dell'Unione Europea impongono ai paesi membri, quindi anche l'Italia, di dover far fronte a impegni militari  di carattere internazionale -anche molto costosi finanziariamente- senza che sia necessario fornire nè documentazione, nè richiesta, nè interpellanza ai singoli parlamenti. Io preferisco l'obbligo di ratifica con la conseguente "zuffa" in aula.
Dedicare, ad esempio, qualche pensiero al fatto di assumere la piena consapevolezza che non siamo più in grado di capire la realtà perchè la cupola mediatica non fornisce più adeguata documentazione, come ad esempio nel caso del comune di Parma dove un certo Pizzarotti è diventato sindaco ereditando un debito consolidato di 856 milioni di euro, e dodici mesi dopo (21 maggio 2013) ha fornito il nuovo bilancio dal quale si evince che il debito è stato ridotto a 662 milioni. Io preferisco informarmi e divulgare.
Dedicare, ad esempio, qualche pensiero all'idea che la colpa e la responsabilità dell'attuale "oscenità" non è della destra (se siamo di sinistra) nè della sinistra (se siamo di destra) nè di tutti i partiti (se siamo del M5s) nè del M5s (se siamo militanti di un partito storico) bensì della acquiescenza collettiva  che considera "normale" ciò che normale non è.
Indignarsi, protestare, denunciare, non è più sufficiente. Non basta.
E' necessario un profondo lavoro personale di pulizia soggettiva per godere della possibilità di poter dire, e diffonderlo presso tutta la cittadinanza, il nuovo principio italiano che ci consente di affermare: "voglio essere libero di far valere il mio diritto a non soggiacere passivamente all'oscenità".

Restituire il Senso e il Significato alla realtà quotidiana, sottraendoci al paradosso della surrealtà che ci impone l' oscenità divenuta nei fatti norma, è davvero il primo passo.

E' arrivato il momento di capovolgere il linguaggio: diventare orgogliosi di non essere normali.
Soprattutto, diventare orgogliosi di essere talmente erotici, talmente libertari, talmente liberi, da cominciare a sostenere pubblicamente a gran voce "basta con l'oscenità".

Questo governo è osceno. Anche se è legale, formalmente impeccabile, e a norma.
Anche gli italiani sono diventati un popolo osceno; l'unica scusante consiste nel fatto che la maggioranza lo è a propria insaputa. Accorgersene è importante per liberarsi di questa cappa negativa -come ci suggerisce l'etimologia latina- portatrice di "cattivo augurio".
Perdurando in questo comportamento, seguiteremo ad attirarci la sfiga: i Latini insegnano.





mercoledì 22 maggio 2013

Ecco chi è e che cosa vuole da noi il deputato Irpino Carlo Sibilia



di Sergio Di Cori Modigliani
Oggi, il premier Enrico Letta è a Bruxelles,  in teoria, a sostenere la inderogabile necessità per la nazione di avviare finalmente un immediato piano di investimenti per il rilancio dell’economia, chiedendo da subito e con urgenza l’allentamento degli obblighi fiscali imposti dalla Troika, aprendo un tavolo di chiara discussione aperta a tutte le nazioni della zona euro, con il fine di rinegoziare il Fiscal Compact, un dispositivo che aiuta le banche e penalizza le imprese, affonda gli Stati e penalizza le popolazioni; deindustrializza le nazioni e arricchisce i colossi finanziari multinazionali. Lui, ufficialmente, è la nostra bandiera. Ieri, alla Camera dei deputati, l’on. Carlo Sibilia –distretto Irpinia, regione Campania- deputato del gruppo M5s, eletto il 7 maggio 2013 alla carica di segretario della commissione esteri di cui l’on. Alessandro Di Battista è vice-presidente, ha fatto una interrogazione parlamentare rivolgendosi direttamente a Enrico Letta chiedendogli (e chiedendolo a nome di tutti gli italiani) come sia possibile che un individuo membro del gruppo Bilderberg e della Trilateral, che rappresentano gli interessi delle banche internazionali e dei colossi finanziari-mediatici, possa avere la libertà di movimento necessaria per simile operazione. Trovate l’intero video del suo intervento presso facebook, usando il seguente codice <iframe src=”https://www.facebook.com/video/embed?video_id=549599988412745″ width=”640″ height=”480″ frameborder=”0″></iframe>  oppure, se preferite, andando a vedervelo su www.youtube.com/watch%3Fv%3D0CVzm-4nLuo.
Il quotidiano la repubblica, nel presentare la notizia sul suo sito online, questa mattina, ha “scelto” di prendere in giro le affermazioni del deputato Sibilia, sottolineando il richiamo da parte di laura Boldrini che lo ha più volte redarguito (Sibilia usava l’espressione “signor Letta”) invitandolo a “usare una forma più appropriata”. Ecco qui di seguito la notizia commentata sul sito www.italiaincrisi.it, a firma Felice Marra.

Repubblica fa lo scoop sul richiamo al grillino invece di mostrare i contenuti scomodi riguardo Letta e Bilderberg

May. 21 Io veramente non ho parole… Repubblica invece di parlare dell’importantissimo e scomodissimo discorso che Sibilia ha fatto nei confronti di Letta e del coinvolgimento di gran parte dei punti chiave del governo al Gruppo Bilderberg rovescia la frittata e fa lo scoop sul fatto che il grillino è stato “sgridato”. Ancora una volta questo giornale si dimostra di essere complice dello sfascio di questo paese. Ecco come presentano il video nella didascalia sul sito : “Siparietto alla Camera durante le comunicazioni del presidente del Consiglio Enrico Letta in vista del Consiglio europeo. Nel suo intervento il deputato del Movimento stelle, Carlo Sibilia, si rivolge più volte al premier chiamandolo “signor Letta”. La vicepresidente della Camera, Marina Sereni, interrompe l’esponente grillino e lo invita a rivolgersi al presidente del Consiglio “in maniera appropriata””
Sempre sullo stesso sito, veniva presentata in rete la nomina di Sibilia in un articolo pubblicato in data 8 maggio 2103: Il deputato del Movimento 5 Stelle, Carlo Sibilia, è stato eletto segretario della Commissione Affari Esteri della Camera, una delle più importanti tra le quattordici permanenti. Si tratta di un ponte istituzionale tra l’Italia e il resto del mondo per quanto riguarda i delicati temi dei diritti civili, dello sviluppo economico, della diffusione della pace, della cooperazione, delle relazioni politiche tra Stati. “Uno dei primi impegni riguarderà la ratifica del trattato di Istanbul contro la violenza sulle donne. Siamo, invece, impegnati fin da subito nell’approfondimento dei grandi temi economici cui sono legati a doppio filo le sorti di molti Paesi. Per questo è già stato programmato un incontro che terremo con il Ministro degli Esteri, Emma Bonino, il 15 maggio” – dichiara il deputato Sibilia, che sarà in Commissione con Alessandro Di Battista, eletto vicepresidente sempre tra le fila del Movimento. Viva soddisfazione è espressa dal gruppo attivo avellinese che augura al cittadino Sibilia un proficuo lavoro. www.affariitaliani.it/campania/m5s .
Ecco come sul sito www.irpiniaoggi.it veniva data, invece, informazione al pubblico campano sulle idee e progetti del deputato irpino, in un articolo firmato Pasqualino Magliaro, un giornalista autonomo indipendente.

M5s, Carlo Sibilia da onorevole a cittadino

Lunedì, 29 aprile 2013 – 10:01:00Per far nascere la Terza Repubblica uno dei nodi da analizzare con gran cura sarà di sicuro quello della diminuzione dei privilegi parlamentari. Un travaglio più volte affrontato ma che non ha mai generato qualcosa di concreto che sia riuscito a soddisfare quella parte di cittadinanza che ormai nella politica e nei suoi finti sforzi non crede più. I nuovi presidenti di Camera e Senato, Boldrini Grasso, hanno annunciato nelle settimane passate i primi passi per “tagliare il superfluo” iniziando dalle loro cariche. Ma i nuovi parlamentari cosa ne pensano?Promesse e buoni propositi non giungono nemmeno più all’orecchio di chi è stanco di ascoltarle convinto che rimangano tali. E così diventa curioso e fa inevitabilmente notizia quando un nuovo inquilino degli scranni del potere decide di sua spontanea volontà di “cancellare” il titolo che gli spetta da volere popolare.Carlo Sibilia, eletto deputato nella circoscrizione Campania 2, ha le idee chiare: “le promesse vanno mantenute e questo è solo un gesto che dimostra quello che abbiamo sempre sostenuto nei confronti dei cittadini”. Il giovane deputato irpino si riferisce a un piccolo gesto che fa rumore: quello di cancellare con proprio pugno il titolo di Onorevole dalla porta del suo ufficio alla camera e sostituirlo con il titolo, più comune, di cittadino. Il Movimento 5 stelle si fa da sempre portavoce principale del nodo “casta politica” e mentre il Governo ancora deve insediarsi qualcosa già si è fatto. “Denoto che i privilegi alla Camera riguardano soprattuto le indennità di carica che non si riesce a scardinare – continua il cittadino Sibilia – Abbiamo fatto una proposta, con il nostro ufficio di presidenza, molto chiara, diminuire il compenso dei parlamentari a quello del codice di comportamento del M5S adeguandolo anche agli altri parlamentari. Al momento siamo riusciti ad ottenere un taglio del 25% sull’indennità di carica”. Il tour tra i privilegi parlamentari e ricco di strade e panorami non del tutto conosciuti spesso “abilmente mascherati” e a tratti sconcertanti come lo spettacolo di auto blu, presenti nei parcheggi intorno ai palazzi del potere, che sibilia definisce “Vergognoso”. Il gesto di Sibilia, che sulla sua pagina facebook non è privo di attacchi, è stato ripreso anche da qualche suo collega appartenente sempre al Movimento 5 stelle mentre da parte dalle altre forze politiche sembra non arrivare nessun segnale: “erano forse impegnati nell’inciucio – sottolinea Sibilia – in verità gli altri parlamentari li ho visti pochissime volte in aula mentre noi siamo sempre all’interno del palazzo a lavorare la loro presenza per ora si è limitata quasi alle sole votazioni”.
Pasqualino Magliaro
Leggete, pensateci, riflettete e fatevi una vostra idea personale.
Ciò che importa è che sia la vostra.
Si comincia da qui a costruire la propria libertà individuale di cittadini pensanti.