martedì 30 luglio 2013

Il M5s è sempre goethiano. Soprattutto per ciò che riguarda il Medio Oriente.


di Sergio Di Cori Modigliani

"Comunicare è Natura, tutti gli animali lo fanno. Saper accogliere ciò che viene comunicato è  Cultura. E' ciò che distingue gli esseri umani dalle bestie: è il fondamento della Civiltà".

                                                                          Johann Wolfgang von Goethe (da "Le affinità elettive")


Politica estera, oggi nel Mar Mediterraneo.

Qual è la politica estera del M5s? Ne ha una?
Sì, ce l'ha. Ed è fortissima e unica nel suo genere evolutivo.
Qual è la strategia di politica interna del M5s? Ne ha una?
Sì, ce l'ha. Ed è fortissima e unica nel suo genere evolutivo.
Che cosa le divide l'una dall'altra?
Nulla: sono identiche, non c'è nè differenza nè contraddizione tra la politica interna e quella estera.
Fine del dibattito.

Prima di passare alle argomentazioni è necessaria una brevissima premessa.

L'affermazione che vedete sopra, in calce all'immagine, è stata scritta all'incirca 200 anni fa, quando i mezzi di comunicazione di massa, allora, erano la piuma d'oca intinta nell'inchiostro, qualche piccione viaggiatore ben addestrato e, per i ricchi che se lo potevano permettere, dei messaggeri in carne e ossa che giravano da una parte all'altra recapitando messaggi da parte dei loro padroni. Oggi, invece, c'è tutto il ben di Dio che sappiamo.
Eppure, a dimostrazione che l'ingegno, il talento e la classe non sono acqua, bensì pepite d'oro, non esiste nessuna definizione del termine "comunicazione" migliore di quella regalataci dal grande Goethe. 200 anni dopo è più fresca e attuale che mai.
E' tuttora considerata, per convenzione collettiva, la migliore e la più esaustiva definizione del termine "comunicazione" e dei suoi rapporti con la cosiddetta "cultura".
E' considerata, inoltre, la solida base dell'Europa libertaria.
Quella è la frase sulla quale la massoneria ha costruito il suo potere culturale.
E' un'affermazione che abbatte e annulla il privilegio aristocratico di considerare la cultura e la comunicazione appannaggio soltanto di alcuni spiriti eletti, di una elite selezionata dalla nascita per censo, e che dà per scontata l'identificazione tra erudizione e cultura.
Goethe, con una frase di due righe, ha abbattuto quel gigantesco steccato che divideva gli individui.
Non solo.
Ha anche introdotto il concetto di "responsabilità individuale" della cittadinanza, perchè ha dato un valore assoluto al concetto di ricezione del messaggio comunicativo, laddove il destinatario diventa attivo e non bieco e passivo oggetto di una comunicazione oggettiva. A meno che non sia ignorante, ovverossia privo, per l'appunto, di "adeguata strumentazione culturale".
"Cultura" nel senso goethiano del termine non vuol dire affatto "essere dotti", davvero mai e poi mai.
Il grande scrittore europeo identifica -alla pari, in quanto sinonimo l'uno dell'altro- il termine "cultura" con il termine di "civiltà".
Una persona civile non potrà mai essere un'assassina. Se ha sei lauree e parla diciotto lingue complesse, ma uccide un altro essere umano, si pone al di fuori della civiltà umana. Non vale per l' eutanasia: in quel caso subentra la Cultura perchè si crea una relazione che trasforma la vittima in soggetto interattivo.
Non a caso gli intellettuali nazisti che presiedevano la strategia e l'organizzazione della massa scolastica tedesca, alla fine degli anni'30, non potendo eliminare Goethe, poichè era ultratedesco, bianco di pelle e ariano, decisero di confinarlo nel dimenticatoio, invitando i professori a non diffondere il suo pensiero, a non far leggere i suoi romanzi, i suoi saggi, i suoi scritti.
I docenti universitari tedeschi, quando ricevevano una visita della Gestapo nel 1938, nascondevano i libri di Goethe.
Per il nazismo era considerato pericoloso.
Avevano ragione.
Gran parte delle argomentazioni politiche del filosofo statunitense Richard Rorty (illustre campione dei Diritti Civili nel mondo post-moderno ad alta tecnologia) ruota intorno alla divulgazione, analisi ed elaborazione dei principi  goethiani.
Comunicare, quindi, non ha nulla a che fare con la cultura e la civiltà: è puro bisogno narcisistico animale.
Se non c'è accoglienza nella ricezione, la comunicazione non può diventare colta ed essere fondativa di una società equa, giusta, solidale. Questa è la ragione per la quale ogni dittatura, da sempre, compie come proprio primo atto politico quello di decapitare immediatamente la classe intellettuale colta del territorio di cui ha preso possesso.
Diffondere la Cultura non vuol dire produrre meravigliose suggestioni di saggezza disinteressandosi dell'attività dell'interlocutore ricevente: come ben dice il popolo argutamente "sono perle ai porci", frase che traduce in maniera evocativa e immediata l'assunto goethiano: se uno non capisce, perchè non sa ascoltare e non sa accogliere, è fuori dalla civiltà.
Fine della premessa.

La strategia di politica interna del M5s è identica alla strategia di politica estera.
E' scritta nel programma.
Fa parte della sua struttura.
Io l'ho definita, questa struttura, all-inclusive, mutuando il linguaggio pubblicitario di chi vende telefonini.
Ed è unica nel panorama politico italiano.
E' goethiana, quindi è basata sulla capacità di accoglienza e di ricezione.
E' gandhiana, quindi dichiaratamente pacifica.
Beppe Grillo, nella sua unica conferenza stampa a Roma, dichiarò "Siamo tutti gandhiani, ma non siamo coglioni". Un'affermazione dal sapore politico.
Un'affermazione che diventa "colta" se viene accolta.
Essere inclusivi vuol dire eliminare i presupposti strutturali delle elite, vuol dire abbattere all'origine il rischio di produrre clientele, significa non dire mai a nessuno "no tu con noi non ci puoi stare" perchè la sua pelle è troppo scura, la sua religione non va bene, il suo genere non è gradito, il suo gusto sessuale non corrisponde, il suo censo lo condanna, ecc. Essere inclusivi vuol dire non applicare nessuna forma di discriminazione nei confronti di alcun cittadino sulla base di ciò che quella persona è o fa; basta che legga il programma e se lo ritiene opportuno aderisca perchè quei punti trovano il suo gradimento. Dopodichè, se vuole essere ateo, cattolico, ebreo, mussulmano, scintoista, sono affari suoi. Se sopra al letto ha la fotografia di Stalin o di Mussolini sono affari suoi, basta che quella sua passione faziosa non comporti la messa in discussione dei punti del programma: viene comunque accolto perchè prima di ogni altra cosa è "una persona" che condivide quei punti.
Questo principio trova (fino a qui) la comprensione di chicchessia.
Ebbene, questa è anche, per me, la politica estera del movimento a cinque stelle.
Tutti i popoli e tutte le nazioni vengono accolti, ascoltati, alla pari.
Quindi il M5s, che io ho votato,  non si schiera mai, per principio, in nessuna controversia internazionale che comporti la partecipazione di gruppi violenti contrapposti perchè non escludendo nessuno, non ha nemici.
Questo è il motivo per cui Grillo, in più di una occasione, si è sottratto a specificare la posizione del M5s in politica estera sull'argomento A o B o X (tipo Nato, Afghanistan, Medio Oriente, conflitto arabo-israeliano, guerre civili africane, ecc.) ed è stato accusato di "non avere alcuna posizione" e di aver imposto al movimento di "non prendere posizione alcuna".
Ma non è così.
Il M5s ha un'idea molto chiara: è all-inclusive ed è gandhiano e ripudia l'uso della violenza e del terrorismo come strumento politico.
Fare proprio questo assunto, ritengo che sia fondamentale per poter diventare "colti" in senso goethiano e comprendere quindi la politica del M5s.
Altra cosa sono le posizioni individuali.
Il M5s, quello che io ho votato, si schiera sempre e soltanto dalla parte di chi si muove,  agisce e lavora per la pace, con il dichiarato obiettivo di voler accogliere tutti, senza discriminazioni.
Anche per quanto riguarda il conflitto arabo-israeliano, la posizione di M5s, quello che io ho votato, è "ufficialmente" la stessa di sempre: come movimento gandhiano è schierato dalla parte di tutti gli attori che vogliono la pace, la condivisione e l'armonia: che siano ebrei o mussulmani, cattolici o egiziani copti è irrilevante.
Poi, ciascuno la pensa come vuole. Ma questa è la politica estera del M5s, quello che io ho votato.
Tutto ciò come mio personale commento alla visita guidata di alcuni parlamentari in Medio-Oriente.
Personalmente ritengo sia stato un errore, perchè era -per l'appunto- guidata da persone e organizzazioni esterne al movimento che non praticano e non perseguono la pace e quindi non hanno niente da spartire con il programma gandhiano di M5s.
Soprattutto in questo momento, in cui sta lavorando per la pace chi la pace la vuole per davvero, sia tra gli ebrei che tra i mussulmani che tra i cristiani; sia in Israele che a Gaza che a El Cairo.
In  quanto aderente e sostenitore attivo di M5s, sono furiosamente gandhiano e appoggio tutti i soggetti che già si trovano a Washington per dare inizio, lunedì prossimo, al "tavolo ufficiale per la pace" schierandomi con i più pacifisti tra di loro, che siano rabbini o ayatollah, è per me irrilevante.
In questo momento, un vero pentastellato sta zitto e prega. Tutto qui.
C' è soltanto una parte da sostenere: il pacifismo planetario all inclusive.
Chi non lo accetta, o sta violando le regole del programma del movimento oppure è uno senza cultura, in senso goethiano.
Meglio tacere tutti e contribuire a gettare secchiate d'acqua sul fuoco.
Come suggerisce Papa Francesco "non c'è alternativa al dialogo: è solo Satana che vuole la guerra".
Parole sante che sottoscrivo.

domenica 28 luglio 2013

Ieri ho visto tre film sulla Rai, di cui due italiani. Ci spiegano da dove veniamo, ma soprattutto dove stiamo andando.



di Sergio Di Cori Modigliani

“Non ho paura di Berlusconi in sè. Ciò che mi mette davvero paura è il Silvio Berlusconi in me”.
                                                                                                   Giorgio Gaber. Milano 1995.

Ogni epoca ha i suoi slogan, i suoi refrain, i suoi lemma, i suoi mantra, le sue parole d’ordine, che diventano socialmente la “firma antropologica” di quella specifica epoca. Una certa espressione assume il significato di sintesi e collante culturale che va poi a costruire l’immaginario collettivo. Il fascismo pose le basi fondanti del pensiero italiano con una frase che allora entusiasmò la collettività, una espressione che nei decenni si radicò, affermandosi in maniera così profonda da provocare l’attuale cancro mentale della nazione: “Io me ne frego”.  Ancora regge e seguita a essere la base strutturale del potere della destra italiana conservatrice.
Gli anni 50 produssero una geniale sottolineatura della guerra fredda e delle sue necessità al fine di garantirsi i soldi americani, con la benedizione del Papa, si intende. E nacque il celebre motto “Cristo ti vede, Stalin no” una frase, questa, che veniva tradotta dai preti nelle parrocchie per spiegare alla gente come il loro voto, in realtà, venisse scrutinato direttamente da Dio, a differenza di quello dato ai comunisti che veniva registrato soltanto dagli scrutatori. C’era in ballo il Paradiso.
Ma dagli anni 50 in poi –ed è ancora oggi così- ci fu un medium che più di ogni altro in assoluto divenne un punto di riferimento fondamentale nella costruzione dell’immaginario collettivo di tutti noi: il cinema. I dialoghi, i dettagli, i particolari delle scene di alcuni film memorabili rimanevano impresse nella memoria e andavano ad assommarsi al motto di quell’epoca. Dire a un francese o a uno svedese “In Italia non esiste il divorzio, le mogli, lì, preferiscono ucciderle” era una frase che non aveva alcun senso, al massimo poteva suonare come una battuta salace. Ma ci pensò Pietro Germi, con un guizzo di geniale creatività tutta italiana, a spiegare al mondo con “Divorzio all’italiana” come funzionava davvero la vita da noi. Basti pensare che nel 1960, quando l’Italia assaporava il benessere, l’economia avanzava al ritmo del +10% all’anno e l’Italia entrava nella modernità, nel paese il femminicidio produceva una quantità annua di vittime pari a un +756% di quello verificatosi nel 2011. E pochissimi, tra gli assassini, finivano in galera. Quel film di Germi (una deliziosa commedia leggera, leggerissima) presentato sotto forma di macabra farsa, finì per allargare a livello di massa il dibattito sulla necessità di promulgare una Legge per il divorzio.
In Italia, negli anni’70, le femministe regalarono a tutti un meraviglioso slogan di poderosa forza “il privato è politico”, una frase davvero splendida, che finì prima censurata, poi annacquata e infine dimenticata, perché immersa in un contesto ideologico che si riferiva soltanto a problematiche strettamente femminili e invece avrebbe dovuto essere allargata per poter finalmente estirpare –proprio grazie all’invenzione di questa frase azzeccata- il trionfale radicamento a livello di dna psico-sociale della frase mussoliniana io me ne frego.
Nel 1973 non esisteva wikipedia, non c’era il web e la televisione ancora contava poco. La gente non andava a caccia di “informazioni” (o “contro-informazioni”) ma andava al cinema per informarsi. Perché un certo film specifico riusciva a spiegare al 100%, davvero a tutti, gli sporchi giochi del potere occulto, con una forza dirompente che oggi non ha nessun blogger, nessun sito, nessuna striscetta su facebook, nessuna twitterata. Uno andava al cinema a vedere “I tre giorni del condor” con Robert Redford e Faye Dunaway (entrambi belli, bravi e affascinanti) e aveva l’opportunità di vedere che cosa combinava la CIA, anche perché la superba sceneggiatura era stata scritta da un ex impiegato dell’agenzia, il che voleva dire che, forse, quella storia poteva essere perfino vera. Quantomeno veritiera.
Le frasi nei film hanno davvero cambiato la coscienza (e il subconscio) collettivo, e alcune frasi declamate da occhioni imploranti, da bocche seducenti, da proprietari di spalle possenti o lunghe gambe dinoccolate, hanno contribuito poi a creare e costruire nuove mitologie distruggendone delle altre. Nascono anche grandi affari, perché frasi e immagini producono suggestioni e attrattive che muovono milioni e milioni di turisti, desiderosi di andare là, proprio in quel punto specifico, su quella veranda particolare, con quella luce, per poter rivivere il magico momento che l’attore/attrice di turno ci aveva regalato sullo schermo.
La città d’Europa che da 50 anni è leader, assoluta e incontrastata, come meta turistica, è Parigi. Non ha rivali. Un divertente studio analitico di quattro anni fa, condotto da un’equipe di sociologi californiani, aveva individuato le tre frasi più ricorrenti, famose e ripetute del cinema americano dal 1956 al 2006. Al primo posto assoluto c’è la frase “I’m going to Paris”: c’è sempre qualcuno, in un film americano, indifferentemente maschio o femmina, che a un certo punto dichiara che va a Parigi, senza alcun motivo. Al terzo anno di successo televisivo, dopo un improvviso calo di consensi, il produttore di “sex & the city” chiamò lo sceneggiatore e gli diede ordine di introdurre nella storia la città di Parigi, pena il licenziamento. Grazie a Parigi, la serie aumentò l’audience del 34%. Quell’anno specifico, circa 25 milioni di americani andarono a Parigi in vacanza, dove ossessivamente chiedevano di andare a quel ristorante e quel bar in cui andava Sarah Jessica Parker nella serie tivvù. I francesi non sapevano neppure di che cosa parlassero, ma si informarono. Qualche mese dopo, il sindaco di Parigi consegnava all’attrice americana le simboliche chiavi della città: in un biennio aveva fatto aumentare il flusso turistico statunitense verso la città di ben 40 milioni di unità, che avevano prodotto una spesa di circa 60 miliardi di euro consentendo di portare in pareggio il disastrato bilancio della città..
La seconda frase più famosa e ripetuta è “I’m not on sale” (non sono in vendita) inconcepibile per una etnia come quella italiana, basata sulla furbizia e sull’abilità, quindi sulla vendita immediata di se stessi al miglior offerente.
La terza è “I’m on my way” (me ne vado per la mia strada); anche questa inimmaginabile per gli italiani, dato che questo è un paese dove la strada viene segnata e segnalata da qualcun altro, molto spesso dal proprio partito. In Italia nessuno può andarsene per la sua strada perché le consorterie hanno costruito diabolicamente una società composta da strade che sono solo apparenti, in realtà dei vicoli ciechi e per i più l’unica alternativa è l’ufficio passaporti per l’esilio volontario.
Il cinema, con le loro frasi e i loro personaggi, ci parlano di noi, descrivono una società come essa è, la mostrano e ne dimostrano il tessuto subliminale.
Così come fa anche la letteratura.
In Italia, non più.
L’abbattimento del numero di lettori in Italia va di pari passo con la proliferazione di gialli, thriller, romanzi noir e mistery. Tutto ciò che non contiene il rischio di offrire un panorama esistenziale reale, vivido, vero, autentico, di ciò che le persone vivono. La “carne” è negata e censurata, così come viene censurata l’idea di dar vita a personaggi verosimili o rappresentativi dell’autentico umore, sapore, colore, dei cittadini reali. In tal modo, poco a poco, si spinge sempre di più il lettore a diventare dipendente da tessiture di trame ordite dagli  editors  a tavolino, con libri fatti in serie e l’abbandono della comunicazione letteraria. Avviene lo stesso con il cinema italiano, dove la realtà dello scambio sociale attuale non appare mai, se non in forma caricaturale o raffazzonata. Nessuna persona al mondo, fuori dall’Italia, oggi, guardando un qualunque film italiano può farsi una idea realistica e legittima di ciò che sta accadendo nel nostro paese, di come vivono le famiglie, di come viviamo tutti, di come avviene e si sviluppa lo scambio quotidiano. La stessa cosa è per i romanzi. Avveniva allo stesso modo negli anni’30 quando sia i film che la letteratura fornivano l’idea di un’Italia completamente diversa da quella reale, con due uniche eccezioni: “Gli indifferenti” di Alberto Moravia, nel 1929 e il film “Il conte Max” di Mario Camerini, del 1936, con Vittorio de Sica, dove si insinua una certa critica sociale, tenue, leggera ma essenziale. Basterebbe pensare che in Italia, tra il 1933 e il 1940 sono stati prodotti ben 457 film e circa 800 romanzi di cui non rimane traccia alcuna per il loro scarso valore e l’interesse nullo delle descrizioni, se non per coloro che si dedicano alla ricerca storica d’archivio.
Finita la premessa, veniamo al post di oggi.
Ieri ho visto tre film alla tivvù (rai) diversissimi tra di loro, eppure tutti e tre legati da un sottilissimo filo. Il primo è un film italiano del 1959, il secondo un film italiano del 1978, il terzo un film belga del 2008. Quindi tre epoche diverse. D’estate la rai tira fuori dai propri archivi vecchi film che ripropone al pubblico e quindi è possibile vedere (o rivedere) delle pellicole di un tempo lontanissimo. Quello del 1959 è un film diretto da Leopoldo Trieste “Il peccato degli anni verdi” con Maurice Ronet, Sergio Fantoni, l’esordio di Raffaella Carrà (una piccolissima parte) e una indimenticabile Alida Valli. Film in bianco e nero, è un film con una storia all’apparenza piatta e piuttosto banale. Una diciassettenne di buona famiglia che frequenta un collegio di suore a Milano viene sedotta da un maturo ricco rampollo, di professione playboy e poi abbandonata. Il fatto è che lei è incinta, oltre che anche innamorata. Va da lui e in preda al furor geloso lo ricatta sotto la minaccia di denunciarlo essendo lei minorenne. Lui cede e paga firmandole un succosissimo assegno. Sembra una storia attuale dei tempi nostri. E invece no.
L’idea della sceneggiatura consiste nel fatto che la ragazza l’assegno non lo incassa. E si fa capire che non lo incasserà mai.  Si rifiuta. Non ha nessuna intenzione di incassarlo. Vuole che venga riconosciuto e accettato il suo principio che è sentimentale e non materiale: l’ha fatto per vendetta d’amore. Si incontrano le famiglie. Due sono le possibili soluzioni, anzi tre: matrimonio, aborto a Londra, oppure lei ragazza madre (con relativo scandalo) e lui pagherà per sempre il mantenimento di entrambi. E così si dipana la storia, mentre sullo sfondo si intravedono gli anni’60 che stanno arrivando, i mutamenti degli umori, la nascita di un nuovo livello di consapevolezza. Il playboy rimane turbato, non è un mascalzone, bensì un farfallone, il che è fondamentalmente diverso e quindi, dopo un po’, si dichiara disposto al cosiddetto matrimonio riparatore. Ma è la ragazza che non vuole. Perché parla con la madre. Sono dieci minuti di dialogo e di splendida recitazione da parte di Alida Valli, nella parte della mamma comprensiva e accudente, che confessa alla figlia di aver sposato suo padre soltanto perché lui era ricco e lei era bella e povera, condannando se stessa all’infelicità perenne. Una Alida Valli meravigliosa, davvero superba, che regala cinque minuti di travolgente intensità e bravura. E così, le due donne, in una loro intimità ritrovata, compiono un atto, per quei tempi, davvero inconcepibile. Mandano a quel paese tutti. La giovane sceglie e decide di andare a vivere all’estero, lontana, e si terrà il figlio da sola. La madre va con lei. Scelgono di sottrarsi al meccanismo e insieme vanno per la loro strada. Diciamo così, una scelta americana.
Il film venne letteralmente massacrato dalla critica. Non venne censurato perché non ne esistevano le ragioni tecniche, ma fecero in modo che stesse nelle sale soltanto pochi giorni e nessuno ne parlasse né dibattesse sull’argomento. Era il finale a sconvolgere la morale di quell’epoca. Soprattutto l’idea che esistono delle alternative, basate sulla indipendenza, sull’autonomia del giudizio, su una visione del mondo non necessariamente basata sul danaro, sulla morale convenzionale, sull’interesse materiale.
Il secondo film è di venti anni dopo. Si chiama “Amori miei”, è del 1978 e presenta un’Italia completamente diversa. Siamo sempre a Milano e sempre nella media-alta borghesia. Regista del film è Steno (Vanzina padre). Protagonisti Johnny Dorelli, Enrico Maria Salerno, Monica Vitti, Edwige Fenech. La storia è davvero esile: una donna è sposata e infelice, ma il marito le sta simpatico e gli vuole bene quindi non vuole divorziare; così si trova un altro che sposa falsificando i documenti e diventa bigama, facendo la spola dall’uno all’altro. Rimane incinta e fa in modo –con dei trucchi- affinchè i due si conoscano e diventino amici, così possono finire tutti insieme appassionatamente. Quando il film uscì, soprattutto per il fatto che si avvaleva della presenza della Vitti e di Salerno, ebbe davvero buone critiche, considerato allora, con aristocratica bonomia ipocrita, un buon prodotto per le masse, perché “ interpretava gli umori dei tempi e dell’epoca”. Guardandolo oggi, 35 anni dopo, invece, lo si legge in tutto un altro modo e saltano agli occhi alcuni aspetti antropologici che preannunciano l’Italia che verrà. Il film, in verità, è una scusa piatta e banale per farci vedere la Fenech nuda. Si parla di escort e si presenta il mondo futuribile dell’Italia che questo film non soltanto preannuncia ma stimola e vagheggia. Un mondo composto da belle donne sempre nude, vogliose e disponibili subito, purchè si paghi e molto e prima e in contanti, perché questo vuol dire essere moderni ed evoluti. Un mondo dove il mercatismo sostituisce la sentimentalità, la furbizia prende il posto della lealtà, e la discriminante è tra i conservatori vecchio stampo, ovvero chi crede nell’amore, nella fedeltà, nella creatività, nella lealtà e i veri progressisti, ovvero chi aspira ad avere la possibilità di potersi pagare a prezzo carissimo delle prostitute –nel film vengono chiamate “amiche accompagnatrici”- con mogli compiacenti purchè ci sia qualcuno che paghi conti salati e vacanze, perché questo è il senso della vita nella modernità, e nel nome della libertà si introducono i concetti base del liberismo più deteriore e volgare, basato sull’idea che le donne sono finalmente autonome, indipendenti, sessualmente libere (e sempre disponibili) ma a condizione di pagarle molto; e quindi bisogna far soldi per averle; non vanno rispettate più le regole, ma  bisogna fare tanti soldi per poterselo permettere. 
Questa considerazione mi ha prodotto un pensiero che è, in verità, un’argomentazione  usata spesso da quelli del PDL in funzione filo-berlusconiana, ovverosia: non è vero che Berlusconi ha cambiato l’Italia involgarendola, annebbiandola, avvilendola, l’Italia era già così, ma non aveva il pudore di dirselo. Lui ha avuto il “coraggio” o l’abilità di interpretare la realtà e renderla palese, tutto qui.
Io penso che mai Paul Newman, Robert Redford e Meryl Streep, o in Gran Bretagna Vanessa Redgrave e Lawrence Harvey o in Francia Yves Montand e Jeanne Moreau avrebbero mai accettato di partecipare a una operazione cinematografica del genere. Ma in Italia sì, e non fu l’unica. Questo fu il primo di una lunga serie che diede inizio alla promozione di scribacchini al posto di sceneggiatori e di cinematografari al posto di produttori e di registi. Avvenne proprio in quell’anno l’inizio della mattanza, ovvero l’acquisto di intellettuali, artisti, registi, scrittori, attori, giornalisti, che poco a poco hanno cominciato a imporre il danaro come valore e come parametro al posto di altri valori. L’anno del delitto Moro. Era un anno quello in cui c’era un governo di larghe intese, allora definito “governo ad ampio sostegno nel nome della responsabilità”. C’era un governo DC-PSI-PSDI-PRI con l’appoggio esterno del PCI, il quale, con la caratteristica ipocrisia della sinistra italiana, consentiva loro di stare al governo, votare le leggi ma dire ai propri elettori che non ci stavano. L’unica opposizione veniva dal MSI e dai radicali.
E così cominciò la compravendita dei talenti e dei pensanti nel nome delle larghe intese, perché allora –come i quotidiani dell’epoca annunciavano- eravamo in una situazione di emergenza economica che giustificò tutto. Da allora, poco a poco, iniziò la deriva. E a poco a poco scomparve prima l’industria cinematografica, poi quella culturale, e infine spuntò il politico Berlusconi quando ormai i giochi erano stati fatti.
Oggi, l’industria cinematografica ed editoriale italiana non ha più mercato.
Pochi mesi prima che questo film venisse prodotto eravamo ancora leader su entrambi i fronti. “Amori miei” è, in questo senso, un film antropologicamente interessante.
Il terzo film è un prodotto belga, del 2008. Si chiama “Il matrimonio di Lorna” ed è stato sceneggiato e diretto dai fratelli Danderre. Presentato a Cannes nel 2008, ha vinto la Palma d’oro (meritatissima) per la migliore sceneggiatura, dopo che i due avevano già vinto per la regia nel 2005 con il film “Les enfants”.  E’ un film che si svolge a Liegi e ci racconta le esistenze vere in Europa alla vigilia della crisi economica che ci ha travolti. Segue, mostra e racconta il disagio sociale di una giovane 25enne attraverso una storia lineare che contiene delle originali idee di scrittura cinematografica. Un film intimista, scuro, quasi claustrofobico, come è la vita dei protagonisti, con un bellissimo finale poetico pieno di speranze e di ottimismo sul futuro di tutti noi. Oltre alla vittoria a Cannes, questi due bravissimi registi/scrittori hanno ottenuto anche un ulteriore (quanto insperato) importante premio: quello per il migliore prodotto culturale di diffusione della francofonia. Il premio francese, invece della consueta targa, medaglia, invito ai talk show  e consueta narcisistica visibilità (inutile) televisiva, è stato un contratto cinematografico a scatola chiusa per il loro futuro lavoro. I due autori hanno investito, negli ultimi quattro anni, il cospicuo assegno, per realizzare circa 15 documentari e 10 corti di 15’ ciascuno sui temi del disagio sociale europeo, da proiettare nei licei francesi per avviare un dibattito pubblico. Quest’attività ha comportato la nascita di circa 150 micro-aziende di giovani produttori di materiale visivo per un’assunzione complessiva di circa 3.000 giovani disoccupati specializzati in scienze della comunicazione, scienze dello spettacolo e attività legate alla produzione di prodotti visivi multi-mediatici. L’unica condizione posta dal governo francese è consistita nell’imporre la lingua francese, vietando l’uso di quella belga, fiamminga o vallone che sia. E loro hanno accettato, ponendo la condizione che venga sempre specificata la loro nazionalità belga, per impedire di finire come il loro grande immortale maestro, l’imbattibile Georges Simenon, che il mondo intero pensa sia francese mentre invece lui era belga e i francesi li disprezzava. Come ha detto Jacques Chirac nel 2002, quando era presidente, “se in Francia avessimo avuto nel ventesimo secolo un genio assoluto del teatro come Luigi Pirandello, a quest’ora, parlerebbero francese in tutta l’Europa”. Una battuta al fulmicotone. Vera, verissima.
Il primo atto politico della nuova presidenza Hollande (il vecchio Chirac è suo personale consulente) è stato quello di aumentare dell’11% il budget di spesa relativo a cultura, arti visive e multi-mediatiche, innovazione tecnologica, scienza, e soprattutto diffusione di attività artistiche che diffondano la lingua, il pensiero, le tradizione della cultura francese. Il primo atto del governo Letta non è certo stato in questa direzione, in un paese come il nostro che è considerato dall’Unesco top leader mondiale incontrastato, in quanto sede di insostituibili e impareggiabili tesori.
Questi tre film sono legati da un filo sottile e, nella loro diversità, hanno qualcosa in comune e ci possono insegnare qualcosa.
Il primo film ci spiega l’humus che di lì a breve avrebbe prodotto la grande stagione del cinema italiano (1960-1975) che portò l’industria cinematografica nazionale al secondo posto nel mondo; soltanto a Roma occupava circa 170.000 addetti. Un film che mostra, inoltre, la differenza tra un film con una grande attrice e un film senza. I cinque minuti di Alida Valli producono una intensa emozione che trasforma una esile trama in un delizioso atto politico di denuncia della morale piccolo-borghese. Nel secondo film nessun attore è in grado di produrre alcuna emozione nel pubblico, se non il titillamento inevitabile grazie alle piacevoli forme fisiche della Fenech. Chi ha costruito quel film, dando inizio a un trend, ha compiuto un atto politico selezionando a tavolino dove e come fosse necessario provocare delle reazioni emotive nello spettatore. Un film che preannuncia la Grande Stagione Italiana delle tette e dei glutei, della promozione di cretineria e furberia, del definitivo abbattimento di qualsivoglia riferimento culturale. Un film pedagogico: ha insegnato agli italiani ciò che dovevano fare ed essere. E gli italiani hanno appreso la lezione.
L’ultimo film, mostra e dimostra il ritorno in Europa de “il privato è politico” lanciando un trend di tradizione che sta furoreggiando in tutto il continente con la totale latitanza della nostra nazione.
Di questo bisognerebbe parlare in parlamento.
Meglio di no.
Sarebbe inutile: nella migliore delle ipotesi si finirebbe per ottenere dei soldi che andrebbero gestiti dai partiti che finirebbero per promuovere le loro clientele. Meglio non eccitare il loro appetito potenziale.
Ma qualcosa è necessario fare: per esempio, costruire un fronte compatto di produttori creativi e rivolgersi ai settori più avanzati del mondo imprenditoriale al fine di promuovere attività che creino lavoro, occupazione e consentano di far ripartire il paese. E’ nel loro interesse, è nel nostro, è nell’interesse dell’intera collettività.
Soprattutto dal punto di vista culturale. Che diventa automaticamente politico e quindi esistenziale.
Non è certo un caso che la grande mattanza è iniziata proprio sulla cultura.
Il resto è stata una ovvia conseguenza.
Se scegli di nutrire un paese a forza di glutei e tette, nel momento in cui arriva sulla scena il più grosso produttore di questi elementi, il paese è pronto ad abbracciare il suo pusher culturale.
Dobbiamo liberarci da queste psico-droghe.

giovedì 25 luglio 2013

Deputati del M5s denunciano ( e annunciano) il collasso della Banca delle Marche, un tempo polmone finanziario dell'industria italiana.



di Sergio Di Cori Modigliani



Dedicato a tutti i marchigiani.

Ma perché, all’improvviso, il potere esecutivo pigia sull’acceleratore e denuncia una fretta indiavolata? Perché devono a tutti i costi fare in modo di mettere le mani sulla Costituzione entro il 15 agosto e modificarla subito? Per far passare quali dispositivi? Dando un’occhiata ai mercati internazionali, lo si capisce subito. Eccome se lo si capisce.
In totale contro-tendenza con ciò che Saccomanni ha sostenuto a Mosca, con ciò che Letta ha dichiarato di aver ottenuto a Londra e con ciò che Zanonato, Quagliarello e Alfano vanno in giro a dichiarare ufficialmente, i mercati stanno rispondendo.
Non è questo che ci dicono sempre?
Non è forse questo che ci tocca sentire un giorno sì e un giorno no? “Vediamo che cosa dicono i mercati” oppure “la parola adesso passa ai mercati”, ecc, ecc? Ebbene, i mercati stanno parlando.
Oggi, giovedì 25 Luglio, facendo seguito alla decisione di Standard & Poor’s (stabilita ieri sera alle ore 19 italiane con il declassamento dei primi 31 istituti finanziari italiani definiti “in crisi di liquidità e ai limiti del collasso finanziario”) l’intero mondo finanziario internazionale sta dando l’ordine di NON investire in Italia per via delle banche. Esattamente l’opposto di quanto ci sta dicendo il governo.
Il caso estremo che sta sul tavolo dei politici, in questo momento, è la Banca delle Marche, una delle più solide (un tempo) banche italiane e polmone finanziario della regione più industriosa d’Italia, un tempo roccaforte prima del PCI, poi dei DS e infine del PD che nel 2008 aveva ottenuto il 37% dei voti. Ma alle ultime elezioni, il collasso elettorale. Il M5s diventa primo partito con più del 30%. E i deputati eletti in regione si rimboccano le maniche e cominciano a lavorarci su.
E così, grazie al loro impegno veniamo a sapere la reale situazione delle Marche.
Certo, non ha avuto diffusione nazionale e nessuno ne ha parlato. Nel senso di nessuno. Con una eccezione. Il sito on-line Ancona today, che oggi pubblica l’articolo che qui riproduco alla vostra attenzione. Tutto ciò per merito della deputata Donatella Agostinelli, eletta nella circoscrizione Marche, che ha denunciato la reale situazione finanziaria. Laureata in giurisprudenza, con la specializzazione in criminologia, è una esperta sulle manipolazioni in campo mediatico. 
A questo servono gli eletti di M5s alla Camera: a smascherare i giochi sottobanco dei partiti che usano il finanziamento pubblico per dirottarli nelle fondazioni che poi alimentano le banche che passano i soldi ai partiti per mantenere le clientele, sottraendo fondi allo Stato, all’economia del territorio, alle aziende.
La Banca delle Marche ha sei giorni di tempo per trovare 80 milioni di euro, altrimenti verrà commissariata: una mannaia per l’intera regione. Dal tesoro neppure una parola, da parte del governo neppure. Le fondazioni che la reggono non hanno più soldi perché il PD ha perso le elezioni e quindi le clientele si sono assottigliate. Non ci sono più santi in paradiso a provvedere. Non soltanto non pagano le aziende, ma siamo arrivati al vero parossismo: le banche chiamano gli imprenditori che loro hanno favorito per malleveria politica e chiedono loro di versare dei soldi per salvare le banche: un vero delirio. Sono le aziende che adesso vengono ricattate dal sistema bancario; una follia finanziaria tutta italiana. La nostra classe politica pensava che “i mercati” non se ne sarebbero accorti. Ecco che cosa sta accadendo nella Regione Marche. Se volete avere dei dettagli specifici mettetevi in contatto con gli onorevoli Andrea Cecconi, Patrizia Terzoni e Donatella Agostinelli.

http://www.anconatoday.it/politica/fallimento-banca-marche

Caso Banca Marche, i parlamentari M5S: “Sarà un altro Monte Paschi Siena”

Andrea Cecconi, Patrizia Terzoni e Donatella Agostinelli: "I consigli di amministrazione delle fondazioni esprimono anche membri legati a doppio filo con i partiti politici, e il Pd in particolare"
24 Luglio 2013
"Assistiamo con preoccupazione al caso della Banca delle Marche che, a causa della politica finanziaria dissennata condotta in questi ultimi anni, rischia di collassare trascinando con sé l'economia della regione, alla quale è legata a doppio filo": così i parlamentari marchigiani del Movimento 5 Stelle Andrea Cecconi, Patrizia Terzoni e Donatella Agostinelli, per i quali "Come nel caso del Monte Paschi Siena, le responsabilità dei partiti sono assolutamente centrali".
Ma i paralleli col gruppo bancario toscano non finiscono qui: “Anche qui” proseguono gli onorevoli 5 Stelle “assistiamo al caso di fondazioni (Fondazione della Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata, Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi e Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro) che detengono la quota maggioritaria dell'Istituto di credito (55%)". Ebbene, "i consigli di amministrazione di dette fondazioni esprimono anche membri legati a doppio filo con i partiti politici, e il Pd in particolare, i quali conseguentemente hanno l'opportunità di indirizzare le linee finanziarie e di destinazione degli impieghi".
80 MILIONI IN UNA SETTIMANA. Entro il 31 luglio Banca delle Marche deve trovare 80 milioni di euro per rientrare dei coefficienti patrimoniali minimi fissati dalla vigilanza bancaria. Serve quindi una ricapitalizzazione entro brevissimo tempo o sarà il fallimento.
Quindi, concludono i parlamentari, ecco chi ha guadagnato da questa situazione: "Del sistema creditizio di Banca Marche ha usufruito, in particolare, il mondo dell'imprenditoria edile regionale, sostenuto fino a l'altro ieri in modo massiccio e oggi messo con le spalle al muro dall'Istituto, che gli chiede di contribuire a coprire parte del disavanzo, in pochi giorni, versando 60 milioni di euro".
Perché i dati, le cifre, i nomi e i conti hanno un valore oggettivo.
E gli eletti in parlamento di M5s, ritornano nella loro regione e raccontano come stanno le cose. Quello che 40 anni fa facevano i deputati del PCI, quando il venerdì rientravano sul territorio in treno, in seconda classe, e poi il sabato mattina riferivano sull’andamento dei lavori in corso diffondendo e divulgando le informazioni nelle sezioni, nella Case del Popolo.
Nelle Marche le aziende sono furibonde. Anche il governo (per motivi diversi). Pensavano di farla franca anche questa volta. Non è così. Per questo hanno una fretta indiavolata: devono cambiare la costituzione con subitanea furia, immettere dei dispositivi dettati a Bruxelles da parte della BEI (Banca Europea di Investimento) in modo tale da garantirsi la gestione silenziosa, occulta e nascosta delle banche con scuse costituzionali che i cosiddetti saggi devono adesso elaborare, inventare, costruire. Io la vedo così: basta immettere nella costituzione che “certe” banche vanno sotto la giurisdizione di “realtà strategiche di tipo economico-militare per la salvaguardia dell’integrità del territorio della Repubblica Italiana” e il gioco è fatto. Da quel momento in poi, l’Innominabile avrà tutte le ragioni tecnico-istituzionali del mondo a vietare che si parli di ciò che accade nelle banche, dentro le banche, chi amministra le fondazioni, da dove arrivano i soldi e dove vanno a finire. Basterà dire “segreto militare, la Nuova Costituzione vieta la diffusione dei dati”. La Corte Costituzionale sarà costretta ad approvare.
E tutto ciò, lo devono fare entro la metà di agosto. Altrimenti……
E’ il grande boomerang dell’iperliberismo: alla fine, i mercati rispondono con i fatti, i numeri, le cifre, i conti. E in Italia, fanno acqua da tutte le parti.

Lo sanno anche i bambini ormai.

Stappiamo lo champagne. Evviva! E' arrivata la ripresa.



di Sergio Di Cori Modigliani

Si inizia così, a imbonire un paese, attraverso la diffusione di notizie sui mercati, per i mercati, da diffondere pubblicamente a mezzo stampa e televisione. 

Tra le varie piattaforme che il potere politico-economico usa c'è quello di "teleborsa", uno strumento gestito da radiocor-ilsole24ore-legato alla Borsa Valori di Milano, la quale, però, è dipendente dalla City di Londra, essendo stata incorporata dal London Stock Exchange.
Forniscono dati, notizie, informazioni, trend, analisi, che loro sostengono essere "oggettive" e "scientifiche". 
Da quando Saccomanni è ritornato da Mosca dopo aver annunciato che "la crisi è finita" e il premier Letta è ritornato da Londra dove ha incontrato quelli che lui ha definito "gli investitori" (locuzione piuttosto arbitraria e ambigua: una cosa è una pensionata che abita nel quartiere di Tottenham e ha 108 sterline investite nei bpt della Corona, un'altra cosa è l'amministratore delegato della Royal Bank of Scotland; entrambi hanno il diritto legale di poter definire se stessi "investitori". Enrico Letta si è rifiutato di riferire al paese in parlamento chi ha incontrato -a livello ufficiale- di che cosa hanno parlato e quali eventuali accordi siano stati stipulati a nome della nazione, quindi della collettività) ebbene, dopo queste due sortite all'estero, la musica è cambiata.
A me appare evidente che si stia cercando di modificare di 180 ° i riferimenti rispetto alla realtà, fornendo dati, date, notizie aziendali, prospettive, grafici, parabole, prive di adeguato supporto, se non quello sancito da un ordine perentorio dall'alto.

I consulenti della comunicazione presumibilmente si sono messi al lavoro dopo aver ricevuto i nuovi input.

Il fatto che tutto ciò non abbia alcun riferimento alla realtà, per loro è irrilevante, in quanto sono consapevoli che siamo entrati nella "fase di Surrealtà". Ciò che conta è portare avanti un piano psicotronico di permeazione delle coscienze collettive in modo tale da proseguire nell'opera di sostituzione dei "fatti" con le "parole". Una modalità infantile che funziona nelle società regressive, primitive, e con i bambini piccoli. I lettini degli psicoanalisti sono pieni di individui adulti confusi, smarriti, squilibrati, sofferenti, perchè sono cresciuti con le quotidiane parole del "la mamma è sempre così buona" oppure "papi ti ama tanto e vuole sempre giocare con te", ma poi arrivavano le botte, l'indifferenza, la totale mancanza di attenzione, di rispetto e soprattutto di amore, quindi nel bambino si crea confusione e smarrimento perchè incorpora la differenza netta tra parole e fatti reali. Ma non sa come districarsi. Non può capire. E' un bambino piccolo, non è un adulto. Ma una cosa -proprio perchè è innocente e pulito- la sa per certo: nella sua famiglia qualcosa non funziona.
Così ci vogliono, a noi cittadini: bambini in stato confusionale sull'orlo di una crisi di nervi.

E'importante capirlo per alzare (invece) la soglia dell 'attenzione nel nostro essere adulti. 
Ecco qui di seguito la notizia del giorno diffusa a Milano e proveniente "ufficialmente" dall'Ufficio centrale di Statistica e dal Ministero dell'Economia.
http://www.borsaitaliana.it/borsa/notizie/teleborsa/economia/663
NOTIZIE TELEBORSA - ECONOMIA
CONSUMATORI ITALIANI PIÙ FIDUCIOSI SULL'ECONOMIA (Teleborsa) - Consumatori più fiduciosi nei confronti della situazione dell'Italia, forse anche in risposta all'allentamento delle tensioni internazionali ed alla recente promozione del Paese, che è stato tolto dalla black list degli Stati sotto proceduta d'infrazione. Di conseguenza, c'è più ottimismo anche riguardo alla situazione della famiglia. Il clima di fiducia dei consumatori, secondo gli ultimi dati Istat, è aumentata a luglio a 97,3 punti dai 95,8 del mese precedente.; superando le attese degli economisti. Le componenti riferite al quadro economico e alla situazione personale migliorano entrambe, passando rispettivamente a 94,6 e 98,7 punti. Il clima corrente aumenta in misura significativa a 96,1, mentre quello futuro mostra solo una lieve crescita. Migliorano i giudizi sulla situazione economica del Paese. Quanto alle attese sulla disoccupazione si rileva un miglioramento delle aspettative. Migliorano anche le valutazioni sulla situazione economica della famiglia, sia in riferimento al bilancio familiare che alle opportunità attuali di risparmio. Più pessimismo circa le possibilità future di risparmiare. A livello territoriale, la fiducia migliora nel Nord-ovest, nel Nord-est e nel Mezzogiorno; peggiora lievemente al Centro.Stretta correlazione tra rischio Btp e dinamica euro (Il Sole 24 Ore Radiocor)

A voi sembra che corrisponda alla situazione reale del paese?

mercoledì 24 luglio 2013

"L'aria fritta fa male alla salute". Il governo all'attacco frontale di M5s. Ma un motivo c'è.



di Sergio Di Cori Modigliani

I detrattori del M5s, che sostenevano l'inutilità del lavoro in parlamento degli eletti del movimento, e che per mesi ci hanno spiegato quanto fosse irrisoria la loro presenza -se non per il chiasso gossip alimentato dalla stampa- purtroppo avevano torto.
E' il paradosso dei nostri tempi: magari avessero avuto ragione.
Se così fosse stato, allora avrebbe voluto dire che avevamo mandato in parlamento un'allegra combriccola di inutili chiacchieroni, nè dannosi nè utili, e i loro colleghi dei partiti avrebbero potuto serenamente sbeffeggiarli, irriderli, e magari finirci a prendere una pizza insieme.
Se fosse andata così, allora avrebbe voluto dire che chi gestisce il governo, invece, lavora, si preoccupa e si occupa dei guai della collettività, lavorando sodo per noi.

Non è andata così.

Negli ultimi due giorni, insieme, i deputati del PD e del PDL si sono letteralmente scatenati alla tivvù, sui giornali e sui social networks (pagine vere e finte su facebook, troll a pagamento, servi sciocchi e clientele varie) per attaccare il M5s con toni sempre più virulenti, sempre più aggressivi.
Ieri, in "transatlantico", verso le ore 11, l'on. Boccia del PD dichiarava come la sola presenza dei colleghi del M5s è una minaccia per la stabilità della democrazia, mentre, al suo fianco, la deputata del PDL Manuela Repetti sosteneva che i deputati del M5s sono degli irresponsabili che stanno trascinando il paese alla rovina.

Queste due affermazioni sono utili. Ci avvertono della scelta di comunicazione che stanno cercando di allestire per il prossimo autunno, in modo tale da poter sostenere che il dissesto economico, politico, etico, culturale, morale del paese, è il frutto del comportamento degli eletti M5s e che loro è la responsabilità.

Più tardi, nel corso della trasmissione "Transatlantico" in onda su Rainews24, alle ore 19, l'onorevole Giorgio Scanu, eletto nella Regione Sardegna nelle fila del PD, diceva, a proposito dei suoi colleghi del M5s, che non si può rimanere in silenzio, per dovere civico, di fronte a un atteggiamento rivolto soltanto a uno scopo: la balcanizzazione dell'aula, dato che l'unico obiettivo di questi deputati consiste nel gridare a uno scandalo che non c'è, con un atteggiamento che va detto, perchè è il momento di dirlo, che è sempre costantemente offensivo e perfino violento, denunciando pertanto la propria posizione anti-democratica.

Apprendiamo, così, che oltre a essere irresponsabili, sono anche violenti.

Accanto a lui, l'on. Prestigiacomo del PDL ha suggerito anche la soluzione. Dopo aver applaudito il collega sostenendo di sottoscrivere ogni sua parola, ha dichiarato che è necessario attuare immediatamente ogni dispositivo che la Legge  mette a disposizione in aula e nelle commissioni per mettere questi qua (ndr. i loro colleghi, parlamentari dell'opposizione) nelle condizioni di non poter più intervenire, nè  fare danno inceppando il meccanismo.

La massima perla è stata prodotta da Mariano Rabino, eletto nella Lista Civica Monti, il quale, questa mattina, nel corso della trasmissione coffeebreak in onda su La7, ha definito il M5s una compagine di irresponsabili gestita da un ayatollah.

Abbiamo quindi avuto un'altra informazione, di cui già stavano arrivando dei chiari echi: siamo passati dalla fase della denigrazione, calunnia, diffamazione, isolamento, a quella della identificazione degli attivisti di M5s come soggetti irresponsabili, violenti, e forse anche terroristi, dato che sono guidati da un ayatollah, termine questo che in Asia Minore e nelle nazioni mussulmane indica semplicemente "un religioso di professione" ma da noi, invece, nell'immaginario collettivo è immediatamente incorporato come sinonimo di terrorismo talebano.

L'intervista a Scanu ha toccato un livello di così profonda degradazione (il deputato è un omone fisicamente molto corpulento, quindi le sue parole avevano un impatto ancora più forte) da spingere il moderatore a intervenire per calmarlo, cercare di annacquare questa aggressività inconsulta, e alla fine gli ha tolto la parola. E' un professionista di lungo corso, una persona per bene, forse vicino alla pensione, e la sua aria mesta e afflitta era un chiaro indice dello stato della comunicazione in questo paese. Mi ha fatto pensare che neppure lui si aspettava di vedere, insieme, deputati del PDL e del PD abbracciati amorevolmente nel sostenere la "vergognosa immoralità" del comportamento pentastellato.

Ma perchè tutto ciò?

Per un motivo molto semplice: si sta discutendo in aula il cosiddetto "Decreto Legge del Fare per il rilancio dell'economia e dello sviluppo". Un nome bellissimo, da fare invidia a John Maynard Keynes.
Se avesse anche un solo rigo dedicato alla realtà del paese, varrebbe la pena votarlo.
Il problema è che, in tale decreto, non mi pare che esista nulla che affronti o risolva nessuno -in nessun campo, segmento, àmbito, dimensione- dei seri problemi della nazione: lavoro, occupazione, welfare, povertà, tasse, gestione del credito, sistema bancario.

Come prevede la Legge, il governo ha redatto un testo e lo ha sottoposto allo studio e al vaglio della specifica commissione parlamentare, il cui compito consisteva nell'accettarlo così com'era oppure immettere degli emendamenti suggeriti dai membri della commissione. A quel punto, il testo finiva in aula e il governo apriva un dibattito tra tutte le forze presenti in parlamento per chiedere una discussione e un voto su quegli emendamenti. Il M5s, dopo aver letto queste paginette piene di nulla ha proposto 803 emendamenti. "Troppi, ragazzi, voi siete matti!" hanno risposto dalla presidenza del consiglio. In realtà è vero. E così sono stati ridotti a 75. "Ancora troppi, non ci stiamo nei tempi". Qualche mugugno, ma ha vinto l'efficienza pragmatica. Sono stati ridotti a 8, ciascuno dei quali lungo dieci/venti righe. Per poterli presentare in aula era necessario un tempo tra i 7 e i 17 minuti complessivi. Da 803 a 8 si era arrivati dopo una trattativa tra eletti di M5s e governo: erano state date ampie garanzie.
Una volta che sul suo tavolo è arrivata la delibera ufficiale che cancellava 795 emendamenti proposti dalla più grossa forza di opposizione parlamentare, lasciandone soltanto 8, Enrico Letta si è consultato con Alfano  e alla fine ha dichiarato e ha fatto dichiarare a Dario Franceschini,  che questo decreto del fare è talmente importante che non si può correre il rischio di rimanere ingabbiati nelle pastoie dell'iter parlamentare; di conseguenza, nel nome della responsabilità nazionale -perchè noi siamo al servizio del paese- sul decreto del fare chiederemo la fiducia alla Camera, cancellando quindi automaticamente ogni emendamento ed evitando perdite di tempo per inutili discussioni bizantine. Noi qui lavoriamo.

Fine.

Se la Democrazia Cristiana si fosse comportata così nel 1973 nei confronti di 8 emendamenti proposti dal PCI, sarebbero scesi in piazza i sindacati, ci sarebbe stato uno sciopero generale a tutti i livelli, e alla fine sarebbe stata costretta, almeno, a discuterne in aula.

In questo "decreto del fare" ci sono pagine e pagine di parole ampollose, vuote e inutili.

E' meglio che dica ciò che, secondo me, NON c'è:

1). Non esiste nessun dispositivo, norma, progetto, legge, che dichiari e garantisca che verrà rispettato il decreto del precedente governo Monti, varato lo scorso aprile, che annunciava l'immediato pagamento di 40 miliardi di euro alle aziende PMI creditrici, alcune delle quali in attesa di essere saldate da 30 mesi. Ci si rimette a Saccomanni.
2). Non esiste nessun dispositivo, norma, progetto, legge, che prenda atto e parli dell'esistenza della povertà in Italia, e si occupi dello stato di indigenza di quasi 10 milioni di italiani, proponendo uno straccio di idea che vada a migliorare le esistenze di questi nostri concittadini di un angolo, di un grammo o di un euro. Nulla.
3). Non esiste nessun dispositivo, norma, progetto, legge, che parli di investimenti da parte dello Stato al fine di produrre lavoro e occupazione e quindi mostrando e dimostrando come avviene e si verifica la ripresa.
4). Non esiste neppure menzione sull'annoso problema dell'Iva, poichè "come stabilito la decisione è stata rinviata al 15 settembre".
5). Non esiste neppure menzione sulla spada di Damocle dell'aumento dell'Iva al 22% poichè "come stabilito la decisione è stata rinviata al 1 ottobre".
6). Non viene neppure menzionata, e quindi non sottoposta all'attenzione pubblica, la necessità di varare un piano di sostegno socio-economico relativo alla costituzione del varo di un piano preventivo del reddito di cittadinanza per cercare di arginare, contenere, affrontare l'enorme disagio sociale che esploderà il prossimo autunno.
7). Non esiste nessun dispositivo, norma, Legge, che abbatta gli esorbitanti costi della burocrazia statale, della politica istituzionale, tesa ad arginare la voragine dei conti pubblici che aumenteranno.
8). Non esiste nessun riferimento alla necessità impellente di varare una nuova Legge elettorale "poichè è stato precedentemente stabilito di affidare un mandato di esplorazione costitutiva a uno specifico comitato di saggi, composto da 38 membri, che dovranno esprimersi in materia entro e non oltre il 3o novembre del 2014".
9). Non esiste nessun riferimento, dispositivo, norma, Legge, che affronti la necessità inderogabile di affrontare in sede parlamentare ed esecutiva la gestione del sistema bancario italiano.
10). Non esiste neppure un riferimento nè un'analisi, nè un dato nè una informazione, relativa ai 2.356 enti statali inutili che assorbono ogni anno la spesa corrente di circa 40 miliardi di euro, senza produrre alcun risultato, alcun effetto, nessuna soluzione, se non per gli assunti e le loro famiglie.
11). Non esiste nessun dispositivo, riferimento, norma, Legge che vari un "piano Lavoro" al fine di aggredire la malapianta della disoccupazione.
12). Non esiste nessun dispositivo, riferimento, norma, Legge che affronti il problema del costo esorbitante dello Stato (circa 3 miliardi di euro all'anno) derivante dalla sovvenzioni nei confronti dell'editoria, della comunicazione mediatica, di enti culturali che esistono soltanto sulla carta.
13). Non esiste nessun dispositivo, riferimento, norma, Legge che affronti e si occupi del sistema turistico-alberghiero dell'Italia, considerandolo un settore strategico e trainante dell'economia nazionale.

Gli 8 emendamenti di M5s parlavano, invece, di tutto ciò.
L'obiettivo degli eletti consisteva nell'inchiodare tutti i deputati alle loro singole responsabilità dinanzi al paese. Costringere i deputati di ogni partito a spiegare in aula dinanzi al paese perchè non vogliono varare un reddito di cittadinanza, perchè non vogliono abolire le fondazioni bancarie, perchè non vogliono dividere il sistema bancario tra banche d'affari speculative e banche commerciali creditizie, perchè non vogliono neppure intaccare il problema della disoccupazione, perchè non vogliono investire risorse dello Stato per rilanciare l'economia, perchè non si vogliono occupare dell'esistenza della povertà, perchè non vogliono investire nel turismo, nella cultura, nell'istruzione.

Su tutto ciò, ci sarà soltanto un macabro silenzio.

"Il mio governo si distinguerà per il fatto che non procederà, come gli altri governi che mi hanno preceduto, a suon di fiducia, perchè la trasparenza e il dibattito in aula sarà il motore principale del mio esecutivo".

Così, aveva dichiarato Enrico Letta presentando il suo governo il giorno della sua nascita.

Così stanno le cose.

La responsabilità, a questo punto, è al 100% -in sede parlamentare- nelle mani di coloro che lo sostengono.
A livello di cittadinanza, la responsabilità è, al 100%, nelle menti di coloro che ancora credono a queste persone.

Sulla prima pagina del mio quotidiano surreale, oggi, la notizia che viene dall'Onu, a New York, dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, che recita così:

"E' ufficiale. L'Oms dichiara che l'aria fritta è dannosa per la salute: procura cancro sociale terminale".

Buona televisione a tutti.
E pensiamo alla nostra salute.


martedì 23 luglio 2013

Ecco come l'uso delle parole sta affossando la nazione. Il governo nega il pagamento dei crediti alle imprese.


di Sergio Di Cori Modigliani

C'è qualcosa di paradossalmente atroce, impalpabile, davvero arduo da identificare, nella società nella quale oggi viviamo in Italia.
Da sempre incredibile laboratorio sociale e intellettuale, il nostro paese, in questa fase, mantiene costante la propria tradizione, a tal punto da marcare addirittura il trend globale, ponendosi come avanguardia.
Purtroppo per noi in negativo.
Come era stata, a suo tempo, la Germania guidata da Adolf Hitler.
Questa è la ragione di fondo per cui ci siamo sorbiti dichiarazioni di entusiastici complimenti nei confronti di (a turno) Giulio Tremonti, Mario Monti, e ora Enrico Letta.
Chiariamo subito la qualità di tali apprezzamenti.
I complimenti venivano dai presidenti di colossi finanziari, gestori di banche, politici stranieri corrotti, dittatori di varia natura, funzionari burocrati al soldo di chi, dell'Italia, voleva coglierne soltanto e unicamente una ghiotta occasione per espoliarla, rimpicciolirla, ridurla a quella poltiglia raggrumata che è diventata oggi: una nazione rappresentata a ogni livello da una dirigenza mediamente composta da individui immeritevoli, privi di personalità, di carattere, e soprattutto totalmente a digiuno di competenze tecniche specifiche.
Soprattutto privi di amor di patria e di salvaguardia del bene pubblico.
E gli italiani, un'etnia piccolo-borghese da sempre insicura e con un agghiacciante complesso di inferiorità, incassava felice e orgogliosa, rinfrancata dal fatto che i nostri rappresentanti fossero oggetto di tanti applausi. Senza mai chiedere ragguagli e informazioni sul mittente, sulla natura di quegli applausi.
Basterebbe pensare (con il senno di poi) che le stesse identiche persone, ma davvero le stesse, che definivano Tremonti un economista geniale che avrebbe salvato l'Italia, lo hanno fatto licenziare in pochi minuti, quando non serviva più, destinandolo nell'angolino del suo più che meritato anonimato, definendolo un poco di buono. Identica parabola è stata quella attraversata da Mario Monti, sostenuto dalle stesse persone che avevano sostenuto Tremonti, anche lui licenziato e oggi sereno oggetto di disprezzo pubblico in tutti i circoli, sia accademici che politici, che davvero contano in Europa. Il ragionier vanesio arranca elemosinando qualche invito, anche parziale, in qualche convegno minore, perchè -come Tremonti e gli altri- è finito per credere che quegli applausi fossero il frutto del suo merito.
Erano dedicati, invece, esclusivamente, alla funzione del suo esercizio.
E' il destino delle comparse, degli impiegati di rango minore, quelli usa e getta.
Idem per Enrico Letta, il quale, ignora, che nell'aprile del 2014 di lui si parlerà quanto oggi si parla di Giulio Tremonti, di Elsa Fornero e di Mario Monti.
Coadiuvati dall'imponente ausilio, davvero prezioso, della cupola mediatica e della piattaforma televisiva, i consulenti esperti che lavoravano per queste persone hanno provveduto, negli anni, a disossare il linguaggio, ad alterare con sapienza i codici della comunicazione, ad abolire il Senso, per creare uno stato di confusione mentale nella cittadinanza, e introducendo nella mente dei votanti e dei contribuenti fiscali l'idea subliminale che "le parole che significano e rappresentano anche simbolicamente un fatto o un'azione possono e devono diventare talmente pregnanti da arrivare al punto di sostituirsi al fatto stesso; così facendo, si ha la possibilità di ottenere -con le parole e attraverso le parole- lo stesso identico risultato che si ottiene con i fatti reali".

Intendiamoci, questo funziona alla perfezione in una etnia già portata, di per sè, all'esercizio costante della mitomania, del tutto priva di senso pragmatico, di attribuzione di Valore alla Verità, e di riconoscimento dell'esistenza di "inconfutabili dati oggettivi" sostituiti dalla "inconfutabile attribuzione soggettiva del valore dei dati".

Però ha funzionato. E funziona.

Mario Monti ha lanciato nel novembre del 2011 la locuzione "decreto salva-Italia" attraverso il quale è stato possibile affondare definitivamente la nazione e non c'è stata nessuna personalità politica -quantomeno nel nostro paese- che gli abbia presentato un rendiconto, che abbia posto delle domande, che gli abbia chiesto, non so (cito a caso) "il 20 dicembre del 2011 lei dichiarò che con il successivo decreto per il rilancio dell'economia ci sarebbe stato, entro la primavera del 2013, una propulsione talmente impressionante da produrre un incremento del pil di +10%, a livelli cinesi; invece, grazie a lei, il pil è crollato a un -3%. Come giustifica questo fatto?". Non è accaduto, e non accadrà.
Perchè in Italia, la scienza della programmazione neuro-linguistica e dell'imbonimento subliminale è stata applicata dalla cupola mediatica in modo tale da essere riusciti a sostituire (nelle sinapsi cerebrali degli italiani) "le parole ai fatti".
Ciò che contano, sono le parole. Il che induce alla credenza che esistano atti magici.
Il termine "decreto salva-Italia" fu davvero geniale.
Introduceva il concetto di salvezza e quindi piaceva alla Chiesa (non a caso Gesù è chiamato il Salvatore); consentiva agli italiani di poter finalmente rinunciare all'esercizio delle proprie responsabilità individuali perchè c'era un qualcuno, un qualchecosa, (in questo caso un decreto) che li avrebbe salvati: nessuno neppure chiese "Salvati da che? Da chi?"; manteneva costante nell'inconscio collettivo della nazione l'idea che il potere personale degli individui non esiste, che l'attività delle persone non ha alcun valore, e che è necessario essere salvati piuttosto che migliorare passo dopo passo, scalino dopo scalino, seguendo una progressione basata sulla volontà, auto-disciplina, esercizio costante, competenza, merito. Andò a perforare la mente della parte più fragile, debole, infantile e regredita della nazione (a questo servivano i vari Bruno Vespa, Barbara D'Urso, Maria De Filippi) annullando e vanificando l'idea matura di persone adulte basate sul concetto di "mi salvo con l'esercizio della mia attività". I minori sono tali, anche e soprattutto legalmente, perchè vantano il sacrosanto diritto di essere salvati da terzi: il padre, la madre, il fratello, lo zio, il professore, il preside, la comunità attenta, la polizia, in ultima istanza lo Stato. Gli adulti no. Sono tali perchè si salvano da soli.
L'Italia, quindi, grazie ai voti di PD e di PDL, ha sancito il concetto della nostra minorità.

Come cittadini, noi siamo tutti minorenni.
Così ci trattano.
Così ci vogliono.
A questo lavorano.

Altrimenti, non sarebbe spiegabile come sia possibile che l'attuale governo sia stato pianificato, costituito, lanciato e promosso (la cupola mediatica al 98% come sostegno linguistico) sotto l'egida del "governo del fare".
Fare che?
Fare quando?
Fare quanto?
Fare come?
Fare dove?

Macchè.

In data 30 marzo 2013, governo Monti ancora in carica, viene annunciato che verranno dati subito 40 miliardi di euro alle aziende creditrici. Giorgio Squinzi applaude, i sindacati pure. Tutti tirano un sospiro di sollievo. Erano, per l'appunto, parole. Si trattava di un primo atto a fronte degli 80 miliardi dovuti.
Così hanno preso due piccioni con una fava: hanno introdotto un'azione a parole e hanno fatto serpeggiare l'idea che i miliardi dovuti fossero 80 mentre invece sono -dati ufficiali al 30 giugno 2013- ben 123, 5 di miliardi. Mario Monti aveva fatto a se stesso lo sconto del 36%, così, tanto per gradire.
Quei soldi, così era stato detto, sarebbero stati versati subito, cioè ad aprile.
In quell'occasione, sia il PD che il PDL applaudirono tanta magnanimità e lungimiranza pragmatica.
Le aziende erano, finalmente "salve". Così almeno ci spiegò Il Sole24ore.
Oggi, siamo al 23 Luglio 2013.
Non è stato versato neppure un euro.
Ma due giorni dopo il proprio ingresso nel suo dicastero, il Ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, riconfermò l'impegno.
Da allora, sono trascorsi tre mesi.
Il tempo sufficiente per convincere la Confindustrria (???????????? Nel senso di: come hanno fatto?) la CGIL, la CISL, la UIL, la Confcommercio, la CGIA (???????????????????? Nel senso di: come hanno fatto?) a non dire nulla se non quisquilie irrilevanti, avvalendosi del fatto che l'intera cupola mediatica non avrebbe mai prestato il fianco a chi esigeva il rispetto pratico di quella offerta/proposta/decreto.
Ieri pomeriggio, alle ore 16,30, Saccomanni, proprio per spiegare quanto vadano bene le cose in Italia, e come si sia usciti fuori dalla crisi e come i conti dello Stato siano in sicurezza e in abbondanza, ha dichiarato: "Alla fine del 2013, per Natale, la ripresa sarà completamente avviata perchè la crisi è passata. Tant'è vero che ho dato questa mattina precise disposizioni affinchè vengano rispettate le devoluzioni creditizie. Iniziamo subito a pagare le aziende e questa mi sembra davvero una bella notizia. Già dalla fine di settembre verranno versati ben 12 miliardi di euro, a fronte dei 40 che verranno corrisposti entro il 2014".

Fine della gloriosa comunicazione del governo del "fare".

Tradotto: hanno dato disposizioni di versare il corrispondente del 10,2% del dovuto, mentre l'Unione Europea ha imposto all'Italia di versare almeno il 35% per evitare una imminente catastrofe del settore produttivo nazionale. Non solo. Il termine "subito" è stato pennellato, modificato, alterato, spostato al 31 dicembre del 2014, ovverossia tra 18 mesi.
Questo governo usa il termine "subito" in maniera soggettiva.
Nostro còmpito consiste nell'abolire la soggettività in campo politico e ricostituire il valore dell'oggettività.

Nessuna protesta da parte nè di Confindustria nè dei sindacati. Nessuna notizia sui giornali.

Gli uffici studi della commissione economica della Ue a Bruxelles stanno calcolando che questa negazione di un proprio diritto economico (perchè di questo si tratta, diciamo le cose come stanno) comporterà il fallimento di decine di migliaia di aziende entro i prossimi 60 giorni che produrranno la cancellazione delle loro rispettive partite Iva "per cessazione di attività" e quindi ci sarà un gettito fiscale di almeno un -8% rispetto alle pimpanti previsioni del trio Letta-Alfano-Saccomanni. Una tragedia economica.

Odio le cifre. Servono, però, per far comprendere la realtà nuda e cruda dei fatti veri.

Mi interessa la tragedia esistenziale di quelle persone, di quelle famiglie.
Di questo dovremmo occuparci.
La loro tragedia è il frutto di parole sbiadite, di parole che non hanno più senso, di inganni ufficiali.
Hanno sostituito i fatti con le parole. E il paese ha abboccato.

La rivoluzione tanto auspicata da tutti, in Italia, passa per il linguaggio.
Questo è il primo atto doveroso.
Restituire il Senso di pertinenza del valore delle parole.
Impedire che sostituiscano "le parole" ai "fatti".

Il decreto salva-Italia ha affondato la nazione e ha rovinato le vite degli italiani.
Il governo del fare non sta facendo nulla.

Se seguitiamo a consentire a un governo di esercitare il potere sulla cittadinanza basando la propria funzione sui dettami di abili e competenti consulenti della comunicazione, non potremo mai dare nè la colpa, nè la responsabilità a nessuno.
Se non a noi stessi.

Stanno disfacendo l'Italia.

Ma ciò che più conta, stanno disfacendo le esistenze dei nostri concittadini.

E' già un evento tragico essere costretti a fallire perchè si è pieni di debiti.

Quando, in una nazione, cominciano a fallire le persone perchè sono piene di crediti, allora la tragedia diventa doppia preannunciando la fine del consueto scambio basato sulla domanda e l'offerta .

Personalmente parlando (questo post nasce come risultato di sollecitazione accorata da parte di alcuni imprenditori che mi hanno chiesto di ricordare l'autentico stato delle cose) in questo momento, come italiano pensante, me ne frego dell'omofobia, del Kazakistan, di Calderoli, della legge elettorale, delle sentenze su Berlusconi, del Papa in Brasile, del Royal Baby, e di tutto il resto. Diversivi.

Mi interessa soltanto che venga rifondato subito -nel senso letterale del termine in italiano- cioè immediatamente, un preciso, coerente, senso delle parole chiamate a corrispondere al millesimo ai fatti evocati dalle parole stesse.

Così stanno le cose, oggi.
Chi non le vuole vedere, è un miope aspirante cieco.
Chi non vuole ascoltarle è un sordo aspirante qualunquista.
Chi non le vuole accettare, è fuori dalla comunità della cittadinanza ed è un turista nella propria patria.
Chi le nega, è un bugiardo, un falsario, un mentitore di professione.

Da cui, il titolo sul mio quotidiano surrealista, di segno opposto a quello pubblicato sulla stampa odierna.

"Il governo nega il pagamento dei crediti alle aziende: preferiscono farle fallire che salvarle".





lunedì 22 luglio 2013

Casaleggio scende in campo. Saccomanni pure. Uno dei due dice il falso e mente sapendo di mentire.



Di Sergio Di Cori Modigliani

"I partiti sono figure arcaiche, il futuro è la democrazia diretta attraverso la Rete. Se Napolitano chiedesse al M5S di entrare in un governo col Pd uscirei dal Movimento"

                                                                               Gianroberto Casaleggio

E così, finalmente, Casaleggio è sceso in campo. 
Lo ha fatto su due piattaforme a lui poco gradite, la televisione e la carta stampata.
Certamente, non è accidentale.
Una intervista sulla stampa cartacea, che esce martedì in edicola nella edizione italiana della pubblicazione statunitense "Wired", e subito dopo, a ridosso dell'annuncio lanciato in rete da wired.it, una video intervista rilasciata a Gianluigi Nuzzi, il giornalista d'inchiesta divenuto celebre per il suo racconto sulle vicende oscure del Vaticano, dal coinvolgimento della mafia alla lobby dei pedofili, dai conti segreti dello Ior alle confessioni raccolte del maggiordomo di Ratzinger, poi finito sotto processo.
Con toni asciutti, molto sobri, sintetici ed esplicativi, com'è nella sua natura caratteriale, Casaleggio ha esposto il suo punto di vista, il cui peso e valore politico è molto alto, in quanto rappresenta la spina dorsale della strategia dell'intero movimento M5s e di quegli 8.8 milioni di elettori che hanno votato il simbolo pentastellato, l'unica formazione politica nell'intero arco parlamentare che non ha tradito con il comportamento dei propri eletti le suggestioni, il programma, gli slogan, i progetti, la linea, e le aspettative, che erano state presentate, nel corso della campagna elettorale, come proposta aperta a tutti i cittadini italiani.
Il resto dell'intero arco parlamentare, invece, ha sostenuto una ipotesi in campagna elettorale, e poi ne ha applicata quella opposta.

Considerando l'attuale corso degli eventi, in un paese normale, la sua intervista a Nuzzi sarebbe diventata subito -nel senso di immediatamente- motivo per una gigantesca polemica pubblica che avrebbe coinvolto tutte le istituzioni e l'intera cittadinanza.

Perchè le cose sono due e soltanto due: qui qualcuno mente sapendo di mentire.

O è Casaleggio a mentire, oppure è Saccomanni a nome del governo.

L'intervista su Wired è stata rilasciata a Bruce Sterling, un noto autore di libri di fantascienza, definito cyberpunk, il quale si è dilungato soprattutto sugli aspetti legati all'uso della rete, il rapporto tra comunicazione digitale da una parte e quella cartacea-televisiva dall'altra, e le loro implicazioni sui risultati elettorali ottenuti nel febbraio 2013. 

Nell'altra intervista, invece, Casaleggio si è dilungato sulla posizione del M5s e sull'attuale situazione in Italia. Sollecitato da Nuzzi che gli ha chiesto una previsione sommaria, ha detto:
Io penso che il Paese avrà nei prossimi mesi, non so quanti, uno shock economico. Uno shock che potrebbe portare a una ridefinizione della rappresentanza politica oppure a uno spostamento della politica da problemi politici a problemi di carattere sociale: disordini, rivolte. Quindi qualcosa che non può essere dominato dalla politica.
Nuzzi l'ha incalzato subito e ha posto una successiva domanda: "Una guerra civile?"
E Casaleggio ha risposto:  
No, una guerra civile no. Sicuramente delle situazioni difficilmente controllabili dal punto di vista dell’ordine pubblico. Il Paese ha bisogno di una svolta e questa svolta tarda a venire mentre l’economia continua a peggiorare sensibilmente.

Se le affermazioni fossero state, pur con i comprensibili distinguo, simili e in parallelo a quelle della classe politica dirigente attuale, la polemica sarebbe stata contenuta, magari dirottata sulla differenza tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa, sulla comunicazione via web oppure televisiva, ecc. Invece no. Non è accaduto e non accadrà nulla.
Eppure sono state dette cose opposte, tali per cui l'una annulla l'altra.
Non sono compatibili, neppure parallele.
A Mosca, in occasione del G20, il Ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni ha dichiarato ufficialmente alla stampa ieri l'altro: "In Italia la crisi è finita. I conti sono in sicurezza, la ripresa è già iniziata e i sintomi sono chiari ed evidenti, finalmente nel quarto trimestre dell'anno il paese si avvierà verso un forte avanzamento economico".
Quindi, vuol dire che uno dei due non ha il Senso della Realtà.
Uno dei due vaneggia.
Ci troviamo, pertanto, ad avere due fronti, trasversali, ma netti e precisi.
Una volta tanto, è possibile comprendere l'attuale situazione politica ed economica anche per un bambino.
Da una parte c'è Saccomanni sostenuto dai seguenti soggetti: il PD, il PDL, la Lista Monti, Mario Draghi, e finisce lì.
Dall'altra, invece, abbiamo: Moody's, Standard & Poor's, Fitch, Dagong, i premi Nobel per l'economia Krugman e Stiglitz, Christine Lagarde a nome del Fondo Monetario Internazionale, il Wall Street Journal, The Economist, il Financial Times, Bloomberg, gli analisti finanziari compatti e l'intero mondo di investitori planetari che stanno abbandonando il nostro paese. E Casaleggio.
Non solo. Ieri mattina, il ministro Zanonato ha dichiarato: "Poichè la ripresa è già iniziata, posso preannunciare fin da ore che a settembre non verrà applicata l'Imu, non verrà aumentata l'Iva, non ci sarà nessun aumento delle tasse perchè i conti sono a posto, non ne abbiamo bisogno".
Immediata la replica da parte di quelli che davvero contano, e cioè Van Rompuy, Olli Rehn e Schauble. "L'Italia non può per alcun motivo sforare il 3% e poichè sta già al 130% di indebitamento dato che la spesa pubblica sta aumentando invece di diminuire, è chiaro che per nessun motivo sarà consentito di abolire l'Imu. Non esistono alternative".
Qui non stiamo parlando delle diarie o delle gaffe di qualche parlamentare.
Qui abbiamo due settori opposti della vita politica, pubblica, e italiana, che sostengono due prospettive opposte: da una parte c'è chi ritiene che stiamo dentro una crisi terribile, che l'attuale governo in carica e il sistema dei partiti che lo compongono non sono in grado nè di affrontare, nè di gestire; e poi c'è un altro fronte che prevede un autunno bollente perchè la crisi esploderà nei suoi aspetti sociali in tutta la sua virulenza. Aggravata dal fatto che ci sarà un Ministro degli Interni come Alfano, il quale ha già dato ampiamente prova della sua inefficacia nel salvaguardare la nazione.
Non si tratta di gossip.
Ma di realtà.
Era chiaro a tutti che bisognava spingere gli italiani a spendere ciò che potevano ad agosto, a spingerli a non pensare, a divertirsi, sostenendo che va tutto bene. Lo diceva anche Berlusconi a ottobre del 2011.
Anche a giugno del 1943 andava tutto bene in Italia.
Se è per questo anche il 10 Luglio, con gli americani già sbarcati in Sicilia.
Ma a Roma e Milano, la gente non lo sapeva.
Oggi è diverso. E' possibile sapere come stanno le cose.
Non sarà certo Casaleggio, o Krugman o Christine Lagarde, ad aver spinto i ceti sociali italiani a protestare ribellandosi il prossimo autunno.
Proprio no.
Sarà semplicemente il fatto che, il 15 settembre, trascorsa l'estate, quando la realtà busserà alla porta, anche i più ciechi, miopi, riottosi, faziosi, si renderanno conto di essere stati ingannati, traditi, presi in giro, e non la prenderanno bene questa volta. 
Non esistono mediazioni, in questo caso.
Non c'è spazio per i compromessi.
E non c'entra nulla la faziosità nè la bandiera di appartenenza.
L'Italia è ormai spaccata in due: i mitòmani e i realisti.
E' necessario, quindi, cominciare a dibattere tra di noi, su come affrontare questo guado che ci attende, come inventarci nuove forme di solidarietà, di gestione della sopravvivenza, di creatività dinamica.
Nei palazzi che contano, invece, fanno festa. Grondano ottimismo.
Come i generali fascisti che raccontavano su Il Popolo d'Italia, nell'inverno 1942/1943, le gloriose vittorie dei nostri fanti in Russia, mentre la realtà era che la divisione Julia dei nostri alpini era stata annientata a Stalingrado.
Ci hanno abbandonato.
Questa è la realtà.
Forse, parecchi di loro hanno già il bagaglio pronto, chi lo sa.
In Italia, la Storia ce lo insegna, coloro che gestiscono il potere esecutivo si comportano sempre così. 
Sarebbe ora che questo paese mostrasse segnali di cambiamento, regalandoci le immagini di qualche politico italiano, decoroso e realista, che si sottrae, abbandona pubblicamente la plancia di comando e chiama a raccolta le menti pensanti e responsabili.
Non è certo un caso che l'abile Renzi abbia scelto di trincerarsi dietro un totale silenzio stampa.
Chi si schiera con il campo dei mitomani, non è ottimista, è irresponsabile.
Buona settimana a tutti.

P.S.
Chi vuole visionare per intero le interviste a Casaleggio le trova in video su youtube oppure stampate sul blog di Beppe Grillo.