Guardando tutti i telegiornali italiani, leggendo tutte le testate italiane, ascoltando tutti gli interventi proposti in questi giorni e settimane da Capalbio a Cortina, da Rimini a Savona, se ne ricava una notizia che definire agghiacciante è dir poco: “Nella Repubblica Italiana non esiste neppure un economista”. Per nostra fortuna (in questo caso) non è vero. Per nostra sfortuna (medesimo caso) è ciò che vogliono che voi tutti pensiate.
Ce ne sono eccome, di libere menti pensanti in giro per l’Italia, con la specifica e adeguata competenza in campo economico, sia a destra che a sinistra.. Alcuni in cattedra –meritata meritatissima- in almeno quindici città italiane, altri all’interno di fondazioni, centri studi, fondazioni scientifiche. Ma nessuno –ripeto a scanso di equivoci: NESSUNO nel senso di NONE NINGUNO- viene mai interpellato, interrogato sull’attuale situazione, chiamato a un talk show, a un dibattito.
Vi propongono, a voi che potete avere accesso alle informazioni soltanto affidandovi alla generosa professionalità dei media, l’opinione di Calderoli, di Enrico Letta, di Fausto Bertinotti, di Bondi, di Italo Bocchino, ecc.,ecc, come se una qualsivoglia delle loro argomentazioni e/o idee (nel caso ce ne siano) possa essere minimamente pertinente, valida o sostenibile, nello spiegare ai cittadini italiani – mi riferisco qui ai contribuenti fiscali nonché dotati di equipaggiamento cerebrale e avidi di notizie vere dal fronte dell’economia- che cosa sta accadendo davvero e quale futuro ci attende a brevissimo, breve e medio termine.
Il motivo è fin troppo chiaro e davvero triste. In Italia non esiste più la liberta di pensiero, da molto, troppo tempo, ormai.. Qualsivoglia intellettuale o studioso che voglia avere accesso al mercato del libero scambio delle idee (colonna portante di ogni democrazia) deve pagare il pizzo alla ‘ndrangheta piduista, a quella piddista, leghista, vaticanista, udicista, futurista, pidiellina, iddivvina, sorretta e garantita oggi dai colonnelli pluridecorati post-fascisti, post-comunisti- post-democristiani (come se l’aggiunta della parola “post” cambiasse qualcosa) ecc, ecc., e mi scuso per quelli che qui non ho nominato. Tradotto nella più volgare delle sintesi possibili. “Vuoi lavorare? Vuoi pubblicare? Vuoi la cattedra? Vuoi essere invitato a un convegno? Allora sostieni questo partito e la linea economica del segretaro e noi valorizzeremo la tua persona professionale. Altrimenti arrangiati”. Qualcuno –secondo una recente accurata indagine sarebbero arrivati al 75% della produzione intellettuale italiana- un mattino si sveglia e dice “basta, io il pizzo a Bersani non lo pago più; oppure a Berlusconi, a Casini, ecc.,ecc”. Capisce –nel senso che se ne rende conto sulla propria pelle- di non avere nessuna opportunità di esprimere il proprio punto di vista. Da cui tre scelte: depressione grave, abbandono dell’esercizio intellettuale, oppure la più seguita (per loro frotuna e nostra grave perdita): se ne vanno. Prendono il loro bel curriculum vitae, fanno due o tre telefonate, bollano il passaporto e se ne vanno all’estero dove SPLENDIDA NOTIZIA PER I PATRIOTI ORGOGLIOSI gli economisti italiani vengono sempre accolti e accettati con euforia e rispetto: sono colti, efficienti, intelligenti. Mai visto uno parlare da Mentana, da Gad Lerner, Bruno Vespa, Florio Floris, ecc.,ecc., neppure per un minuto. E’ una categoria professionale che i media hanno deliberatamente cancellato. Giustamente (dal loro punto di vista) poiché sono pericolosissimi, ma per davvero. Ci si troverebbe dinanzi alla sorpresa di un cruioso accordo di massima trasversale tra marxisti di sinistra e keynesiani conservatori modoerati, tutti d’accordo nello spiegare agli italiani che “il problema vero non consiste nel discutere inutilmente se questa manovra sia efficace, vincente o depressiva: è semplicemente inutile, il che è ben altro dire, non serve a nulla. Tanto, tra due mesi bisognerà vararne una con un onere finanziario due volte maggiore perché, nel frattempo, il quadro macro-economico saraà peggiorato”. Frase, questa, che non può essere sottoscritta da nessuno tra quelli sponsorizzati e quelli che non hanno mercato non hanno coraggio di dirlo per non peggiorare la loro già disgraziata situazione. Siamo, infatti, come ai tempi del fascismo, direi forse peggio: siamo come ai tempi della burocrazia sovietica stalinista. Così come sotto il fascismo si identificavano le voci critiche sotto la dizione “disfattismo”, in Urss e nei paesi satelliti le voci discordi venivano identificate come “mestatori al soldo della Cia”. I più fortunati venivano eliminati dal mercato solo professionalmente. I più riottosi anche fisicamente.
Tutto ciò per consigliarvi di andare a leggere, se vi interessa, -per chi legge in inglese dato che c’è un rifiuto politico a tradurlo in italiano- i siti della organizzazione “New deal 2.0” oppure il sito di “New Economic Perspectives”, le sintesi delle riunioni dell’International Brain Trustes, le argomentazioni dell’emerito professore Randall Wray (stimatissimo in Italia in ambito accademico dove è venuto due volte: un anno alla sapienza di Roma e due anni all’università di Bologna); le fulminanti analisi di Marshall Auerback, il dibattito attuale su Pyms, nonchè le opinioni lungimiranti e molto sensate di Loretta Napoleoni, toscana vera, che un mattino si è svegliata e ha detto “il pizzo non lo pago più” se n’è andata via e vive a Londra dove svolge –stimatissima- la sua professione di economista che in Italia non potrebbe svolgere. Per chi legge il francese consiglio di andare a spulciare ciò che dice Nourielle Roubini e un interessante rivista “Carrè Rouge” originariamente tenuta da marxisti che hanno adesso accorpato anche dei post-keynesiani con i quali discutono, argomentano, elaborano insieme. C’è anche Serge Latouche che ha un’affascinante teoria sulla “necessità della decrescita” e poi, per chi legge lo spagnolo Ruben Dario Almonaced oppure Jesus Avila Bejaorno. Per non parlare del terzetto radicale progressista (due nobel su tre) composto da Stiglitz, Klugman, Reich.
La lista sarebbe lunga, il che è confortante. Vuol dire che c’è gente in giro per il mondo che pensa per noi.
Scrivono editoriali sui più importanti quotidiani dei loro paesi. Parlano in televisione, sono ospiti fissi di talk show, di liti, discussioni, confronti e dibattiti. Nel resto del mondo si chiede l’opinione agli economisti, e i giornalisti intervistano gli economisti ai quali chiedono che spieghino alla gente come stanno le cose, che cosa bisognerebbe fare, quando, come e perché e –soprattutto- quanto costerebbe e a chi.
Da noi lo si chiede –novità di questo fine agosto- con trombe e trombette a Romano Prodi. Poveretto, se ne stava tranquillo rinchiuso nell’armadio della sua sonnacchiosa senescenza ed è stato costretto a farsi riesumare per regalarci delle frasi senza senso e delle perle di banalità che sembrano scritte da Enzo Greggio per Striscia la notizia.
Se volete saperne di più e non leggete in altre lingue, allora scrivete alla Rai, a Mediaset, ai quotidiani on line e chiedete, pretendete, esigete, di conoscere e sapere l’opinione degli economisti italiani. Controllate le loro credenziali, la loro attività.
E lasciate perdere il resto. Non date loro retta.
Non hanno la benchè minima idea nè di che cosa stanno dicendo nè di che cosa stanno facendo. Non conoscono neppure la materia.
Buona domenica: bevete tanta acqua fresca
No, non ne hanno la minima idea.
RispondiEliminaIn verità, la maggior parte dei concetti di economia "socialmente sostenibile" che trovo su questo blog, sono stati per la maggior parte già espressi dal giornalista freelance Paolo Rossi Barnard, che esattamente un anno fa ha pubblicato su pdf il suo lavoro "Il più grande crimine".
RispondiEliminaNel saggio, Barnard parte dal funzionamento della moneta per smontare le tesi complottistico-signoraggiste e prosegue spiegando accuratamente le dinamiche che stanno dietro agli avvenimenti che si sono succeduti da dopo la rivoluzione francese a oggi, con particolare enfasi al collegamento con l'ascesa del pensiero liberista e la propaganda degli economisti della scuola di Chicago, fino alla definitiva sconfitta del pensiero Keynesiano e l'attuale situazione economica vista attraverso una critica alle politiche europeiste.
Consiglio a tutti gli interessati la lettura del saggio, che purtroppo non potrete trovare nel sito dell'autore che, dopo i forti contrasti e il grande impegno per continuare a garantire una informazione trasparente, deluso dagli esigui risultati del suo sforzo ha deciso di chiudere il sito, potrete comunque trovarlo in rete; lo consiglio soprattutto per la dovizia dei contenuti e la citazione delle fonti.
Il saggio ha una sua validità in campo economico visto l'importante numero di ore di consulenza che Barnard ha trascorso insieme ad economisti, primo tratutti Randall Wray e la sua equipe.
Sono contento di vedere riportati in questo blog i concetti su cui Barnard si è dibattuto per oltre un anno, ripresi da dichiarazioni di noti e famosi economisti come Christina Romer, di cui ho apprezzato molto l'articolo proposto, ma esorto l'autore del blog ha compiere uno sforzo divulgativo e ha citare sempre le fonti originali dei suoi articoli, per evitare di passare informazioni non confutabili e quindi offrire una "lancia spuntata" ai suoi lettori e motivo di appiglio ai noti delatori che trollereggiano per la rete...
Comunque faccio i miei complimenti per il suo impegno.
Complimenti inoltre per i quadri, molto belli.
Saluti
Rasna-zal