Quando in alcuni paesi del sud est asiatico, soprattutto in Cambogia, nelle famiglie già con prole numerosa, nascono delle femmine, la famiglia considera normale preventivare il fatto che di lì a sei o sette anni le venderanno a qualche mediatore avviandole alla prostituzione. E’ cosa nota che in quel tipo di società, questa sia una pratica diffusa e consolidata. Gli antropologi e i sociologi attribuiscono questa modalità di vita ad un fattore essenzialmente economico, determinato dalle scarse possibilità, per una femmina, di poter diventare un soggetto economicamente produttivo in sfere dell’esistenza che non contemplino l’esercizio e vendita della loro intimità sessuale. Tant’è vero che ha provocato l’enorme diffusione del cosidetto turismo sessuale, soprattutto da parte occidentale.
In Occidente non è così.
Abbiamo usi e costume diversi, e per molti di essi, intere generazioni di scienziati, intellettuali, artisti, militanti, politici, legiferatori, giuristi, sia maschi che femmine, hanno combattuto per far varare delle leggi e diffondere a livello di società di massa dei principii e dei valori che noi tutti –quantomeno da Mosca a Los Angeles, e da Oslo a Palermo- consideriamo parte integrante di quella che noi definiamo civiltà.
L’innocenza, la spensieratezza, e la salvaguardia dei diritti dei minori nel campo della sessualità è uno dei pilastri del nostro modello sociale da tutti condiviso. Per nostra fortuna, anche in presenza di crisi economiche, non esiste una pratica diffusa come in Tailandia.
Così era fino all'altro ieri. Anzi, così –in teoria- sarebbe fino al prossimo novembre.
A modificare questo trend, quest’abitudine, questo valore, questo principio, non è un gruppo di criminali albanesi, non è la mafia siciliana e non è neppure un clan della camorra. No.
E’ l’avanguardia della nostra società, è la cosiddetta “crème de la creme”, il jet set patinato che vive nel lusso, la cui esistenza viene pubblicizzata e presentata a noi lettori di gossip, acquirenti di pubblicità e telespettatori passivi, come la massima espressione di una vita ricca, spensierata, invidiabile, evoluta, caratterizzata soprattutto dalla totale mancanza di bisogno, se non quello di divertirsi.
A modificare questo trend, infatti, è il comitato di redazione di Vogue, la più esclusiva rivista d’occidente nel campo delle mode da diffondere. Complice tutte le più importanti accademie e associazioni della moda, sia alta moda che pret a porter, la cui massima responsabilità spetta a quattro nazioni (nell’ordine di importanza sulla base del loro fatturato industriale) Francia, Italia, Usa, Gran Bretagna.
Ci riferiamo qui alla “nuova moda” lanciata da Vogue che ha annunciato la nuova campagna immagine sui “trend femminili” per la stagione 2011/2012 e che riguarda anche –e soprattutto- il mercato italiano, dato che hanno già aderito importanti firme di prestigio del nostro paese.
La notizia sarebbe passata sotto silenzio –complice la totale omertà della società civile industriale sia francese che italiana- se non fosse stato per il fatto che gli statunitensi e i britannici, invece, si sono ribellati, hanno protestato, stanno dando battaglia e su questo punto hanno chiaramente detto “siamo disposti ad andare fino in fondo e combattere una vera e propria guerra costi quel che costi contro Vogue, contro la Francia e contro l’Italia, se non fanno immediatamente un passo indietro”.
Tutto ciò nasce dal fatto che Vogue Europe, ha già presentato con grande clamore la nuova “star della moda 2012”, Thylane Loubry Blondeau, considerata “una assoluta icona erotica” (così l’hanno presentata ieri l’altro a New York) la vera erede di Claudia Schiffer e di Naomi Campbell. Ma c’è un problema.
Il problema non riguarda la sua etnia, il suo credo religioso, le sue idee politiche o i suoi gusti sessuali, bensì l’anagrafe.
Perchè la Blondeau è nata il 23 settembre del 2001, non ha neppure dieci anni.
E il servizio fotografico su Vogue la mostra che indossa un abito aderente panterato, scollatissimo, tacchi a spillo, a gambe aperte, distesa su un elegante quanto lussuosa chaise longue barocca del ‘600, in una posa volutamente molto provocante, con il chiaro intento di “offrirla alla visione dei gourmet” (l’espressione è di Vogue) come la “nuova Brigitte Bardot della società post-moderna”. Hanno anche annunciato che quattro grandi firme (di cui due italiane) faranno sfilare a novembre, a Parigi, modelle la cui età va dai 7 ai 12 anni, sottolineando il fatto che “abbiamo deciso di metterci anche delle vecchiette nate prima del 2000” (fanno anche gli spiritosi) spiegando questa bella pensata con la motivazione che “l’economia occidentale regge e si regge, quantomeno dal 2006 a oggi, grazie ai comparti del lusso che è l’unico segmento di mercato che non ha conosciuto recessione, non ha avuto crisi e seguita ad avere enormi profitti creando ricchezza generale per tutti (????? i punti interrogativi sono del sottoscritto, ndr). Conosciamo i trend, perchè questo è il nostro lavoro, per non dire la nostra missione. Sappiamo come vivono I nostri consumatori, che cosa amano e che cosa vogliono”.
Evidentemente, Vogue contava sulla totale complicità di francesi e italiani –ai quali si sono subito aggiunti con entusiasmo sia spagnoli che greci- ormai addormentati e rincretiniti, e quindi pensavano di poter presentare questa novità anagrafica come un vezzo del jet set, buono –casomai- per acquistare ancora più pubblicità.
E invece si sono trovati davanti una reazione immediata, furiosa e furibonda, di due culture diverse da quelle ipocrite latine: britannici e statunitensi.
Ai quali si sono subito aggiunti svedesi, tedeschi, danesi, norvegesi, finlandesi (tutte etnie non cattoliche) che (così hanno dichiarato) “impediremo la diffusione di immagini come queste, bandiremo dai nostri centri commerciali la pubblicità che mostra minorenni in pose sessualmente provocanti e denunceremo all’Unesco le iniziative di Vogue, delle aziende italo-francesi, a costo di finire all’Onu”. (dichiarazione rilasciata alle ore 12 del 22 agosto a Helsinki dai responsabili della camera di commercio della moda dei paesi scandinavi in appoggio alle iniziative britannico-statunitensi).
Miss Blondeau è la figlia di Veronika Loubry, una presentatrice televisiva, e del calciatore Patrick Blondeau, astro dello Sheffield Watford. I genitori, orgogliosi, hanno dichiarato a New York di aver fatto esordire la figlia a 4 anni, “tanto tempo fa, nel 2006” nel corso della sfilata di Jean Paul Gaultier.
La reazione dei dirigenti della moda Usa e britannica è stata unanime e hanno diramato il seguente comunicato
“La sessualizzazione e l’erotizzazione dei minori è uno dei più perniciosi e pericolosi cancri della nostra società attuale. Vogue non avrebbe mai dovuto compiere un atto criminoso come questo”.
La dottoressa Emma Gray a nome del Centro di Assistenza Sociale per minori del governo britannico (British CBT &Counselling Service –www.thebritishcbtcounsellingservice.co.uk) ha dichiarato ufficialmente oggi:
“Queste 15 pagine di immagini rappresentano l’antitesi opposta di ciò che l’infanzia dovrebbe essere oggi; una bambina che viene esposta in questa maniera nel mondo non è fornita di adeguati strumenti interiori per potersi salvaguardare in un ambiente dove deve servire gli interessi degli adulti intorno a lei”.
DR SOUMITRA DATTA (Consultant Child & Adolescent Psychiatrist, London Medical School) ha dichiarato “che si tratta di un gravissimo errore per non dire un vero e proprio atto di irresponsabilità sociale gravissimo proporre come modelli, ai giovani di oggi, una realtà che fa riferimento soprattutto a una vita lussuosa nella quale si incitano la bambine a rinunciare alla propria infanzia per mettersi a disposizione non come esseri umani pensanti ma come semplici bambole in carne e ossa per gli adulti che le vogliono acquistare. E’ un grave errore. Per non dire che è semplicemente disgustoso”.
Per quanto riguarda gli statunitensi, la reazione è stata di tipo diverso, molto più pragmatica e definita: Penny Nance, presidente del CWA (Concerned Women for America, una associazione femminile di donne democratiche) ha dichiarato questa mattina in una intervista radiofonica a BBC “i genitori della Blondeau dovrebbero essere denunciati e puniti per aver permesso, consentito e incitato la propria figlia di dieci anni a partecipare a un servizio fotografico così disgustoso come questo. Vanno puniti subito I genitori, che sono per lo più ricchi provenienti dale classi agiate, evidentemente ormai privi di testa e di raziocinio. Persone che non si rendono conto di ciò che fanno. Loro sono i responsabikli e vanno perseguiti. Per quanto riguarda Vogue, mi dispiace dirlo – e lo faccio con la morte nel cuore- stanno svolgendo nè più nè meno che l’ingrato compito di magnaccia al servizio dei miliardari perversi e pedofili che in tante nazioni del mondo vivono e si divertono sulle spalle della brava gente che lavora e che, stando a ciò che Vogue sostiene, aiutano la nostra economia. Meglio la fame”.
La mazzata a Vogue è venuta da Shari Miles-Cohen, direttore responsabile del programma femminile per conto della prestigiosa APA (American Psychological Association) “è un atto di violenza inconsulto spingere una bambina di dieci anni a voler diventare adulta prima del suo tempo; si tratta di una variante dello stupro, ma sempre stupro è: si ledono i diritti delle bambine alla propria innocenza. I genitori dovrebbero essere trattati come gli aguzzini nazisti a Norimberga: si tratta chiaramente di un crimine contro l’umanità. A dieci anni non si posa nude a cosce aperte sul più prestigioso giornale del pianeta, a quell’età si deve avere il diritto di giocare a casa ancora con le bambole di pezza. E se a Vogue, questo non lo capiscono, beh, il problema è loro”.
I responsabili di Vogue sostengono che gli americani e gli inglesi sono dei moralisti bacchettoni, retrogradi e parrucconi, esaltando invece italiani e spagnoli che invece hanno aderito con entusiasmo a questo programma che –secondo le loro analisi di mercato- dovrebbe aprire “enormi dimensioni di mercato ancora tutte da esplorare con la possibilità di creare ricchezza e consenso e tanti nuovi posti di lavoro”.
Vogue ha dichiarato che andrà avanti nel suo programma.
Personalmente rimango un forte sostenitore dei diritti dell’infanzia.
A mio avviso (non è il caso neppure di investire energia in sofisticate argomentazioni) quelli di Vogue si sono bevuti il cervello.
Sono pienamente d’accordo con lo sbarramento anglo-britannico.
Se le cose stanno così, sono orgoglioso di essere un “parruccone retrogrado” come sostiene Vogue.
Lasciate in pace le bambine a viversi la loro infanzia innocente.
Mamme! Non cadete in questa trappola.
Stanno per lanciare questa moda.
spiace che non ci siano commenti a questo post.
RispondiEliminaNon solo in relazione all'argomento trattato.
Ma per il fatto che un eventuale disinteresse al problema va nella direzione voluta.
Non si stupisca , non si scandalizzi, ci arriveremo quasi come se fosse una cosa naturale.
E' già stato fatto così per l'aborto, per l'omosessualità ,
la gente si abituerà al cambiamento perchè vuole il cambiamento, si aspetta il cambiamento. e il cambiamento verrà.
Basterà cambiare le parole, gli atteggiamenti e spostare in avanti la lancetta del comune senso del pudore.
Cosa che è già stata fatta del resto.
Lei si scandalizza ancora per l'omosessualità? Per il divorzio? per l'aborto?
E' solo una questione di parole, di interpretazioni e di media.
Ci diranno che a Sparta l'omosessualità nei confronti dei bimbi era cosa buona e giusta , lo giustificheranno con la Storia e ci faranno pensare di essere dei retrogradi
Ma ricordi, niente è per caso
Se questa bambina fosse figlia di operai o impiegati italiani, i genitori sarebbero linciati nella piazza televisiva.
RispondiEliminaMa si tratta di umani Alfa, di super-ricchi.
Chi può qualcosa?
Non mi stupisce che sia l'Italia uno dei paesi che sulle scelte commerciali pedofile di Vogue sta zitta: non siamo forse il paese dove il bunga bunga è una cena elegante?
Rispondo soprattutto a Yuma.
RispondiEliminaGuardi che quella che cita, di Sparta, non era omosessualità. Era pedofilia, tanto quanto questa. I rapporti sessuali tra due (o più) persone consenzienti non sono un problema, in quanto tutti i coinvolti sono sullo stesso piano di consapevolezza e libertà di scelta. Allo stesso modo una donna può decidere di abortire in quanto sa a che cosa va incontro (e ciò che cresce nel suo utero non è, invece, un essere senziente che possa e debba esercitare alcun diritto di scelta).
Tralasciando questo, vendere sul mercato anche i bambini come già si fa col corpo delle donne (a questo sì che non c'è più reazione, a questo sì che ci hanno abituati davvero bene), non è altro che l'ennesimo passo di una società maschilista e patriarcale che sfrutta tutto ciò che vuole stabilendo sempre maggiori gradi di (subdola?) oppressione.
M.D.
Uccidere, uccidere, uccidere questi umanoidi!!|
RispondiEliminaU C C I D E R E!!!
La parola UCCIDI deve tornare a risuonare nella mente degli umani!!
hai scritto bene le culture latine sono ipocrite
RispondiEliminaChissà se qualcuno ha già scritto all'Unicef per informarli che presto dovranno iniziare una campagna per i diritti dei bambini non solo in Asia, ma anche in Italia e Spagna...
RispondiEliminaSe non ci SCANDALIZZIAMO...
RispondiEliminase consideriamo NORMALE tutto questo...
significa che abbiamo veramente PERSO.
Abbiamo perso ogni briciola di umanità e siamo totalmente lobotomizzati.
E' INAUDITO...
Sono dei bambini... e dovrebbero starsene a GIOCARE con un pallone o con la sabbia...
OGNUNO DI NOI E' RESPONSABILE DI QUESTO se accetta che QUESTA MERDA FINISCA SUI GIORNALI senza dire nulla...
e siamo COLPEVOLI verso i bambini.
Marco Vuyet