lunedì 15 agosto 2011

242 anni fa veniva al mondo Napoleone Bonaparte, il più amato dittatore di ogni tempo

di Sergio Di Cori Modigliani.


E' stato un uomo straordinario, unico, indimenticabile.
Di grandi militari, di grandi statisti, di efferati dittatori, la Storia ne è piena.
Ma Napoleone ha una particolarità che fa rifulgere la sua figura nel grande teatro delle maschere planetarie.
Nonostante possa, a ragione, essere definito "anche" un dittatore sanguinario, e per alcuni aspetti "anche" un liberticida (sua la decisione di abolire -non appena eletto Imperatore- 43 quotidiani francesi facendo chiudere sei case editrici sostenendo che "è bene che i francesi sappiano che chiunque parla male di me e delle mie scelte politiche va incontro alla mia personale censura") è sempre stato venerato e osannato da decine e decine di generazioni di intellettuali, di libertari, di artisti, di visionari e di grandi combattenti per la libertà dei popoli. Da Stendhal a Beethoven, da Manzoni a Luis Bunuel, da Balzac al socialista Zola, dal conservatore Andrè Gide al progressista Jean Paul Sartre.
La sua figura assurge, quindi, oggi più che mai, a un simbolo carismatico di un'idea esistenziale che appartiene all'autenticità culturale della tradizione europea.
Di lui si sa tutto, perchè valanghe di scuole storiografiche si sono sbizzarrite nell'offrire le più diverse analisi e interpretazioni.
Resta, però, l'enigma dell'uomo. Fornirò quindi, in questo post, aneddoti e racconti della sua vita privata familiare, di solito poco noti al grande pubblico.
L'enigma di quell'uomo seguita ad affascinare alcune persone. Anche oggi, dopo 250 anni.
Il sottoscritto, è una di quelle persone che da lui è rimasto affascinato. Da sempre e per sempre.

Era nato ad Ajaccio, la capitale della Corsica, alle ore 17 del 15 agosto del 1769.
I suoi genitori erano giovanissimi.
Suo padre, Carlo Buonaparte (1746-1785) aveva sposato sua madre, Maria Letizia Remolino il 2 giugno del 1764, quando lui aveva 17 anni e lei ne aveva 14. Insieme ebbero 13 figli, di cui 9 sopravvissuti.
Il suo nome di battesimo era Napoliano.

I genovesi avevano venduto dieci mesi prima, per una cospicua cifra, l'isola della Corsica al Re di Francia Luigi XVI. I corsi si erano ribellati alla vendita e avevano formato "l'unità di combattenti per l'indipendenza della Corsica" sotto la leadership di Pasquale Paoli, il quale, in data 9 maggio 1769, a Pontenovo, si era scontrato in battaglia contro l'esercito regio francese perdendo.
Il padre di Napoleone, Carlo, era rimasto un fedele membro degli indipendentisti, passando alla clandestinità.
Sua madre, Letizia, aveva partecipato come partigiana combattente nelle montagne della Corsica. In una sua lettera inviata qualche anno più tardi a una cugina a Besancon raccontava come "mentre arrancavo per quelle petrose salite, sentivo il mio Napoliano scalciarmi dentro la pancia, come se fosse già impaziente di uscire fuori per dare il suo furioso contributo all'indipendenza dei popoli d'Europa".

Il suo primo maestro fu lo zio, Giuseppe Flesh, uomo di vasta cultura, bibliofilo, amante e sotenitore delle arti, che a Napoleone insegnò il latino, il greco, l'ebraico, le basi di studi sull'alchimia. Soprattutto i grandi classici, tra cui "Vite dei grandi" di Plutarco che a nove anni Napoleone sapeva già a memoria.
Il padre, Carlo Buonaparte, aveva studiato all'università di Pisa filosofia antica, aveva imparato il francese e si faceva chiamare conte, nonostante fosse, invece, un modesto e piccolo proprietario terriero, padrone di una casa e di due ettari di terra coltivata. Poco dopo la nascita di suo figlio Napolione, grazie alla sua padronanza della lingua francese, venne nominato sovrintendente di una piantagione del re di Francia in Corsica. Quando, ogni sei mesi, arrivava da Parigi il maresciallo tributario del re, Carlo Buonaparte lo riceveva con tutti gli onori, facendogli credere che lui e sua moglie fossero ricchissimi aristocratici un po' bislacchi. Il maresciallo rimase molto compiaciuto da questo comportamento e perorò la causa della famiglia a Versailles.
E così, nel 1778, gli fa sapere di essere riuscito a fargli avere tre posti d'accesso nelle scuole.
Allora, a scuola, ci potevano andare soltanto i figli della nobiltà.
Carlo presenta una documentazione falsa a proposito delle vaste ricchezze immaginarie del casato di famiglia e viene confermata "ufficialmente" la sua tradizione nobiliare.
Napolione, Giuseppe e Carolina vengono accettati a scuola.
Nel marzo del 1779, Napolione diventa "Napoleone" (per nascondere la sua italianità) e il cognome si trasforma da Buonaparte in Bonaparte. All'età di dieci anni entra nella scuola militare di Brienne.
Ma la vita non è facile per il piccolo Napoleone. Conosce molto poco e male il francese, lui è abituato a parlare dialetto genovese e italiano, nonostante sappia anche tre lingue antiche.Viene sempre preso in giro perchè, a differenza dei suoi ricchissimi compagni di scuola, lui non ha mai soldi da spendere.
Isolato dai suoi compagni, trascorre gran parte del suo tempo a studiare per conto suo.
Nel 1785 scrive al padre "pur essendoti grato per avermi offerto questa opportunità, devo dirti che sono stanco di essere povero e di subire lo scherno e le angherie di ragazzi che mi sono superiori soltanto per il denaro. E' ignobile. la vera ristocrazia sta nei valori che la mente produce e non in ciò che le tasche riempiono. Preferisco essere il primo tra gli operai di una fabbrica che l'ultimo di questi boriosi farlocconi dell'Accademia che non valgono nulla. Perchè nulla sono".
Nel 1786 scopre Rousessau, Corneille, Voltaire e la sua coscienza sociale si infiamma.
Viene trasferito nella Scuola militare del Campo di Marte a Parigi dove rimane due anni e consegue il titolo di sottotenente di artigleria.
Nel 1788 ritorna in Corsica. Dopo la presa della Bastiglia aderisce al movimento insurrezionale degli indipendentisti  corsi ma nel 1790 ha uno scontro con Pasquale Paoli che vuole fondare un Regno della Corsica, a differenza di Napoleone che vuole, invece, abolire tutte le monarchie d'Europa.
Rimane in Corsica fino al 1792 ma per motivi di depressione economica, tutta la famiglia si trasferisce a Nizza. Napoleone, sua madre, sei fratelli e quattro cugini.
Per un anno e mezzo vivono a Nizza di stenti, Napoleone lavora come maniscalco dando lezioni di ripetizione di latino e greco a figli di nobili scappati via da Parigi.
Ma alla fine del 1793 gli inglesi, approfittando della situazione rivoluzionaria in Francia attaccano Tolone assediandola. Non ci sono ufficiali in grado di poterla difendere e quindi arriva da Parigi l'invito a dare a Napoleone la carica di comandante di un piccolo reparto di artiglieria, promuovendolo al grado di capitano. Ma venti giorni dopo, mentre Napoleone si è presentato al comando generale per fare rapporto, i due ufficiali di più alto grado muoiono per cause naturali. Il comando rimane scoperto. Per motivi di emergenza affidano a lui la gestione della brigata e lui assume il comando di questo sparuto gruppo di soldati volontari il 12 settembre, e attraverso una serie di sperciolate quanto ingegnose manovre militari riesce a battere gli inglesi mettendoli in fuga il 16 dicembre. In data 17 dicembre 1793 Auguste Robespierre, fratello del temibile Massimiliano scrive a Parigi il suo rapporto: "si tratta di un uomo di rara intelligenza e di spiccate attitudini al comando, è tra le altre cose un indomito spirito rivoluzionario che trascorre le notti a leggere ai soldati brani di Voltaire e di Montesquieux; gira con il berretto frigio in testa e aizza i contadini sostenendo che devono prepararsi ad attraversare l'oceano per andare a Londra a ghigliottinare i proprietari delle banche inglesi responsabili della miseria dei contadini francesi. Ritengo che sarebbe molto utile e importante per la nostra causa dargli una promozione esemplare, per fornire una dimostrazione di come la nuova Repubblica è capace di saper riconoscere i Grandi Spiriti non provenienti da famiglie aristocratiche".
Robespierre accetta e così il 18 dicembre 1793, a Parigi, Napoleone diventa Generale di Brigata.
Il resto lo sappiamo.

Divenuto imperatore istituisce e inventa la "Scuola di Amministrazione Pubblica dell'Impero d'Europa", ancora oggi zoccolo duro di istruzione selettiva per i funzionari francesi che poi occuperanno posti di dirigenza amministrativa.
Due sono le colonne della sua politica "Competenza Tecnica e Merito: questi devono essere i due mattoni sui quali costruire la nuova Europa per spiegare al mondo intero che l'attribuzione di privilegi, cariche, e proprietà per eredità e sangue nobiliare appartengono a un passato battuto dalla Storia. Alle scuole si avrà accesso per merito, in seguito a esami di ammissione aperti a tutte le classi sociali. Le personalità più dotate di spirito artistico e scientifico fin dalle elementari verranno accorpati sotto identità militare in modo tale da usare il bilancio della difesa per pagare gli studi degli spiriti più meritevoli e socialmente più disagiati. Per quanto riguarda le cariche di alti ufficiali, sono abolite le promozioni per censo. Che si sappia in tutt'Europa che qui, in Francia, nello zaino di ogni contadino divenuto soldato volontario si cela il bastone di maresciallo dell'impero: se lo devono conquistare sul campo. E la stessa cosa vale per professori, insgenanti, medici, ingegneri, architetti, chimici. Verrà promosso chi mostrerà il suo valore, a seconda del proprio specifico campo di battaglia professionale".

Fa istituire un decreto imperiale inserito nel bilancio amministrativo tale per cui l'investimento in "cultura e ricerca scientifica" viene considerato "elemento militarmente di importanza strategica in funzione dell'estensione di intelligenze nazionali tali da essere in grado di produrre risultati utili per eliminare i nemici esterni della Francia: un geniale architetto vale militarmente molto di più di un generale imbecille".

"Nell'amministrazione del mio Impero i raccomandati e i cretini possono soltanto aspirare a ruoli subalterni".

Quando Napoleone parte per la sua celeberrima campagna d'Egitto, prende come attendente personale un giovane archeologo, distintosi per i voti conseguiti, ma di poche e grame possibilità economiche. Poco dopo che la nave è partita da Marsiglia, Napoleone si fa accompagnare dal suo attendente, Jerome Laclarque, in cambusa, per scegliere i liquori che berrà nel corso della traversata, la notte, quando legge. Invita il giovane a trattarlo con intimità non formale, facendogli qualunque domanda ritenga opportuno.
Laclarque gli chiede: "Comandante, vorrei sapere perchè avete preso con voi quei tre libri da leggere. Li ho sistemati personalmente sul vostro comodino. Perchè proprio quei tre?"
Napoleone gli risponderà: "Stiamo andando in una terra disgraziata e affascinante, difficile da comprendere. Lì si scannano da centinaia di anni in nome di Dio. Ho bisogno di sapere perchè. Ho bisogno di capire che cosa c'è dietro per essere pronti quando ce li troveremo davanti".
I tre volumi sono Il Talmud ebraico, il Vangelo secondo San Matteo e il Corano.

250 anni dopo non credo esista, oggi,  un generale iraniano, un generale israeliano, un generale britannico o un generale statunitense che sia in grado di avere gusti del genere, così genialmente pertinenti.

Detestava i burocrati e gli piaceva provocarli con enfasi pubblica.
Quando finì la battaglia di Austerlitz -ancora oggi considerata la più geniale campagna militare mai svoltasi in Europa- nel decidere come fare arrivare la notizia a Parigi, perchè c'era il governo che aspettava con la pistola puntata addosso, sperando in cuor loro che lui fosse stato sconfitto dagli austro-tedeschi, Napoleone mandò a chiamare Louis Lucienne Jacobi, un govane sottotenente che aveva notato nel corso della battaglia. Lo aveva visto gettarsi contro il fuoco nemico per andare ad aiutare un compagno ferito, rimasto incastrato sotto un cavallo abbattuto. Aveva trascinato il compagno dietro un albero e poi si era gettato di nuovo nella mischia. Napoleone gli diede un plico sigillato con l'ordine di consegnarlo "personalmente ed esclusivamente a mia moglie" e un'altra lettera nella quale c'era scritto che lui era il portavoce personale di Napoleone.
"Se entro 72 ore sarete in grado di stare a Parigi, ci arriverete da capitano, con la pensione da ufficiale anche per la vostra consorte".
La lettera venne considerata dal governo uno schiaffo imperdonabile.
Contravvenendo ogni protocollo e garbo, infatti, Napoleone rispondeva -grazie alla vittoria militare- a tutti i suoi nemici interni facendo capire che, in pratica, erano stati tutti licenziati. Come, del resto, avvenne.
"Non ti lavare e non ti cambiare le mutande. Tra tre giorni sono a Parigi, vittorioso e trionfante. Comunicalo ai beceri".
Questa è la breve lettera, oggi in bacheca al Museo Napoleonico di Parigi, che la consorte di Napoleone fu costretta a leggere davanti all'intero governo -furono quattro ministri a togliere i sigilli davanti a tutti- per rendere ufficiale la notizia dell'esito della battaglia di Austerlitz.

Quando crollò, dopo Waterloo, com'è consuetudine della specie umana, venne abbandonato da tutti e spedito in esilio in una piccola isoletta sull'Oceano Atlantico, di fronte al Senegal, Sant'Elena.

Nel marzo del 1816, la contessa polacca Maria Walewska, sua amante da quindici anni, firmò una carta, a Parigi, con la quale rinunciava a tutti i suoi averi, proprietà, beni materiali, e si presentò a Sant'Elena. Scelse di trascorrere cinque lunghi anni a fare compagnia a Napoleone, accudendolo, scrivendo sotto dettatura le sue memorie, chiacchierando con lui. Nella primavera del 1821 quando ormai era chiaro che la fine si avvicinava perchè il cancro se lo stava mangiando, Napoleone le disse "Maria, non pensi che sarebbe il caso di darmi del tu?"
La Walewska gli scrisse, il giorno dopo "Non sia mai, Sire. Voi siete stato siete e sarete sempre il mio Imperatore e l'Imperatore di tutti i popoli d'Europa. Tra cento o duecento anni, quando l'Europa sarà unita, e questi mercanti piccolo-borghesi saranno stati spazzati via dalla Storia, ci saranno scrittori, pittori e musicisti che ancora si occuperanno di voi, ma non ci sarà nessuno che ricordi neppure un nome di tutti coloro che oggi, sulle loro sedie mercantili, rinnegano i valori della rivoluzione nel nome di qualche inutile privilegio d'accatto".

Nel ricordare la nascita di Napoleone, mi è sembrato doveroso ricordare la figura di questa donna, la Walewska. Splendido esempio di fedeltà, a se stessa prima di tutto, e di quello spirito profondo della condivisione esistenziale che soltanto le donne sono in grado di saper manifestare.

Rimane il mistero del fascino di quet'uomo. 242 anni dopo.

Chi scrive è un suo devoto estimatore. Forse, non so neppure io il perchè.
E' così. Come nei grandi amori.

Joyeux anniversaire, mon general







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