L’intervista apparsa sul quotidiano la Repubblica, qualche giorno fa, è diventata, oggi, a mio avviso, l’emblema della catastrofe italiana. Non solo.
È la prova –oserei arrivare al punto di definirla “prova scientifica”- di come la sinistra democratica italiana stia pervicacemente allestendo il proprio strategico suicidio di massa. Incapace di saper osservare il presente, analizzare, decodificare e leggere i fatti della realtà, completamente innamorati di se stessi e delle proprie mitomanie (in maniera narcisista, il peggiore difetto in assoluto per chiunque si occupi attivamente di politica). Tra queste mitomanie, la più importante è quella basata sul principio che la “questione morale” toccherebbe ogni politico italiano e l’intera classe politica italiana ad esclusione del PD che ne sarebbe immune per motivazioni, diciamo così magiche, dal sapore taumaturgico, note soltanto alla dirigenza piddista. Insistendo nel perorare la causa di quella sezione della vita professionale civile che –di comune d’accordo- il mondo mediatico italiano ha deciso e scelto di definire “la casta dei privilegiati”, la sinistra democratica sta organizzando il proprio suicidio, per l’ennesima volta, dimostrando di non poter essere affatto in grado di rappresentare una alternativa valida –neppure a livello minimo- al berlusconismo, poiché applica le stesse identiche manovre, è ammalato dagli stessi vizi, persegue le stesse identiche abitudini. Quando si sostiene e si dichiara di essere “alternativi antagonisti” è necessario provarlo con il proprio comportamento: detto in estrema sintesi vuol dire che è necessario comportarsi in maniera diversa, per non dire diametralmente opposta, da coloro che si criticano, altrimenti che antagonismo sarebbe?
Perché di questo si tratta.
In questo specifico caso, infatti, il quotidiano la Repubblica –peraltro nobile testata giornalistica- sceglie di commettere lo stesso piatto e squallido errore di Bersani: attacca quotidianamente la destra identificandola con “la casta” ma poi, la notte, valorizza i membri della “casta” (è sempre la stessa) che magicamente non sono più “casta” semplicemente perché piddisti o amici di piddisti (che è ancora peggio) o appena appena sostenitori di piddisti. Basta poco, purtroppo, a sinistra, per essere perdonati e accolti riguardo all’uso e abuso dei propri privilegi: basta schierarsi politicamente e il gioco è fatto.
Come se tra piduisti e piddisti ci fosse una qualche differenza. Per chi lavora, paga le tasse, e non può contare su privilegi speciali, sapere che Tizio ha una scorciatoia perché è piduista è assolutamente identico al fatto di sapere che Caio ha una scorciatoia perché è piddista.
Tragica realtà.
Ma veniamo ai fatti.
La giornalista professionista Concita de Gregorio, nel 2011, aveva collezionato due record: uno negativo e l’altro positivo.
Quello positivo, davvero rimarchevole e nobile e che conviene sottolineare, è stato quello di appartenere al gruppo di base delle donne che avevano voluto, deciso, organizzato e lanciato, il movimento di “se non ora quando” che in data 11 marzo organizzò una fortunatissima serie di manifestazioni nazionali che avevano provocato un fenomeno di propulsione nel risveglio di consapevolezza collettiva di questo popolo rimbecillito dai furbi.
Il record negativo consisteva nell’essere stata tra i peggiori direttori di quotidiani dal punto di vista professionale. Quando ha assunto il comando de “l’unità” la testata vendeva 65.000 copie; lei scelse di riempire il giornale con le collaborazioni di amici suoi. Risultato, il giornale è diventato pressoché illeggibile, e in due soli anni le vendite sono scese a 30.000 copie, perdendo il 52% delle quote di mercato e il quotidiano è finito sull’orlo del fallimento. Il proprietario –un bravo manager di mercato- l’ha licenziata prima di finire in bancarotta. Invece di accettare il verdetto del mercato e magari iscriversi a un corso di perfezionamento a New York in “media management” per imparare a correggere i propri errori professionali, ci ha tenuto a farci sapere che era stata licenziata in quanto donna, non in quanto professionista, vittima di un complotto maschilista, facendo appello a diverse associazioni femminili perché sostenessero la sua posizione, definendo se stessa “una disoccupata precaria di lusso” (almeno ha avuto il pudore di aggiungerci il di lusso) avvalendosi della rendita (meritata, questa sì, meritatissima) che si era conquistata grazie al record positivo di cui sopra.
Arriviamo all’agosto del 2011 nel pieno della crisi totale di valori nella quale stiamo vivendo e di cui l’intera nazione è al corrente.
Già da tempo si mormorava e si vociferava che Piero Marrazzo, purtroppo per lui meglio noto alla polizia e alla cronaca gossip piccante che non ai docenti di economia politica della Bocconi, intendeva fortemente ritornare alla pratica della politica attiva. Il che –stiamo parlando di un membro della “casta”- non voleva dire rimboccarsi le maniche, farsi venire delle idee, tirar fuori dal cassetto della propria intelligenza delle proposte pragmatiche ed efficienti per combattere da antagonista la Polverini, presentarsi sul terreno dell’agorà politica come mente pensante operativa. Macchè. Voleva semplicemente dire avere a disposizione i privilegi della “casta” che ai comuni mortali sono negati.
Ovverossia: fare appello al circo mediatico, garantito politicamente, per rilanciarlo.
E così, Concita de Gregorio –notoriamente amica personale sia di lui che della moglie separata- alla ricerca di una ricca collaborazione garantita (negata ai precari schiavizzati della comunicazione in Italia) paga il proprio dazio al PD e lo intervista su Repubblica presentandoci la sua veste umana.
Poiché siamo nel week end, fa caldo e voglio essere più realista del re, avrei anche potuto soprassedere all’ovvio e squallido marchingegno banale, se la de Gregorio avesse mantenuto saldo l’orgoglio del suo record positivo: non dimenticare neppure per un attimo di essere stata tra le fondatrici di “se non ora quando” movimento di base tutto femminile il cui scopo era ed è quello di attaccare frontalmente l’idea della donna veicolata da Berlusconi.
E se in virtù di quella memoria, avesse spiegato al lettore che tra Piero Marrazzo ed Emilio Fede non esiste nessuna differenza per le donne italiane.
E invece, ci presentano un uomo che sostiene le tesi di Fede, di Lele Mora, di Berlusconi, di Borghezio, alle quali una delle fondatrici di “se non ora quando” decide di dare il proprio contributo facendo da cassa di risonanza e ottenendo come unico risultato quello di spiegare al popolo comedovequandoquanto la “casta” gestisce e organizza il lavoro dei propri adepti.
Ecco i punti sostenuti da Marrazzo che la de Gregorio non ha “osato” contestare.
1). “I trans sono femmine all’ennesima potenza”.
2). “I trans accudiscono e accolgono il maschio che si sente solo”
3). “Il fatto che abbiano attributi maschili è irrilevante. Io non andavo da loro per ragioni sessuali. Ci vedevamo per chiacchierare. Non c’è mai stato scambio sessuale”.
4). “Sì è vero, ci andavo con l’auto blu e la scorta. Ma ero stanco, debole, confuso”.
Tralascio il resto.
Purtroppo, a dimostrazione dello stato di spaventosa omertà complice in cui versa la cosiddetta sinistra democratica italiota, non c’è stata nessuna tra le colleghe del record positivo né donne appartenenti ad associazioni femminili o associazioni di femministe che hanno protestato, polemizzato, argomentato, discusso. Nada de nada.
La "casta" è "la casta".
L’ha fatto, giustamente, la destra.
E questa volta l’ha fatto –sono decine i contributi apparsi in questi giorni su testate conservatrici- con argomentazioni complesse, elaborate, decorose. Non ha approfittato, non ha esagerato. Anzi.
Poiché considero la faziosità, la cecità politica di parte, la narcolessia e l’omertà, autentici cancri della vita sociale italiana, non potevo non citare almeno una parte della risposta apparsa sul quotidiano “Il Giornale” (contro il quale venne organizzata la manifestazione dell’11 marzo) a firma femminile. Mi sembra un intervento lucido, nobile, che merita rispetto.
La collega che firma l’articolo si chiama Anna Maria Bernardini de Pace.
Ecco l’ultima parte del suo articolo:
Le scuse di Marrazzo feriscono le donne
“Ebbene, proprio questa spiegazione data da Marrazzo, mentre da un lato rivela una storia di vita evidentemente dolorosissima, anche nel ricordo importante del padre perduto, dall’altro dimostra il non ancora superato disorientamento dell’uomo. Che non si rende conto di quanto ulteriormente crudele e offensivo sia questo suo pensiero nei confronti di tutte le donne, ma soprattutto di sua moglie. E, contemporaneamente, questa considerazione suggerisce la necessità di una riflessione pubblica sul tema: è mai possibile che le donne di oggi, tutte le donne del mondo, qualsiasi donna, siano meno desiderabili, accudenti, accoglienti di un transessuale?
Con una riflessione subordinata: ma perché, se un uomo ama la moglie, come dice ancora oggi Marrazzo, non condividere con lei il peso e la paura dei buchi neri, invece di tradire e addentrarsi in pericolose e ambigue scorciatoie?
Con una riflessione subordinata: ma perché, se un uomo ama la moglie, come dice ancora oggi Marrazzo, non condividere con lei il peso e la paura dei buchi neri, invece di tradire e addentrarsi in pericolose e ambigue scorciatoie?
Il tradimento coniugale è nel nascondere al partner le proprie ansie e incertezze: le relazioni sessuali adulterine, di qualunque genere siano, ne sono una conseguenza, non la causa.
Oggi lui ha avuto il coraggio e la capacità umana di raccontarsi a milioni di lettori. Se questa forza gli fosse venuta un tempo, per confidare alla moglie la sua debolezza, avrebbe forse potuto capire che è l’accoglienza dell’amore a rendere straordinariamente accudenti. Senza necessità di pagare un tanto all’ora per essere, anche, ascoltati.”.
Oggi lui ha avuto il coraggio e la capacità umana di raccontarsi a milioni di lettori. Se questa forza gli fosse venuta un tempo, per confidare alla moglie la sua debolezza, avrebbe forse potuto capire che è l’accoglienza dell’amore a rendere straordinariamente accudenti. Senza necessità di pagare un tanto all’ora per essere, anche, ascoltati.”.
Un intervento davvero delicato e soft, con argomentazioni semplici e lineari.
Il risultato dell’intervista di Concita de Gregorio è stato quello di consentire all’intero sistema di comunicazione della destra di farsi sotto e rispondere a tono, avendo l’intelligenza, il garbo e la giusta strategia nello scegliere professioniste decorose che hanno semplicemente commentato –a nome delle donne italiane- il loro sconcerto e disadoro nel rendersi conto che questa è oggi una delle trovate estive della comunicazione piddista per ciò che riguarda le relazioni inter personali tra maschio e femmina.
Un geniale autogol piddista.
Con quale coraggio, domani, Concita de Gregorio tenterà e “oserà” spendere la rendita del suo prestigioso record positivo, pretendendo di collezionare consensi visto che dal cappello delle sue molteplici conoscenze di “casta” invece che andare a stanare Giuliano Amato o Stefano Rodotà o Francesco Alberoni o Giorgio Crepet o il prof. Vittorino Andreoli o il prof. Giorgio Abrahams, chiedendo la loro opinione su quest’aspetto della relazionalità, ha scelto di tirare la volata alla “riabilitazione politica” di un funzionario pubblico che ha abusato di privilegi con i soldi delle tasse degli italiani, ha causato la morte di diversi esseri umani per i quali non ha speso neppure una parola di cordoglio e che oggi si permette di venire a spiegare a noi, poveri mortali maschi eterosessuali, quale sia il “vero senso della femminilità”?
Concita de Gregorio ha fatto una scelta ponderata, poteva permettersi di scegliere.
Ha scelto.
Evidentemente ciascuno ha gli amici che si merita.
Con gente così, la sinistra democratica non può che perdere consensi.
Quantomeno i consensi di menti pensanti.
Buon week end a tutti e bevete tanta acqua fresca: c’è l’allarme rosso per le alte temperature.
nice post
RispondiElimina@anonimo...thanks
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