"La vera patria è quella in cui incontriamo più persone che ci somigliano." (Stendhal).
domenica 14 agosto 2011
Il Tafano e la Cinciallegra: favoletta da ombrellone per rinfrescare ferragosto
di Sergio Di Cori Modigliani
Il Tafano aveva fame.
E adesso, anche tanta paura.
Per risparmiare energia si era appollaiato sulla feritoia in alto e se ne stava lì immobile, in attesa di prendere una decisione.
Era stato un vero imbecille.
Attratto dal succulento collo di una grassa oca che abitava al quarto piano, si era infilato dentro l'ascensore per pungerla d'istinto e succhiarle il sangue, ma le porte -all'improvviso- si erano chiuse prima che lei potesse entrare e lui era rimasto intrappolato dentro l'abitacolo.
Temeva che gli potesse venire un attacco di panico da un momento all'altro.
Non era mai stato forte in matematica. Tampoco in geometria. Non sapeva bene fare i calcoli.
Non era quindi in grado di comprendere, e sapere, quanto tempo a disposizione ancora gli restasse prima della fine. Aveva capito, grazie al suo istintaccio, che di tempo ne aveva poco, davvero pochissimo.
Sentiva poco a poco che le forze lo stavano abbandonando e l'estremità del suo puntiglione cominciava lentamente a raffreddarsi. Entro breve tempo si sarebbe seccato spezzandosi. Lui sarebbe morto dalla fame.
Ripensò all'oca cicciona del quarto piano e un impeto di rabbia compressa gli restituì il suo consueto vigore.
Ma l'avvilimento, ben presto, si impossessò di lui.
Cominciò a pensare alla sua vita che se ne andava, alle tante, troppe delusioni che aveva accumulato nella sua esistenza. Lui, che avrebbe voluto essere un usignolo, e magari diventare famoso come Pavarotti, e invece era stato costretto a vivere da Tafano, arrangiandosi alla bene e meglio.
Aveva perso anche la voce, o forse si era rattrappita per il mancato uso.
Era molto tempo che non azzardava più. Lo prendevano sempre tutti in giro, ed era stato costretto a lasciare il suo paese di origine perchè lo avevano soprannominato il Tafano Canterino, riempiendolo di vergogna.
Ormai, era tutto inutile.
Sentiva le palpebre cominciare ad abbassarsi, le zampette, a stento, ormai lo sostenevano.
Ma uno scossone improvviso lo fece traballare risvegliandolo dal suo stato pre-comatoso.
L'ascensore cominciò a muoversi, salendo.
********************
"Io me ne vado" gracchiò il Corvo afferrando le sue valigie con una zampa.
Con l'altra accese il mozzicone del suo sigaro, e svolazzando per la stanza si avviò verso la porta.
"Ma perchè? Dove vai, adesso?" gli urlò appresso la Cinciallegra, svolazzandogli intorno, al suo solito canterina.
"Non sopporto più la tua stupida voce. Tu sei una scema" sputacchiò il Corvo, e aprì la porta.
La Cinciallegra tentò di parlargli evitando di cantarellare, cosa per lei nient'affatto semplice.
Nè tantomeno facile.
Il Corvo sbuffava seguitando a insultarla mentre aspettava che arrivasse l'ascensore.
"Non mi scocciare. Non ti sopporto più, cretina che non sei altro" ripetè il Corvo.
La Cinciallegra si intristì e rientrò in casa dimenticando la porta aperta.
Il Corvo cominciò a fischiettare pensando ai progetti serali che lo attendevano.
Le porte scorrevoli dell'ascensore si aprirono e lui entrò dentro l'abitacolo, ma prima che potesse rendersene conto, un enorme tafano lo punzecchio sotto la gola succhiandogli una grassa e nutriente goccia di sangue.
Il Corvo girò il becco d'istinto ma il Tafano era riuscito a svolazzare via prima che le porte si chiudessero.
L'ascensore cominciò a scendere.
Il Corvo era imbestialito.
****************
Il Tafano sgusciò dentro l'appartamento, proprio in tempo, poco prima che una assurda folata di vento chiudesse la porta facendola sbattere contro lo stipite.
Era un ambiente grazioso, ben arredato.
Ma guarda che belle piante sulle quali accomodarsi, pensò il Tafano.
C'era anche la finestra aperta che dava su un balconcino pieno di fiori, il che gli avrebbe consentito, addirittura, un'ottima via di fuga nel caso di bisogno.
Mentre stava compiendo il suo giro di perlustrazione sentì una specie di squittìo provenire dalla stanza vicina. Sperava in un grosso gattone o in uno di quei cani piccoli irrorati di sangue dolcissimo.
E invece era una uccella.
Era buttata su un enorme letto matrimoniale e piangeva sbattendo le ali sulle lenzuola, di cotone di lino, bianche e ricamate. Proprio come piacevano al Tafano.
Poichè era sazio e si sentiva allegro per lo scampato pericolo, gli dispiacque veder piangere quella uccella.
La osservò con attenzione: aveva un piumaggio soffice, bei colori, delle morbide ali, e l'ansa del collo era proprio ben tornita, una bella punzecchiata all'ora di cena era proprio ciò che ci voleva.
Neppure si accorse che si era appollaiato al pomo di legno del letto e si era messo a canticchiare.
La Cinciallegra alzò lo sguardo e lo vide.
Con aria spaventata gli chiese "Oddio mio! E tu chi sei?"
"Buon pomeriggio, bella signorina. Io sono il Signor Tafano, e tu?"
"Io sono una Cinciallegra...anche se non si direbbe...guarda come sono ridotta".
Il Signor Tafano si avvicinò per osservarla meglio e la trovò polposamente adorabile. Glie lo disse, riempiendola di complimenti, e a lei tornò subito il buon umore.
Tant'è che si rimise a cantare svolazzando per la stanza.
Lui le corse dietro e finirono per incontrarsi su una pianta di ficus sistemata all'ingresso.
Enormi nuvole nere si stavano radunando in cielo e si aspettava un grosso temporale da un momento all'altro.
"Ma io in teoria dovrei avere paura di te!" le confessò la Signorina Cinciallegra, chè lo trovava davvero simpatico, nonostante sapesse che lui voleva soltanto punzecchiarla.
"E perchè mai?"
"Tu sei un Tafano"
"Ma io sono particolare, perchè canto. Sono un Tafano Canterino. Tu mi piaci perchè hai una voce così bella, così squillante. Potresti insegnarmi a cantare sul serio. Potrei imparare da te".
La Cinciallegra si mise a ridere all'idea di un Tafano che cantava. Tra l'altro la voce di lui era roca e poco allenata, ma l'idea di insegnargli a cantare le piacque.
"Io, in cambio, potrei insegnarti a punzecchiare" le propose il Tafano.
"E che ci faccio?"
"Non si sa mai. Magari se lo provi ti dà gusto. Può essere utile nella vita, può dare delle grandi soddisfazioni".
Se ne stettero un po' a chiacchierare e all'improvviso esplose il temporale, un violento acquazzone estivo.
"Aiutami a chiudere la finestra" gli chiese la Cinciallegra.
Uscirono in balcone e videro laggiù, sul marciapiede opposto, bagnato fradicio, il Corvo che aspettava il taxi alla fermata. Aveva tutto il collo gonfio per la punzecchiata del Tafano e il sigaro, ormai inutilizzato, gli pendeva dal becco, aumentando la sua tristezza.
"Povero" disse la Cinciallegra "non sa che oggi c'è lo sciopero dei taxi; l'ha detto prima la tivvù".
"Ma chi è, quello?"
E la Cinciallegra gli raccontò tutta la storia.
Dopo qualche ora stavano ancora lì, il Tafano ad ascoltare, lei a raccontare canterellando.
E intanto seguitava a piovere.
"Adesso vado a dirgli che c'è lo sciopero dei taxi"
"Ma sei matta?"
"Povero! Starà lì tutta la notte inutilmente! Ha pure il collo gonfio"
"Che s'arrangi" le disse il Tafano "non dovevi insegnarmi a cantare?"
"E questo che cosa centra?"
"In cambio, io ti insegnerò a goderti lo spettacolo del Corvo imbestialito che aspetta il suo taxi senza sapere che non arriverà mai. Peggio per lui".
La Cinciallegra ci pensò un po' e l'idea non le dispiacque affatto.
Dopo un po' guardò il Tafano e gli disse:
"Vedi lassù al quinto piano, sul balcone? Lì c'è un enorme mastino, è davvero antipatico, proprio odioso"
"Ah! Li conosco quelli. Hanno un collo spugnoso ma davvero saporito"
"Appunto!"
"Però mordono"
"Ma tu sei agile"
Il Tafano rimase sovrapensiero per un po'.
Non voleva farle credere di aver paura.
Non era un'impresa facile andare a punzecchiare un Mastino.
"Adesso che sai anche cantare, lo puoi distrarre. Magari ti scambia per un usignolo".
"Hai ragione" disse il Tafano.
D'improvviso sentì che il coraggio gli era tornato.
Gli piacque l'idea di cenare con il sangue del Mastino. Non avrebbe mai potuto punzecchiarla.
"Io intanto preparo il dessert. So fare una torta gelato di panna e fragole che è una meraviglia".
Il Tafano s'accordò con la Cinciallegra.
Si preparò e poi andò via diretto al quinto piano.
"Vado a preparare la torta"
La Cinciallegra andò a scegliere le fragole.
Fuori seguitava a piovere.
Il Corvo, imbestialito, era fuori di sè perchè il taxi non arrivava mai.
Con il corpo intorpidito alzò il collo per dare un'occhiata al balcone della Cinciallegra.
Lei non si vedeva.
Quella scema si sarà addormentata, pensò il Corvo.
E si preparò all'idea di trascorrere una pessima serata.
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