Dunque, la situazione nella Repubblica Italianas è la seguente: siamo alla frutta.
Se, negli anni ’70, grazie all’indomita fantasia di quel geniaccio implacabile di Woody Allen la dizione “Repubblica dello Stato di Bananas” era diventata sinonimo e simbolo in tutto il mondo occidentale di ogni nefandezza, cialtroneria, turlupineria, dittattorume rozzo e malsano mescolato a efferati crimini da impero declassato, oggi, 2011, per evitare di scopiazzare gli sceneggiatori hollywoodiani inventando deprecabili dizioni del tipo “Repubblica dell’Uva” o “Repubblica delle Pesche Noci” o “Repubblica dei Fichi Secchi” proporrei di adattarci a una nuova ecologia mediterranea auto-definendoci la Repubblica Italiota.
Il nome ci si addice; semplice, essenziale: squisita sintesi dello stato attuale delle cose.
Tutto ciò per riferire ai miei fedeli lettori che accredito di una buona dose di intelligenza, mista a sana indignazione e senso dell’umorismo, l’ultima pensata dei giornalisti professionisti in carica alla Rai, come voi sapete, ente governativo che investe (sigh doppio sigh) i vostri/nostri soldi delle tasse per “fare informazione”.
L’evento si è verificato quattro giorni fa, replicato anche ieri e –mi suggeriscono fonti ben informate- verrà mandato in onda anche in future repliche notturne dato (secondo loro) l’alto numero di odiens e di tifosi plaudenti italioti.
Si tratta di un reportage giornalistico che nella mente surreale dei dirigenti Rai, ormai erosa da ogni pudore raziocinante, rappresenta la squisita sintesi tra giornalismo d’attualità e informazione diretta. Per evitare che la mia interpretazione finisca per rovinare l’impatto del testo, presentato qui oggettivamente in virgolettato, vi riferisco soltanto che il reportage veniva presentato nella sezione “manifestazioni culturali europee”, in questo caso la Russia di Putin, presentata dal Tg1 come esempio illuminante della grande tradizione colta della buona vecchia Europa.
Le immagini mostravano un numero di russe bonazze, con il viso devastato dalla fatica, il make up raffazzonato e il terrore di fare a se stessa del male fisico, le quali correvano su un tapirulàn su dei vertiginosi tacchi a spillo. L’aspetto che qui ci tenevo a presentare alla vostra attenzione sta nel testo giornalistico, firmato e letto da quella meraviglia di scrittore, vero e autentico erede del grande giornalismo letterario di cultura italiano, che risponde al nome del collega Giovanni Masotti, pluri-raccomandato Tg1:
““E’ un modo nuovo di fare cultura. Finalmente! Gambe, orgogliosamente e sfacciatamente gambe, strette nella morsa di tacchi a spillo da urlo alti almeno 9 centimetri in omaggio ad un motto altamente educativo, verità unica, credo un assoluto universale della competizione. Traduciamo: a che serve il cervello con queste gambe?”
No comment.
Buona giornata a tutti.
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