"Prima che irrompessero sulla scena dell'arte i pittori puntiglisti, la pioggia, a Londra non esisteva".
Oscar Wilde, 1880
"I maghi esistono. Il mago altro non è se non un bravo attore che interpreta la parte del mago".
Orson Welles, 1980
"La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l'abbandono al caso".
Italo Calvino, 1970
di Sergio Di Cori Modigliani
Il 2015 si apre con una situazione planetaria, complessivamente, davvero pesante.
Per non parlare dell'Italia.
In una dimensione storica moderna, dove e quando si applicava una logica lineare e consequenziale, ci sarebbe stato da rabbrividire all'idea che, dovendosi adattare, l'attuale tendenza ci avrebbe imposto di rigore di essere antagonisti in maniera pesante.
Nella società post-moderna, invece, illusoria per definizione, dove la socialità reale dello scambio quotidiano tra persone in carne e ossa è stata sostituita dalla realtà virtuale, il potenziale incontro/scontro avviene con un robot, oppure con un essere umano che può essere esattamente l'opposto di ciò che sostiene di essere.
Il paradosso è diventato il linguaggio base dell'interpretazione del reale, per poterlo comprendere. E, davanti alla furia oppressiva della pesantezza, economica, sociale, psicologica, esistenziale, diventa fondamentale la prorompente forza della leggerezza.
Si abbattono, pertanto, i cannoni al fulmicotone di ultima generazione, con una esplosione di coloratissime bolle di sapone. Questo è il trend che gli intellettuali statunitensi e francesi annunciano e ci propongono per l'anno che sta iniziando.
Di fronte alla constatazione che la quantità impressionante di denunce finisce per andare a sbattere contro un muro di gomma, perché a raccoglierle e certificarle formalmente, dovunque e comunque, sono proprio le persone che si stanno denunciando, la leggerezza vaporosa acquista il Senso, il segnale e il significato di una arma imbattibile: l'unica a essere davvero pedagogica. E i robot non sono in grado di praticarla.
Il che, di questi tempi, non è roba da poco.
Viviamo in un'epoca di falsificazioni continue, divenute ormai addirittura complesse, dentro le quali districarsi diventa una impresa da leoni, quindi è inutile.
Viviamo in un'epoca in cui la Politica, intesa come amministrazione della collettività per il bene comune, è stata sostituita dallo spettacolo ed è stata affidata a maghi professionisti, la quotidianità ha finito per copiare dai social e gli statisti si sono trasformati in maghi a tempo pieno, cultori di una illusione di massa sulla quale si fonda il consenso.
Certe volte, intendiamoci, le magie non riescono, accade a tutti, fa parte dello show, come quella prodotta alla vigilia di Natale sulla delega fiscale.
E ritornano, in questo 2015, sia la letteratura alta -nel senso di narrativa sociale- che il cinema, due espressioni dell'animo umano che hanno retto l'impatto dei tempi e ancora regalano insospettabili opportunità di viaggi interiori, autentici, originali.
Dagli Usa ci sono arrivati in queste settimane due film, entrambi molto diversi -all'apparenza- dedicati, per l'appunto, alla denuncia del falso, della falsificazione, della illusorietà. Sono la punta dell'iceberg e un sintomo delle interpretazioni della realtà che gli spiriti più liberi, al di là dell'oceano, esprimono sullo schermo.
I due registi che firmano il prodotto sono Tim Burton e Woody Allen.
Non hanno bisogno di presentazioni.
E il segnale che ci lanciano (sia in Usa che in Francia è stato abbondantemente raccolto) è quello della forza della leggerezza, perché la potenza illusoria dei maghi al potere ha raggiunto un livello di tale inattaccabile sofisticazione che l'unica possibilità di sottrarsi consiste nella capacità creativa, di ciascuno di noi, di essere in grado di produrre un'alternativa magica individuale che poi, assommata alle altre magie, produrrà naturalmente e -per l'appunto- "magicamente", un nuovo insospettabile scenario di leggerezza, insospettabile e quindi inattaccabile per il potere.
"Magic in the moonlight" di Woody Allen e "Big eyes" di Tim Burton sono due favole che ci parlano di questa leggerezza necessaria.
Uno è ambientato negli anni'30 e l'altro negli anni'50.
Sono due film di denuncia, anche se non si vede, perché il sapore è quello del babà al rhum con un tocco al caramello.
Ma ciò che conta è che, entrambi i film, ci fanno sentire bene, a nostro agio.
E non è casuale.
Perché stiamo vivendo l'immersione politica nel terribile decennio tra il 1929 e il 1939.
E perché stiamo vivendo la sofferenza esistenziale di uno stato perdurante di imbecillità formale, piatta e ipnotizzata, che ha caratterizzato il decennio tra il 1952 e il 1962.
Mentre il film di Woody Allen ci offre una lettura romantica, salvifica, che annuncia la necessità inderogabile di salvarsi la pelle dalla catastrofe annunciata, lasciandosi andare all'ineffabile tocco magico dell'esistenza illusoria, il film di Tim Burton (un perfezionista rigoroso) si presenta con dei colori pastello tenui e caramellosi, che ci offrono l'immagine dei due eroi protagonisti come se fossero due deficienti, cosa che sono, nel senso etimologico del termine: entrambi mancano di senso della realtà.
Perché la realtà non esiste più.
La leggerezza magica ci consente in questa befana di 2015 di fare un salto nella post-modernità accettando l'idea che la realtà ce la dobbiamo andare a costruire.
Crollate le ideologie, sono crollate anche le contrapposizioni, falsamente (e illusoriamente) tenute in piedi per raggranellare consensi dal sapore retro.
Le discriminanti vere, oggi, sono altre.
La frontiera autentica è tra i liberi pensatori e gli appartenenti.
Tra gli esuli e i turisti.
Sono ormai le due uniche categorie di cittadini esistenti.
I militanti politici sono diventati turisti a loro insaputa.
Essi non sono altro che turisti in comitiva, a condizione che osservino e godano dello spettacolo senza fare mai domande, resistere all'ipnosi, vagheggiare proposte alternative, dato che sono in gita guidata a visitare i propri musei, le proprie "bachechine" su facebook, i propri giocattoli feticistici.
L'ultimo atto che ha concluso la fase storica precedente è stata la poderosa inchiesta giornalistica europea sulle "furbate" del commissario europeo Juncker.
A rispondere del suo operato è stata chiamata la commissione da lui presieduta.
Un po' come la commissione d'inchiesta e controllo del PD su mafia capitale, stabilita e composta da membri cresciuti (anche inconsapevoli) in quel sistema che l'evento ha denunciato.
Coglierne l'aspetto comico e leggero, totalmente paradossale, aiuta davvero a costruire la potenzialità di un'alternativa.
Quella necessaria furia antagonista, appassionata e passionale, quell'amore per la verità, la pulizia, l'ethos, che soltanto la magia di una leggerezza ritrovata ci può regalare.
Ispirandoci in maniera creativa per fare il necessario salto dall'indignazione di un tempo alla degnazione dell'attualità.
Vivere per qualcosa, ma soprattutto per qualcuno, che valga veramente la pena.
Per il gusto di ritornare a fare oh! per la sorpresa.
Purché sia autentica.
Buona befana a tutti.
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