di Sergio Di Cori Modigliani
Che riposi in pace.
E' morta Amy Winehouse, forse la più grande cantante che la musica pop britannica abbia prodotto negli ultimi vent'anni.
E' morta a 28 anni.
Se n'è andata a soli 28 anni, travolta da quell'ansia e angoscia esistenziale che -come tutti i veri artisti- era sempre riuscita a mettere e immettere nella sua musica.
Se n'è andata piena zeppa d'alcool e di pillole e di tranquillanti, estremo tentativo di riuscire a trovare requie a un mal di vivere che in lei, donna dall'anima travolta da un dolore esistenziale le cui profondità soltanto lei deve aver conosciuto, erano riusciti a produrre uan voce ispirata e angelica che toccava il cuore dritto al centro, non soltanto le orecchie.
Chi conosce e ama il rock e sa distinguere tra un vero artista e una pedina nel grande gioco del business musicale mondiale, non può che sentirsi rattristato dalla scomparsa dell'ultima vera, grande artista della scena.
A differenza di Lady Gaga, Beyoncè, Madonna, splendide icone di un modello dell'esistenza berlusconiano, basato sul cockatil di business/pubblicità/soldi a ogni costo, Amy ha rappresentato un momento di grande originalità chiamandosi sempre fuori dal coro.
Con lei scompare una grande interprete. Una grande vocalista, una voce rara e unica.
Purtroppo la sua angoscia esistenziale ha avuto la meglio sulla voglia di vivere.
Che riposi in pace.
Ci mancherà.
Mancherà a tutti i cultori della musica vera.
Lascia un vuoto incolmabile che le squalesse come Lady Gaga & Co. tenteranno di colmare approfittando di questo terribile lutto per la musica, per rialzare le loro quotazioni.
In memoriam
Good Bye Amy, buon viaggio
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