"La vera patria è quella in cui incontriamo più persone che ci somigliano." (Stendhal).
lunedì 23 maggio 2011
Sesso. Bugie. Arroganza. Che cos'è che spinge gli uomini potenti a comportarsi come maiali?
di Sergio Di Cori Modigliani
Che ormai l'Italia sia un paese sempre di più al margine del dibattito evoluto nelle società più avanzate, è purtroppo ormai fuori discussione. Si tratta di una magra realtà, di cui sono a conoscenza le persone che seguono ciò che accade (e ciò di cui si discute) nelle democrazie occidentali pià avanzate, da cui noi ci siamo auto-esclusi.
L'affaire Strauss Kahn ha scatenato in Francia, Germania, Gran Bretagna, e soprattutto in Usa, un acceso dibattito (in televisione, su alcuni canali indipendenti statunitensi addirittura 24 ore su 24 no stop gestito da quattordici associazioni di diritti civili attive nel campo della denuncia della violenza sessuale sulle donne). A tal punto attuale, il dibattito, da aver spinto l'autorevole settimanale Time (connservatore moderato) a dedicargli un numero speciale dall'emblematico titolo "Sesso, bugie, arroganza. Che cosa spinge gli uomini potenti a comportarsi come dei maiali?".
Mentre in Francia (ora dopo ora sempre di meno per fortuna) c'è ancora chi sostiene l'innocenza di Strauss Kahn ritenendolo vittima di un complotto, intellettuali, politici, economisti, psicologi, hanno deciso di prendere il torno per le corna affrontando il problema per ciò che è nella sua vera essenza "nel mondo occidentale si sta sviluppando un fenomeno di spaventosa decadenza etica e morale tale per cui gli uomini di potere, nel nome del loro privilegio, si sentono in diritto di operare come dei veri e propri porci abusando e violentando le donne -purchè siano di censo inferiore o in uno stato di dipendenza economica o dei sottoposti- pretendendo poi l'immunità nel nome della propria posizione, avvalendosi del fatto che ritengono verranno aiutati e appoggiati dai propri colleghi di azienda, di partito, di associazione, eventualmente addirittura di governo. E' l'anticamera della barbarie".
Parole con le quali è fin troppo ovvio andare d'accordo. Eppure, in Italia, il dibattito non è decollato.
Quattro giorni fa, sul corriere della sera, Carmen Llera Moravia, la quale non ha mai fatto mistero di aver coltivato una relazione intima con Strauss Kahn, sentendosi sotto pressione, ha scelto di inviare una lettera aperta al quotidiano milanese; la riportiamo integralmente.
La lettera recita così:
Caro Direttore, dopo giorni di silenzio vi scrivo, è un errore usare il mio libro Gaston, pura finzione letteraria, per illustrare un fatto reale, ''Gaston'' non ha nulla a che vedere con Dominique Strauss-Kahn che conosco e frequento da anni. Non sono mai stata una sua vittima come qualcuno ha scritto, non è un uomo crudele primitivo o sadico, la violenza non fa parte della sua cultura, ama il sesso, so what? (e allora? ndr) non mi sembra un delitto, a volte i corpi esprimono più delle parole... ma non desidero fare della letteratura in un momento così tragico, anche perché la letteratura non salva nessuno, non salverà lui e neanche me.
Non so cosa sia successo nella suite del Sofitel, probabilmente c'è stato un rapporto consenziente, ma escluderei la violenza sessuale, non vorrei che Dominique Strauss-Kahn diventasse «le bouc émissaire» (il capro espiatorio, ndr) di un certo puritanesimo americano, antieuropeo e antifrancese.
Non vorrei che dovesse pagare anche per la mancata estradizione di Polanski o per sporchi giochi di potere politico ed economico.
Desidero solo che possa dimostrare subito la sua innocenza e tornare l'uomo libero e sorridente che ho visto giorni fa.
Nonostante la signora Llera Moravia si sia sempre definita un'accanita libertaria e sostenitrice dei diritti civili più evoluti, questa volta non ha ritenuto opportuno spendere una parola su quest'argomento.
Anzi.
Appare chiaro anche ai più reticenti come la sua esigenza fondamentale sia quella di prendere le distanze sostenendo che un personaggio di un suo libro pubblicato anni fa (che lei stessa aveva fatto in modo -allora- di far sapere a tutti che si trattava di Dominique Strauss Kahn, con il dichiarato fine di presentare se stessa come un tipo di donna in grado di avere relazioni con uomini potenti e famosi) non ha nulla a che vedere con l'imputato. Una specie di auto-denuncia rispetto all'attenta pubblicità che lei aveva cavalcato quando il suo romanzo era uscito.
Il suo intervento, quindi, è stato considerato più un intervento individuale dal taglio gossip che altro. Quindi ha lascato il tempo che trovava.
Ma un'attenta lettrice della realtà, donna intelligente e sensibile, Maria Laura Rodotà le ha risposto pubblicamente sul corriere della sera, cercando di interpretare la posizione più avanzata delle donne pensanti in Italia.
Riportiamo per intero, qui di seguito, la lettera di Maria Laura Rodotà:
Maria Laura Rodotà per il Corriere della Sera, pubblicato il 21 maggio 2011.
Cosa sarebbe successo se Dominique Strauss-Kahn fosse stato arrestato per furto, e una vecchia amica lo avesse difeso dicendo «non credo sia un ladro, è uno che ama i begli oggetti» ? Di sicuro, qualcuno avrebbe spiegato all’amica che c’è una certa differenza; che apprezzare l’arte è una gran cosa, portarsi via un quadro da un museo è reato. Viene da pensare che un’ipotetica amica colta e di mondo si affretterebbe a disconoscere un presunto ladro di beni artistici.
E allora perché (sul serio: perché?) una donna intelligente corre, con una lettera, in aiuto di un uomo accusato di stupro, quindi non di un delitto contro il patrimonio, bensì di un ben più grave reato contro la persona? Carmen Llera avrà le sue ragioni personali, quando solidarizza con Strauss-Kahn. Ma fa un danno, culturale, in senso lato, a tutte le persone, donne e anche uomini, che sono vittime di violenza sessuale.
«A volte i corpi esprimono più delle parole» , scrive Llera nella sua lettera pro-Strauss-Kahn. È vero: trovarsi addosso il corpo di un anziano economista è- se le accuse sono fondate- un’esperienza più intensa e traumatica dell’ascolto di una sua relazione sul debito greco. «Lui non è un uomo primitivo o sadico – continua Llera – ama il sesso, so what? (e allora? ndr)» . Allora, l’elegante «so what?» buttato lì presume una partner consenziente. Anche ad atti primitivi o sadici. Llera non è «mai stata una sua vittima» , assicura.
La cameriera africana che giura di essere stata aggredita da Strauss-Kahn forse sì. Di sicuro ora è una vittima di quei media che pubblicano il suo nome, ipotizzano che sia malata, cercano notizie su di lei. E accusano gli americani che le credono di puritanesimo. E il garantismo delle élite europee, nel caso Strauss-Kahn, rischia di far male, nel medio termine, a tutte le vittime di stupro.
Fa male decidere a priori che «è stato probabilmente un rapporto consensuale» ; fa male la disinvoltura con cui alcune giustificano il simpatico ormai ex statista. Perché poi, al netto della probabile (quella sì) sincerità sentimentale di Llera, questo gusto del politicamente scorretto può diventare una pericolosa, e costrittiva, forma di conformismo (tra l’altro: cosa sarebbe successo se una forzuta cameriera nera sessualmente ossessionata dai sessantenni con l’erre moscia avesse aggredito Strauss-Kahn? Sarebbe in galera, ovvio, e nessuno le darebbe una chance).
Davvero una bella lettera. Intelligente, accurata, con diverse esche appetitose sufficienti per far scatenare immediate repliche da parte di donne provenienti dai settori più diversi dello schieramento ideologico italiano, dalla Santanchè alla Bonino, dalla Polverini alla Finocchiaro, ecc.ecc.
E invece non è accaduto nulla.
Perchè in Italia, la dittatura mediatica che noi tutti subiamo, seguita ad imporci di seguire le vicissitudini delle conmversazioni telefoniche tra Bossi e Berlusconi, tra Bersani e Vendola, oppure seguire le storie scollacciate delle ragazze di Arcore non occupandosi dei tempi dell'attualità di cui si occupa il resto del mondo progredito, evoluto, culturalmente più avanzato.
Siamo diventati una società marginale, che non partecipa.
Purtroppo, partecipare è un lusso che non ci possiamo permettere.
Siamo costretti a seguire la quotidiana mestizia dei nostri politicanti.
Non c'è da stupirsi, quindi, se l'Italia è stata retrocessa finanziariamente dalla Banca Mondiale dalla posizione tecnicamente identificata come AAA+ -nella quale era piazzata dal 1961 sempre più saldamente- alla posizione A-, per la prima volta dopo sessant'anni, secondo una terminologia che definisce la nostra repubblica "una nazione a rischio di fallimento a medio termine, con una economia stagnante, senza provvedimenti adeguati, senza riforme di struttura, senza un piano economico che garantisca i potenziali investitori sulla validità del rischio impresa in tale paese, con un aumento esponenziale della disoccupazione, diminuzione di investimenti e contrazione del consumo interno".
In seguito a questa presentazione, perfino i media italiani sono stati costretti a fornire qualche cifra "ufficiale", sintetizzata nell'allarmante dato statistico rilasciato il 23 maggio 2011 alle ore 7 del mattino: "L'Istat rivela che il 24,7% delle famiglie italiane è a rischio di crollare sotto la soglia della povertà".
Il dato, in realtà, era stato reso pubblico (ma non noto) nel marzo di quest'anno. Nessuno ne aveva parlato.
Mentre Tremonti andava in giro per i talk show a spiegare che l'Italia reggeva benissimo, nessuno dei suoi cosiddetti oppositori ha spiattellato la realtà dei dati ufficiali. Mai.
Oggi, pubblicati sulla prima pagina del Wall Street Journal, vengono messi a disposizione degli italiani.
I nostri concittadini scoprono l'acqua calda.
Così come nel caso Strauss Kahn nessuno ha abboccato alle davvero squisite e pepatissime esche che la brava e intelligente Maria Laura Rodotà ha offerto nella sua lettera al corriere della sera. Triste ma vero.
Il silenzio è un lusso che non possiamo più permetterci.
Il non dibattito è un lusso che non possiamo più permetterci.
La non partecipazione ai confronti del resto delle democrazie occidentali e la sottrazione delle nostre intelligenze collettive è un lusso che non possiamo più permetterci.
Altrimenti non possiamo poi lamentarci se una mattina ci sveglieremo e ascolteremo la comunicazione ufficiale che la Repubblica Italiana non appartiene più alle democrazie occidentali nè ai paesi ricchi che producono.
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RispondiEliminaChiamate bella lettera un'incitazione all'abolizione della presunzione di innocenza?
RispondiEliminaBella concezione del diritto avete. Il garantismo non è un modo per far restare impuniti dsk o altri: è un diritto del primo come dell'ultimo cittadino.
Essere amici delle donne non può significare concedere ad esse di essere credute a priori quando accusano un cittadino innocente sino a prova contraria.
Stupidità cavalleresca e demagogia femminista vi stanno facendo ragionare come nel processo inquisitorio (in cui mettere in dubbio l'accusa era ulteriore prova di colpa o sacrilegio).
Per tutti i motivi per cui la Rodotà può dire che il garantismo europeo nuoce alle altre vittime di stupro io ne ho due (uno di ragione e uno di diritto) per dire che il giustizialismo femminista nuoce agli altri accusati innocenti.
RispondiEliminaE poichè se i diritti umani valgono mille colpevoli possono restare impuniti ma un solo innocente non può essere toccato, la mia tesi prevale.
Quanto al giustizialismo americano, leggetevi la storia di Carlo Parlanti. Digitate gente, digitate...
u maiale è un maiale, soprattutto quando è recidivo...ci sono ben 14 precedenti negli ultimi sei anni di violenza sessuale aggravata provata......l'uomo è indifendibile
RispondiEliminabuona sera, 14 precedenti compiui da strauss Khan???
RispondiEliminagrazie.