Cinquecento anni dopo la sua ricca esistenza, oggi più che mai, rimaniamo colpiti -quando lo leggiamo- nell’accorgerci della profonda e accorta conoscenza dei meccanismi mentali degli uomini e delle donne di potere che (così, con immortale affetto, amano chiamare William Shakespeare nei paesi di cultura anglo-sassone) il Grande Bardo, con geniale intuizione, ci ha regalato spiegandoci il funzionamento del loro operare, la qualità dei loro pensieri, la vera natura delle loro azioni. Senza faziosità, nè tantomeno schieramento ideologizzato. Perchè Shakespeare ci ha fornito degli strumenti di conoscenza -davvero immortali- che ancora oggi ci arrichiscono e sono essenziali per comprendere la natura dei governanti, qualunque sia la nazione o etnia di appartenenza.
Eppure, se paragoniamo Shakespeare a qualsivoglia scribacchino attuale, salta subito agli occhi un dato, fiscalizzato dalla ossessiva mania di un professore di statistica e di teoria e tecniche delle comunicazioni di massa dell’Università di Michigan, Dott. Andrew Mac Pherson, il quale, in uno studio pubblicato a febbraio del 2011, ha calcolato che “William Shakespeare in tutta la sua esistenza adulta ha ricevuto una quantità di informazioni sugli avvenimenti, allora attuali, pari a quella che un normale cittadino di un qualunque paese occidentale riceve nel 2011 in una normale giornata feriale di lavoro. E’ il rapporto tra 24 ore e circa 25.000. Ma oggi, non c’è un Shakespeare. Come mai?”.
Questa curiosa ricerca ci consente di usarla come spunto per riflettere su un aspetto che giorno dopo giorno si presenta ai nostri occhi come la chiave base, l’input del right password, per poter avere accesso a una comprensione reale del mondo attuale: “siamo deformati”.
La banalità massificata -voluta e imposta da chi gestisce il Potere- considera Legge acquisita la definizione “viviamo nell’epoca dell’informazione”, il che non corrisponde ad alcuna Verità accertata. Anzi. Viene spacciata come “verità dell’informazione” una sequela costante di clamorosi falsi basati su una interpretazione di parte -e dunque faziosa- di fenomeni oggettivi il cui fine ultimo consiste nel deformare fatti azioni parole (e in ultima istanza leggi dello stato) presentandoli sotto la veste di oggettività come se si trattasse di “informazioni”. Si tratta, invece, di deformazioni, il cui fine è spingere con lievità il cittadino post-moderno verso una confusione e una incorporazione di segnali ambigui e spesso contrastanti e contraddittori che produce nella mente umana una scarica di specifiche sinapsi che abbassano il passaggio di corrente elettrica verso i centri motori della intelligenza umana soggettiva.
In tal modo, oggi, il cittadino che si espone alla rete, ai video, ai telegiornali, ai talk show, ai social networks, ai giornali on line e cartacei, finisce per diventare un inconsapevole automa della propria auto-distruzione. Tanto più crede di informarsi e di acquisire informazioni, tanto più deforma il proprio panorama interno producendo un abbassamento delle possibilità e probabilità di aumentare le necessarie scariche elettriche per comprendere, capire, fare collegamenti creativi e intuitivi.
Ogni cittadino, inevitabilmente esposto, diventa così l’autore del proprio singolo campo di concentramento. Diventa, da solo, inconsapevolmente, dittatore e vittima di se stesso. Ciò che alla fine della giornata crede di sapere o di aver appreso è in realtà il risultato di un dato deformato della realtà che finirà per produrre soltanto confusione e acquisizione di concetti che, lentamente, finiscono per istupidiree abbassare il livello di coscienza attiva. Così ad esempio, in Italia, viene considerata una “verità oggettiva” l’idea che esistano delle guerre in cui non si combatte; che esistano ordini militari di inviare bombardieri che non bombardano; soldati armati di tutto punto che si recano ion luoghi lontani non per fare la guerra bensì per “in missione di pace”.
La mente umana dei giovanissimi, quindi, non identifica più il “pacifista” nel Mahatma Gandhi, bensì in un soldato equipaggiato di armamenti di morte sofisticati. L’acquisizione di questo concetto è inconscio e inconsapevole.
Altrimenti non sarebbe possibile comprendere come possa accadere che molti gruppi che si autodefiniscono “pacifisti” incitino all’odio, alla distruzione di una opposizione o nemico, e parlino di produzione di morte chiedendo la guerra.
Basterebbe pensare alla davvero tragica reazione di gran parte del popolo italiano alla terribile morte per assassinio di Vittorio Arrigoni, un giovane italiano che io considero oggi il vero e proprio simbolo di una neo-robottizzazione che sta diventando la più potente ed efficace arma nelle mani di chi organiza e gestisce la deformazione. Il giovane Arrigoni, infatti (che riposi in pace) è stato presentato (informazioni ufficiali) al pubblico come un devoto e accanito militante pacifista. Eppure, nei suoi blog lui parlava soltanto di guerra e di distruzione e incitava all’odio verso un nemico ben identificato (è irrilevante quale fosse il nemico). Tant’è che è stato assassinato da coloro che lui riteneva essere suoi compagni di percorso, amici o fratelli o colleghi che fossero, perchè questa è la fine che sono destinati a fare tutti coloro che pensano (perchè così li hanno robotizzati) che si possa essere pacifisti parlando di guerra, che si possa essere pacifisti invocando la permanente distruzione di un oppositore chiunque ella o egli sia.
Per far sì di poter ritornare a un concetto di informazione sottraendosi alla deformazione è necessario aiutare la propria mente salvaguardando i concetti base di “coerenza interna” anche a costo di sembrare infantili e banali. Diventa un esercizio igienico di salvaguardia del proprio Sè autonomo. Chi parla di guerra, aggredisce un’altra persona, propugna l’odio, è un pacifinto. Chi pratica cerca e propugna l’armonia, il compromesso disarmato, l’incontro tra diversi, e definisce il proprio oppositore con termini non insultanti e non offensivi allora è un pacifista. Semplice e banale.
Oggi, individui del genere, vengono identificati da coloro che producono la cosiddetta informazione come dei “sognatori” dei “visionari”.
Ben venga questa definizione, purchè chiunque sappia che è bene dire a se stessi che , in realtà, si è realisti e non sognatori.
La deformazione della realtà (altrimenti non sarebbe deformazione) impone l’uso e l’abuso di termini contradditori al fine di inceppare il funzionamento della mente umana e poterla quindi pilotare a proprio piacimento.
Chi si sottrae viene considerato apocalittico e visionario.
Fateglielo pure credere se è questo che vogliono.
Ma non ditelo a voi stessi.
Quando il Ministro della Difesa di una nazione in guerra aperta e dichiarata -e in corso- dichiara in televisione, come ha fatto l’on. Ignazio La Russa alle 22 del 3 maggio 2011 nel corso della trasmissione Ballarò che “sono stati dati ordini ai nostri bombardieri di sganciare soltanto bombe intelligenti su obiettivi mirati preselezionati perchè noi siamo lì in missione di pace per salvare le vite dei civili” vuol dire che esiste da parte dell’esecutivo una chiara strategia di comunicazione il cui fine è, chiaro e netto: deformare la realtà e produrre nel cervello di chi ascolta dei corto circuiti dell’intelligenza pensando che esistano bombe intelligenti (e quindi incorporando inconsapvolmente l’identità tra intelligenza e bombe) che esistano guerre dove non si combatte, che esistano guerre dove si cerca di salvare i civili, che esistano guerre fatte per la pace, ecc.,ecc.
Ritornare alla ricerca di elementari codici apparentemente banali (quelli per l’appunto che aveva il Grande Bardo cinquecento anni fa) vuol dire alimentare la propria intelligenza.
I pacifisti parlano di pace. Chi non parla e non scrive di pace è un pacifinto.
I soldati in guerra devono uccidere e lo vogliono fare, altrimenti farebbero i vigili urbani.
Chi cerca e pratica la coerenza è un realista. Sono i cinici a essere visionari mitomani.
Chi non rispetta la Legge è un delinquente. Non ha nessuna importanza il motivo per cui lo faccia.
Sono frasi banali, apparentemente di sconcertante ovvietà.
Oggi, più che mai, diventano il concime necessario per cominciare a nutrirci dentro del cibo necessario per poter essere autonomi, nuovamente pensanti.
E, si spera….finalmente di nuovo liberi……
Eppure, se paragoniamo Shakespeare a qualsivoglia scribacchino attuale, salta subito agli occhi un dato, fiscalizzato dalla ossessiva mania di un professore di statistica e di teoria e tecniche delle comunicazioni di massa dell’Università di Michigan, Dott. Andrew Mac Pherson, il quale, in uno studio pubblicato a febbraio del 2011, ha calcolato che “William Shakespeare in tutta la sua esistenza adulta ha ricevuto una quantità di informazioni sugli avvenimenti, allora attuali, pari a quella che un normale cittadino di un qualunque paese occidentale riceve nel 2011 in una normale giornata feriale di lavoro. E’ il rapporto tra 24 ore e circa 25.000. Ma oggi, non c’è un Shakespeare. Come mai?”.
Questa curiosa ricerca ci consente di usarla come spunto per riflettere su un aspetto che giorno dopo giorno si presenta ai nostri occhi come la chiave base, l’input del right password, per poter avere accesso a una comprensione reale del mondo attuale: “siamo deformati”.
La banalità massificata -voluta e imposta da chi gestisce il Potere- considera Legge acquisita la definizione “viviamo nell’epoca dell’informazione”, il che non corrisponde ad alcuna Verità accertata. Anzi. Viene spacciata come “verità dell’informazione” una sequela costante di clamorosi falsi basati su una interpretazione di parte -e dunque faziosa- di fenomeni oggettivi il cui fine ultimo consiste nel deformare fatti azioni parole (e in ultima istanza leggi dello stato) presentandoli sotto la veste di oggettività come se si trattasse di “informazioni”. Si tratta, invece, di deformazioni, il cui fine è spingere con lievità il cittadino post-moderno verso una confusione e una incorporazione di segnali ambigui e spesso contrastanti e contraddittori che produce nella mente umana una scarica di specifiche sinapsi che abbassano il passaggio di corrente elettrica verso i centri motori della intelligenza umana soggettiva.
In tal modo, oggi, il cittadino che si espone alla rete, ai video, ai telegiornali, ai talk show, ai social networks, ai giornali on line e cartacei, finisce per diventare un inconsapevole automa della propria auto-distruzione. Tanto più crede di informarsi e di acquisire informazioni, tanto più deforma il proprio panorama interno producendo un abbassamento delle possibilità e probabilità di aumentare le necessarie scariche elettriche per comprendere, capire, fare collegamenti creativi e intuitivi.
Ogni cittadino, inevitabilmente esposto, diventa così l’autore del proprio singolo campo di concentramento. Diventa, da solo, inconsapevolmente, dittatore e vittima di se stesso. Ciò che alla fine della giornata crede di sapere o di aver appreso è in realtà il risultato di un dato deformato della realtà che finirà per produrre soltanto confusione e acquisizione di concetti che, lentamente, finiscono per istupidiree abbassare il livello di coscienza attiva. Così ad esempio, in Italia, viene considerata una “verità oggettiva” l’idea che esistano delle guerre in cui non si combatte; che esistano ordini militari di inviare bombardieri che non bombardano; soldati armati di tutto punto che si recano ion luoghi lontani non per fare la guerra bensì per “in missione di pace”.
La mente umana dei giovanissimi, quindi, non identifica più il “pacifista” nel Mahatma Gandhi, bensì in un soldato equipaggiato di armamenti di morte sofisticati. L’acquisizione di questo concetto è inconscio e inconsapevole.
Altrimenti non sarebbe possibile comprendere come possa accadere che molti gruppi che si autodefiniscono “pacifisti” incitino all’odio, alla distruzione di una opposizione o nemico, e parlino di produzione di morte chiedendo la guerra.
Basterebbe pensare alla davvero tragica reazione di gran parte del popolo italiano alla terribile morte per assassinio di Vittorio Arrigoni, un giovane italiano che io considero oggi il vero e proprio simbolo di una neo-robottizzazione che sta diventando la più potente ed efficace arma nelle mani di chi organiza e gestisce la deformazione. Il giovane Arrigoni, infatti (che riposi in pace) è stato presentato (informazioni ufficiali) al pubblico come un devoto e accanito militante pacifista. Eppure, nei suoi blog lui parlava soltanto di guerra e di distruzione e incitava all’odio verso un nemico ben identificato (è irrilevante quale fosse il nemico). Tant’è che è stato assassinato da coloro che lui riteneva essere suoi compagni di percorso, amici o fratelli o colleghi che fossero, perchè questa è la fine che sono destinati a fare tutti coloro che pensano (perchè così li hanno robotizzati) che si possa essere pacifisti parlando di guerra, che si possa essere pacifisti invocando la permanente distruzione di un oppositore chiunque ella o egli sia.
Per far sì di poter ritornare a un concetto di informazione sottraendosi alla deformazione è necessario aiutare la propria mente salvaguardando i concetti base di “coerenza interna” anche a costo di sembrare infantili e banali. Diventa un esercizio igienico di salvaguardia del proprio Sè autonomo. Chi parla di guerra, aggredisce un’altra persona, propugna l’odio, è un pacifinto. Chi pratica cerca e propugna l’armonia, il compromesso disarmato, l’incontro tra diversi, e definisce il proprio oppositore con termini non insultanti e non offensivi allora è un pacifista. Semplice e banale.
Oggi, individui del genere, vengono identificati da coloro che producono la cosiddetta informazione come dei “sognatori” dei “visionari”.
Ben venga questa definizione, purchè chiunque sappia che è bene dire a se stessi che , in realtà, si è realisti e non sognatori.
La deformazione della realtà (altrimenti non sarebbe deformazione) impone l’uso e l’abuso di termini contradditori al fine di inceppare il funzionamento della mente umana e poterla quindi pilotare a proprio piacimento.
Chi si sottrae viene considerato apocalittico e visionario.
Fateglielo pure credere se è questo che vogliono.
Ma non ditelo a voi stessi.
Quando il Ministro della Difesa di una nazione in guerra aperta e dichiarata -e in corso- dichiara in televisione, come ha fatto l’on. Ignazio La Russa alle 22 del 3 maggio 2011 nel corso della trasmissione Ballarò che “sono stati dati ordini ai nostri bombardieri di sganciare soltanto bombe intelligenti su obiettivi mirati preselezionati perchè noi siamo lì in missione di pace per salvare le vite dei civili” vuol dire che esiste da parte dell’esecutivo una chiara strategia di comunicazione il cui fine è, chiaro e netto: deformare la realtà e produrre nel cervello di chi ascolta dei corto circuiti dell’intelligenza pensando che esistano bombe intelligenti (e quindi incorporando inconsapvolmente l’identità tra intelligenza e bombe) che esistano guerre dove non si combatte, che esistano guerre dove si cerca di salvare i civili, che esistano guerre fatte per la pace, ecc.,ecc.
Ritornare alla ricerca di elementari codici apparentemente banali (quelli per l’appunto che aveva il Grande Bardo cinquecento anni fa) vuol dire alimentare la propria intelligenza.
I pacifisti parlano di pace. Chi non parla e non scrive di pace è un pacifinto.
I soldati in guerra devono uccidere e lo vogliono fare, altrimenti farebbero i vigili urbani.
Chi cerca e pratica la coerenza è un realista. Sono i cinici a essere visionari mitomani.
Chi non rispetta la Legge è un delinquente. Non ha nessuna importanza il motivo per cui lo faccia.
Sono frasi banali, apparentemente di sconcertante ovvietà.
Oggi, più che mai, diventano il concime necessario per cominciare a nutrirci dentro del cibo necessario per poter essere autonomi, nuovamente pensanti.
E, si spera….finalmente di nuovo liberi……
Nessun commento:
Posta un commento