di Sergio Di Cori Modigliani
Quante sono le donne stuprate ogni anno in Italia?
E' difficile a dirsi.
Lo stupro sessuale, infatti, a differenza del furto e dell'omicidio, è un reato simile a quello della truffa; molto spesso -il più delle volte- anche se, per motivi diversi, la vittima non sporge denuncia per timore dell'impatto negativo sulla propria immagine, per vergogna sociale, per pudore, per cautelare la propria intimità.
Per paura di eventuali ritorsioni.
Dobbiamo quindi affidarci ai dati ufficiali e lavorare sulle cifre a disposizione.
Le ultime statistiche ci rivelano che nel 2010, i casi accertati su denuncia, hanno raggiunto la cifra di
84.756. Nel 2009 erano stati 69.450. Nel 2000 erano 41.400. Nel 1990 non raggiungevano la cifra di 20.000.
Nell'ultimo decennio, quindi, c'è stato un incremento del 105% e nel 2010 un aumento del 23% rispetto all'anno precedente, il più alto in tutta l'Europa occidentale.
Se si va ad analizzare il dato parcellizzandolo si viene a scoprire che, rispetto al 2000, c'è stata una modificazione nell'età degli stupratori. Si è clamorosamente abbassata e alzata. Nel 2010 l'età media era 22/28 anni; nel 2010, invece è scesa a 16/22, con una percentuale del 26% di stupratori che hanno un'età media inferiore ai 16 anni. Nel 2000 soltanto l'8% aveva un'età superiore ai 50 anni; nel 2010 questa fascia anagrafica è salita al 19%.
A questa cifra, va aggiunta "l'onda d'urto di propagazione", termine socioologico che indica l'impatto traumatico e negativo che colpisce genitori, fratelli, fidanzati, mariti, amici delle vittime.
Tutte le agenzie che si occupano di monitorare il territorio e si occupano di quest'aspetto socio-patologico della nostra realtà, moltiplicano quindi il dato per cinque. L'evento dello stupro, oltre alla vittima, colpisce "almeno" altre quattro persone direttamente e intimamente collegate alla persona oggetto della violenza sessuale.
Dal punto di vista sociale, pertanto, le cifre ufficiali ci comunicano che i cittadini coinvolti in questa tragedia collettiva (sulla base dei dati ufficiali) si aggira intorno alle 400 mila unità.
E non c'è nessun dato ufficiale che ci parla del sommerso.
Esistono tre modi diversi di leggere queste cifre.
Quello super ottimista, che tende a considerare l'aumento di coraggio civile e individuale da parte delle vittime (rispetto a dieci anni fa) per cui oggi il reato di stupro non viene più coperto dalla vittima stessa e/o dai suoi familiari più stretti. Dal che, se ne dedurrebbe che più che un aumento c'è stata una esposizione.
Quello pessimista, invece, ritiene che il sommerso è sempre lo stesso ma è il dato in clamorosa espansione.
La terza lettura, invece, è una sintesi delle prime due.
I dati statistici non si occupano di questioni etiche o morali; sono oggettivi. Servono per leggere la realtà e attuare gli ammortizzatori sociali necessari, la prevenzione, la rilevazione del sintomo e la sua eventuale cura.
Ciò non toglie che, in Italia, il fenomeno è già da molto tempo allarmante per la sua diffusione massiccia.
Lo stupro è un atto che non appartiene -come la piattezza del senso comune vorrebbe dare ad intendere- ad un fattore istintivo relativo alla natura aggressiva del maschio.
Appartiene, invece, a una interpretazione culturale, psicologica e sociale dell'esistenza.
Negli Usa, nei paesi scandinavi, in Svizzera e in Germania, dal 2008 il reato penale di stupro è stato "elevato" come gravità sociale, passando dal quinto più pesante reato penale al secondo, subito dopo l'omicidio, sostituendo addirittura la rapina a mano armata, l'organizzazione di banda armata, il furto con scasso.
Il costo sociale e psicologico per l'intera società è considerato talmente alto da aver spinto i legislatori, le forze dell'ordine, i detentori del potere politico esecutivo ad accelerare un processo di educazione civica collettiva per "educare" la società -partendo dalle scuole medie inferiori- per lanciare dei piani di prevenzione, controllo, e salvaguardia della propria identità e della propria famiglia.
In Italia, purtroppo, di questo fenomeno non se ne parla.
Si dà per scontato che esista.
Si fa credere al cittadino che viviamo in una società ancora permeata dal mito della seduzione, del playboy, dell'italian lover, e di tutti i consueti stereotipi, considerando lo stupro come un evento da ascrivere soltanto e unicamente alle fasce sociali più disagiate ed emarginate.
Non è così.
Tant'è vero che i dati forniti dal Ministero degli Interni ci rivelano che, tra gli arrestati, il 32% appartiene ad una fascia socio-economica medio alta.
La "cultura" del sesso che si è diffusa nell'ultimo decennio, in Italia, ha comportato una diffusione del concetto di stupro talmente massiccio da averlo fatto diventare un fenomeno trendy, identificato nella sezione "sesso estremo" e quindi, in pratica, depenalizzandolo. E' l'uso continuo di questo termine che facilita e fortifica le fantasie di stupro tra persone sessuo-emotivamente fragili, represse, complessate.
Basterebbe prendere atto che nel 2010 il dvd porno più venduto, cliccato, affittato e visto nella Repubblica Italiana è quello riportato nell'immagine qui in calce, il cui titolo "stupro con gioia" la dice tutta.
Esistono addirittura dei cosiddetti esperti sessuologi, in Italia, che attribuiscono allo stupro una modalità di trasferimento nella realtà di una fantasia sessuale lecita che ha il diritto di essere espressa nel nome di una presupposta libertà sessuale, che si starebbe diffondendo sempre di più a livello di massa. L'uso improprio, sia da parte della pubblicità che da ignoranti giornalisti, del termine "sesso estremo", finisce per alleggerire la tragedia psico/emotiva dello stupro trasformando l'evento in una specie di sport o di moda legata ai tempi che corrono.
Il sesso estremo non esiste.
E' una finzione voluta da chi giustifica lo stupro o lo vorrebbe praticare.
E', rimane, e deve rimanere un reato penale contro la persona.
Il cosiddetto "sesso estremo" non è altro che un termine glamour per giustificare l'irruzione della violenza fisica all'interno della pratica sessuale, attribuendo un significato accettabile -addirittura di moda- per l'intera società. Il risultato dell'uso di questo termine improprio è stato quello di una totale indifferenza al problema.
Non è certo un caso che la diffusione dello stupro sessuale sia l'unico argomento al quale non vi è dedicata neppure una riga nè nel programma elettorale dell'avvocato Pisapia nè in quello della signora Moratti.
Eppure, a Milano città e nell'hinterland i casi di stupro sono aumentati nel 2010 del 235% rispetto all'anno precedente e del 756% rispetto al 2000. Ma non fa notizia.
Non si spiega alla gente l'immenso costo sociale che questo fenomeno comporta.
La massificazione di questo comportamento deteriore e criminale è un sintomo di degradazione culturale di una società. Quando le cifre della violenza sessuale si impennano verso l'alto, vuol dire che in quella società la violenza e la brutalità si stanno diffondendo a scapito della relazionalità condivisa.
Bisognerebbe riflettere su questo aspetto sottaciuto, e pretendere dai propri amministratori locali che l'argomento venga affrontato in termini preventivi.
Dipende da tutti noi fare in modo che il sesso estremo non diventi presto sesso normale.
Chi pratica lo stupro è un criminale e chi ha fantasie in quel senso è bene che provveda, in qualche modo, a cercare collaborazione e aiuto da parte di amici, psicologi, psichiatri.
Se non fermiamo la diffusione in Italia di questo fenomeno, aggiungeremo un fattore -e non da poco- all'idea sempre più diffusa nel resto d'Europa che si va diffondendo sul nostro paese, ormai identificato come una nazione decaduta e regredita dal punto di vista culturale e civile.
E ci spingerà sempre di più fuori dall'Europa.
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