Sergio Di Cori Modigliani on Friday, May 13, 2011 at 3:17pm
L'esercizio della memoria storica, purtroppo, non appartiene alle virtù della nostra etnia. Altrimenti non saremmo crollati economicamente, politicamente e culturalmente con una allarmante caduta verticale. Eppure, se oserviamo i fatti reali dell'attuale dibattito politico italiano, siamo in grado di renderci conto che la situazione è cambiata radicalmente negli ultimi quaranta giorni e che il potenziale vincitore, risulta a tutti gli effetti Pierluigi Bersani. E' ormai chiaro come il sole.
Adesso vi spiego il mio punto di vista.
Non vi è alcun dubbio che per gli assuefatti fruitori della vita nazionale, ammaliati -nonchè ammalati- dall'imperante narcisismo becero, Bersani viene vissuto e percepito, come immagine, alla stregua di un parroco di campagna, quasi una caricatura di se stesso, addirittura il clone di Crozza, per gli stessi motivi -opposti- per i quali Berlusconi seguita a venir accreditato di un surplus di immagine dovuto al suo strapotere e forza mediatica. Grave errore.
La politica, infatti (intendo dire quella vera) non è fatta di barzellette, facciotte, prebende e scandaluzzi.
Questa è la merce vendibile a livello mediatico quotidiano che il Potere -quello che conta- ama far credere alla massa passiva per nascondere la realtà del loro operare fintantochè i giochi non sono stati realizzati, ritagliandosi, quindi, tutto lo spazio possibile per poter operare in santa pace.
Ora, i nuovi giochi si sono chiusi.
La politica è fatta dall'incontro di poteri costituiti che rappresentano interessi economici ben specifici, in rappresentanza dei settori sociali produttivi che in una specifica nazione rappresentano la spina dorsale di questo o quel popolo.
Berlusconi era riuscito a guadagnarsi -nel suo modo arrogante e illegale, attraverso intelligenti alleanze- la complicità dei settori italiani trainanti, dalla Banca d'Italia alla Confindustria, dalle banche private all'industria del nord, dagli ex comunisti al Vaticano, dalla criminalità organizzata ai sindacati, interpretando un ansia autentica di rinnovamento e garantendo l'esecuzione di una serie di grandi affari sia internazionali che nazionali, i quali, alla fine, avrebbero sì e senz'altro arricchito lui e la sua famiglia e i suoi pochi amici intimi e fidati, ma soprattutto avrebbero prodotto e allargato la ricchezza generale e collettiva.
Al di là della retorica piatta e propagandistica, il motivo del suo successo era stato questo.
Nel 2009 ci si è accorti che non era così e che l'aumento della sua ricchezza personale corrispondeva a una diminuzione della ricchezza collettiva, nè più nè meno di quanto non fosse accaduto nei paesi dei suoi amici intimi, Libia, Bielorussiua, Russia, Kazakistan, Tunisia.
A giugno del 2010 le richieste pressanti della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale hanno inevitabilmente spinto l'Italia (cioè i settori che davvero contano) a fare i conti veri con la propria realtà per evitare che l'Italia diventasse come la Grecia.
Ormai chiaro a tutti che la politica di Berlusconi aveva escluso ogni soggetto non colluso con la sua famiglia allargata, e il frutto del suo operare avrebbe finito per impoverire l'Italia presentando poi il conto economico al resto d'Europa, le potenze e le lobby planetarie che ci controllano e determinano il nostro destino (in realtà siamo un piccolo paese che conta davvero molto poco) hanno spinto verso un cambiamento di rotta che non è stato possibile realizzare.
Il potere (autentico) a livello internazionale di Berlusconi era ormai tale da permettergli il lusso di poter fare la voce grossa, proprio come aveva fatto Gheddafi due mesi fa, e dire con chiarezza: no, io non me ne vado.
Proprio come in Libia si è scatenata in Italia, a giugno del 2010, la guerra civile.
Non essendo la nostra Patria una nazione tribale, nè feudale, nè pre-moderna (com'è invece la Libia) la guerra civile non si è manifestata secondo forme primitive e sanguinolenti; ha seguito la propria tradizione storica.
Ciascuno ha fatto la propria parte.
Fini (davvero eroico e allo stesso tempo lungimirante) si è conquistato e garantito un posto al sole nel prossimo governo, in rappresentanza dei ceti economici produttivi moderati e conservatori, sacrificando il proprio partito, e apparentemente perdendo. Ma soltanto "in apparenza" non nella sostanza. In verità ha perso secondo un'ottica berlusconiana. Perchè si è garantito la totale alleanza (l'unica autentica e consolidata alleanza su cui ha potuto e può contare tuttora) con la quale lavorare "politicamente" per costruire un'alternativa di evoluzione: l'appoggio di Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia.
Nel frattempo (vi rinfresco la memoria) mentre nell'agosto del 2010 tutto l'interesse verteva sull'inizio del caso Ruby e sullo scontro tra Berlusconi e Fini, il PD assumeva pubblicamente una posizione di apparente latitanza.
La massa democratica era avvilia e attribuiva questa posizione difensiva di bassissimo profilo al fatto che Bersani non fosse un leader presentabile.
Costretto dagli eventi a dare qualche briciola di informazioni autentiche "politiche" ai propri sotenitori, intorno al 10 agosto 2010 Pierluigi Bersani fece quattro uscite pubbliche che lasciarono sgomenti i votanti del PD perchè dichiarò che aveva aperto un dialogo con la Lega, che considerava i leghisti degli interlocutori attendibili e che intendeva "confrontarsi politicamente con i soggetti economici, sociali e politici che oggi si identificano con la Lega, alla quale non si può negare il fatto di essere riuscita a posizionarsi radicandosi nel territorio e confermando di avere una visione della politica basata sulla realtà economica e sulla necessità di produrre lavoro, occupazione e rilanciare il funzionamento delle imprese".
Venne attaccato da tutti, considerato un povero demente.
Bersani smise di parlare perchè capì che non era ancora tempo e che la battaglia sarebbe stata molto lunga.
Si concentrò, con grande abilità, per risolvere i problemi interni del PD dove Veltroni e D'Alema rimanevano saldamente al comando di una visione obsoleta e perdente che a tutti i costi -contrariamente alle apparenze- voleva seguitare ad avere Berlusconi come interlocutore.
Bersani, nell'estate del 2010, aprì un discorso con la Lega e iniziò la lunga trattativa.
Berlusconi non se ne accorse.
L'ha capito soltanto un mese fa, ma era ormai troppo tardi.
Grazie infatti all'emergenza libica e quindi al potenziale inondamento di profughi (si prevedono circa 200.000 arrivi entro la fine di luglio e le stime sono al ribasso) la Lega ha chiuso specifici accordi con l'unica forza politica in grado di garantirgli una presenza politica sul territorio: il PD di Bersani.
Berlusconi, quindi, si è trovato dinanzi ad una realtà politica inattesa e per bloccarla, non essendo un politico abile, ha scelto la via più pericolosa in assoluto, oltrechè perdente: l'estremismo.
Ha imbarcato i più facinorosi e ha cominciato a spostarsi sempre di più verso l'estrema destra provocando uno sbilanciamento dell'asse politico italiano, commettendo lo stesso identico errore che aveva commesso il gruppo del Manifesto nel 1972 e Bertinotti nel 1997.
L'Italia non ama le ali estreme, è una etnia moderata.
La Lega, quindi, si è spostata al centro ed ha assunto una linea moderata finendo per incontrarsi con Bersani.
Berlusconi, quindi, non ha più vie d'uscita se non quella di seguitare ad essere sempre più estremo perchè ormai è saltato il collante dell'incontro tra diverse parti sociali. Ma la Lega non lo segue perchè soltanto la forza organizzativa del PD (che è ancora reale) può garantire nel settentrione la presenza necessaria per poter assorbire senza drammi l'arrivo di centinaia di migliaia di profughi disoccupati che nessuno in Europa vuole ospitare.
Grazie alla guerra in Libia e grazie al fatto che le minacce di Gheddafi si sono dimostrate una promessa e non una spacconata, la Lega e il PD sono finite alleate (lo sono ormai chiaramente di fatto dovunque nel nord d'Italia, anche se ancora non lo possono dire) perchè il PD può mediare anche con l'Europa dove la Lega è impresentabile mentre Bersani e Prodi e Fassino sono considerati interlocutori autorevoli a Bruxelles; perchè la Merkel ha dato già il via libera alla nuova Italia del 2012 accettando la candidatura di Draghi alla presidenza della banca centrale europea, che situa quindi Fini come terzo alleato comodo e stabile in grado di spiegare alla destra che ragiona perchè Berlusconi si comporta ormai come "un agente sovietico vecchio stampo" e Bossi ha già dato ordini ai suoi di votare al ballottaggio per Pisapia nel caso la Moratti non vinca subito al primo turno.
Basterebbe vedere i dodici esperimenti (sotto gli occhi di tutti) in alcuni comuni liguri, calabresi ed emiliani, dove il PD appoggia candidati leghisti, la Lega appoggia candidati democratici ed entrambi hanno scelto di usare le amministrative come un ottimo balon d'essai per mettere a caratura la nuova alleanza.
Ha vinto la linea di Bersani.
Bossi che è un politico pragmatico ha incassato la firma di Napolitano sul federalismo e comincia a prendere le distanze da Berlusconi che è appoggiato soltanto dall'estrema destra proveniente dal vecchio MSI riciclato al proprio interno.
Negli ultimi sei mesi sono cambiati gli assetti del management dei gruppi bancari che contano e Bersani e Bossi e Fini (insieme) controllano nel nord d'Italia il 68% delle attività finanziarie produttive, a differenza del 2009 quando Bossi e Berlusconi ne controllavano il 63%.
Il nuovo quadro politico ci offre quindi un Fini che guarda all'Europa grazie a Draghi, un Vendola che fa il poeta per dare una sveglia garantendosi il controllo e la rappresentanza dei ceti più disagiati e non garantiti e Bersani che -a dspetto della sua facciotta da curato di campagna- ha dimostrato di essere un politico italiano raffinato, in grado di saper tessere l'unica matassa che in questo paese regge all'usura dei tempi: l'incontro tra forze diverse nel nome di un interesse comune, come aveva fatto Fanfani con Nenni, Moro con Berlinguer, come aveva fatto Andreotti con Craxi.
Come ha fatto Fini con Napolitano.
E' solo una questione di tempo.
Berlusconi ha fatto la stessa scelta di Gheddafi.
Finirà nascosto in una tenda nel deserto come lui.
Magari una tenda di lusso, con un telone fatto di fili d'oro e di diamanti grezzi piena di lingotti accatastati.
Ma pur sempre, una semplice tenda.
I beduini ritorneranno a fare i beduini.
A questo servono le guerre.
A dispetto di coloro che sostengono che le guerre non servono e non hanno mai portato a nulla.
Non è vero. Non è così. Purtroppo non è così.
Le guerre sono ancora necessarie. Perchè l'essere umano è ancora primitivo e l'onnipotenza individuale si nasconde sempre dietro l'angolo. Davanti a dei gorilla ottusi le argomentazioni eleganti contano poco o nulla.
Grazie alla guerra di Libia, Berlusconi sta cadendo frantumandosi sempre di più. Perde pezzi ogni giorno e come Gheddafi si estremizza sempre di più.
Un tempo, la Nato organizzava colpi di stato.
Oggi, invece, si usano le bombe intelligenti.
Per questo si chiamano intelligenti.
Consentono di cambiare governi in occidente e modificare gli assetti sociali in presenza di gravi crisi senza che le masse se ne rendano conto. Senza sparare un colpo di pistola in patria.
Chi ha amato Berlusconi, quindi, è bene che osservi e comprenda la nuova realtà. E si adatti al nuovo teatro.
Chi non lo ama e vorrebbe vederlo cadere, può indurre all'ottimismo.
Secondo uno studio ragionato molto attendibile prodotto dal più importante think tank conservatore della California, la Rank Corporation, l'obiettivo della guerra in Libia consiste nell'evitare l'avanzamento della crisi economica in Europa e nel cambiamento di alcuni governi centrali, Italia, Spagna e Germania in testa.
Il più evoluto sarà quello tedesco.
Ma entro la fine dell'autunno l'Italia ritornerà ad occupare una posizione civile in Europa.
Grazie a Bersani e alla sua medicina da curato di campagna.
Un giorno lo dovremo ringraziare.
Lo dice uno che non lo ha mai amato.
Ma i fatti della storia gli stanno dando ragione.
Noblesse oblige.
Come ama dire lui "non stiamo mica qui a pettinar le bambole".
buon week end a tutti
Adesso vi spiego il mio punto di vista.
Non vi è alcun dubbio che per gli assuefatti fruitori della vita nazionale, ammaliati -nonchè ammalati- dall'imperante narcisismo becero, Bersani viene vissuto e percepito, come immagine, alla stregua di un parroco di campagna, quasi una caricatura di se stesso, addirittura il clone di Crozza, per gli stessi motivi -opposti- per i quali Berlusconi seguita a venir accreditato di un surplus di immagine dovuto al suo strapotere e forza mediatica. Grave errore.
La politica, infatti (intendo dire quella vera) non è fatta di barzellette, facciotte, prebende e scandaluzzi.
Questa è la merce vendibile a livello mediatico quotidiano che il Potere -quello che conta- ama far credere alla massa passiva per nascondere la realtà del loro operare fintantochè i giochi non sono stati realizzati, ritagliandosi, quindi, tutto lo spazio possibile per poter operare in santa pace.
Ora, i nuovi giochi si sono chiusi.
La politica è fatta dall'incontro di poteri costituiti che rappresentano interessi economici ben specifici, in rappresentanza dei settori sociali produttivi che in una specifica nazione rappresentano la spina dorsale di questo o quel popolo.
Berlusconi era riuscito a guadagnarsi -nel suo modo arrogante e illegale, attraverso intelligenti alleanze- la complicità dei settori italiani trainanti, dalla Banca d'Italia alla Confindustria, dalle banche private all'industria del nord, dagli ex comunisti al Vaticano, dalla criminalità organizzata ai sindacati, interpretando un ansia autentica di rinnovamento e garantendo l'esecuzione di una serie di grandi affari sia internazionali che nazionali, i quali, alla fine, avrebbero sì e senz'altro arricchito lui e la sua famiglia e i suoi pochi amici intimi e fidati, ma soprattutto avrebbero prodotto e allargato la ricchezza generale e collettiva.
Al di là della retorica piatta e propagandistica, il motivo del suo successo era stato questo.
Nel 2009 ci si è accorti che non era così e che l'aumento della sua ricchezza personale corrispondeva a una diminuzione della ricchezza collettiva, nè più nè meno di quanto non fosse accaduto nei paesi dei suoi amici intimi, Libia, Bielorussiua, Russia, Kazakistan, Tunisia.
A giugno del 2010 le richieste pressanti della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale hanno inevitabilmente spinto l'Italia (cioè i settori che davvero contano) a fare i conti veri con la propria realtà per evitare che l'Italia diventasse come la Grecia.
Ormai chiaro a tutti che la politica di Berlusconi aveva escluso ogni soggetto non colluso con la sua famiglia allargata, e il frutto del suo operare avrebbe finito per impoverire l'Italia presentando poi il conto economico al resto d'Europa, le potenze e le lobby planetarie che ci controllano e determinano il nostro destino (in realtà siamo un piccolo paese che conta davvero molto poco) hanno spinto verso un cambiamento di rotta che non è stato possibile realizzare.
Il potere (autentico) a livello internazionale di Berlusconi era ormai tale da permettergli il lusso di poter fare la voce grossa, proprio come aveva fatto Gheddafi due mesi fa, e dire con chiarezza: no, io non me ne vado.
Proprio come in Libia si è scatenata in Italia, a giugno del 2010, la guerra civile.
Non essendo la nostra Patria una nazione tribale, nè feudale, nè pre-moderna (com'è invece la Libia) la guerra civile non si è manifestata secondo forme primitive e sanguinolenti; ha seguito la propria tradizione storica.
Ciascuno ha fatto la propria parte.
Fini (davvero eroico e allo stesso tempo lungimirante) si è conquistato e garantito un posto al sole nel prossimo governo, in rappresentanza dei ceti economici produttivi moderati e conservatori, sacrificando il proprio partito, e apparentemente perdendo. Ma soltanto "in apparenza" non nella sostanza. In verità ha perso secondo un'ottica berlusconiana. Perchè si è garantito la totale alleanza (l'unica autentica e consolidata alleanza su cui ha potuto e può contare tuttora) con la quale lavorare "politicamente" per costruire un'alternativa di evoluzione: l'appoggio di Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia.
Nel frattempo (vi rinfresco la memoria) mentre nell'agosto del 2010 tutto l'interesse verteva sull'inizio del caso Ruby e sullo scontro tra Berlusconi e Fini, il PD assumeva pubblicamente una posizione di apparente latitanza.
La massa democratica era avvilia e attribuiva questa posizione difensiva di bassissimo profilo al fatto che Bersani non fosse un leader presentabile.
Costretto dagli eventi a dare qualche briciola di informazioni autentiche "politiche" ai propri sotenitori, intorno al 10 agosto 2010 Pierluigi Bersani fece quattro uscite pubbliche che lasciarono sgomenti i votanti del PD perchè dichiarò che aveva aperto un dialogo con la Lega, che considerava i leghisti degli interlocutori attendibili e che intendeva "confrontarsi politicamente con i soggetti economici, sociali e politici che oggi si identificano con la Lega, alla quale non si può negare il fatto di essere riuscita a posizionarsi radicandosi nel territorio e confermando di avere una visione della politica basata sulla realtà economica e sulla necessità di produrre lavoro, occupazione e rilanciare il funzionamento delle imprese".
Venne attaccato da tutti, considerato un povero demente.
Bersani smise di parlare perchè capì che non era ancora tempo e che la battaglia sarebbe stata molto lunga.
Si concentrò, con grande abilità, per risolvere i problemi interni del PD dove Veltroni e D'Alema rimanevano saldamente al comando di una visione obsoleta e perdente che a tutti i costi -contrariamente alle apparenze- voleva seguitare ad avere Berlusconi come interlocutore.
Bersani, nell'estate del 2010, aprì un discorso con la Lega e iniziò la lunga trattativa.
Berlusconi non se ne accorse.
L'ha capito soltanto un mese fa, ma era ormai troppo tardi.
Grazie infatti all'emergenza libica e quindi al potenziale inondamento di profughi (si prevedono circa 200.000 arrivi entro la fine di luglio e le stime sono al ribasso) la Lega ha chiuso specifici accordi con l'unica forza politica in grado di garantirgli una presenza politica sul territorio: il PD di Bersani.
Berlusconi, quindi, si è trovato dinanzi ad una realtà politica inattesa e per bloccarla, non essendo un politico abile, ha scelto la via più pericolosa in assoluto, oltrechè perdente: l'estremismo.
Ha imbarcato i più facinorosi e ha cominciato a spostarsi sempre di più verso l'estrema destra provocando uno sbilanciamento dell'asse politico italiano, commettendo lo stesso identico errore che aveva commesso il gruppo del Manifesto nel 1972 e Bertinotti nel 1997.
L'Italia non ama le ali estreme, è una etnia moderata.
La Lega, quindi, si è spostata al centro ed ha assunto una linea moderata finendo per incontrarsi con Bersani.
Berlusconi, quindi, non ha più vie d'uscita se non quella di seguitare ad essere sempre più estremo perchè ormai è saltato il collante dell'incontro tra diverse parti sociali. Ma la Lega non lo segue perchè soltanto la forza organizzativa del PD (che è ancora reale) può garantire nel settentrione la presenza necessaria per poter assorbire senza drammi l'arrivo di centinaia di migliaia di profughi disoccupati che nessuno in Europa vuole ospitare.
Grazie alla guerra in Libia e grazie al fatto che le minacce di Gheddafi si sono dimostrate una promessa e non una spacconata, la Lega e il PD sono finite alleate (lo sono ormai chiaramente di fatto dovunque nel nord d'Italia, anche se ancora non lo possono dire) perchè il PD può mediare anche con l'Europa dove la Lega è impresentabile mentre Bersani e Prodi e Fassino sono considerati interlocutori autorevoli a Bruxelles; perchè la Merkel ha dato già il via libera alla nuova Italia del 2012 accettando la candidatura di Draghi alla presidenza della banca centrale europea, che situa quindi Fini come terzo alleato comodo e stabile in grado di spiegare alla destra che ragiona perchè Berlusconi si comporta ormai come "un agente sovietico vecchio stampo" e Bossi ha già dato ordini ai suoi di votare al ballottaggio per Pisapia nel caso la Moratti non vinca subito al primo turno.
Basterebbe vedere i dodici esperimenti (sotto gli occhi di tutti) in alcuni comuni liguri, calabresi ed emiliani, dove il PD appoggia candidati leghisti, la Lega appoggia candidati democratici ed entrambi hanno scelto di usare le amministrative come un ottimo balon d'essai per mettere a caratura la nuova alleanza.
Ha vinto la linea di Bersani.
Bossi che è un politico pragmatico ha incassato la firma di Napolitano sul federalismo e comincia a prendere le distanze da Berlusconi che è appoggiato soltanto dall'estrema destra proveniente dal vecchio MSI riciclato al proprio interno.
Negli ultimi sei mesi sono cambiati gli assetti del management dei gruppi bancari che contano e Bersani e Bossi e Fini (insieme) controllano nel nord d'Italia il 68% delle attività finanziarie produttive, a differenza del 2009 quando Bossi e Berlusconi ne controllavano il 63%.
Il nuovo quadro politico ci offre quindi un Fini che guarda all'Europa grazie a Draghi, un Vendola che fa il poeta per dare una sveglia garantendosi il controllo e la rappresentanza dei ceti più disagiati e non garantiti e Bersani che -a dspetto della sua facciotta da curato di campagna- ha dimostrato di essere un politico italiano raffinato, in grado di saper tessere l'unica matassa che in questo paese regge all'usura dei tempi: l'incontro tra forze diverse nel nome di un interesse comune, come aveva fatto Fanfani con Nenni, Moro con Berlinguer, come aveva fatto Andreotti con Craxi.
Come ha fatto Fini con Napolitano.
E' solo una questione di tempo.
Berlusconi ha fatto la stessa scelta di Gheddafi.
Finirà nascosto in una tenda nel deserto come lui.
Magari una tenda di lusso, con un telone fatto di fili d'oro e di diamanti grezzi piena di lingotti accatastati.
Ma pur sempre, una semplice tenda.
I beduini ritorneranno a fare i beduini.
A questo servono le guerre.
A dispetto di coloro che sostengono che le guerre non servono e non hanno mai portato a nulla.
Non è vero. Non è così. Purtroppo non è così.
Le guerre sono ancora necessarie. Perchè l'essere umano è ancora primitivo e l'onnipotenza individuale si nasconde sempre dietro l'angolo. Davanti a dei gorilla ottusi le argomentazioni eleganti contano poco o nulla.
Grazie alla guerra di Libia, Berlusconi sta cadendo frantumandosi sempre di più. Perde pezzi ogni giorno e come Gheddafi si estremizza sempre di più.
Un tempo, la Nato organizzava colpi di stato.
Oggi, invece, si usano le bombe intelligenti.
Per questo si chiamano intelligenti.
Consentono di cambiare governi in occidente e modificare gli assetti sociali in presenza di gravi crisi senza che le masse se ne rendano conto. Senza sparare un colpo di pistola in patria.
Chi ha amato Berlusconi, quindi, è bene che osservi e comprenda la nuova realtà. E si adatti al nuovo teatro.
Chi non lo ama e vorrebbe vederlo cadere, può indurre all'ottimismo.
Secondo uno studio ragionato molto attendibile prodotto dal più importante think tank conservatore della California, la Rank Corporation, l'obiettivo della guerra in Libia consiste nell'evitare l'avanzamento della crisi economica in Europa e nel cambiamento di alcuni governi centrali, Italia, Spagna e Germania in testa.
Il più evoluto sarà quello tedesco.
Ma entro la fine dell'autunno l'Italia ritornerà ad occupare una posizione civile in Europa.
Grazie a Bersani e alla sua medicina da curato di campagna.
Un giorno lo dovremo ringraziare.
Lo dice uno che non lo ha mai amato.
Ma i fatti della storia gli stanno dando ragione.
Noblesse oblige.
Come ama dire lui "non stiamo mica qui a pettinar le bambole".
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