martedì 13 dicembre 2011

Riuscito lo sciopero dei porti sulla west coast: e adesso cominciano a occupare le case sottratte dallo sfratto. "Cominciamo a colpire le banche usando i loro sistemi"

di Sergio Di Cori Modigliani

Quattro successi e mezzo per “occupy wall street” contraddistinguono la giornata di oggi.
Più un bonus che, nell’analisi delle comunicazioni di massa, è considerato un elemento fondamentale nell’organizzazione dell’immaginario collettivo: i simboli d’identificazione. Non a caso sono quelli considerati i più pericolosi in assoluto dai gestori del potere costituito. A Mosca, infatti, non appena il dissenso è sceso in piazza, hanno immediatamente arrestato il blogger più celebre in Russia. Meglio tagliare le teste pensanti subito prima che facciano ragionare la gente.
Colpire i simboli è sempre il momento clou –e disperato- di chi cerca di reprimere una protesta popolare. Molto spesso la Storia ci insegna che, in verità, si rivela un boomerang perché la repressione esalta il simbolo e trasforma una semplice vittima di una ingiustizia in un eroe di massa che diventa poi martire –nel caso venga ucciso o torturato-  nel nome del quale scattano poderosi fenomeni di aggregazione.
Il potere americano non ha commesso questo errore, ma i simboli sono ormai stati identificati e cominciano a crescere di spessore avvicinandosi sempre di più a quello che Marshall MacLuhan, in un suo profetico testo, aveva definito “la nascita del totem dell’uomo elettronico nell’epoca del villaggio globale, “l’Animus” in carne ed ossa che consente il riconoscimento dello spirito ideale della tribù, la quale, compatta e armonica, si unisce intorno al simbolo collettivo”.
I simboli sono due, trasversali e potenti.
Uno dei quali, talmente preoccupante per il potere, da aver convinto “immediatamente” l’intero parlamento a far passare una legge speciale (votata il 9 dicembre) che, legalmente, militarizza l’intero territorio degli Usa consentendo all’esercito di sostituirsi, senza alcun previo avvertimento, in “un qualunque momento lo ritenga necessario” sia alla polizia locale che all’FBI avvalendosi del diritto di fermare, interrogare, arrestare -senza aver bisogno di mandato- qualunque essere umano si trovi in uno dei 50 stati dell’Unione.
I due simboli sono Tim Cartney e Tasha Glasgow.
Diversissimi tra di loro.
Tasha è una giovane donna di 30 anni, disoccupata, madre singola di una bambina di tre, alla quale è stato tolto il sussidio di disoccupazione perché l’amministrazione Bloomberg a New York ha tagliato l’assegno a 2 milioni di persone per problemi di budget. E’ inoltre di pelle nera e proviene da una famiglia di afro-americani del ghetto di Harlem, quindi i bianchi moderati difficilmente possono identificarsi con lei.
Ma Tim è diverso, invece, e rappresenta un precedente pericolosissimo che sta aprendo una voragine all’interno del sistema statunitense, perché è un ufficiale della polizia in uno stato del meridione. Bianco, conservatore moderato di destra, che alle ultime elezioni ha votato contro Obama; anche lui giovane, 28 anni di età.
Tutto è accaduto quindici giorni fa, ad Atlanta, Georgia, quella di Via col vento.
Alle 9 del mattino, nel commissariato di polizia della contea di Bridgehampton, il capitano riceve il mandato da parte del giudice distrettuale in seguito a una regolare denuncia da parte della locale filiale di Bank of America: sfratto esecutivo per una famiglia che non ha più pagato il mutuo. Il capitano firma la documentazione e poi la passa al tenente di servizio, il quale chiama il sergente di turno –per l’appunto il nostro Tim- e gli dà l’ordine di andare con una squadra ad applicare lo sfratto. Dopo un’ora e mezza, il sergente ritorna in ufficio insieme agli altri sei della squadra. Si fa ricevere dal tenente.
“Noi non eseguiamo quest’ordine”.
Il tenente ascolta esterrefatto. Comunica la notizia al capitano che si precipita in ufficio.
Il sergente spiega che lui ha scelto di fare il poliziotto “per catturare i malviventi” e dopo aver letto la documentazione ed essere andati a fare il sopralluogo, hanno constatato che in quella vecchia casa ci abitano una vecchia di 103 anni, sua figlia di 80 e la loro bis nipote di 4 anni lasciata in custodia perché la mamma ha trovato lavoro a Chicago, a circa 5.000 chilometri di distanza. “Io non vado a bastonare le vecchiette, non eseguo quest’ordine”. Il tenente si imbufalisce e sospende tutta la squadra per ammutinamento e rifiuto di eseguire gli ordini. I poliziotti protestano e intanto arriva il capitano. Discussioni, confronti e alla fine il capitano chiama il governatore per chiedere ragguagli. Viene così a sapere che direttamente dal Pentagono è arrivato l’ordine di “evitare a qualunque costo qualsivoglia evento che possa generare o provocare una protesta generalizzata imponendo l’intervento della guardia nazionale”; il governatore spiega al capitano che, tradotto in termini di gerarchia militare, vuol dire che il capitano si deve assumere la responsabilità di scegliere ciò che vuole: ha libertà di scelta. Altra riunione fiume che coinvolge anche gli assessori comunali. Alla fine, il capitano convoca una conferenza stampa e a nome dell’intero quartiere annuncia alla stampa che “il mio commissariato si rifiuta di eseguire l’ordine della magistratura considerandolo disumano, e lo facciamo per evitare un costo sociale futuro ben maggiore. Non eseguiremo lo sfratto, né questo, né nessun altro che riguardi famiglie che si trovano in una situazione economica disagiata”.
Bank of America denuncia il comando di polizia di Atlanta, e chiede i danni.
Il capitano riferisce al governatore che manda immediatamente la documentazione al pentagono e dopo poche ore riceve una telefonata dalla Casa Bianca nella quale gli comunicano di non preoccuparsi “perché a Bank of America ci pensiamo noi, va bene così”.
Il mattino dopo, un responsabile della banca compare in televisione e dichiara di essersi commosso e quindi di aver deciso di ritirare la denuncia e dimenticare il tutto.
Ma ormai la notizia è dilagata in tutti gli Usa. E arriva a New York.
E così, a Brooklyn, Tasha Glasgow con la sua figlioletta, sorretta da solidi avvocati di grido (li rappresentano gratis come proprio contributo al movimento) occupa la sua vecchia casa dalla quale era stata sfrattata sette mesi prima, rimasta vuota perchè il mercato immobiliare è crollato e nessuno acquista più case.. Due giorni dopo avviene in altre dieci case a Brooklyn, e poi a Tallahasee, in Florida, e ad Albuquerque in New Mexico e ad Oakland, California. Nasce “occupy our homes” rappresentati da uno stuolo di avvocati che pretendono l’applicazione di un comma della legge 1942 fatta varare da Roosevelt (e mai modificata) che consente “la variazione di specifici dispositivi in materia di allocazione laddove si tratti di individui o nuclei familiari i cui componenti abbiano subìto danni economici in seguito alla guerra in corso”. Gli avvocati presentano alla Corte Suprema d’Alta Giustizia un voluminoso prospetto (circa 600 pagine) nel quale dimostrano che ci si trova in uno stato di “aperta guerra dichiarata perché le banche hanno venduto i loro mutui senza chiedere prima l’opinione dei mutuati, e quindi contravvenendo ai principii costituzionali che impone agli istituti di credito l’obbligo di informare i correntisti sui rischi che il loro investimento corre, in tal modo mettendo gli abitanti della locazione nella situazione di essere oggetto –e quindi vittime- di una guerra finanziaria speculativa tra banche”. Da cui l’applicazione della Legge Roosevelt.
In Usa si è scatenata una interessantissima guerra di opinioni, battaglia tra studi legali, costituzionalisti, deputati, che stanno cercando di affrontare il più tragico problema sociale al quale gli Usa abbiano mai dovuto far fronte dal 1940: l’aumento esponenziale dei senzatetto, cresciuto negli ultimi due anni del 26%, con punte nello stato di New York del 35%. Si calcola che in Usa ci siano circa 15 milioni di famiglie (pari al 4,5% della popolazione) in mezzo alla strada perché sfrattati da banche negli ultimi 30 mesi che, a loro volta, avevano a suo tempo venduto il mutuo a società che avevano investito nei derivati andando poi in bancarotta. Ma le case sequestrate sono vuote, non riescono a venderle.
E così, il movimento ha aperto la sezione “occupy our homes”.
In dieci giorni hanno già occupato 1.856 case in 12 diversi stati.
La polizia –è a loro discrezione- nella maggioranza dei casi, sceglie di non intervenire più.
2).Lo sciopero di tutti i porti sulla costa occidentale, dal Canada al Messico, annunciato venti giorni fa è riuscito a meraviglia. Anche se non completamente (da cui il ½ punto). I sindacati, infatti, all’ultimo momento si sono tirati indietro perché temevano ritorsioni e così il movimento ha mandato i propri aderenti a fare i picchetti e piantonare i cancelli di 24 porti, subendo l’inevitabile arresto (sono finite in galera circa 450 persone con pesantissime pene pecuniarie). Ma la sezione “occupy the ports” ha vinto. Per l’intera giornata di ieri, per la prima volta nella propria storia, in tutta la west coast, nessuna attività legata allo scarico merci ha funzionato.
3). Un inatteso quanto grandioso successo mediatico. I media statunitensi hanno deciso di non raccogliere il pressante invito da parte degli amministratori (soprattutto quelli legati ai repubblicani) che cercavano di minimizzare lo sciopero e hanno dato un enorme spazio all’evento, al punto tale da costringere il pentagono a inviare centinaia di commandos a presidiare porti considerati “di importanza strategica militare”, in tal modo decuplicando la curiosità e l’allarme generale. Ecco come CNN (moderati) ha dato l’annuncio con un “breaking news-alert” subito dopo pubblicato nel loro sito in rete: “Occupy protesters succeeded in shutting down overnight operations at California's port of Oakland on Monday night after a day of similar protests in several other U.S. cities. The protests in Oakland have "disrupted workers trying to get to work and impaired the port's ability to operate," port spokesman Issac Kos-Read told CNN. Craig Merrilees, a spokesman for the International Longshore and Warehouse Union, said the port has told its members not to report for work for the overnight shift because of the mass of protesters at the port.
Earlier Monday, the port authority said in a statement there were "some delays of truck traffic" but said the port remained operational.
"Today's disruptions have been costly to port workers and their families in terms of lost wages and shifts," said Port of Oakland Executive Director Omar Benjamin, who suggested the movement should focus on "real solutions to the problems plaguing our economy."
Monday's demonstrations also took place in Los Angeles, Seattle, Houston and Portland, Oregon. Organizers said the goal was to shut down ports in an effort to "disrupt the economic machine that benefits the wealthiest individuals and corporations."
On a normal night, several hundred people would be working the graveyard shift, Kos-Read said. Day shifts involve several thousand, he said. He said the protests have cost workers their wages, cost the city and region some revenue and could cause shipping firms to divert vessels to other ports”.
4). Il primo successo internazionale di “occupy wall street”, forse, tra tutte, la notizia, a mio avviso, più importante tra tutte, perché ci riguarda. E’ nata la prima cellula operativa di quello che –nella campagna primaverile che dovrebbe scattare alla fine di marzo del 2012- si chiamerà “occupy Europe”. E’ stato così risolto un curioso mistero che affascinava moltissimi bloggers indipendenti statunitensi (soprattutto quelli operativi in California dove fa sempre un bel calduccio) e cioè perché mai diverse persone molto attive all’interno del movimento, si fossero trasferite mesi fa a vivere con armi e bagagli a Point Barrow, il luogo più estremo degli Usa in occidente, la punta dell’Alaska. Un luogo dove abitano 5.000 persone e non c’è nulla, se non ghiaccio perenne. Ebbene, lì è nato un nuovo comitato congiunto con la gente che si trova dall’altra parte della sponda dell’oceano ghiacciato –li dividono soltanto una cinquantina di chilometri- gli abitanti della cittadina di Anadyr, nella pianura di Chukstka, l’estremo lembo orientale della Russia, in Siberia, dove abitano circa 50.000 persone.  In questo momento la temperatura media è di circa 40 gradi sotto zero e verso la fine di gennaio raggiunge anche i 90 gradi sotto zero. Molte persone di “occupy wall street” si sono trasferite a Point Barrow, alcuni con dei piccoli aerei, in grado di raggiungere Anadyr con un volo della durata di venti minuti. Tra pochi giorni, in tutta la Russia arriverà un gelo che durerà tre mesi, il che rende impraticabile e impensabile qualsivoglia forma di protesta pubblica di massa. Quando ci sono 30 gradi sotto zero (è la media dell’inverno in Russia) la gente cerca il calduccio, il focolare, e la vodka, non ha nessuna voglia di uscire di casa per accamparsi all’adiaccio. Lassù, invece, lavorano in prospettiva. E’ la nuova generazione nata nel dopo guerra fredda, non sono cresciuti nell’odio contro Reagan e contro Breznev, non sanno neppure chi fossero.. Oggi si affratellano nel nome di una causa comune, e stanno cercando di aggirare gli sbarramenti tecnologici che Putin sta imponendo in Russia per impedire la comunicazione tra le persone. La notizia è stata diffusa da un giornale locale alaskiano, “Anchorage news” che ha pubblicato una notizia divertente che suonava pressappoco così: “Avete presente la rabbiosa protesta di Putin che ha accusato noi americani di aver fomentato le manifestazioni di questi giorni? Ebbene: Putin aveva ragione”. Il movimento americano attribuisce alla campagna primaverile russa un ruolo fondamentale, e loro prevedono che dilagherà in tempo molto breve e ad una impressionante velocità in tutto il continente europeo. Perchè alla fine di marzo il freddo perfido se ne sarà andato, ma soprattutto perché, a quella data, la situazione economica europea sarà drammaticamente ben peggiore di quell’attuale e si saranno svegliate anche le popolazioni più sonnacchiose. Si incontrano lì, si scambiano notizie, informazioni, nuove modalità di comunicazione tecnologica, cercando di pianificare strategie comuni. Il che conferma una notizia diffusa dal Corriere della sera tre giorni fa, che mi aveva incuriosito: “Dilaga la protesta contro Putin in Russia: è un vento che viene dalla Siberia, è nato a Vladivostok” ma poi nell’articolo non venivano date informazioni.
Questo è quanto.

Tutto ciò mi induce a un cauto ottimismo, mi fa sentire e pensare che il mondo si stia muovendo.

In attesa che il vento gelido di quelle parti, in un suo qualche modo, arrivi anche qui, magari temperato dalla corrente del golfo, dal clima mediterraneo, purchè serva a svegliarci tutti un po’ e farci comprendere che è arrivato il momento di cominciare ad organizzarci anche noi, secondo modalità efficienti, efficaci e condivisibili da tutti, al di là di ogni divisione.
Dopotutto siamo o non siamo il 99%?
Considerando il rumoroso silenzio che si ascolta in Italia, sembra proprio che il 99%, qui da noi, sia rappresentato da Mario Monti, Bersani, Cicchitto, Casini, e la consueta truppa mediatica al seguito. Basterebbe questo piccolo dettaglio mediatico per capire che è necessario darsi una mossa.
E alla svelta.


10 commenti:

  1. Hai mai sentito dire che il silenzio può essere più rumoroso di un grido...?
    O "il silenzio prima della tempesta"?

    Chissà che....

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  2. Dico solo una cosa
    qui da noi il ceto medio è tutto riversato sui centri commerciali pronti a comprarsi i soliti cazzilli tecnologici.
    il modello Occupy wall street è inesportabile da noi,ma cmq spero di sbagliarmi...

    Tyler Darden

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  3. Avete presente la rabbiosa protesta di Putin che ha accusato noi americani di aver fomentato le manifestazioni di questi giorni? Ebbene: Putin aveva ragione”.

    Io mi auguro veramente e con tutto il cuore che quegli idioti di OWS non siano idioti al punto di far perdere a Putin il controllo della Russia perchè il giorno in cui lo zar che non é zar non comanderà più in Russia potrebbero veramente cominciare tempi molto grami per noi europei.
    E probabilmente non solo per noi.

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  4. @Tyler Darden

    qui da noi

    Scusa qui dove?
    Il tuo nome e cognome mi fa pensare che non sei italiano.

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  5. la notizia di quel piccolo poliziotto,in quella piccola comunità mi ha letteralmente acceso il cuore...complimenti per il blog!

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  6. Bene!
    ...
    ...
    ...
    ...
    ...

    chessifa?

    Melman

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  7. @Melman

    Bene! Che si fa?

    Direi che potremmo anche noi adottare lo slogan di quelli di OWS che é il seguente:

    "AIUTIAMO IL NS. PAESE. SPARIAMOGLI SUI PIEDI"

    e, al pari loro, agire di conseguenza.
    Sì perchè bloccare i porti della costa occidentale, quindi fermare i commerci in un paese dove la crisi economica sta colpendo duramente, sembra al sottoscritto proprio equivalente a spararsi sui piedi.

    Ma loro sono il 99%, cioè la maggioranza ed in democrazia la maggioranza ha sempre ragione.

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  8. Continuare così, com'è stato finora, direi che è come continuare ad asfissiarsi lentamente..
    Todo cambia, luigiza..

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  9. Il parallelismo tra OWS e opposizione a Putin è inaccettabile. Al solito si cerca di mischiare le carte "dimenticando" che gli oligarchi nemici di Putin (nonché manovratori della protesta) e le fameliche banche americane sono tentacoli della stessa piovra. Le sputtanatissime "rivoluzioni colorate" non funzionano più, Soros e fratelli usano altri mezzi, ma gli obiettivi non cambiano. Putin sarà il meno peggio, ma bearsi della sua ipotetica caduta è, appunto, da beoti.

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