giovedì 8 dicembre 2011

Il superboss dei casalesi in manette. In Campania insorgono contro lo stato.

di Sergio Di Cori Modigliani

Penso che su una questione non esistano punti di vista diversi né tantomeno contrastanti e davvero siamo tutti d’accordo: “il vero cancro dell’Italia è rappresentato dalla mancanza di una legalità applicata valida per tutti, e dall’impunità che godono mascalzoni, criminali, faccendieri, appoggiati, sponsorizzati e sorretti da una classe politica corrotta”.
In questo senso siamo un paese arretrato, è inutile coltivare demagogiche illusioni.
Ragion per cui è assolutamente necessario e sempre più imprescindibile investire le proprie risorse personali per fornire un contributo affinchè la Legge venga applicata e rispettata.
Il compito non è facile.
La tradizione, i precedenti storici, le scuole di pensiero, le eredità delle generazioni precedenti, sono uno scalino fondamentale nella fondazione di una cultura. Se una ragazzina bulgara vuol fare la ballerina classica, cerca di entrare alla scuola del Bolshoi di Mosca, incontrastata leader dal 1850. Se un giovane calabrese coltiva la passione per il restauro, cerca di entrare nella Scuola di restauro di Firenze e se un matematico ventenne colombiano vuole aspirare a fare della ricerca si presenta agli esami per avere accesso alla scuola di matematica applicata di Rio de Janeiro, in Brasile, la migliore dell’intero continente americano ormai da diversi decenni.
Dal punto di vista della “legalità applicata”, noi italiani, oggi, paghiamo il caro prezzo, davvero salatissimo, di aver distrutto, abbattuto e annichilito la cultura della legalità, nonostante per secoli ci sia stata una tradizione che l’aveva sorretta. Oggi è sparita, siamo come Mosca senza il Bolscioi, Firenze senza la scuola di restauro, Torino senza il politecnico. Ancora oggi il testo “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria è studiato come un importante classico e alla scuola di specializzazione in avvocatura penale alla celebre università di Yale i due esami più importanti sono “Diritto romano” e “Normativa dei codici di procedura penale della Repubblica Italiana”.  Sono considerati il meglio.
Tre sono le mazzate che hanno abbattuto il sistema della cultura della legalità:
1). L’applicazione del concetto di “perdonismo e pentitismo” ai terroristi nei primi anni’80; pessimo esempio di pragmatismo del Regno d’Ipocritania, squisita sintesi tra l’ipocrisia italiana del doppiogiochismo politico togliattiano e il perdonismo cattolico elevato ad esercizio di predominio del potere politico spirituale su quello temporale, basato sul principio “non è l’Uomo e quindi non è la Legge a decidere e giudicare bensì Dio; se uno si pente deve essere perdonato”. Quello fu l’inizio della catastrofe. Perché fu il semaforo verde verso la regressione. Una persona davvero matura e responsabile, si pente prima, non dopo, perché sceglie di non commettere reato. I bambini si pentono dopo. Soltanto un deficiente, un irresponsabile, o un criminale se ne frega delle conseguenze che derivano dall’atto di andare in giro a mettere bombe. A meno che non vincano loro: in quel caso diventano rivoluzionari e prendono il potere. Ma se perdono è giusto che la Legge –avendo vinto- pretenda l’applicazione della regolamentazione vigente.
2).L’evento a noi tramandato sotto il nome di “tangentopoli”, un libro nero della storia italiana, corposo e complesso, diciamo in tutto almeno dieci capitoli. Si è fermato al capitolo tre, per ammissione di coloro che erano deputati all’applicazione della Legge. “Ricordo ancora il giorno in cui il procuratore capo di Milano, Borrelli, mi consegnò la documentazione, il mandato legale e la consegna. Mi disse “Tonino, vai tu” –così ha raccontato Antonio Di Pietro in una celebre intervista qualche anno fa- “e io andai a bussare alle botteghe oscure, ma nessuno mi aprì mai la porta”. Pochi mesi prima, nel comunicare agli italiani –nel corso di una davvero tragica conferenza stampa- le motivazioni per cui abbandonava la carriera di magistrato dimettendosi, il procuratore di Milano, l’onesto e solido Gherardo Colombo, dichiarò (eravamo nel 2006) “In Italia non esiste nessuna possibilità di poter contrastare e combattere la criminalità organizzata in conseguenza degli appoggi che gode presso la classe politica, compreso il vaticano alle cui porte andammo a bussare senza che nessuno mai osasse venire ad aprirci per farci entrare. Fare il magistrato è inutile in Italia”. Allora, il tutto si fermò al capitolo tre. Non cambiò nulla.
3). L’operato di Silvio Berlusconi, che ha vinto la sua grande battaglia politica senza che l’opposizione abbia mai avuto il coraggio di contrastarlo in maniera efficace: ha reso l’illegalità consuetudine, elevando il concetto di ladrocinio, truffa in bilancio, corruzione, appropriazione indebita, falso in bilancio, malleveria politica illegale, collusione in associazione di carattere mafioso, a “Norma Costituita e Condivisa” Oggi, il parlamento è composto per lo più da delinquenti. E mi dispiace sinceramente per tutte quelle brave persone che siedono su quegli scranni.
Sono davvero, e purtroppo, un’esigua minoranza di eroi.
Non c’è da stupirsi, quindi, se invece di gioire in tutta la Campania e in Italia per l’arresto del capo dei capi del clan dei casalesi, Michele Zagaria, la popolazione della cittadina originaria del boss criminale, che è anche un pluri-assassino, una vera bestia, un essere umano che non merita alcun rispetto né sociale né civile se non l’applicazione e il rispetto delle norme di legge, ebbene….la popolazione di Casapesenna è insorta questa mattina manifestando la loro rabbia e delusione “così adesso non avremo più lavoro” hanno detto nel giustificare la loro tristezza. Hanno protestato contro lo stato.
C’è da riflettere su questo fatto, che non andrebbe sottovalutato.
Perché la cultura della legalità non la si può imporre: va fondata. E’ diverso.
E la fondazione della cultura della legalità non è l’erudizione, bensì il lavoro e l’occupazione. Quando una popolazione è schiacciata dal disagio e dal bisogno, è inevitabile che trascenda operando al di fuori della legalità. Diventano tutti facilmente ricattabili per bisogno primario, perché quando c’è la fame non si pensa a vivere bensì a sopravvivere.
Nel caso ci dovesse essere qualcuno tra i lettori particolarmente anti-meridionalista, che in cuor suo sta pensando in questo momento “eh…i meridionali”, si sbaglia di grosso.
Il 2 giugno 2011 (quindi, praticamente l’altro ieri) c’è stata una interessantissima conferenza pubblica a Modena, nel cuore dell’Emilia rossa. Si parlava di infiltrazione della criminalità organizzata nel nord, allora negata dalla destra governativa (ancora oggi lo negano), mentre la sinistra puntava a definirla “infiltrazione” censurando chi sosteneva si trattasse, invece, di “permeazione e presa di possesso del territorio”. Ci fu invece chi, in quell’occasione, aveva cercato di sensibilizzare la gente sulla necessità di prendere il torno per le corna prima che fosse troppo tardi. Ci furono dei confronti duri e serrati. Verso la fine della serata, il sindaco di Modena disse una frase di agghiacciante pertinenza e di sano realismo, davvero raro in un paese ipocrita come questo. Si alzò in piedi e disse: “Se domani mattina, diciamo per un caso magico del destino, mi chiamasse il prefetto e il comandante della legione dei carabinieri di questa città e mi dicessero “è avvenuto un miracolo: abbiamo inconfutabili prove, nomi e cognomi di tutta la criminalità organizzata che gestisce gli affari in città, adesso andiamo ad arrestarli tutti”, ebbene, alle ore 12, una volta dato l’annuncio, tutti mi farebbero i complimenti. Diventerei un eroe. Alle ore 13 chiederebbero le mie dimissioni. Alle ore 16 l’intera città mi odierebbe. Alle ore 20 sarei costretto ad andarmene in esilio disprezzato da tutti. Perché se io li facessi arrestare, il giorno dopo, l’intera economia industriale di Modena e di tutto il territorio che arriva fino al mare adriatico, crollerebbe di botto e non ci sarebbe più lavoro per nessuno. Finiremmo tutti in mezzo alla strada: lo capite come stanno le cose? Cambia soltanto se e quando voi tutti e dal basso comincerete a denunciare per conto vostro chi va denunciato, quando comincerete a pretendere che la Legge venga applicata”.
Un’argomentazione minima, diciamo normale, di un sindaco onesto che decide di condividere nel suo territorio una tragica verità. I risultati, va da sé, sono stati nulli. Per il solo fatto di aver detto una frase come quella lo hanno odiato tutti, è stato addirittura punito dal suo partito che lo ha già avvertito non lo ricandiderà.
E’ forse l’unica davvero buona notizia del governo Monti: un ministro degli interni che intende lavorare per ripristinare la legalità nel territorio. Quando seppi che lei sarebbe andata ad occupare quel posto mi entusiasmai pensando che Mario Monti avrebbe rivoluzionato questo paese. Non è stato così. Non è un caso che lei, la nostra ministra, sia l’unica a non essere una tecnocrate. E’ una donna onesta e colta. Si vede.
Si vede dai risultati.
Non si può negare che in venti giorni di esercizio di potere abbia già ottenuto un numero di risultati maggiore di quello prodotto da Roberto Maroni in 40 mesi di lavoro.
Siamo un paese arretrato, e quindi dobbiamo ragionare in termini realistici.
Siamo ai livelli della Bolivia, dello Zimbabwe, perché questa è la nostra realtà.
Questa è l’eredità che Silvio Berlusconi ci ha lasciato.
La buona notizia è che l’Italia può riuscire a fondare un tessuto culturale di legalità ripristinata perché ne esistono le fondamenta, l’humus, la tradizione, mentre in Bolivia e nello Zimbabwe non ce l’hanno.
Ma dipende da tutti noi spingere dal basso quanto più è possibile.
Il governo Monti sarà una catastrofe, in questo senso. Le sue scelte comprimeranno il mercato, assottiglieranno i consumi, eleveranno la recessione, e quindi si darà più spazio alla criminalità organizzata per lucrare sul bisogno collettivo che aumenterà.
Dalle risposte che il popolo italiano saprà dare, ciascuno nel proprio piccolo, per far comprendere ai criminali che il territorio dove stanno operando non è zona per loro franca, dipende il nostro futuro. Quando vedono che non sono accolti con favore, i criminali se ne vanno da un’altra parte. Non vogliono guai, non cercano pubblicità, loro cercano soltanto il malessere e il bisogno. È la loro utopia, perché lì affondano i denti e vincono. Bisogna far comprendere da subito, costantemente, che dentro ciascuno di noi qualcosa sta cambiando, anche se questo vuol dire rinunciare a una facile scorciatoia di comodo che avrebbe consentito magari un lavoro, magari uno stipendio, magari un qualcosa.
I veri eroi, oggi, quelli a cui va tutto il mio rispetto e il ringraziamento non sono i vari bloggers e opinionisti –ormai sono la maggioranza e la norma- che ci spiegano ogni mattina perché l’Italia è finita sotto il tallone di Goldman Sachs e della Merkel.
I veri eroi sono l’intera squadra di magistrati della prefettura di Napoli che ha lavorato per ben quatto anni in silenzio per riuscire ad agguantare dei criminali assicurandoli alla giustizia, ben sapendo che avrebbero avuto soltanto guai, nessun comodo privilegio, nessun aiuto, nessuna promozione mai. Hanno aspettato che dal Ministero degli Interni arrivasse un semaforo verde invece della consueta barricata di ostacoli dall’alto.
I loro nomi forse è meglio non diffonderli. Loro non vogliono pubblicità, non vogliono essere intervistati, non cercano alcuna visibilità. Uno di loro ha detto “ma che eroi….io sono normale, i miei colleghi sono normali, noi facciamo soltanto il nostro dovere; è il resto d’Italia che non è normale. Non mi intendo di economia, ma so per certo che se gli italiani avessero fatto ciascuno il proprio dovere, questo paese non si troverebbe nell’attuale condizione. Tutto qui. Basta essere normali per fare la rivoluzione, in Italia. E rimetterla in piedi”.
Questa è gente che merita il nostro rispetto.
Pensate un po’, non si sa neppure di che partito siano.
Il che è tutto dire.
E fa ben sperare: questo colpo vale molto ma molto di più di qualunque spread.
Capirlo, oggi, e interiorizzarlo, vuol dire aver accettato di imbarcarsi per l’unica via possibile da battere: rifondare una cultura della legalità.

Abbiamo urgente bisogno di essere normali.


7 commenti:

  1. il governo e' l'espressione della massa, ognuno ha SEMPRE cio' che desidera, la malavita e' quello che vogliono in meridione. e' tutto al proprio posto, solo che non riusciamo a vederlo. ognuno tende sempre a sperimentare i propri desideri e quelli non possiamo farceli nascere a comando, sono quelli che sono e possiamo soltanto andargli dietro.
    quando diciamo che una cosa e' sbagliata e' perche' non ci piace piu' e abbiamo voglia di sperimentarne una differente ma prima quella cosa ci andava bene.

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  2. "La malavita è quello che voglio in meridione".

    Indo, se solo tu potessi immaginare, il DOLORE che sta dentro una frase come questa, non ti permetteresti di scriverla.

    Signore, perdona Indo, perché non sa quello che fa.

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  3. Guru ha denominato in maniera perfetta il sentimento di noi meridionali.

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  4. mentire agli altri non e' un problema ma mentire a se' stessi porta male.
    Confucio

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  5. "Roma, pacco bomba contro Equitalia
    ferito il direttore generale dell'agenzia
    Solidarietà da Monti: "Fanno rispettare le leggi"
    L'attentato in via Millevoi. Marco Cuccagna, colpito a una mano, ha perso la falange di un dito ed è ora in ospedale."

    e' finita la Cuccagna. :-D
    e la falange ha perso. :-D
    e proprio oggi l'europa si spacca, gran bretagna e ungheria si sfilano.

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  6. http://www.youtube.com/watch?v=keAp6iLiyWw&feature=player_embedded

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  7. Tutto vero, in particolare i tre punti sulle "mazzate che hanno abbattuto il sistema della cultura della legalità". Però... Se le ormai consuete sceneggiate di dolore per la cattura dello Zagaria da parte della popolazione di Casapesenna giustamente debbono fare riflettere oltre a essere indecorose, sono altrettanto inopportune e fuori luogo quelle di giubilo con tanto di strombazzamento di clacson, manco la Nazionale avesse i Mondiali, da parte delle "Forze dell'Ordine". Che, mentre il boss faceva scavare un bunker in cemento armato quattro metri sotto la sua residenza ufficiale, presumibilmente per "latitarvi" per una buona parte dei 16 anni in cui risultava irreperibile, chissà se e dove lo stavano cercando o a cosa rivolgevano la loro attenzione. Se posso permettermi, hanno semplicemente fatto il doro dovere. E se in Meridione si ha spesso una visione distorta di legalità è anche perché lo Stato è visto, a ragione, come assente quando non complice della criminalità. E poi, per quanto il solo sentir nominare Maroni, il precedente ministro dell'Interno secessionista tanto vicino al cuore a quelli del PD, mi faccia venire immediatamente un attacco di orchite, mi sembra azzardato ritenere che la semplice presenza della pur ottima Anna Maria Cancellieri al suo posto abbia sortito una sorta di miracolo nell'arco di 3 settimane e sia testimone del fatto che sul fronte del ripristino della legalità il governo Monti faccia sul serio. Non ci sto, con tutto il rispetto per il lavoro dei magistrati napoletani e di parte delle forze di polizia.

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