venerdì 25 novembre 2011

La BCE lo ha chiesto con una lettera molto chiara. Franco Stefanoni lo spiega in un libro pubblicato dall'editore "Chiarelettere" di Milano.

di Sergio Di Cori Modigliani

In teoria sono enti pubblici. In pratica sono i diretti eredi delle “corporazioni arti e mestieri” che nel secolo XVI rappresentarono lo zoccolo duro del potere mediceo a Firenze, poi aboliti nel secolo XVIII, riesumati intorno al 1910 e poi ricostituiti e fortemente sponsorizzati durante il ventennio fascista, perché rappresentavano il più diretto veicolo per il controllo delle attività professionali e mercantili nel Regno d’Italia. Non a caso, gli archivi di documentazione degli ordini professionali erano custoditi dalla polizia segreta fascista.

Il 23 ottobre del 2011, Antonio Catricalà, oggi sottosegretario alla presidenza del consiglio, in pratica porta voce di Mario Monti –allora è molto probabile ignorasse il suo futuro a brevissimo termine- parlando con dei giornalisti dichiarò “Liberalizzare gli ordini, in Italia, produrrebbe un innalzamento del pil intorno al 1,5%, consentirebbe di aumentare la competitività, la concorrenza, aprendo il mercato ai giovani che si affacciano nel mondo del lavoro. In termini numerici consentirebbe un valore d’introito intorno ai 18 miliardi di euro in tre anni.”.

Non c’è stato governo, in Italia, che sia mai riuscito a modernizzarli, ad aprirli.
E’ una delle grandi eredità dell’idea corporativa di Stato che il fascismo ci ha lasciato, contro il quale sono andati a sbattere tutti, dai primi due che tentarono con un timido vagito di lanciare una riforma (Pietro Nenni e Amintore Fanfani nel 1963) fino a Pierluigi Bersani nel 2007 e Silvio Berlusconi nel suo ultimo triennio.

E’ opinione comune che lo stallo degli ordini rappresenti uno degli elementi fondamentali dell’ingessatura del paese che soffoca e blocca l’espansione dell’economia.

Un bravo giornalista del settimanale “Il Mondo”, Franco Stefanoni, da molti anni si occupa con specifica competenza tecnica di questo argomento, spiegando con semplice linguaggio divulgativo i complessi meandri della ragnatela di interessi che si cela dietro quest’apparato burocratico italiano. Autore di libri che sono diventati negli anni indispensabili strumenti di conoscenza della realtà economica italiana (da “Finanza in crac” pubblicato nel 2004 per  Editori Riuniti al più recente “Il finanziere di Dio. Il caso Roveraro” uscito nel 2008 presso l’editore Melampo) ha scritto un libro succoso su quest’argomento che esce in questi giorni.

Si chiama “I veri intoccabili” sottotitolo “le lobby del privilegio”.ed è pubblicato e distribuito dall’editore “Chiarelettere" di Milano.

Qui di seguito, una scheda del libro e una breve intervista con l’autore.
Ne consiglio vivamente la lettura a tutti coloro che vogliono comprendere, dati alla mano, la funzione e l’organizzazione di un meccanismo capillare dell'inceppato e immobile capitalismo all'italiana. Per andare al di là delle chiacchiere retoriche e appropriarsi di un utilissimo, nonchè necessario, strumento di informazione.

SCHEDA DEL LBRO:
La metà dei componenti del Parlamento italiano è iscritta a un ordine professionale. Un gruppo trasversale: il partito dei professionisti. Stiamo parlando di più di due milioni di persone in Italia, divise in 28 categorie: avvocati, medici, notai, ingegneri, giornalisti, farmacisti... Hanno enti previdenziali propri, un patrimonio di circa 50 miliardi di euro investiti in beni immobili e titoli finanziari. Quello degli ordini professionali è un mondo chiuso e ancora tutto da raccontare. Una macchina del privilegio, con meccanismi e regole scritte e non scritte.
Questo libro lo racconta, attraversando inchieste e scandali, modalità di accesso non sempre trasparenti e sanzioni disciplinari che arrivano con incredibile ritardo. Nati con l’alibi di difendere il cittadino-consumatore, gli ordini professionali proteggono solo se stessi, tramandandosi il potere in maniera quasi ereditaria (il 44 per cento degli architetti è figlio di architetti, il 41 per cento dei farmacisti è erede di farmacisti, il 37 per cento dei medici è figlio di un medico). Ogni tentativo di riforma è bloccato (così Fabrizio Cicchitto, Pdl, definisce la tentata riforma Bersani del 2006: “Un esempio estremista di vendetta sociale”). All’interno delle stesse professioni c’è chi prova a opporsi (l’Anarchit – Associazione nazionale architetti italiani, Altrapsicologia, il Movimento nazionale liberi farmacisti...): invocano l’eliminazione degli albi e un radicale cambiamento che metta in prima fila libertà e merito, abbattendo ogni privilegio. La loro battaglia è la battaglia di tutti i cittadini italiani.



Intervista con FRANCO STEFANONI

D:. Che cosa sono gli ordini professionali?
R: Sono enti pubblici, nati perlopiù nei primi decenni del Novecento, che iscrivono in appositi albi le persone che esercitano una libera professione 


D:  A che cosa servono? Qual è la loro esatta funzione?
R: Originariamente, servono a tutelare i cittadini dalle possibili scorrettezze dei professionisti. Per legge, lo Stato è intervenuto determinando criteri di selezione (esami di Stato) e di deontologia (sanzioni a chi commette abusi) in modo che i clienti-cittadini siano più protetti.


D:  In Italia hanno delle lobby legali che li rappresentano in parlamento?
R: Gli ordini sono essi stessi delle lobby, specie attraverso i consigli nazionali, ovvero i massimi vertici delle categorie. In più, esiste il Cup (Comitato unitario delle professioni) che raccoglie i maggiori rappresentanti. Tutti loro hanno contatti con la politica nazionale e locale.


D:  Alla società, nel suo insieme, qui intesa come collettività nazionale, conviene che gli ordini esistano? Qual è il vantaggio della società?
R: Laddove è esercitato un effettivo controllo di qualità professionale, bontà di comportamento e vigilanza sul sistema, sarebbe un contributo per la società. E' che non sempre la macchina degli ordini rispetta il mandato iniziale, anzi. Così, al posto di avere un'utilità, l'ordine diventa spesso un'ingessatura, una realtà che gestisce in modo inefficiente gli albi, non garantisce l'effettiva deontologia degli iscritti, si batte per mantenere lo status quo di chi ne fa parte. Nei fatti, la regolamentazione ordinistica è accusata di frenare la libera concorrenza e dunque la crescita della ricchezza di un Paese. 

D:. Perchè in Italia è così difficile liberalizzare gli ordini e le professioni? Non sarebbe un bene per tutti dato che, così facendo, aumenterebbe la coconcorrenza e quindi la competitività e quindi l'efficienza, creando nuovi lavori e occupazione?
R: L'efficienza, appunto, potrebbe aumentare, ma a scapito di realtà che godono di rendite acquisite. Cambiare le cose vorrebbe dunque dire mettere a segno una liberalizzazione più ampia. Le opinioni qui divergono: i liberisti vorrebbero eliminare tout court gli ordini, i conservatori vorrebbero mantenerne l'esistenza. Nel mezzo c'è chi sceglie la via delle riforme: alcuni ordini magari snellirli, altri migliorarli (accesso, deontologia ecc), in certi casi magari anche sopprimerli. La lobby degli ordini, naturalmente, si oppone a revisioni nette. E finora, dopo trent'anni di tentativi falliti in Parlamento, ha avuto sempre ragione.


D: Cicchitto definì il tentativo di Bersani di varare una riforma degli ordini nel 2006 "un esempio estremista di vendetta sociale". Che cosa esattamente intendeva dire?
R: E' l'accusa rivolta alla sinistra, storicamente più attenta a difendere i lavoratori subordinati rispetto a quelli autonomi.


D:  Quando Mario Monti era commissario in Europa, vent'anni fa, dimostrò di essere un forte sostenitore delle liberalizzazioni. Lei ritiene che ha cambiato idea, nel frattempo, oppure sarà un cavallo di battaglia del suo governo?
R: Monti è certamente un economista con a cuore le regole della libera concorrenza e nel tempo è stato molto avversato dagli ordini, che non si ritengono associazioni di imprese e rifiutano l'idea che per loro valgano le normali condizioni concorrenziali. Ovvero: sostengono l'utilità di tariffe, prerogative, divieto pubblicità ecc. Non credo che Monti abbia cambiato idea ed è del tutto plausibile che il tema della revisione degli ordini sarà oggetto di sua attenzione. Del resto, l'ha detto chiaramente anche nel discorso programmatico in Parlamento.


D:  Che cosa dice la Bce su questo problema italiano? Non si pronuncia, oppure è indifferente?
R: La Bce, nella nota lettera di inizio agosto 2011, tra i 39 punti elencati e suggeriti al governo italiano, ha inserito la liberalizzazione dei servizi professionali

D:  In termini politici, lei che è un esperto specifico di questo settore, potrebbe indicarci quali sono gli schieramenti in campo anche e soprattutto in parlamento? Chi appoggia gli ordini e si batte per il mantenimento dello status quo e chi, invece, sostiene la loro riforma se non addirittura l'abolizione?
R: In generale, il centrodestra è pro ordini, il centrosinistra meno, la sinistra è contro. Tuttavia esistono eccezioni all'interno degli schieramenti e la situazione appare non sempre omogenea. In passato come oggi, il partito di Marco Pannella si è distinto per l'avversione totale verso gli ordini, comportamento più di recente ereditato del movimento di Beppe Grillo

D:  In un suo precedente libro uscito presso le edizioni Melampo "Mafia a Milano" lei spiegava le modalità di esercizio della criminalità organizzata nel penetrare la capitale lombarda. Pensa che gli ordini professionali, in Italia, siano un elemento corporativo che blocca e ingessa la società, in tal modo assicurandosi il controllo, comportandosi di fatto come una setta, una cosca, una oligarchia inattaccabile?
R: I termini cosca o setta non mi sembrano appropriati al tema. Di certo, alcuni comportamenti degli ordini non aiutano la lotta alla crimininalità. Accade quando non arrivano tempestive sanzioni disciplinari nei confronti di arrestati o condannati. Oppure, in materia di antiriciclaggio, nella non sempre efficace azione di intervento (formativo o sanzionatorio)

D:  Le risulta che la criminalità organizzata, quando comincia a organizzare le strategie d'ingresso nel mercato, usa e sfrutta a proprio vantaggio gli ordini?
R: Vicende del genere non sono conosciute. Ci possono essere contatti tra singole persone, interessi per raccogliere consensi. Sul resto, per manovre di più larga scala, non credo siano gli ordini lo strumento di cui servirsi per entrare in un mercato


5 commenti:

  1. Ottima e utilissima intervista!
    Grazie, Sergio!
    E si vede che gli Psicologi non sono abbastanza lobby...XD
    Bye

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  2. Il discorso è complesso e bisogna fare dei distinguo:
    l'Architetto sarà anche figlio di Architetto ma anche il meccanico è figlio di un meccanico... e il meccanico potrebbe diventare Architetto: non c'è numero chiuso.
    Diversa è la situazione dei Notai, dove il numero è chiuso.
    E' vero, gli ordini non vigilano e non funzionano, ma il problema non si risolve eliminandoli, ma riformarli e farli funzionare (del resto lo scopo della loro istituzione era più che lodevole).
    Credete che senza ordini non ci saranno fior fior di improvvisati "professionai" (non professionisti) che, a prezzi ridicoli, mettono timbro e firma?
    Vi piace veramente pensare a medici che rilasciano idoneità sanitarie senza visitare? Mi direte: succede anche adesso! Infatti, credete che la situazione migliori liberalizzando? Io non credo, credo che sarebbe opportuno vigilare (e quindi con ordini che tutelano il cittadino e garantiscono professionalità dei loro iscritti), una cosa alla quale, in italia, non siamo avezzi, in nessun campo.

    Simone

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  3. @Simone...molto brevemente: un tempo era così, oggi non più. Il figlio del meccanico non sarà mai architetto, se non in percentuale ridottissima. Purtroppo quei tempi sono finiti, a meno che non si cambi qualcosa, subito. Per il resto sono d'accordo con te, ma gli ordini in Italia non tutelano i cittadini perchè sono diventati centri di potere autoreferenziale, io penso che con l'apertura si abbassi il livello di corruzione.....

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  4. Non vorrei dilungarmi neanche io ma mi sta a cuore la situazione perchè sono un Geometra lib. professionista da una decina di anni(figlio di impiegato e parrucchiera...)e quindi farò un'eccezione.
    Ovvio che non è facile fare una professione e che i figli dei professionisti siano avvantaggiati, ma credo ancora che la passione di chi vuol fare una cosa possa andare oltre questo handicap. Del resto, un tempo tutte le dinamiche (metter su casa e famiglia, i diritti etc.) erano diverse: è colpa della società, non degli ordini.
    Una volta fare il medico era quasi un dono divino: nessuno ti avrebbe contestato una cura errata (a meno di casi eclatanti).
    Oggi le cause a professionisti (o professionai) inzeppano i tribunali: tutti sono bravi ad additare e cercare un colpevole, sempre.
    Purtroppo credo che l'apertura abbassi solo la già poca professionalità, con avventurieri di ogni tipo: già adesso molti cioccolatai non hanno le RCT (obbligatorie), lavorano con 1/2 computer e un software craccato, e vanno a crediti formativi solo a dicembre.
    Immaginiamoci dopo.
    Perchè se ad esempio, l'architetto di prima (figlio del meccanico che per farsi strada si fa pagare meno di un muratore e quindi non dedica attenzione al proprio lavoro sperando in bene) fa un danno, il cliente (la gente) i diritti li conosce bene e va diritta in tribunale.
    La gente, tuttavia, spesso non conosce i doveri. Ad esempio, un dovere è pagare: vi sembra possibile che ci sia gente che fa il giro del perdono per trovare gente che fa una una sicurezza di cantiere per cifre irrisorie? Cioè roba con il penale? Quante volte vuoi che passi uno dal cantiere per cifre che non bastano neanche per produrre o controllare la corretta documentazione? La risposta è mai. Se va bene tuttavia sono soldi rubati (per quanto pagato poco il servizio richiesto non è reso professionalmente), se va male si piange il morto.
    Quindi, chi come me cerca di fare le cose con scrupolo e diligenza, non può tirare il compenso sotto una certa soglia: già adesso, spesso, vuol dire perdere il lavoro e magari beccarsi anche del ladro.
    Questo è quello che succede a livello basso, la maggior parte dei casi.
    A livello alto non cambierà niente perchè cose come la corruzione si abbasseranno quando non saremo più italiani... purtroppo.

    Simone

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