giovedì 20 giugno 2019

Quando l'ottusità ideologica rovina tutto il bello che c'è.







di Sergio Di Cori Modigliani

A proposito delle azurre di calcio.

Ieri mattina, l'ente ufficiale Auditel, che registra e segnala gli indici di gradimento delle trasmissioni televisive italiane, ha diffuso i dati relativi al n. di telespettatori per l'incontro dello scorso mercoledì tra Italia e Brasile: parliamo del calcio femminile.
Ed è subito record.
Supera del 15% l'indice dei telespettatori relativo alla partita ufficiale di calcio maschile Italia-Bosnia di qualche settimana fa, e si attesta intorno al 30% (circa 7 milioni di persone) massimo risultato storico mai raggiunto da un evento sportivo femminile.
Mi sembra una bellissima notizia per tutti.
E così andrebbe accolta in un paese civile, perchè si tratta di una vittoria "nazionale", quindi non divisiva, ma unificante.
E' ciò di cui ha bisogno oggi il paese.
Pessime le notizie, invece, nel campo dei media.
Tralasciamo "Libero", qui siamo nel folclore crozziano.
Sull'importante quotidiano "Il Foglio" (sedicente liberale, liberal e libertario) è comparso un editoriale firmato nel quale il giornalista gridava allo scandalo, definendo la performance delle azzurre un evento ignobile "essendo il calcio femminile un atto contro-natura" e identificando l'atto in sè come un segnale dell'inarrestabile declino del paese: un autentico delirio ideologico, forse dovuto a un colpo di calore. Le femmine, infatti (secondo la testata) dovrebbero stare a casa e non occuparsi di sport che è soltanto per noi maschietti.

Tranquilli, cari feisbucchiani anti-fascisti, ce n'è per tutti.
Sulla testata "corriere della sera" è apparso un articolo (sempre sullo stesso tema) a mio avviso di gran lunga peggiore e ben più pericoloso. Firmato da una donna, convinta di star esprimendo un pensiero femminista innovativo, senza rendersi conto, invece, che stava lanciando una campagna negazionista elencando uno sciocchezzaio ideologico, direi davvero atroce,
La malcapitata, invece, spiegava che le azzurre in campo sono in realtà le avanguardie dell'anti-fascismo militante, e quindi la partita in sè non doveva essere considerata come un gioco, bensì come l'ardente "risposta politica collettiva delle donne a nome di tutte" contro il maschilismo governativo: anche in questo caso siamo in pieno delirio ideologico, con l'aggravante di essere per davvero contro la libertà delle femmine, a tal punto ottusa da non rendersi conto di aver sottratto alle azzurre l'unica loro pretesa: avere il diritto di essere riconosciute come persone/atlete. Ma la nostra ideologa della sinistra festivaliera è andata anche oltre. Non contenta del pilotto anti-libertario, ci ha tenuto a specificare che le azzurre rappresentavano una bandiera dell'anti-fascismo dato che Mussolini era contro la libertà delle femmine. Sbagliato! Grave errore, anzi gravissimo, perchè si dice (e si scrive) il falso storico annebbiando quindi la mente di giovani spaesate. Non si fa il negazionismo ideologico.
Per il fascismo, la promozione della donna nello sport fu un evento fondamentale e perno fortissimo della propaganda del regime. Grazie al lavoro clandestino dell'intellettuale aristocratica ebrea Margherita Sarfatti (scrittrice, critica d'arte, maestra, musa, consigliera, editor e soprattutto amante fedele di Mussolini, (oggi si direbbe "la vera spin doctor del Duce, la sua guru personale") era stata istituita "l'Associazione Nazionale delle Giovani Italiane per lo sport", ente riconosciuto dal re, che nel 1932 godeva del più alto finanziamento e sovvenzione da parte dello stato. Nella celeberrima intervista radiofonica all'Eiar, nello stesso anno, il vate D'Annunzio così rispondeva alla domanda relativa alle donne nello sport "Amo la donna che guida l'automobile perchè non si fa trasportare, è lei a condurre e sa dove andiamo....amo la femmina che sempre corre, che sguscia via, che combatte e si batte, la femmina guerriera per antonomasia, la DIana dei boschi che ricorda alle giovani italiane di oggi che battersi a pallacorda e tirar di scherma porta in sè le vestigia e la memoria della grandezza eterna dell'Impero che fu. Giovani italiane: siate tutte Diana, scoccate le vostre frecce, e con i successi sportivi mostrate la grandezza del fascismo". Così erano, allora, così parlavano. Non raccontarlo, censurarlo e negarne l'esistenza, non aiuta la causa dell'anti-fascismo. Anzi, ne esaspera le sue pulsioni.
Infine, la rai: pessima, ma davvero pessima scelta.
Prendendo atto che viviamo in un regime di totale dittatura partitocratica che ci impone il politichese, nei 15 minuti precedenti l'incontro, quando la pubblicità fa il pienone, sarebbe stato intelligente e utile presentare al pubblico Maria Elena Boschi, Paola Taverna, Mara Carfagna, Lucia Bergonzoni e Giorgia Meloni, in rappresentanza, tutte e cinque, dell’intero arco parlamentare che conta, con l’accordo preventivo di non fare propaganda per la propria fazione, e parlare soltanto di questione femminile, sport delle donne, e diritto delle donne ad avere accesso alla diffusione, visibilità e sostegno sia finanziario che mediatico dell’attività sportiva agonistica.
E invece, chi c’era?
Pablito Rossi, un anziano ex calciatore (nessuno che abbia meno di 45 anni sa chi sia e chi sia stato) che per la milionesima volta parlava di se stesso e della sua impresa in Ispagna nel lontanissimo 1982 e dei maschi.
Come si fa essere così miopi e ottusi?

Questa è l'Italia, oggi.
A tutti questi giornalisti consiglio la lettura del libro fortemente voluto, editato, sponsorizzato e presentato da Monica Bertolini, allenatrice della squadra nazionale femminile italiana di calcio. E'uscito nel 2015. Si chiama "Giocare con le tette".
Ve lo consiglio caldamente.

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