di Sergio Di Cori Modigliani
Proprio oggi, 79 anni fa, il 20 aprile del 1933, un grande leader democratico visionario poneva la prima pietra per la risoluzione di una spaventosa crisi economica.
Tutti sanno che nel 1929 ci fu un gigantesco crack finanziario planetario. L’abbiamo letto, abbiamo visto alcuni documentari, i più anziani ricordano terribili racconti fatti in famiglia quando si era piccoli. L’antico ricordo di quel periodo è rimasto sepolto nell’immaginario collettivo occidentale in maniera talmente massiccia che ancora oggi, i più seri e responsabili, sia a destra che a sinistra, citano regolarmente quel precedente, temendo che si possa verificare di nuovo.
Chi sostiene il mercato libero della finanza porta sempre avanti le stesse identiche argomentazioni, ogni qualvolta viene loro ricordato che stiamo velocemente andando verso una Grande Depressione: i tempi sono cambiati, le condizioni sono diverse, oggi abbiamo poderosi dispositivi di controllo per impedire che ciò accada.
Pochissimi, però, ricordano come si uscì fuori da quella crisi. Negli ultimi mesi, in tutte le trasmissioni televisive italiane (ormai totalmente sequestrate da politici ed economisti) non è mai avvenuto neppure una volta che un economista, un esperto d’economia, un politico democratico abbia fatto riferimento a quel periodo per aprire un dibattito che avrebbe potuto davvero essere molto interessante.
Da parte della finanza speculativa e dai loro sostenitori neo-liberisti, lo capisco.
Rimane inspiegabile da parte di chi, invece, la critica. Una immensa occasione persa.
Ciò che pochissimi sanno –e nessuno ha intenzione di ricordarlo- è che allora si produsse un violentissimo braccio di ferro tra due scuole economiche: quella neo-liberista che sosteneva la necessità che i mercati fossero completamente liberi senza alcun controllo da parte dello stato centrale e quella invece che sosteneva come la finanza dovesse essere controllata attraverso regole severe dai singoli governi. Esattamente come oggi. Non è una novità odierna.
Nel 1931, in Usa, c’erano 18 milioni di poveri e 40 milioni di disoccupati. Il 75% delle banche aveva chiuso i battenti perché fallita. Il 75% della spina industriale della nazione era scomparsa, dichiarando bancarotta. In quell’anno si erano verificati, soltanto a New York, circa 2.500 suicidi tra gli imprenditori, industriali e banchieri. Il ceto medio era stato completamente depauperato. Il paese era davvero allo stremo. Il pil segnava un -15%, una cifra tragicamente catastrofica. C’era chi spiegava come gli Usa non si sarebbero mai potuti riprendere e i più ottimisti ritenevano che avrebbero impiegato almeno vent’anni prima di vedere un trend economico positivo.
Cinque anni dopo, gli Usa viaggiavano al ritmo di un pil al +11% annuo. L’occupazione si era ridotta dal 38% al 3%. L’America entrava a ritmo battente tra le prime potenze economiche al mondo. Sette anni prima era praticamente fallita.
Nel corso della campagna elettorale del 1932, i conservatori parlavano esattamente (ripeto: esattamente alla lettera) come il ragionier Mario Monti: “il rigore dei conti e una inevitabile austerità sono le due condizioni imprescindibili per una potenziale ripresa; è necessario abbattere il costo del lavoro salariale per consentire di aumentare il rischio d’impresa e aumentare così la produttività; l’opposizione spingerà la nazione verso il baratro, verso il totale annientamento, e verremo cancellati dai mercati internazionali”. Così, alla radio, nel suo ultimo comizio elettorale, il 4 novembre, il presidente in carica, il repubblicano conservatore liberista, Herbert Clark Hoover, spiegava alla nazione i parametri che sostenevano l’ideologia di governo, annunciando nuove insostenibili tasse. Ma l’8 novembre, a sorpresa, vinse “il paralitico truffatore” (the crippled crook) come veniva chiamato Franklin Delano Roosevelt dai suoi antagonisti, quasi sconosciuto alla maggior parte della popolazione. L’11 ottobre del 1932, venti giorni prima delle elezioni, aveva organizzato a New York una cena al Plaza Hotel, per celebrare il suo 22 esimo anno di affiliazione alla massoneria, dove si era iscritto l’11 ottobre del 1911, alla Holland Lodge n.8, nella sede di Cristopher Street. Per l’occasione, aveva fatto sistemare dei giganteschi megafoni fuori dalla sala perché voleva che la gente ascoltasse il suo programma, che –in quell’occasione- lui presentava a un gruppo di imprenditori e finanzieri. La gente, oggi –soprattutto in Italia- non si rende conto dell’impatto e del valore del potere personale di un leader e ha un’idea piuttosto falsata di Roosevelt, a metà tra la museizzazione e la falsificazione. Il suo tono era da tribuno furioso, a metà tra Beppe Grillo e Paolo Barnard: “Alla banda di criminali che intende seguitare ad affamare la nazione con la più ingegnosa, diabolica e oscena truffa economica che sia mai stata inventata al mondo, il liberismo perverso e incontrollato, annuncio che la loro fine è imminente, perché il nostro piano di rinascita economica e di sviluppo e di creazione di lavoro ha posto al centro l’Essere Umano nella sua dignità. E funziona. Funziona per davvero. Questa non è la campagna elettorale del 1932, mettetevelo bene in testa. Questa sera si conclude la campagna elettorale del 1936. Perché tra quattro anni, dopo che grazie ai vostri voti, avrò avuto la possibilità di avviare il nuovo patto tra lo stato sovrano e il popolo, in tutte le case degli americani non ci sarà più neppure un disoccupato, un avvilito, un pauroso del domani. E non dovete considerarla come una promessa elettorale, ma una garanzia. Potete portarla in banca domani, se volete….a patto che troviate qualche banca ancora aperta perché non è fallita. E allora, tra quattro anni, il paese potrà comprendere il vero volto di chi voleva schiavizzarci attraverso la tirannide del denaro, perché ormai sarà alle spalle. Il danaro non è un valore. Il lavoro è un Valore, e su questo è nata la nazione. Il danaro è un mezzo, necessario per produrre lavoro, ricchezza collettiva, bene comune”.
Fu un geniale trucco retorico demagogico. Seduto sulla sua sedia a rotelle, consapevole dell’impatto negativo che la sua immagine disabile poteva suscitare, diede per scontata, con una sicumera tracotante mai vista fino a quel momento in America, non soltanto la sua elezione, ma addirittura la sua rielezione a furor di popolo di lì a quattro anni.
La Storia gli ha dato ragione.
E’ stato l’unico presidente americano rieletto quattro volte. Quando nel 1939, non consentendolo la costituzione, annunciò al paese che non poteva candidarsi per la terza volta, in tutta la confederazione ci fu quasi una sollevazione popolare. Furono gli stessi repubblicani a proporre, con inevitabile savoir faire obbligato, di consentire al congresso una votazione eccezionale per farlo rieleggere.
Franklin Delano Roosevelt ha cambiato la storia dell’economia applicata alla realtà e ha cambiato l’organizzazione dell’industria e dei rapporti di lavoro tra imprenditori e salariati.
Il suo più celebre gioiello (scritto da John Maynard Keynes) è datato 1933, pochi mesi dopo essersi insediato. Si chiamava TVA, Tennessee Valley Authority, progetto che lui varò il 20 aprile 1933. Lo considerò un progetto pilota, ma si capì subito che funzionava. Chiese l’aiuto finanziario di un pool di banche che glie lo negò. “Io me ne frego delle banche” rispose. Con un decreto legge abolì le sovvenzioni statali agli istituti finanziari e con quei soldi finanziò la sua idea. “Se funziona, la possiamo moltiplicare per 50”.
Identificò lo stato più arretrato, bisognoso e povero di tutta la confederazione, e chiese a Keynes di preparargli un piano di sviluppo del territorio e lo applicarono lanciando il più massiccio e vasto piano di grandi opere mai realizzato. Il TVA tuttora esiste ed è ancora la spina dorsale del sistema industriale americano. Era basato sul concetto di bene comune, sulla creazione di un sistema vasto di infrastrutture che avrebbe prodotto lavoro, investimenti, comunicazione, accelerando le possibilità di spostamento e centuplicando la dinamica e la mobilità.
Così lo presenta il wikipedia britannico che lo ha immesso in rete sei mesi fa.
Tennessee Valley Authority (TVA) è una società di proprietà federale negli Stati Uniti creata da un atto costitutivo del Congresso nel maggio del 1933 per fornire navigazione, controllo delle piene, produzione di energia elettrica, produzione di fertilizzanti e lo sviluppo economico nella Valle del Tennessee, una regione particolarmente colpita dalla Grande Depressione. L'impresa è stata il risultato degli sforzi del senatore George W. Norris del Nebraska. La TVA è stata concepita non solo come fornitore, ma anche come agenzia di sviluppo economico regionale in grado di avvalersi di esperti della Confederazione e di energia elettrica per modernizzare rapidamente l'economia della regione e della società.
L'area di servizio della TVA copre la maggior parte del Tennessee, parti di Alabama, Mississippi e Kentucky, e piccole zone di Georgia, North Carolina e Virginia. È stata la prima grande agenzia di pianificazione regionale della Confederazione e rimane la più grande. Sotto la guida di David Lilienthal ("Mr. TVA"), la TVA divenne un modello per gli sforzi del governo americano per modernizzare la società del terzo mondo agrario.
Il presidente Franklin Delano Roosevelt lo presentò nell’aprile del 1932 e firmò il Tennessee Valley Authority Act, creando la TVA il 18 maggiodel 1933.
In qualità di fornitore di energia elettrica, all'agenzia è stato dato il potere di stipulare contratti a lungo termine (20 anni) per la vendita di energia agli enti pubblici e ai soggetti privati, per costruire linee di trasmissione di energia elettrica ad aree altrimenti impossibilitate ad essere rifornite e per stabilire regole e regolamenti per lavendita di energia elettrica e la distribuzione. Così la TVA è sia un alimentatore che un'agenzia di regolamentazione dell'energia.
Oggi, la TVA è la più grande azienda elettrica pubblica della nazione, fornendo energia elettrica a oltre nove milioni di clienti nella valle del Tennessee. Essa agisce principalmente come un grossista della potenza elettrica, vendendo a 156 distributori di energia al dettaglio e a 56 clienti industriali o di governo serviti direttamente . L'energia è ottenuta dalle dighe che forniscono energia idroelettrica, dai combustibili fossilivegetali, dalle centrali nucleari, dalle turbina a gas, dalle turbine eoliche e dai pannelli solari.
Durante gli Anni '20 e la Grande Depressione, gli americani hanno cominciato a sostenere l'idea della proprietà pubblica delle infrastrutture, in particolare degli impianti idroelettrici. Il concetto che il Governo debba avere la proprietà delle infrastrutture che producono energia elettrica e la vendono pubblicamente ai servizi di distribuzione è stato controverso e allo stesso modo lo è ancor oggi.
Molti credevano che le aziende private volte alla produzione di energia venivano sovraccaricate troppo per la loro produzione, non impiegavano pratiche operative eque ed erano oggetto di abusi da parte dei rispettivi proprietari (utility delle società di partecipazione), a scapito dei consumatori. Durante la sua campagna presidenziale, Roosevelt ha sostenuto che enti privati avevano "scopi egoistici" e ha detto, "Il governo federale non s'imporrà mai con la sua sovranità o con il suo controllo delle sue risorse energetiche, finchè io sono presidente degli Stati Uniti".
Per poter ottenere quel risultato, lanciò gare d’appalto promettendo che le imprese che avessero vinto l’appalto non avrebbero dovuto pagare tasse, e aumentò, invece, di molto, l’aliquota dei lavoratori, cosa che piacque molto all’imprenditoria che appoggiò l’iniziativa. Siccome il problema consisteva nel combattere la disoccupazione, Roosevelt spiegò che per un individuo che non guadagna nulla, se deve scegliere tra pagare il 5% di nulla oppure il 35% di 100, inevitabilmente sceglierà la seconda soluzione. In tal modo ottenne due risultati: creò lavoro risolvendo il problema della disoccupazione, e rientrò dei soldi investiti attraverso le imposte di lavoro. Agli imprenditori venne applicata una aliquota a partire da un certo profitto in su, a scalare.
Bello bello (immagino qualcuno commenterà adesso) ma erano altri tempi. Oggi non sarebbe possibile fare una cosa del genere, tantomeno in Europa.
Non è vero.
L’ha fatto un mese fa la Repubblica d’Irlanda, sconvolgendo la Spagna perché adesso esiste un precedente e non sanno che pesci prendere: è arrivata la notizia a Madrid.
E’ stata una proposta fatta in parlamento dal Sinn Fein (il partito che un tempo rappresentava e gestiva il terrorismo irlandese anti-britannico; quella parentesi è stata chiusa e oggi è un tranquillo e pacifico partito democratico ben agguerrito in termini di proposte operative sul territorio). E il congresso irlandese l’ha approvato. Così come hanno approvato anche il fatto di indire un referendum per stabilire se firmeranno oppure no il pareggio di bilancio e se intendono accettare o meno le proposte della BCE. (nessuna notizia di questi eventi sui media mainstream europei). In conseguenza dell’applicazione di questo dispositivo, in Irlanda stanno nascendo come funghi piccole e medie aziende che approfittano del fatto che non pagheranno tasse se assumono almeno 10 dipendenti e hanno fatto i calcoli che entro due mesi l’indice della disoccupazione in Irlanda (15 volte più a rischio di default di Spagna e Italia) diminuirà del 50%: stanno assumendo migliaia e migliaia di persone, soprattutto nel campo dell’agricoltura biologica, delle energie rinnovabili, nella ristrutturazione del manto idro-geologico e nella componentistica elettronica. Si stanno avviando verso una ripresa.
E cominciano a diffondersi in Europa, soprattutto in Olanda, nord della Francia e –ciò che più conta in assoluto- in Germania, le teorie e le indicazioni politiche di un personaggio americano davvero curioso, 91 anni d’età ma ne dimostra 50, che si chiama Larouche e sostiene la “riproposizione del new deal roosveltiano”. In Italia è presente in rete attraverso una sigla che si chiama “Movimento di Solidarietà”.
Ecco la sua scheda biografica così come viene presentata da Irish News e dal Guardian britannico che sono molto curiosi della sua attività:
L'economista Lyndon Hermyle LaRouche Jr. è nato l'8 settembre 1922 a Rochester, nel New Hampshire. Nel corso degli anni Settanta e Ottanta è diventato una delle personalità più controverse sulla scena politica internazionale per una serie di motivi:
• è stato tra i primi a proporre la moratoria sul debito dei paesi in via di sviluppo a metà anni Settanta, polemizzando contro il FMI, la Banca Mondiale e altre istituzioni sopranazionali come fautrici di un sistema neo-colonialista di usura;
• si è distinto nella lotta contro l’ideologia “post-industriale” del rock, sesso e droga, in particolare denunciando i grandi traffici degli stupefacenti in mano ad un cartello finanziario sopranazionale;
• è stato l’iniziatore politico di quella che il 23 marzo 1983 fu ufficializzata dal Presidente Ronald Reagan come l’Iniziativa di Difesa Strategica (SDI). Nella concezione di LaRouche, lo scudo antimissilistico doveva essere realizzato congiuntamente dalle superpotenze e, adottando le migliori innovazioni tecnologiche alle frontiere della fisica, avrebbe garantito enormi ricadute tecnologiche sull’economia civile mondiale.
• Le sue previsioni economiche, in particolare quelle dei crac finanziari del 1987 e del 1998, hanno confermato ad un pubblico internazionale sempre più vasto le sue qualità di economista. In particolare dal 1994, LaRouche sostiene che il sistema finanziario vigente è in pratica fallito e che occorre sostituirlo con un sistema di concezione radicalmente nuova.
All’origine della preparazione economica di LaRouche si collocano gli studi dell’opera del fisico matematico tedesco Bernhard Riemann ed un progetto risalente al periodo tra il 1948 ed il 1952, quando LaRouche confutò le teorie di Norbert Wiener e di John von Neumann, due seguaci di lord Bertrand Russell, considerati come i padri della “società dell’informazione” e della “New Economy” il fallimento della quale è diventato oggi una realtà empirica incontenstabile.
La teoria sviluppata da LaRouche – che critica senza compromessi sia il liberismo che il marxismo – si riallaccia esplicitamente alla tradizione del “sistema americano di economia politica”, ovvero a quelle figure che, ribellandosi al colonialismo britannico, fecero degli Stati Uniti una superpotenza di sviluppo facendo leva sul principio, sancito dalla costituzione, del “bene comune”. LaRouche attribuisce particolare importanza ad Alexander Hamilton (1755-1804), il ministro del Tesoro che costruì un sistema bancario nazionale concepito per promuovere dirigisticamente la produzione, ad Abramo Lincoln (1809-1865), che applicò rigorosamente il programma economico di Henry C. Carey (1793-1879), ed ai principali continuatori dell’opera di questi, in particolare Franklin D. Roosevelt (1882-1945) e John F. Kennedy (1917-1963). LaRouche vede la storia americana come il principale campo di battaglia di uno scontro tra i continuatori di questa tradizione anticolonialista creatrice degli Stati Nazionali – le cui radici sono europee e rinascimentali – e quelle forze fautrici di una “Pax Americana”, che di fatto corrispondono agli interessi oligarchici sopranazionali, storicamente acquartierati soprattutto in Inghilterra. Questo scontro, afferma LaRouche, interessa e coinvolge essenzialmente ogni altro “conflitto” politico, economico e culturale, sia nazionale sia internazionale.
Oggi LaRouche propone di tornare all’America di Franklin D. Roosevelt, il presidente che varò i programmi economici dirigistici grazie ai quali gli USA uscirono dalla grande depressione degli anni Trenta, che sconfisse il nazismo e gettò le basi per la ricostruzione del dopoguerra, nel contesto del sistema originale di Bretton Woods. In questa prospettiva LaRouche si è ripetutamente candidato alla Casa Bianca nel Partito Democratico USA, facendo appello agli stessi strati sociali che negli anni Trenta e Quaranta portarono Franklin D. Roosevelt alla presidenza.
Gli interessi di questi strati composti da lavoratori, agricoltori e minoranze emarginate sono stati sistematicamente disattesi dalla dirigenza democratica, a partire dagli anni Settanta.
Per diffondere queste idee LaRouche ha fondato la rivista settimanale internazionale "Executive Intelligence Review" (EIR).
• è stato tra i primi a proporre la moratoria sul debito dei paesi in via di sviluppo a metà anni Settanta, polemizzando contro il FMI, la Banca Mondiale e altre istituzioni sopranazionali come fautrici di un sistema neo-colonialista di usura;
• si è distinto nella lotta contro l’ideologia “post-industriale” del rock, sesso e droga, in particolare denunciando i grandi traffici degli stupefacenti in mano ad un cartello finanziario sopranazionale;
• è stato l’iniziatore politico di quella che il 23 marzo 1983 fu ufficializzata dal Presidente Ronald Reagan come l’Iniziativa di Difesa Strategica (SDI). Nella concezione di LaRouche, lo scudo antimissilistico doveva essere realizzato congiuntamente dalle superpotenze e, adottando le migliori innovazioni tecnologiche alle frontiere della fisica, avrebbe garantito enormi ricadute tecnologiche sull’economia civile mondiale.
• Le sue previsioni economiche, in particolare quelle dei crac finanziari del 1987 e del 1998, hanno confermato ad un pubblico internazionale sempre più vasto le sue qualità di economista. In particolare dal 1994, LaRouche sostiene che il sistema finanziario vigente è in pratica fallito e che occorre sostituirlo con un sistema di concezione radicalmente nuova.
All’origine della preparazione economica di LaRouche si collocano gli studi dell’opera del fisico matematico tedesco Bernhard Riemann ed un progetto risalente al periodo tra il 1948 ed il 1952, quando LaRouche confutò le teorie di Norbert Wiener e di John von Neumann, due seguaci di lord Bertrand Russell, considerati come i padri della “società dell’informazione” e della “New Economy” il fallimento della quale è diventato oggi una realtà empirica incontenstabile.
La teoria sviluppata da LaRouche – che critica senza compromessi sia il liberismo che il marxismo – si riallaccia esplicitamente alla tradizione del “sistema americano di economia politica”, ovvero a quelle figure che, ribellandosi al colonialismo britannico, fecero degli Stati Uniti una superpotenza di sviluppo facendo leva sul principio, sancito dalla costituzione, del “bene comune”. LaRouche attribuisce particolare importanza ad Alexander Hamilton (1755-1804), il ministro del Tesoro che costruì un sistema bancario nazionale concepito per promuovere dirigisticamente la produzione, ad Abramo Lincoln (1809-1865), che applicò rigorosamente il programma economico di Henry C. Carey (1793-1879), ed ai principali continuatori dell’opera di questi, in particolare Franklin D. Roosevelt (1882-1945) e John F. Kennedy (1917-1963). LaRouche vede la storia americana come il principale campo di battaglia di uno scontro tra i continuatori di questa tradizione anticolonialista creatrice degli Stati Nazionali – le cui radici sono europee e rinascimentali – e quelle forze fautrici di una “Pax Americana”, che di fatto corrispondono agli interessi oligarchici sopranazionali, storicamente acquartierati soprattutto in Inghilterra. Questo scontro, afferma LaRouche, interessa e coinvolge essenzialmente ogni altro “conflitto” politico, economico e culturale, sia nazionale sia internazionale.
Oggi LaRouche propone di tornare all’America di Franklin D. Roosevelt, il presidente che varò i programmi economici dirigistici grazie ai quali gli USA uscirono dalla grande depressione degli anni Trenta, che sconfisse il nazismo e gettò le basi per la ricostruzione del dopoguerra, nel contesto del sistema originale di Bretton Woods. In questa prospettiva LaRouche si è ripetutamente candidato alla Casa Bianca nel Partito Democratico USA, facendo appello agli stessi strati sociali che negli anni Trenta e Quaranta portarono Franklin D. Roosevelt alla presidenza.
Gli interessi di questi strati composti da lavoratori, agricoltori e minoranze emarginate sono stati sistematicamente disattesi dalla dirigenza democratica, a partire dagli anni Settanta.
Per diffondere queste idee LaRouche ha fondato la rivista settimanale internazionale "Executive Intelligence Review" (EIR).
La rivista di Larouche si è fatta promotrice di una serie di incontri e seminari in Germania riuscendo a ottenere vasti consensi all’interno dei socialdemocratici e contribuendo non poco ad allargare l’opposizione alla Merkel e alla sua politica iper-liberista. Attraverso il loro sito stanno diffondendo notizie davvero molto interessanti sulla Germania e su come si sta organizzando l’opposizione tedesca.
Vi ripropongo, per dovere di informazione, il testo del loro comunicato odierno.
Germania: si prospetta una grossa battaglia sull'ESM
20 aprile 2012 (MoviSol) - Il 25 maggio il Parlamento tedesco (Bundestag) voterà sul Patto Fiscale e sul Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM, il cosiddetto "fondo salvastati" che in realtà è un fondo salva-speculatori). Ciò concede agli oppositori di queste misure permanenti di salvataggio ed austerità appena quattro settimane per mobilitarsi. L'SPD ed i verdi voteranno insieme alla coalizione di governo, lasciando il partito post-comunista Linke l'unico partito a votare contro, insieme a una manciata di dissidenti dagli altri partiti.
Al di fuori del Parlamento, tuttavia, cresce la resistenza. Poche settimane fa il BueSo (Movimento Solidarietà tedesco) era solo nell'opporsi al Patto ed all'ESM ed a chiedere un referendum su entrambi ed anche sull'Euro. Da allora molte delle sue richieste sono state riprese nella campagna lanciata dall'alleanza Mehr Demokratie (più democrazia) ad una conferenza stampa a Berlino il 12 aprile. L'alleanza chiede un referendum prima della scadenza del 25 maggio, ed ha avviato sforzi di lobbying per convincere i parlamentari ad adottare la causa del referendum. Si è assicurata il consiglio legale dell'ex ministro della Giustizia tedesco Herta Daeubler-Gmelin nel ricorso che presenterà alla Corte Costituzionale, che include una richiesta decisiva per un'ordinanza restrittiva temporanea che bandisca qualsiasi pagamento all'ESM fino a quando la Corte non avrà deliberato sulla costituzionalità o meno del fondo. E senza il denaro tedesco, l'ESM non potrà entrare in vigore il 1 luglio come previsto.
Nel frattempo l'appello per un referendum è stato lanciato anche dall'associazione dei contribuenti tedeschi, e gode del sostegno di molti esperti rinomati di legge costituzionale ed internazionale nelle università tedesche, come Christoph Degenhart (Lipsia), Peter Neumann (Dresda), Dietrich Murswiek (Friburgo), Karl Albrecht Schachtschneider (Norimberga-Erlangen). Altri ricorsi costituzionali saranno presentati dal partito Linke, dal parlamentare cristiano sociale Peter Gauweiler e da altri gruppi di querelanti.
Dopo la Germania, la principale opposizione all'ESM viene dall'Austria, dove la coalizione di governo di conservatori e socialdemocratici non dispone della maggioranza di due terzi per la ratifica del fondo "salva-stati" e due dei tre partiti di opposizione, FPOE e BZOE, sono a favore di un referendum prima della ratifica parlamentare. Non è stata stabilita una data per il voto, in quanto il governo spera ancora di convincere i verdi offrendo loro delle concessioni.
In Irlanda è previsto il 31 maggio un referendum nazionale sull'UE che potrebbe concludersi con una maggioranza per il "No", e il partito Sinn Fein conduce una campagna per respingere i salvataggi dell'Euro a spese dei livelli di vita della popolazione.
In Italia si prevede che la stragrande maggioranza del Parlamento approverà l'ESM, ma un gruppo guidato dall'attivista siciliana Lidia Undiemi e sostenuto dalla pubblicazione online Wall Street Italia ha stilato una Proposta di Mozione Parlamentare sostenuta anche da MoviSol, il movimento di LaRouche in Italia. La mozione afferma tra le altre cose che "sono forti i rischi di cessione di sovranità ad una organizzazione finanziaria e la conseguente ondata di ulteriori politiche diausterity che potrebbero colpire i cittadini". Chiede una "discussione pubblica sul trattato ESM", la fine dell'austerità, la difesa dell'economia reale e mezzi per garantire che l'ESM, per via della sua opacità e immunità nei confronti di qualsiasi giurisdizione legale, non venga preso in mano dalla criminalità organizzata.
E' questa la direzione nella quale muoverci, coordinandoci e cercando di far conoscere queste idee. Nel suo piccolo la palermitana Undiemi ha già dato un segnale, denunciando l'IDV, per le posizioni in appoggio all'ESM. Altri denunciano il governo all'autorità giudiziaria. Insomma c'è un movimento in atto e dobbiamo però evitare che le nostre energie si disperdano in tanti rivoli più o meno personalistici.
RispondiEliminaConosco il MoViSol di Larouche da molti anni. Dicono cose interessanti, che potrei in gran parte condividere, ma... sono decisamente favorevoli al nucleare. Sai, io sono ingegnere nucleare, e se sono contro (ferocemente contro) il nucleare, parlo con qualche elemento di conoscenza...
RispondiEliminaQuesto particolare è un vero neo, dal mio punto di vista. Ti assicuro che da tempo sarei andato a cercarli per intervistarli, e contribuire a farli conoscere... se non fosse per quel neo.
Sai perche'sono favorevoli al nucleare? Temono che la scarsita' di energia possa spianare la strada a qualche forma di controllo delle nascite. Insomma sono anti maltusiani.
RispondiEliminaLucida, ben articolata e dunque pienamente condivisibile analisi.
RispondiEliminaCome sempre complimenti Sergio.