di Sergio Di Cori Modigliani
Una ventina di giorni fa, circa, avevo iniziato a scrivere dei post relazionando ai miei lettori sulla situazione oltreoceano del movimento “occupy wall street”. Tra i vari commenti, pur diversi nel tono e nella sostanza, c’era però un elemento che li accomunava: lo scetticismo. A questo bisogna aggiungerci la consueta dose di anti-americanismo acritico e la propensione da parte degli italiani (una normale procedura mentale) nel definire e interpretare realtà davvero molto diverse dalle loro, usando strumenti e argomentazioni spesso desuete, senz’altro obsolete, che cercavano di “forzare” gli eventi statunitensi attribuendo dei significati che non cerano. Con l’unico risultato ottenuto di non vedere ciò che lì stava e sta accadendo.
Oggi, 19 ottobre, per il movimento statunitense è un giorno importante.
Senza aver investito un centesimo, senza aver mosso delle lobby, senza che siano scesi in campo partiti, politicanti, strutture o associazioni definite, sono riusciti ad abbattere la barriera più grande che ergeva, gigantesca, davanti a loro: la cassa di risonanza mediatica.
Le televisioni americane (per lo più conservatrici) avevano relazionato, più per onor di firma che per volontà informativa, ciò che stava accadendo, cercando sempre però di sminuire l’evento attribuendogli delle coloriture un po’ clownesche, una spontaneità anarcoide, la totale mancanza di leadership, una specie di moda giovanile. Come tale, destinata a svanire, alleggerendosi come un gigantesco palloncino colorato, che tutti avremmo finito per osservare quando sarebbe esploso lassù nel cielo.
Essendo, però, una cultura pragmatica, tutti quanti i media, CNN in testa, dopo dieci giorni dall’inizio, avevano deciso di rimanere affacciati alla finestra a guardare senza penalizzarli e senza esaltarli, dandosi una specifica scadenza: un mese. Era, questo, il tempo massimo che i sondaggi attribuivano alla resistenza del movimento. Superata la rabbia espressa, le marce, i sit in, i manifestanti avrebbero capito l’inutilità velleitaria della loro posizione. Le piazze si sarebbero svuotate sempre di più. Allora (era il 25 settembre) il movimento veniva accreditato in tutti gli Usa intorno a circa 150.000 persone, soprattutto a New York, Chicago, Los Angeles e Boston. Tanti, ma allo stesso tempo troppo pochi per poter diventare pungenti, e quindi materiale informativo interessante per il pubblico. Superato il mese, l’evento si sarebbe sgonfiato, soprattutto per mancanza di adeguata leadership.
Oppure……
Eh già…….oppure…..dopo trenta giorni, i più accorti giornalisti avrebbero effettuato un rapido e sommario sondaggio per stabilire l’autentica entità del movimento.
Questa mattina, 19 ottobre, nel telegiornale delle ore 10, CNN presentava “ufficialmente” la nascita del movimento. “Sono trascorsi 32 giorni, e si è messo in marcia, non si può più negarlo né far finta che non esista: aumenta a vista d’occhio, it’s going mainstream” una frase che, di solito, fa sobbalzare i pubblicitari e il marketing. Tradotto letteralmente vuol dire “comincia ad andare per la maggiore”; in termini sociali, invece significa “sta diventando un trend dall’onda lunga, in cui la maggioranza assoluta del popolo americano potrebbe finire per identificarsi”. I dati statistici confermano questa sintesi mediatica. Le città coinvolte non sono più 4 bensì 56. Da movimento localistico urbano è diventato un evento federale che tocca ben 42 dei 50 stati dell’unione e gli individui che vi partecipano cominciano a contarsi in milioni. Sembra intorno alle 15 milioni di unità. In venti giorni ha aumentato il proprio volume umano novanta volte. L’organizzazione delle singole comunità autonome nei piccoli centri funziona alla perfezione, producendo la media di circa 2 milioni di e-mail al giorno recapitate elettronicamente –con valore legale- al presidente, al senato, alla camera, ai sindaci, ai governatori, alla federal reserve. Il sondaggio fortemente voluto e reclamizzato dall’ala conservatrice di destra del partito repubblicano si è rivelato –per loro- un clamoroso boomerang, inaspettato anche per i più furibondi ottimisti tra i democratici: il 62% tra i votanti repubblicani appoggia il movimento. Così come viene appoggiato dal 90% degli astenuti dal voto.
E naturalmente sono iniziati subito i distinguo.
Perché la realtà di “occupy wall street” che lo rende unico (e distante anni luce dall’Italia e dalle altre espressioni europee) consiste nel fatto di avere, eccome, una leadership.
Molto ben definita, identificabile.
Ed è ciò che sta facendo rizzare i capelli all’intera classe politica americana.
I leader, infatti, non hanno nessun rapporto né con i democratici né con i repubblicani né tantomeno con realtà partitiche terze. Non sono anarchici, non sono anti-statalisti, ma soprattutto (ciò che è fondamentale) non hanno nessun interesse a fare carriera politica e quindi non cercano in alcun modo visibilità, pubblicità, consenso.
Sono intellettuali. Sono studiosi di alto livello riconosciuto.
Per lo più professori d’università con eccezionali curriculum vitae alle spalle.
Com’era a Parigi nel 1969 quando la facoltà di filosofia di Nanterre e della Sorbona erano diventate il propellente incendiario dell’intero movimento europeo, quando –al di là delle parole anti-capitalistiche dal sapore marxista usate come slogan- i giovani cominciarono ad affollare i seminari di Jean Paul Sartre, Michel Foucault, Jacques Derrida, Gilbert Deleuze, Felix Guattari, Simone de Beauvoir,ecc.
E l’onda contagiò in tempo molto breve anche la vicina Germania che trovò nella facoltà di sociologia dell’università di Francoforte il punto focale della propria ribellione.
I leader di “occupy wall street” sono parecchi oggi e in aumento.
Il movimento è stato sottovalutato dalla classe politica vigente perché li ha interpretati secondo un’ottica obsoleta, la loro: aspettavano che venissero fuori i capi per capire che cosa volessero e poi, extrema ratio, trattare con loro.
Il bello è che “i cosiddetti capi” vogliono una cosa inconcepibile, impensabile, considerata assolutamente folle per la classe al potere: vogliono fare “un esperimento scientifico” (per dirla nella maniera più rozza possibile e comprensibile per gli italiani), tutto qui: sperimentando sul campo le nuove teorie sociali e la nuova generazione di studi relativi alle teorie e tecniche delle comunicazioni di massa.
Lunedì scorso, in televisione, sul canale La7, Gad Lerner, un serio professionista italiano piuttosto abile, nel tentativo di dar voce agli “indignati” italiani pacifici, con il dichiarato fine di contrapporli ai violenti dei Black bloc o chi per loro, intervistava delle persone accampate in un giardinetto di una piazza nel centro di Roma. Un evento mediaticamente interessante, ancorchè penoso. Ne è venuta fuori l’immagine di un’Italietta piccola piccola, pre-industriale, direi addirittura pre-fascista, con i rappresentanti accampatori che sciorinavano delle quisquilie ideologizzate, utili soltanto per essere poi usate da qualche marpione della casta a proprio uso e consumo. Anche in studio c’era un rappresentante del movimento; parlava il suo bravo politichese come se si trovasse a una tribuna politica. Fuori dal tempo. Comunque sia, fuori dalla realtà di “occupy wall street”.
Un vuoto intellettuale totale, che chiarisce il come e il perché degli sciamannati violenti abbiano avuto la possibilità di magnetizzare l’attenzione mediatica, quella del potere della maggioranza, e quella del potere dell’opposizione.
Ancora ieri, martedi’ 18 ottobre, record di contatti in rete per l’Italia per i siti che si occupavano del video-hard di Belen Rodriguez e delle reazioni di Fabrizio Corona.
Uno dei vari teorici americani, leader di “occupy wall street” –che conosce molto molto bene l’Italia perché qui ci insegna- ha destinato all’evento nostrano soltanto poche parole. Il solo fatto che, da noi, questo luminare della scienza non sia conosciuto, la dice tutta Soprattutto per il fatto che qui, in Italia, ci abita perché ci insegna, a Napoli.
Si chiama Derrick de Kerckhove, originariamente belga ma di nazionalità canadese.
E’ stato il delfino del padre profeta della società post-moderna, il grande Marshall MacLuhan, a Toronto, in Canada, dove studiava Letteratura francese. E’ considerato, oggi, il più geniale esperto in teorie e tecniche delle comunicazioni di massa e in movimenti sociali autonomi. E’ professore incaricato a Toronto e da due anni insegna anche alla facoltà di sociologia dell’università Federico II di Napoli.
Il suo ultimo libro “La mente aumentata”, l’ha voluto pubblicare sotto forma di e-book, in italiano, attraverso la 40kbooks.com, un’azienda di editoria elettronica italiana. Lui ha coniato questo termine “augmented mind” (la mente aumentata) che sarebbe la mente del cittadino post-moderno nell’era della comunicazione inter-attiva elettronica. “La “mente aumentata” è quel dispositivo cognitivo personale, individuale e collettivo che la tecnologia elettronica ha creato dentro e intorno a noi” sostiene de Kerckhove “attraverso internet nello specifico e attraverso l’elettricità in generale. Funziona sia come memoria estesa e aumentata sia come processo di produzione di intelligenza attiva per tutti gli usuari di elettronica: dal telegrafo ai processori della generazione cloud. E’ una grande rivoluzione perché unisce le persone -a differenza dell’alfabeto, gigantesca invenzione dell’umanità che, invece, ha separato gli individui in colti e analfabeti- consentendo l’ingresso di enormi masse di individui in uno spazio dove l’informazione fluisce in diretta (vedi Twitter) e dove c’è la possibilità in tempo reale per gli individui di potersi scambiare modalità relative ai propri bisogni sia individuali che collettivi, cercando le soluzioni. Può assumere forme e modalità diverse perché esteriorizza e oggettivizza il nostro processo immaginifico in eventi che sono fittizi e reali solo nella virtualità ma che avvengono in un ambiente dinamico tale da diventare vivo e quindi reale, come facebook o Second Life, che può finire per produrre poi addirittura degli eventi nella cosiddetta realtà reale. Si finisce in un “apparente” paradosso: la realtà virtuale è in grado di produrre realtà reale, ma solo se attivata da una mente aumentata. La nuova realtà prodotta dalla virtualità genera nuove fantasie e immaginazioni che si rovesciano sul virtuale sedimentandosi in nuovi ambienti fittizi, i quali, però possono anche riprodurre delle realtà reali, e così via dicendo. La “mente aumentata” è la nuova mente estesa e aperta dell’individuo post-moderno nato e cresciuto negli ultimi vent’anni, il che apre socialmente degli orizzonti di enorme vastità”.:
La realtà aumentata, per spiegarla in termini molto succinti, consiste nella sovrapposizione di livelli informativi all’esperienza reale di tutti i giorni. La nostra realtà viene quindi “aumentata” nella sua esperienza potenziale attraverso dispositivi mobili come ad es. l’IPhone, un telefono Android o l’uso della webcam o un guanto VR al cadmio, la partecipazione a un social network di carattere inter-attivo (facebook) perché in tal modo si aggiungono informazioni multimediali alla realtà percepita.
Questa “realtà aumentata” è il meccanismo che è stato applicato dai guru della finanza, i quali hanno proiettato elementi reali “aumentati” nel mondo virtuale (derivati, subprime, strumenti finanziari “teorici e virtuali”) finendo per costruire –nel virtuale- una dimensione che poi ha creato una nuova e diversa realtà nel reale: l’attuale crisi economica e l’arricchimento macroscopico di pochi giocatori, talmente abili da essere riusciti ad impossessarsi perfino di intere nazioni.
“Così come nel virtuale immaginifico è possibile riuscire ad ottenere 4 miliardi di dollari investendo soltanto duecento dollari veri perché si applica un modello onirico che non ha alcun riferimento con la situazione “reale” economica, così se si riesce –grazie alla mente “aumentata- a operare anche nel processo inverso, si finisce per avere un mondo virtuale (quello della cosiddetta “finanza high tech”, volgarmente detta da noi “carta straccia”) che alla fine produce realtà reale, cioè soldi veri. Ma questi soldi veri non producono ricchezza reale nell’economia reale perché se li prendono le persone che hanno innescato il gioco. Soprattutto –ed è ciò che più importa- non sono il prodotto di una economia reale. Si crea quindi una situazione tale per cui la finanza reale produce virtualità dalla quale ricava soldi veri che poi, però, non investe in attività produttive, bensì nel proseguimento del gioco. Il momento dell’incasso è quello che i giornalisti e i cronisti obsoleti chiamano “speculazione”, un termine antico che non spiega nulla. La speculazione non esiste. Non si tratta di speculatori, bensì di “giocatori dalla mente aumentata, giocatori reali nel mondo virtuale, che escono dal gioco e dal virtuale producono realtà: soltanto per loro”.
Questo paragrafo che avete appena letto è una delle colonne portanti del movimento “occupy.org”.
I teorici intellettuali (i cosiddetti “leader” del movimento) dopo aver spiegato come funziona il meccanismo in cui viviamo, dopo aver trascorso un lungo periodo girando per le università americane spiegando come sia possibile che l’economia finanziaria planetaria corrisponda –conti alla mano- a una cifra pari al 514% superiore alla ricchezza economica reale, hanno cominciato –dopo aver identificato e destrutturato il meccanismo teorico- ad applicarlo al movimento. Sono state create delle nuove dimensioni esistenziali fittizie e virtuali (comunità virtuali operative) in cui si sperimentano delle alternative fintantoché non se ne trova una considerata giusta e funzionale e da lì la si diffonde per poi applicarla al reale. E’ ciò che è stato fatto scientemente con il movimento, nato, solo e soltanto dopo che erano state costruite delle realtà parallele virtuali –teoricamente e potenzialmente- in grado di riuscire ad offrire un modello di realtà alternativo da applicare.
Oltre a De Kerckhove, è molto ascoltato, soprattutto nelle ultime due settimane, Michael Heaney, un altro intellettuale, nativo nel Michigan.
Laureato all’università di Yale in Scienze Politiche e poi Scienza della Comunicazione, nel 2008 è stato chiamato come consulente tecnico nel comitato di controllo della Camera dei Rappresentanti del congresso Usa relativo alla gestione della recessione economica. Ma dopo pochi mesi si è dimesso sostenendo, in una lettera al presidente Obama “che non mi è possibile trascorrere i miei pomeriggi con un tecnocrate deficiente analfabeta, come Geithner, e con un gruppo di presuntuosi ignoranti la cui dimensione esistenziale è talmente ottusa e miope da essere sicura e certa garanzia che di qui a 30 mesi al massimo si genererà la più spaventosa e cataclismatica crisi economica mai pensata”.
Quella sua lettera è stata la sua credenziale.
Affermato sociologo ed esperto in mass media, segue con molta attenzione lo svolgimento di tutte le derivazioni di “occupy.org” soprattutto in Europa. Richiesto di un parere sull’Italia, Spagna, Francia e Germania mi ha risposto “L’Italia non conta nulla, hanno pensato che importare il movimento appiccicandolo come un francobollo sulla realtà locale, potesse funzionare. Non si tratta di una moda. Il movimento non è un paio di jeans che lanci sul mercato. L’Italia ha vissuto una fotocopia, quindi è rimasta nel virtuale, ma non se ne rendono conto. Per quanto riguarda Francia e Germania penso che i nazionalismi da loro ancora pesino. Si illudono di potercela fare, pensando che andranno a remengo gli altri ma loro si salveranno. Sono ancora dentro al gioco virtuale della loro grandeur e di deutschland uber alles, loro pensano che sia reale, mentre invece sono retoriche antiche, modalità sorpassate dalla storia. Non hanno ancora capito che noi di “occupy.org” abbiamo, semplicemente, cominciato a giocare il loro gioco e così lo disinnescheremo. E’ ciò che stiamo facendo. Questa è una guerra vera, ma è una guerra che non si combatte con le molotov, con la pubblicità, con la televisione, tantomeno con la violenza. La si combatte usando l’alta tecnologia come strumento da applicare a modelli sociali alternativi. Nel virtuale sono andati per costruire la bolla? Ebbene, nel virtuale siamo andati a stanarli e adesso li portiamo tutti nel reale. Ci sarà da ridere”.
Neanche a dirlo, le sue lezioni all’università sono affollatissime.
Per ciò che riguarda “occupy wall street” Michael Dealey ha le idee molto chiare in proposito. Dice infatti “Finora sia i tea party che i giorni iniziali del movimento hanno messo la loro enfasi sull’organizzazione cercando di copiare la struttura della organizzazioni politiche; quelli dei tea party secondo formule più tradizionalisti e accentatrici come l’uso delle lobby e leader unici, forti, di grande impatto ipnotico e mediatico al servizio delle oligarchie; occupy wall street, invece, all’inizio, ha accolto subito le istanze del movimento anarchico ma dopo qualche giorno tutto ciò è sparito. Mentre le, diciamo così, “filiali europee” latitano, noi qui, seguitiamo a progredire verso i nostri obiettivi principali: destrutturare il gioco finanziario e costringere l’intero parlamento a prendere atto che esiste solo e soltanto una via d’uscita: la fine del gioco virtuale finanziario e l’applicazione di giochi reali sociali basati sull’economia reale. Non esistono alternative per il momento. E noi siamo un’etnia pragmatica. Quindi ci muoviamo compatti finchè non lo avremo ottenuto”.
Esistono anche un’altra decina di emeriti professori, scrittori, romanzieri, artisti, che rappresentano tutti insieme lo zoccolo d’oro e la spina dorsale del movimento. E i cosiddetti “accampatori” permanenti (circa 500.000 di persone in tutta l’America che durante il week end diventano ormai circa 5 milioni) sono già stati in grado di “produrre mercato”: magliette, jeans, ceramiche, artigianato.
E cominciano ad arrivare la manifestazioni di solidarietà. All’americana, si intende.
A Chicago, ad esempio, nella sede locale del movimento (lì già fa tanto freddo) sono arrivate 1 milione di carne, piselli, frutta, pannocchie di granturco, in scatola. Sono state portate da un treno di 50 giganteschi camion: regalo di un anonimo “ricco sostenitore”.
A New York una ventina di famiglie finanziariamente solide hanno portato agli accampati 10.000 coperte di lana nuove di zecca e circa 2.000 piumini per cominciare a prepararsi a resistere all’inverno.
Una catena di supermercati ha lanciato la pubblicità alla propria rete di vendita, reclamizzando il fatto di aver regalato –e portato con camion bardati di festoni colorati- 50 giganteschi frigoriferi per surgelati. E’ iniziata, infatti, la colletta del cibo sia per i manifestanti che per i nuovi sfrattati e i nuovi disoccupati.
“Sarà duro, molto duro questo Natale” conclude Michael Dealey “ma una cosa è certa: non saranno soli. Non saremo soli. Stiamo già organizzandoci nella prospettiva che dovremo resistere per molti mesi, forse addirittura un anno. Intanto cresciamo e studiamo. E sperimentiamo nuove tecniche di comunicazione. Noi, qui, non molliamo. Siamo sì e no all’inizio”.
Questo è quanto, per oggi, dal fronte oltreoceano.
Per lo più professori d’università con eccezionali curriculum vitae alle spalle.
RispondiEliminaCom’era a Parigi nel 1969 quando la facoltà di filosofia di Nanterre e della Sorbona erano diventate il propellente incendiario dell’intero movimento europeo,
E cosa ha prodotto quel movimento del '69 (a me risulta del '68)?
Per dirla con un professore/sociologo intervistato a cose finite:
"Ha portato un pò di colore negli abiti maschili" ed io aggiungerei: 'colore anche negli ombrelli'.
Questa é la corretta sintesi di quel disastro di cui fui testimone e non protagonista.
Io resto molto scettico su Occupy Wall Street.
Lei Modigliani é libero di perorare e sostenere la causa.
Auguroni!
io sto con luigiza.
RispondiElimina" L’Italia ha vissuto una fotocopia, quindi è rimasta nel virtuale, ma non se ne rendono conto. "
anche in america se pensano che il problema sia la finanza.
sono molto lontani dalla conoscenza della Vita e del suo REale funzionamento.
non e' nient'altro che l'ultimo atto di creazione di questo ciclo basato sull'ego e sul materialismo.
godiamoci lo spettacolo che sara' pur sempre REale, ne meglio ne peggio del nuovo in arrivo il quale sara' semplicemente diverso.
:-)
@Anonimo del 19 ottobre 2011 08:55
RispondiEliminaCiao Indo concordo pienamente con il tuo intervento.
@luigiza....vedo che sei rimasto sulle stesse posizioni nelle quali eri nel '69...cioè testimone e non protagonista, come tu ti sei definito; è una caratteristica italiana: giudicare rimanendo all'esterno; personalmente preferisco immergermi nella realtà per cercare di scardinarla nei punti in cui non funziona.
RispondiEliminaRispetto alla definizione del '68 come "un disastro" preferisco sorvolare. Ho già dedicato più di un post cercando di comunicare le mie idee sul mondo, in Italia, visto che mi trovo qui, adesso. Considero lo scetticismo e il cinismo l'alimento principale di cui si nutre l'attuale becera classe politica al potere, sia quelli della maggioranza che dell'opposizione. Tanto più si diffonde lo scetticismo e il cinismo, tanto più seguiteranno a vincere gli scettici e i cinici, ben rappresentati in parlamento.
Gentilmente, qualcuno mi saprebbe dire il titolo esatto del libro di Derrick de Kerckhove e dove trovarlo.
RispondiEliminaGrazie.
@anonimo..."the augmented mind".....40books.com....puoi cercare tutte le informazioni in rete, penso che ci siano migliaia di siti su di lui....
RispondiEliminaOWS è un'illusione?
RispondiEliminaPuò essere, però la sento come l'unica illusione che ha un qualche senso.
Non conoscevo gli autori che cita (e di nuovo la ringrazio per le molte cose che imparo qui).
Che l'Italia non avesse colto che la sigla e misurato su se stessa ciò che OWS esprime, non capendolo per niente, mi è parso evidente non solo dall'esito della manifestazione, ma dal fatto che non risultassero quel giorno adesioni ufficiali sul sito occupytogether.org di italiani (il giorno dopo erano 7, oggi non ho ancora verificato).
Nemmeno Vendola, nemmeno i Viola, nessuno che abbia colto l'opportunità e abbia saputo abbandonare la propria identità per confluire in un progetto più grande che li comprendesse e li amplificasse.
Unico modo per rendere evidente quanto insignificanti e piccoli siano i ns politici, unico modo per sconfiggerli senza far altro che allargare gli orizzonti nei quali inserirli.
@luigiza: mi pare riduttivo dire che ciò che ha portato (o è rimasto) del '68 (delle lezioni di Derrida, di Deleuze, ect)è un po' di colore sui vestiti.
Sono quelle frasi fatte con cui evitiamo di cercare più a fondo la sostanza delle cose.
Quando cerco intorno qualcosa che per me abbia senso, mi trovo invariabilmente a leggere, parlare, pensare insieme a/con ciò che è rimasto nel modo di essere delle menti seminate allora da quelle lezioni.
Forse, se mai, se ho una critica da fare, è chiedere ai nostri intellettuali coltivati a pane e Deleuze perché non siano più presenti, perché non si uniscono loro (con noi) in una tendopoli, in un accampamento dal quale ricominciare a tenere lezioni loro, ora.
Sarebbe tempo e sarebbe bello.
@Modigliani e Rossland
RispondiEliminasono stato ..testimone e non protagonista del 69 non perchè ero cinico od indifferente ma semplicemente non ero e credo di non essere uno stupido.
L'ingenua classe operaia del tempo che corse dietro alle idiozie di caporioni furbastri che parlavano del salario come variabile indipendente nella contrattazione aziendale o dietro a psicopatici che predicavano l'esproprio proletario, alla fine se ne é uscita con un pugno di mosche o poco più.
Non che il loro malcontento non avesse motivazioni valide (l'aveva visto che avevano contribuito a creare col loro lavoro al boom degli anni '60 e reclamavano giustamente la loro parte) ma si affidarono a dei cretini (nella migliore delle ipotesi. Ma io ipotizzo ben altro).
La stessa cosa succede ai a lei simpatici manifestanti americani.
Ma una persona con un briciolo di intelletto non andrebbe ad occupare Wall Street i cui operatori si muovono all'interno di leggi esistenti, ma si radunerebbero sotto il Campidoglio o la Casa Bianca dove quelli leggi dementi sono state proposte ed approvate.
Questo signore e quest'altro hanno, a mio giudizio, capito del movimento molto di più di ciò che avete capito voi.
Poi ciascuno si tenga le proprie convinzioni in attesa di sviluppi futuri che le confermano o le smentiscono.
@luigiza
RispondiEliminaHo letto quel di cui si parla nei due siti che linki e confermo: siamo su diverse lunghezze d'onda.
Anzi: quando incappo in simili (dottissime e dottrinali) argomentazioni, fuggo a gambe levate.
Vi trovo la stessa modalità argomentativa, di tipo manipolatorio, che mi ricorda (loro sì), quei sessantottini che si facevano le pippe mentali allora e continuano a farsele oggi, parlando convinti di cose con cui hanno perso le ore a masturbarsi.
Come diceva un saggio amico, dopo il 68, è necessario imparare a fare il 69.
Meno teoria e più sangue sputato sulla vita vera.
Cose che di solito, chi si fa le pippe mentali, non sa nemmeno dove stiano di casa.
Manca una spunta.
RispondiEliminaSupereccezionale.
Molto, molto interessante. Grazie davvero.
Vorrei che mi aiutasse meglio a capire il passaggio
"i nostri obiettivi principali: destrutturare il gioco finanziario e costringere l’intero parlamento a prendere atto che esiste solo e soltanto una via d’uscita: la fine del gioco virtuale finanziario e l’applicazione di giochi reali sociali basati sull’economia reale"
Quali sono le strade per farlo?
@Rossland
RispondiEliminaMeno teoria e più sangue sputato sulla vita vera.
Appunto é proprio quello che non vedo nel movimento Occupy Wall Street.
Io ci vedo al momento, come dici tu, pippe mentali.
luigiza
RispondiEliminaCapisco, si tratta (credo) di diversi punti di osservazione .
Rimangono i fatti, elencati in dettaglio verso la fine del post del nostro ospite qui sopra.
Ora, se il riuscire a coinvolgere attivamente , nel giro di un mese, così tante persone che scendono in piazza , portano cibo, inviano coperte, organizzano sit-in di presidio permanente, ect ect, lo vedi come farsi pippe mentali , viaggiamo per forza su una diversa interpretazione di una stessa definizione.
Qui io ci vedo molto fisico , cioè una consistente partecipazione personale, attiva, corporea. Seguono un'illusione? Può essere. Rimane il coinvolgimento attivo e fisico (cioè, appunto, fatica, freddo, sangue sputato).
Mentre mi rimane puro mentale il produrre pipponi pontificanti in rete senza mai prendersi la briga di uscire fuori a vedere, sentire, parlare fisicamente con il prossimo. Insomma, coinvolgersi, lasciarsi coinvolgere, fare fisicamente qualcosa .
Spesso sottovalutiamo ciò che possiamo imparare dal coinvolgimento fisico, cioè dal corpo in azione, rimanendo ancorati esclusivamente al pensiero, alla mente, all'idolatria di un supposto razionale che è l'irrazionale più sghembo, cioè monco di un lato: l'emotivo. lL'emozione è l'altra parte, necessaria, dell'intelligenza umana. Poco utile e anzi, anarchica perché non adattabile a schemi fissi, utili al sistema.
Ci comportiamo e viviamo come se solo la mente avesse intelligenza .
Ma tutto in noi è intelligenza , e per dare il massimo, per essere completamente dentro al fluire della vita e delle cose, dobbiamo sperimentare l'azione, cioè uscire e agire il mondo.
Ecco dove (per me) c'è una differenza fra il farsi pippe mentali , cioè architettare la vita a tavolino usando solo la mente, e coinvolgersi nelle cose sputando sangue , cioè rischiando un'illusione ma sperimentandone gli eventuali limiti sulla propria pelle, concretamente.
Se non si esce fuori , a nulla valgono i mille elevati pensieri che produciamo restando dentro .
http://www.stazioneceleste.it/kryon/98K_2011.htm
RispondiEliminadal link di luigiza, questo mi sembra interessante.
RispondiElimina"Questo e' vero per le teocrazie. Nelle teocrazie c'e' una classe di sacerdoti, i quali sono GLI UNICI a sapere, dal momento che solo loro hanno accesso ad un sapere che -per definizione- e' occulto agli altri. Inoltre, i sacerdoti sono GLI UNICI a capire, perche' tutti gli altri, non avendo accesso alla mente divina, non possono davvero capire le cose."
sempre dal link di luigiza
RispondiElimina"Questo, signori, presume che il cittadino sia praticamente onniscente, perche' gli si richiede di capire se la politica agricola, sanitaria, infrastrutturale, sociale, internazionale, militare, economica, industriale, energetica, finanziaria, fiscale, scolastica, culturale, ecologica, marittima, e cosi' via, siano adeguate.
Ora, un cittadino che viene chiamato al voto su tutti questi temi puo' SOLO essere considerato praticamente onniscente, altrimenti non ha senso. Se mettiamo in dubbio che il cittadino POSSA dare questo giudizio, ovvero che sia in grado di fare quanto richiesto, allora non ha senso la democrazia stessa. Se diciamo che il cittadino deve giudicare la proposta politica di un possibile governo, e confrontarla con quella di un altro, (oltre che giudicare un governo alla fine) allora il punto e' questo. O siete in una democrazia -e allora siete praticamente onniscenti- oppure rinunciate alla democrazia -perche' NON siete in grado di votare-."
mi sembra che centri il punto.
con la logica nessuno di noi e' in grado di sapere tutto, quindi e' assurdo il giudizio sugli altri specie se fatto di un operato cosi' ampio.
quindi?
con la logica non se ne esce, basterebbe guardare che c'e' sul pianeta tutta una vita fatta di innumerevoli esseri viventi che vive in perfetto equilibrio.
come fa?
Magaldi lo sa, sarebbe ora caro Sergio che glielo chiedesse in modo da andare al Cuore della questione e capire come funziona la vita e che ruolo in essa ognuno di noi ha.
tutto il resto e' fumo negli occhi.