di Sergio Di Cori Modigliani
Si chiama Sandra Giuliani.
E’ una donna critica e pensante.
Una ricercatrice scientifica nel campo del linguaggio.
Una intellettuale rigorosa e una poetessa saporita.
E’ una imprenditrice individualista (purtroppo per lei, di nazionalità italiana).
E’ un’editora indipendente, proprietaria del marchio “Il caso e il vento”.
E’ la fondatrice e ideatrice del gruppo Donne di carta.
Esperta di Retorica e di documentazione computazionale (mappe concettuali, thesauri, ipertesti). Autrice di diversi saggi sulla Grammatica narrativa e sui Modelli computazionali per la ricerca documentaria. Collaboratrice CNR.
Svolge attività di consulenza per diverse realtà aziendali.
Sandra Giuliani è stata una dei docenti, insieme ad Annio Stasi, Franscesco Burroni e Stefano Penge, del Corso di Scrittura Creativa in Biblioteca realizzato presso la Biblioteca Comunale Marconi di Roma.
Sandra Giuliani è stata una dei docenti, insieme ad Annio Stasi, Franscesco Burroni e Stefano Penge, del Corso di Scrittura Creativa in Biblioteca realizzato presso la Biblioteca Comunale Marconi di Roma.
Le ho chiesto subito, a caldo, che cosa pensa dell’attribuzione del Premio Nobel alle tre donne africane. Ecco la sua opinione, polemica. Ca va sans dire.
“Noi Donne di carta avevamo appoggiato la Campagna Noppaw che promuoveva il Nobel per tutte le donne africane come riconoscimento del valore impagabile del lavoro quotidiano - quell'economia informale - che inventa soluzioni che sembrano "minime" nella famiglia, nelle relazioni, nel lavoro e che invece garantiscono la sopravvivenza stessa di un Paese, e a poco a poco lo cambiano davvero. Premiare la vita di tutti i giorni sarebbe stata ben altra cosa dal premiare chi è attivista politico o civile, senza togliere nulla a queste tre donne straordinarie e a ciò che rappresentano, e sorridendo anche un po' al paradosso stesso di quest'assegnazione.
Il Mondo premia la Presidente della Liberia, "prima donna a essere eletta capo di stato nel continente africano", e premia delle altre due signore l'attivismo civile e politico a favore dei diritti delle donne e per la costruzione della pace... come se in Occidente fosse un' abitudine civile eleggere le donne, tutelare i loro diritti e credere nei valori democratici e nella pace, inclusa quella immaginata dalla "Primavera araba". Il Mondo premia ciò che non vuole davvero, ma Nobel o non Nobel questo processo è in atto e non bastano i premi a smussarne la forza”
Sandra Giuliani mi ha rilasciato quest’intervista in esclusiva per il blog.
Per sapere che cosa pensa, oggi, un’italiana erudita e indipendente, un’editora e un’autora, un’imprenditrice, ma forse, più che altro –ed è il motivo per cui io l’ho scelta- una persona italiana impegnata, combattente sul fronte della diffusione del Libero Pensiero nella Repubblica Italiana..
1). Perché ti è venuto in mente di fare l'editora?
Potrei risponderti perché da ex bibliotecaria dovevo tornare a respirare la carta dei libri visto che avevo costruito un curriculum professionale sull'immaterialità del web che non fa che alimentare, in realtà, la visione di una Biblioteca universale.
O potrei semplicemente ammettere che è stata una questione biologica: il segnale di un passaggio anagrafico. A cinquant'anni dovevo affrontare la maternità sociale e ho scelto quindi di fondare una casa che genera libri. Con il vantaggio spietato, rispetto alla maternità biologica, che i figli-libri li faccio come li voglio io.
2). Pensi che in Italia esistano ancora spazi per l'editoria indipendente?
L'illusione che lo spazio sia una conquista di esistenza è una strategia che questa società di menzogne produce a effetto. Certo che ci sono gli spazi, per tutto ma questo non comporta la creazione di infrastrutture o di logiche capaci di far durare quegli spazi, di sostenerli, di dar loro valore. Il gioco, nemmeno sottile, è l'accumulo di spazi e di cose dentro gli spazi per illudere che questa abbondanza sia un valore e un passaporto di esistenza democratica. Le editorie indipendenti come tutte le realtà che non sono al servizio di... non vengono censurate alla nascita vengono annichilite dopo. Quando, nate, si impedisce loro di vivere.
3). Perché, secondo te, in Italia, ancora oggi, si legge così poco?
Ti posso rispondere con la Carta dei Diritti della Lettura che l'associazione Donne di carta, di cui sono presidente, ha elaborato: perché la nostra società non ha mai costruito piani seri per alimentare e per coltivare l'amore per la lettura riconoscendole un valore autentico nel processo di costruzione delle persone, come soggetti umani e come cittadini. Se la lettura avesse questo valore di strumento indispensabile di crescita, creare le condizioni reali per consentire il suo esercizio dovrebbe essere un dovere sociale e un diritto di ogni cittadino. Invece la lettura è da sempre considerata un obbligo all'interno dei piani educativi scolastici e un lusso o un privilegio dopo. Prova a spostare il diritto di leggere come un diritto di godere di eque possibilità di emancipazione culturale e sociale e ti trovi davanti a un problema: interessa davvero a qualcuno che la gente impari a pensare con la propria testa? sempre e in qualunque momento della vita? Io credo di no.
4). Che cos'è "donne di carta"?
Un'associazione rivoluzionaria che usa un linguaggio politico perché fa cultura non la vende. L'apprezza, nel senso che le riconosce un valore. In primis anche quello delle persone che, associandosi, costruiscono il suo progetto: chi è socio fa in prima persona. Cosa? Promuove la lettura, diventa portatore di cultura, come domanda e come ipotesi di risposta. L'Associazione fondata da 4 donne visionarie – da qui il Nome – è questo: promuovere la lettura, gli atti di lettura, i tanti diversi oggetti di lettura (quindi non solo i libri) attraverso una cooperazione forte dei lettori e delle lettrici, che imparano a diventare, come nel libro Fahrenheit 451 di Bradbury, persone-libro (imparano a memoria i testi che amano e vanno in giro a dirli) e poi con editori, autori, librai, bibliotecari per costruire insieme, con tante attività formative, una casa della lettura e della biblio-diversità viaggiante che noi chiamiamo Accademia della Lettura.
5). Se tu potessi scegliere, per magia, un autore...a chi affideresti il compito di scrivere oggi una storia che rappresenti il nostro paese e raccontare al mondo come è davvero l'Italia?
L'Italia è tante storie: alcune s'intrecciano, altre viaggiano come le rette parallele che non s'incontreranno mai, altre sono false e servono per reggere un'idea Italia e altre sono forse più vere ma non conoscono ancora le “parole per dirsi”. Non c'è un autore o autrice: immaginerei un'antologia di racconti brevi e la farei pubblicare nella Collana Urania, ma quella con la copertina verde. Perché fantascienza sì ma edizione “vecchia”: questo il paradosso dell'Italia. E in quell'antologia accosterei stili (ossia visioni) diverse: Murgia accanto a Carofiglio, Magris accanto a Erri De Luca.
6). Che cosa dovrebbe, o potrebbe, fare per diffondere la lettura, un buon governo?
Anche qui devo citare i doveri sociali che la Carta dei Diritti della Lettura pone come fondamentali: incrementare forme di avviamento e di sostegno permanente alla lettura che creino eguali opportunità di formazione, di educazione, di accesso, di circolazione; creare controlli di qualità affinché gli oggetti di lettura siano capaci di rappresentare la pluralità delle culture e delle credenze; costruire programmi reali di lotta all'analfabetismo di ritorno valorizzando ogni lingua madre, combattendo l'impoverimento stesso della lingua e quindi la conseguente caduta delle conoscenze. Dovere sociale sarebbe costruire case di cultura pubbliche in cui anche il discorso scientifico, le memorie orali, la politica, il sociale entrino come oggetti di lettura e quindi di studio e di condivisione.
7). Che cosa può offrire, oggi, la lettura di un buon romanzo, a un giovane cresciuto a video-game? Pensi che la lettura del cartaceo scomparirà?
Il giovane cresciuto a video-game ha una marcia che va valorizzata: conosce bene le grammatiche narrative, le strutture mentali su cui si basano le storie quindi per amare una storia in versione cartacea deve poterci trovare dentro qualcosa in più che quei video-game non hanno – anzi hanno su un codice diverso, quello grafico – : lo Stile. Un buon romanzo è quello che colpisce e stordisce per come è scritto perché è lì il valore aggiunto, la novità che il codice può portare. E un buon romanzo rispetto alle possibilità fantastiche di un video-game (che rende possibile tutto) è quello che dice della realtà che lo circonda le cose che nessuno vede, le cose che non si sanno. La verità non è solo una questione politica è anche una forza estetica che può portare lontano e incantarti per sempre. A diciotto anni come a sessanta.
La lettura libraria non scomparirà perderà dominanza e in sé questo non è né un bene né un male. Parliamo però di tempi lunghi che non credo vedrò. E non sarà nemmeno il libro digitale come l'e-book inteso oggi a sostituire il libro cartaceo, quanto quell'immensa Biblioteca digitale che è il web che implicherà atti di lettura più contestuali alla vita. Si legge già oggi in metro sul display mentre si va da una stazione all'altra: i contenuti sono informativi, domani una diversa intelligenza produttrice li trasformerà , spero, in conoscenze.
8). Che cosa possono fare, oggi, gli editori indipendenti per contrastare lo strapotere dei grandi editori industriali?
Niente finché non imparano a costruire reti e arcipelaghi invece di viaggiare da soli e all'interno della propria casta: gli editori con gli editori, le librerie con le librerie senza creare moduli di cooperazione trasversale e niente finché la stessa editoria indipendente non troverà misure di controllo della qualità e del valore editoriale screditato, e non poco, dalle forme a pagamento. Un'industria dei contenuti editoriali non può basarsi sulla risposta a una domanda crescente di libri da editare ma su un piano politico-culturale di selezione e di messa in circolazione cercando formule alternative a quelle messe in atto dai grandi monopoli. Formule alternative che non cadano nella trappola dell'iperproduzione che fa del libro un bene deperibile, consumabile e macerabile (tutti i buoni libri devono essere sempreverdi) e nemmeno nella trappola della distribuzione senza il contatto diretto e solidale con il punto librario che continuerà a non vendere i libri della piccola editoria perché non conviene ma che chiuderà lo stesso perché non può competere con le grandi catene.
9). Pensi che esista ancora e che ci sia bisogno della figura dello scrittore inteso anche come intellettuale e maître a penser?
Il fatto è che io chiedo alla scrittura di mettermi in crisi perché così apro una finestra sul mondo e cambio punto di vista; una scrittura che mi rassicuri nelle mie certezze è unicamente un'incantatoria fugace contro la paura. Mi consola ma non mi aiuta a vivere. Oggi vedo tanti scrivani e tanti opinionisti mascherati da scrittori, sempre meno pensiero critico, indipendente, provocatorio, personale. L'omologazione dei contenuti, il conformismo delle menti, la falsità delle opportunità sono tutti effetti della mancanza di una politica culturale che fallisce tutti i suoi doveri. Sono tanti i libri che non servono e un libro che non serve ha dietro uno scrittore che non assolve il suo compito principale: essere un ponte tra la selvatichezza dell'anima umana – quella che come dice Duras conserva ancora “la paura di tutto, distinta e inseparabile dalla vita” – e il bisogno sempre umano di convivenza civile. Un bisogno che non finisce mai di avere bisogno di regole. Uno scrittore/scrittrice consapevole di questa sua funzione dà a me, lettore, un diritto di cittadinanza impagabile: mi restituisce valore. E non è necessario che la “pensi come me”. Anzi.
Allego all’intervista due sue poesie pubblicate
In questa mano di mattini-meduse
La mia mente è menta selvatica:
una lucertola ladra
d’incanti.
Roma, 2006.
E’ dolce colore,
il domani che dio saprà
mentirmi
ed io gli credo
ci credo sempre
Le cose fanno
cornice
al mio Corpo
Abbàssati,
abita qui
ciò che chiedi.
Roma, 2002
.
Un link a un sito di riferimento, però...
RispondiElimina@Rossland.....hai ragione, sorry...eccolo:
RispondiEliminawww.donnedicarta.org
.. ti ricordi la scena in cui Ulisse piange mentre un aedo racconta alla corte proprio le sue avventure? ecco sentirsi narrare dal punto di vista di un altro rende diverse anche le parole che io stessa ho scritto. Che dirti? mi hai resitituita una parte di me con la quale dovrò fare i conti. Grazie.
RispondiEliminabisogno sempre umano di convivenza civile. Un bisogno che non finisce mai di avere bisogno di regole. Uno scrittore/scrittrice consapevole di questa sua funzione dà a me, lettore, un diritto di cittadinanza impagabile: mi restituisce valore. E non è necessario che la “pensi come me”. Anzi.
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