di Sergio Di Cori Modigliabni
Una settimana vendoliana.
Si preannuncia così, questo lunedì 17 ottobre.
Vendoliana nel senso di l’Italia purtroppo è una nazione sempre in bilico tra la farsa e la tragedia, ragion per cui è buon senso prendere atto della situazione per quella che è, rimboccarsi le maniche e andare avanti, cercando di fare informazione –quando è possibile- fornendo delle notizie interessanti per menti che ragionano. Senza dimenticare, per dovere di cronaca, la realtà da serie B che il nostro paese sta vivendo.
Come il cacio sui maccheroni.
Dovessi dare un titolo sintetico agli equilibrismi dei gestori della comunicazione al potere, nelle ultime ore, sceglierei questo.
Ultimi nel mondo, per tutto il week end, in conseguenza del fallimento mediatico organizzativo della manifestazione del 15 ottobre, il nostro paese prosegue la propria marcia inarrestabile verso l’idiozia generalizzata tinta a squallore collettivo.
Mi hanno addirittura svegliato alle 7 del mattino, oggi lunedì, (tanto per ricordarmi che sto in Italia) alcuni conoscenti che ritenevo ancora umani, con specifiche richieste di informazioni visti i tuoi contatti con l’Argentina per sapere tutto sulla vita di Tobias Blanco e le sue attività erotiche “almeno dacci i siti giusti in spagnolo per trovare notizie”. Tra i poveretti, anche dei professionisti –ufficialmente decorosi, addirittura ambiti- in forze nella truppa mediatica italiota.
Tutto ciò (questa sarebbe la sezione “farsa” che diventa subito e contemporaneamente anche “tragedia”) in relazione alla notizia che tutti i motori di ricerca, Google news Italia in testa, danno come la più cliccata e ricercata nelle prime ore di lunedì dagli internauti italioti: il video hard di Belen Rodriguez e Tobias Blanco diffuso in rete. Ne parlano tutti, vogliono sapere che cosa c’è dietro, cosa c’è sotto, quanto si vede, quanto non si vede, se la Belen ha pagato, non ha pagato, che cosa dice o non dice Fabrizio Corona, ecc.,ecc.
In sudamerica la notizia viene presentata come “el amante argentina de Berlusconi en un video hard en internet que hace enloquecer los italianos”, la traduzione immagino sia più che ovvia.
Prepariamoci, quindi, alla consueta minestra di pettegolezzi sporcaccioni, telefonate del premier a Ladolcevitola, e i consueti formaggi sulla triste pietanza di maccheroni che preparano per noi italioti. Seguitare a considerarli (considerarci) vittime, a questo punto, mi sembra davvero fuori luogo.
I commenti internazionali sul nostro paese, spiegano come Fabrizio Corona e Silvio Berlusconi abbiano perfettamente capito come dare agli italiani ciò che gli italiani vogliono, in tutte le salse, compresi i dibattiti penosi di carattere politico sulla violenza dei protestari, ecc.,ecc, con un arretramento totale e massiccio di tutti, davvero spaventosamente regressivo. Addirittura al punto di tirar fuori dall’armadio, dove erano state chiuse –si sperava per sempre- le vecchie cariatidi immortali della falsa coscienza piccolo-borghese della cosiddetta sinistra, i vari Fausto Bertinotti (“la rivolta è giusta e necessaria”) o semi-gagà a riposo come Valentino Parlato, ex duce de Il Manifesto (“bisogna comprenderli, questi ragazzi che interpretano una rabbia legittima, sono la punta dell’iceberg della disperazione verso la quale il potere ci ha spinto: hanno ragione”).
Ma sempre in testa c’è il video-hard della Belen Rodriguez, el amante argentina de Berlusconi. Da cui la necessità dell’immagine in bacheca, per dovere costrittivo nel relazionare l’autentica realtà italiana, oggi 17 ottobre 2011.
Nel resto del mondo occidentale si occupano d’altro.
Da cui, a conclusione di questo post, le due contro-copertine che presentano una coppia di cui tutti stanno parlando a New York, Londra, Francoforte.
E non sono le consuete celebrità.
Fino a ieri erano sconosciuti alla grande massa. Sono due teatranti.
Si chamano Mike Deasy e Michelle Gregory. Più avanti raccontiamo la loro storia e perché in tutto il mondo, oggi si parla di loro. Ad esclusione dell’Italia narcotizzata, si intende, che invece se la vede con il terrorismo, la violenza, le intercettazioni e i video hard di Belen Rodriguez.
A Berlino, il sindaco –rieletto per la seconda volta, un mese fa, con il 69% dei voti- comunica soddisfatto il totale trionfo della domanda sempre maggiore per manifestazioni d’arte nella sua città, a tal punto da essere stato costretto ad allungare di altri due mesi la gigantesca mostra al Neue Museum sull’arte del quattrocento in Italia e la nascita dell’artigianato, fornendo alla stampa cifre invidiabili sul costante afflusso di pubblico –ma soprattutto acquirenti- nei quartieri centrali della città che aprono di continuo nuove gallerie d’arte, laboratori teatrali, librerie indipendenti. Artisti da tutto il mondo occidentale cominciano a muoversi verso Berlino, ottimiste api fameliche che volano verso il miele del mercato e del libero scambio intellettuale, come accadeva un secolo fa quando gli artisti non stavano nella pelle per andare a Parigi. Il fatturato complessivo della compra-vendita di arte contemporanea a Berlino, negli ultimi 12 mesi, è aumentato del 470% rispetto all’anno precedente. In Italia è sceso dell’80%: Da noi, l’Arte (nel senso di produzione attiva da parte di artisti italiani operanti sul mercato nel campo della fotografia, immagine, pittura, tecnica mista e tutto ciò che è relativo all’arte visiva) non esiste più perché non ha mercato. Semplice ed elementare. Basterebbe pensare al fatto che il 15 agosto 2011, il comune di Cortina d’Ampezzo, com’è noto –al di là dell’afflusso turistico consueto-divenuta negli ultimo anni centro estivo di palestre/dibattiti/forum delle più importanti personalità politiche nazionali, presentando al pubblico –in questo 2011- il frutto dell’attuale produzione artistica nazionale, ha scelto di abolire l’idea di fornire artisti diversi, scegliendone soltanto uno (in teoria il top del top) in rappresentanza del gusto (sigh doppio sigh) corrente: la sorella di Giulio Tremonti, sconosciuta ai più, che ha esposto il suo nulla, a nome della cultura nazionale, avanguardia pittorica, diciamo così familiare. Soltanto come contributo degli sponsors (imprenditoria privata….ma allora i soldi ci stanno per l’Arte, o mi sbaglio?) ha ricevuto circa 200.000 euro, ai quali vanno aggiunte le varie sovvenzioni avute dalla Provincia di Belluno, dalla Regione Veneto, addirittura dall’Europa grazie a uno speciale fondo di sovvenzione per “artisti italiani in evoluzione” (sigh doppio sigh).
In Usa, invece, i riflettori sono puntati su due eventi che catturano l’attenzione e la curiosità avida della massa, sezione menti pensanti: la sorpresa della grande manifestazione newyorchese “occupy wall street” che si è trasformata in un gigantesco quanto inatteso “artistic party”, vero e proprio happening delle avanguardie e tendenze più avanzate dell’arte visiva, design, sperimentazione letteraria, fotografia, produzione digitale,ecc, al punto tale da spingere il New York Times a titolare –approfittando delle possibilità consentite dalla lingua, visto che in inglese “partito” e “festa” usano la stessa parola: “party”- rappresentando ciò che in questo momento gli americani hanno identificato come la sintesi genetica degli indignati statunitensi “Bye bye politicians: welcome to the Visual Arts: that’s the real Party going on”. (ciao ciao personalità politiche: benvenuti nell ‘ arte Visiva, questo è il Partito/Festa che va per la maggiore)
La seconda notizia, di cui tutti parlano, consiste nel trionfo di pubblico e di critica conquistato dalla coppia Mike Daisey e Michelle Gregory.
Lui fa l’attore, lei fa la regista teatrale e dirige i suoi spettacoli.
Sposati da sedici anni, e da dodici attivi sui rischiosi palcoscenici statunitensi.
“Rischiosi” nel senso che la concorrenza, il talento, la competizione, è tale, per cui riuscire a sfondare a Broadway è un’impresa da leoni. Già partecipare è considerato il top.
Figuriamoci poi, come nel caso loro, finire primi assoluti.
Con l’inatteso regalo della entusiastica recensione dei critici teatrali del New Yorker, del Village Voice, del New York Times e di tutte le televisioni, locali e nazionali.
Addirittura definito, Mike, dal New York Times “il più grande cantastorie che l’America abbia mai espresso: lui, sul palcoscenico fa quello che con la voce e la chitarra faceva Bob Dylan nel 1968 e quello che, cento anni prima, faceva con la penna Mark Twain”.
Il loro spettacolo si chiama “L’Agonia e l’Estasi” vita di Steve Jobs.
Il fatto che Jobs sia scomparso da due settimane, è irrilevante, forse anche un po’ controproducente. Per riuscire ad essere accettati a Broadway, bisogna prenotarsi con quindici mesi di anticipo e Mike e Michelle erano riusciti a firmare il contratto con il Public Theater of Broadway nel maggio del 2010: la prima era prevista proprio il giorno in cui Steve Jobs è morto. Insieme agli organizzatori e produttori hanno deciso, giustamente, di far trascorrere almeno dieci giorni, per non essere presi per veri sciacalli.
Steve Jobs, infatti, non ne esce un gran chè bene. Anzi. Tutt’altro.
Chiariamo subito che Mike e Michelle non sono due teatranti “normali”.
I loro spettacoli –vero e proprio simbolo, nella derivazione artistica, di “occupy wall street”- sono monologhi. In scena c’è soltanto lui, Mike Daisey, un ciccione con l’aria da venditore di hot dogs, che ha rivelato, invece, al di là della sua fisicità, delle furibonde doti di giornalista investigativo, indefesso ricercatore e studioso, grande comunicatore, impietoso affabulatore, ma soprattutto Grande Informatore delle scomode realtà del capitalismo americano. Lei, sua moglie, Michelle Gregory, lo dirige. Gestisce le ricerche, si occupa di relazioni pubbliche, trova i finanziamenti. Una coppia dall’invidiabile efficienza e dall’efficacia perfetta.
Presentiamo al pubblico italiano Mike:
E’ un newyorchese puro, perchè è nato da famiglia piccolo-borghese di modesta estrazione economica nel quartiere del Bronx, il più povero e disgraziato tra i cinque grandi boroughs della Grande Mela. E’ nato nel giugno del 1973. Ha sempre amato il teatro, soprattutto i monologhi, divenuti ben presto il suo cavallo di battaglia. Esordisce nel 2001, a 28 anni con “21 years of hot dog” raccontando la sua personale vicenda come impiegato quinquennale presso “Amazon.com”. spiegando tutti i retroscena del tentativo di distruggere, imbavagliare, silenziare la cultura scritta, soprattutto la narrativa, spingendo il mercato verso l’e-book e verso uno stato perdurante di “oblio inconsapevole della scrittura e della lettura”. Nel 2005 comincia a farsi notare con “Monopoly” una storia su Bill Gates e poi via via negli anni, uno spettacolo dopo l’altro, fino al gigantesco sforzo, nel maggio del 2011 con “All the hours in the day” un monologo della durata di 24 ore -pausa pranzo cena e pennichella- sulla decadenza della democrazia in Usa, sul suo rapporto con la sua compagna di liceo (per l’appunto Michelle, divenuta in seguito sua moglie) attraverso siparietti divertenti, video inediti, interviste registrate con anonimi statunitensi isolati, censurati, banditi, e tonnellate di materiale investigativo presentato al pubblico in continui racconti fiume sul palcoscenico, che poi vengono raccolti in un disco e in un volume di circa 2000 pagine che vengono offerti al pubblico, se li vuole, per un modesto supplemento di 10 dollari.
Con “Agonia ed Estasi” Mike Daisey ci introduce nel mondo “reale” di Steve Jobs. Nei suoi vizi, nelle sue paturnie, nella sua caratterialità dittatoriale, ma soprattutto “nella caratteristica principale della sua persona come imprenditore: quella dello schiavista, il sogno mai dimenticato degli americani anti-democratici”. Nel suo spettacolo presenta un video (davvero un documento unico al mondo) realizzato non senza notevoli sforzi, anche finanziari, nel più terribile luogo del pianeta terra, nella provincia dello Shenzen, nella città di Yang Kuho, dove ha sede la Fox-conn, uno stabilimento che ha 923.450 dipendenti, la più grande fabbrica tecnologica mai costruita sul pianeta, dove si costruisce “esclusivamente” e in “segreto” l’intera produzione Apple. Una fabbrica che dà da vivere a circa 9 milioni di persone tutte assiepate nel più gigantesco campo lavoro abitativo esistente al mondo, una vera e propria città bunker, inaccessibile dall’esterno e controllata dai militari cinesi. Mike ha raccolto in video (142 filmati diversi) le testimonianze degli operai (I turni sono di 14 ore al giorno senza nessun diritto sindacale) e mostra anche i quattro scioperi avvenuti nel biennio 2008/2010 tutti repressi nel sangue, con diversi morti, evento mai denunciato, anche se confermato ufficialmente. “Ho visto le ragazze e i ragazzi che potrebbero costruire la democrazia in Cina, ma sono davvero troppo impegnati nel rispettare i ritmi massacranti della produzione”. Il tocco scenico ad effetto, da brividi, è l’intervista con un vecchio operaio cinese che lucida, a mano, il prototipo dell’ipod e con le lacrime agli occhi mormora all’intervistatore “è davvero magico, e l’ho fatto io”. Il pubblico Americano è rimasto sconvolto da questo spettacolo. Come ha scritto il recensore del New Yorker “uscendo da qui non potrete più essere gli stessi. Se rinunciate a interrogarvi, se non vi chiedete che cosa ci sia dietro e dentro questa tecnologia che noi tutti usiamo, vi condannate a vivere una vita semi-cosciente”.
E’ questo il perno centrale della discussione attuale che anima gli indignati statunitensi. Dibattono sulle modalità umane andate perdute nella gestione selvaggia dei un capitalismo liberista che ha frantumato lo stato sociale imponendo una visione del mondo incompatibile con la democrazia. Su questo si interrogano, e non intendono mollare.
Siamo lontani anni-luce da quella realtà. Noi abbiamo Belen Rodriguez sporcacciona e dei violenti che aspirano al divismo mediatico rivoluzionario. Ogni etnia ha i propri miti.
Vogliono davvero cambiare la struttura politico-.economica, e le sue applicazioni, in Usa.
Sono andati a mettere il dito proprio al cuore del problema, che va al di là delle consuete e ormai scontate discussioni e confronti sulla finanza, le banche cattive, la corruzione,ecc. I cittadini statunitensi di “occupy wall street” vanno a teatro a vedere Mike Deasy e Michelle Gregory, ad ascoltare l’altra faccia dell’icona capitalista da loro stessi creata. E poi ne parlano sui giornali, alla televisione, in rete, nei forum, nei bar, nelle università, nei centri di ricerca finanziate dal grande capitale.
Da noi, sappiamo bene di che cosa si parla.
Chi è interessato e curioso può andare a vedere il blog di Mike Daesy, http://mikedeasy.blogspot.com.
Il suo spettacolo è qualcosa di più di un semplice teatro di denuncia.
“Bertolt Brecht ha fatto un figlio” ha titolato il New York Post.
Perchè si tratta della storia di un amore mancato, di un amore deluso. “Steve Jobs è stata la più grande delusione per il Grande Spirito Americano” sostiene Mike Deasy “Se avesse deciso di sposare la trasparenza vera, raccontando le condizioni di lavoro dei suoi operai in Cina, l’intera industria del pianeta avrebbe dovuto adeguarsi e imitarlo, esattamente né più né meno di quanto non abbia fatto scimmiottandolo nelle sue rivoluzioni digitali. Ha scelto di non farlo. Ha tradito lo Spirito Americano della Verità. Perchè lui sapeva. E soprattutto poteva”.
E quando in Usa si scopre che qualcuno sapeva la verità e non la dice, batte la campana a morto.
Da noi…beh…meglio lasciar perdere….
Mike Deasy nel corso del suo monologo. New York city 2011
Mi ci voleva, questo pezzo.
RispondiEliminaGrazie.
Il ragazzotto mi ricorda un po' Michael Moore.
RispondiEliminaSperiamo oltreoceano, in questa vecchia e tardiva Europa lo possano dapprima conoscere e poi soprattutto prendere un po più sul serio.
Voglio provare a porre una domanda a Sergio, ma non solo, a tutti i frequentatori di questo blog che mi sembrano essere persone alquanto ragionevoli. Siate pragmatici. "Come possiamo nel breve\medio termine porre fine allo stradominio dell' idiozia televisiva che entra ancora di gran forza nelle case delle famiglie italiane? Dobbiamo attentare alle vita di Barba d'Urso, Lele Mora, Maria de Filippi, far saltare per aria le sedi di Studio Aperto, pomeriggio cinque \ domenica cinque? Oppure esistono vie ragionevoli ma ugualmente efficaci?
Mi faccio questa domanda perchè sebbene frequentando assiduamente il web mi rendo conto che c'è una popolazione pensante, ma appena alzo gli occhi dal mio pc e riprendo a respirare l'aria della vita reale, girando per la mia città, Milano osservo tristemente che fuori si parla ancora solo e soltanto di nientologia, del video hard dei Belen Rodriguez, Lunedì torna il grande fratello, quello che ha detto Barba d'Urso a pomeriggio cinque, la giustizia italiana non funziona perchè ancora non si capisce chi ha ucciso la piccola Yara...
Sul serio, siate pragmatici e provate e darmi una risposta: Come facciamo a cancellare tutto questo?
@Alessandro
RispondiEliminaDomanda provocatoria che contiene già la risposta:non puoi cancellare tutto questo (cioè la dipendenza dalla tv).
Non puoi perché nessuno ha il diritto di imporre scelte a nessun altro. Non puoi perché, per quanto tu (io) possa essere consapevole della potenza manipolatoria del mezzo televisivo, puoi (posso) solo fare una cosa: parlare.
Parlare anche con chi non ti capisce e non ha idea di cosa tu stia parlando.
Parlare scendendo fino al format Grande Fratello perché solo da lì puoi partire per seminare dubbi in chi dimentica la distinzione fra vita reale e fiction/format televisivo.
E' necessario saper amare comunque il teledipendente, capirne la quotidianità e le spesso oggettive difficoltà.
La tv ha tutto intatto il potere che ha perché spesso, chi la guarda e da quella preleva modelli, è un essere umano sfinito e sfiancato che a sera avrebbe bisogno di parlare con qualcuno che lo capisse e condividesse le sue paure e la sua fatica.
Questa è la cosa difficile.
Questo puoi (possiamo fare): provare, ogni volta che si presenta l'ìoccasione, a parlare.
Senza giudicare e senza pontificare sulle scelte dei teledipendenti.
Si cresce anche per contaminazione.
Contagia (con rispetto) il teledipendente con il virus della curiosità e del dubbio.
E' un lavoro lento, ma è l'unico che ha spostato in questi ultimi anni molti teledipendenti dalla tv al piacere di confrontarsi con qualcuno almeno sullo schermo bi-attivo della rete.
Da lì poi è facile.
Uffa, pensavo in un miracolo con scadenza bimestrale... e invece mi imponi un lento e rigoroso lavoro di missionario.
RispondiEliminaBeh, quel lavoro l'avevo già iniziato. Convivendo con una meravigliosa ragazza il cui unico difetto era la totale dipendenza da grande fratello e concetto del vita relegato al barbaradursismo. In due anni le ho fatto il lavaggio del cervello. Intreprendere la missione con una persona però è una cosa, con tutti... beh, dobbiamo aiutarci l' un l'altro perchè il compito è arduo. L' imbecillità ha un peso ormai pesantissimo ed è entrate nel dna di molti. L'ho capito quando lessi del padre di una "olgettina" sospettata di essere la prediletta del premier, dire: "non è lei, magari fosse lei!". Ho pensato in quel momento che tutto fosse perduto. Tu mi ridai speranza, aiutiamoci.
Alessandro
RispondiEliminaVisto il successo ottenuto con uno/a, vale la pena insistere.
No?
L'altro strumento, che però va servito solo dopo aver insinuato almeno un piccolo dubbio e senza troppa discussione, è il sempre attualissimo Quinto Potere, il film di Lumet che non smette di aprire occhi e varchi a distanza di 35 anni (è del 1976).
Servire con apparente leggerezza, buttando lì come per caso il titolo oppure, ove possibile, prestando il dvd.
Magari non subito, ma sono le piccole tappe e le piccole vincite a produrre risultati stabili nel tempo.
Insieme, certo.
Sempre.
Lo so.. film stupendo. Visto e rivisto decine di volte. Quanto è attuale...
RispondiElimina@ Alessandro.....la tua domanda, caro Alessandro, è da 1 milione di euro, grazie per averla posta...comporta serie riflessioni in merito.....@Rossland....grazie a te.....concordo su Quinto Potere
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