di Sergio Di Cori Modigliani
E’ andata molto peggio delle previsioni la discussione e voto alla Camera sul “fiscal compact”, ovvero la modificazione della Costituzione per introdurre il pareggio di bilancio. Ma c’è anche un’ottima notizia.
E’ andata molto peggio per ciò che riguarda l’esistenza della cosiddetta classe politica. Lunedì 5 marzo, infatti, come preannunciato, c’era stata la discussione alla Camera: 6 deputati presenti. Non c’era nessuno ad ascoltare. Trovo importante che i potenziali elettori siano consapevoli del comportamento dei propri delegati, sia di destra che di sinistra. Quindi, non c’è stata discussione. Al momento della votazione, i deputati sono entrati in aula, richiamati dal bar e dal ristorante dove erano in sosta, con un comportamento comune davvero riprovevole, un chiaro segnale della totale abdicazione del basilare diritto democratico da parte di chi è stato mandato in parlamento a rappresentare la volontà di chi li aveva votati, affinchè si facessero voce e interprete di una ragione sociale collettiva. I voti favorevoli sono stati 489, i voti contrari 3, due della Lega Nord e uno dell’Idv; le astensioni sono state 19. Il provvedimento –vero cavallo di battaglia di Mario Monti- era già stato approvato dalla Camera dei deputati in data 30 novembre 2011, dal Senato della Repubblica il 15 dicembre 2011, poi emendato ed ora è pronto a ritornare in Senato dove tra due giorni diventerà definitivamente Legge dello Stato.
Agghiacciante il linguaggio che firma la rinuncia alla sovranità nazionale.
“Vengono inseriti sei comma alla modificazione dell’articolo 138 della Costituzione per inserire della Carta Costituzionale regole di taglio europeo sul pareggio di bilancio conformi alle direttive stabilite dal Consiglio dell’Unione Europea….” come a dire: l’Italia diventa “ufficialmente” una esecutrice passiva di decisioni, manovre, programmi, strategie finanziarie che non verranno più prese a Roma, bensì a Bruxelles, a Berlino, senza che nessun esponente politico italiano –a nessun livello- abbia la possibilità di poter contestare questa o quella disposizione. Un’alternativa, infatti, verrebbe bocciata dalla Corte Costituzionale.
La buona notizia, davvero ottima, consiste nel fatto che siccome i dati sull’economia nazionale sono molto peggio delle previsioni (in questo caso “paradossalmente” è un colpo di fortuna) “…le nuove disposizioni costituzionali si applicano all’esercizio finanziario relativo all’anno 2014 che verrà presentato dal consiglio dei ministri per voce della presidenza del consiglio entro e non oltre il 31 dicembre 2013”. Il tutto è slittato di un anno. Ecco il testo ufficiale che è stato messo a disposizione dei cittadini da parte del governo:
Applicazione delle nuove disposizioni (articolo 6). Le disposizioni della proposta di legge costituzionale si applicano a decorrere dall'esercizio finanziario relativo all'anno 2014.
Armonizzazione dei bilanci pubblici (articolo 3). L'articolo modifica l'articolo 117, secondo e terzo comma, della Costituzione, attribuendo la materia «armonizzazione dei bilanci pubblici» alla competenza legislativa esclusiva statale e non più – come nel riparto vigente – alla competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni
Equilibrio dei bilanci (articolo 4). Modificato l'articolo 119, primo e sesto comma, della Costituzione. In particolare, il periodo aggiunto alla fine del primo comma dell'articolo 119 – che nel testo vigente fissa il principio dell'autonomia finanziaria (di entrata e di spesa) delle autonomie territoriali – introduce due nuovi elementi: in primo luogo, condiziona detta autonomia al «rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci»; in secondo luogo, prescrive che le autonomie territoriali concorrano «ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea». Il principio del «pareggio di bilancio» viene così riferito alla singola autonomia territoriale («nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci»), anche se, con il nuovo sesto comma dell'articolo 119, assume rilievo l'equilibrio complessivo dell'aggregato regionale degli enti locali. Il periodo aggiunto alla fine del sesto comma, secondo periodo, dell'articolo 119 – che nel testo vigente consente l'indebitamento delle autonomie territoriali «solo per finanziare spese di investimento» – introduce, infatti, due ulteriori condizioni all'indebitamento delle autonomie territoriali: in primo luogo, richiede «la contestuale definizione di piani di ammortamento e verifica della norma competente rispetto alle direttive europee»; in secondo luogo, impone che «per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio».
Armonizzazione dei bilanci pubblici (articolo 3). L'articolo modifica l'articolo 117, secondo e terzo comma, della Costituzione, attribuendo la materia «armonizzazione dei bilanci pubblici» alla competenza legislativa esclusiva statale e non più – come nel riparto vigente – alla competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni
Equilibrio dei bilanci (articolo 4). Modificato l'articolo 119, primo e sesto comma, della Costituzione. In particolare, il periodo aggiunto alla fine del primo comma dell'articolo 119 – che nel testo vigente fissa il principio dell'autonomia finanziaria (di entrata e di spesa) delle autonomie territoriali – introduce due nuovi elementi: in primo luogo, condiziona detta autonomia al «rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci»; in secondo luogo, prescrive che le autonomie territoriali concorrano «ad assicurare l'osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea». Il principio del «pareggio di bilancio» viene così riferito alla singola autonomia territoriale («nel rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci»), anche se, con il nuovo sesto comma dell'articolo 119, assume rilievo l'equilibrio complessivo dell'aggregato regionale degli enti locali. Il periodo aggiunto alla fine del sesto comma, secondo periodo, dell'articolo 119 – che nel testo vigente consente l'indebitamento delle autonomie territoriali «solo per finanziare spese di investimento» – introduce, infatti, due ulteriori condizioni all'indebitamento delle autonomie territoriali: in primo luogo, richiede «la contestuale definizione di piani di ammortamento e verifica della norma competente rispetto alle direttive europee»; in secondo luogo, impone che «per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio».
Non preoccupatevi se non capite niente.
Non a caso il linguaggio è oscuro e fumoso.
Ho dovuto contattare diversi esperti in materia costituzionale per cercare di comprendere il senso e il significato del contenuto. Da quello che mi è stato riferito –e mi sembra d’aver capito- introduce due norme che definire ambigue e (per un paese come l’Italia assolutamente perdenti) è dir poco:
A). Alle regioni e alle autonomie territoriali viene sottratta la possibilità di poter operare nell’ambito delle realtà locali perché ogni tipo di investimento –anche a livello comunale- deve rientrare all’interno di un quadro più vasto in linea con le direttive europee, il che apre il fronte a chiunque (per esempio la Francia) voglia contrastare qualsivoglia tipo di investimento competitivo in settori dove le merci italiane potrebbero essere vincenti, ad esempio vino e formaggi (cioè agricoltura) o moda, tessile e design (settori strategici dove l’Italia potrebbe ancora contare su una presenza leader). La Francia, infatti, nostra feroce concorrente internazionale su questi terreni, ha introdotto una norma, fortemente voluta dall’allora presidente Jacques Chirac, nel lontano 2001, che sancisce il principio costituzionale del “debate publique”, un dispositivo che consente a qualunque sindaco di qualunque città di Francia o addirittura a un qualunque assessore di un arrondissement parigino (sarebbero i municipii francesi) di indire un’assemblea pubblica alla quale hanno “diritto di partecipazione e voto tutti i residenti locali, senza restrizione né discriminazione alcuna, che risultino idonei e non in mora con il pagamento del dovuto tributo fiscale relativo all’aliquota imposta in relazione ai loro rispettivi proventi siano essi provenienti da patrimoni finanziari che da emolumenti garantiti da prestazione professionale sia essa pubblica che privata” (tradotto in parole povere: chi risiede nella città di Vattelapesque, paga le tasse e non le evade, ha diritto di votare in un’assemblea pubblica e stabilire se quel dispositivo sia accettabile o meno per la sua comunità di appartenenza, come sancì l’Assemblea Nazionale durante la rivoluzione francese nell’agosto del 1794). In questo senso, la Francia ha tenuto duro, accettando la normativa europea ma facendo rientrare dalla finestra il ricordo e la memoria della rivoluzione francese. In ultima istanza, di fronte a leggi particolarmente restrittive loro possono sempre arrogarsi il diritto di dire no anche all’Europa. Noi italiani, invece, no. Ci abbiamo rinunciato.
B). Si consente alle “autonomie territoriali” di poter eventualmente anche indebitarsi (cioè avere accesso a crediti) ma soltanto a condizione che la cifra erogata sia “messa a disposizione soltanto come spesa di investimento”. Ma chi stabilisce che cos’è l’investimento? L’assessore al bilancio del comune di Pinco Pallino? Il sindaco? Il governatore di quella regione? No. Lo decide (e lo spiega poche righe dopo) il comitato di controllo che deve verificare come e se i parametri siano in linea con la normativa richiesta dall’Europa. Quindi saranno loro che decideranno come “identificare e definire il concetto di investimento”. Tradotto in parole chiare: se il sindaco di Vattelapesca decide e stabilisce di chiedere a una banca di credito cooperativo locale il prestito di 20 milioni di euro per aprire dieci asili nido, due scuole materne, un centro anziani e due campi sportivi per venire incontro a necessità della sua comunità, ebbene la sua proposta viene sottoposta al vaglio di chi gli chiede “quanto rende questo investimento?”. Tutto ciò è uno squallido trucco per affondare definitivamente ogni autonomia di investimento welfare e consentire, invece, che banche e Stato eroghino credito per iniziative “di investimento pubblico” (ad es.: autostrade a pedaggio, supermarkets, appalti pubblici di varia natura, ecc., tutto ciò che rientra in una categoria di investimento produttivo di tipo finanziario). Viene cancellata quindi la possibilità di concepire e riconoscere l’esistenza del concetto di “investimento ad uso sociale”, che è poi la base della civiltà in una società evoluta: costruisco e lancio servizi di cui la comunità ha bisogno per allargare il bene pubblico e migliorare le condizioni di vita dei cittadini di questa o quella singola comunità. In tal modo, lo Stato (cioè l’Europa) si garantisce del fatto che non sia possibile una iniziativa autonoma di una regione, provincia, comune, a meno che non rientri in parametri che vengono stabiliti in altra sede. Lo stato centrale e gli amministratori locali diventano quindi, dei meri ragionieri contabili. Anche il parlamento, in questo modo, viene esautorato.
Nulla di più. Creatività disponibile: zero.
Capito adesso perché Mario Monti, lo chiamo “il ragioniere”?
Caro Sergio, sono angosciato. Hai visto che non ne parla nessuno? Ci vorrebbe un ruggito! Del popolo! Seguito da una bella zampata. Basterebbe per cambiare le cose, almeno un po'. Ma si sente soltanto un sommesso ronfare...
RispondiEliminaLo squallore è totale. Loro (la loro politica più che elitista è etilista) si arrogano il diritto di decidere per noi, ma non accettano i principi basilari della democrazia quando rifiutano ogni discussione pubblica sulla Tav come sulle modifiche costituzionali. Tutti zitti, Lega (ladrona) compresa, e ci prendono anche in giro perché evitano accuratamente di sedere in Parlamento, meglio la bouvette e i divani del corridoio per i loro inciuci. E' solo offensivo e direi anche da considerare come Alto Tradimento l'essere solo in 6 alla discussione su di un tema che riguarda la sovranità dei cittadini!
RispondiEliminaCome mai i bravi costituzionalisti e gli intellettuali pronti a firmare petizioni un tanto al kilo in questo caso hanno evitato ogni commento? E associazioni come Libertà e Giustizia, Avaaz, Grillo? Chi ha dunque veramente a cuore il futuro dei giovani, se poi gli si lascia in dote un mucchio di macerie?
A Ballarò si parla di aria fritta, A porta a porta ci si serve di Dalla, Battisti, Morandi, Peppino Di Capri, I Pooh per un'operazione nostalgia anni 70. Crozza si limita a scambiare il Pirellone col Sanvittorone, e nessuno che faccia approfondimento serio. Anzi appena si toccano la giustizia e gli affari di Mediaset tutti vanno in fibrillazione e l'ABC si sfascia, come se fossero questi i problemi principali del Paese.
Dovremmo allora trovare un modo per uscire dalle pagine del web affinché una ragnatela di conoscenza avvolga amici e conoscenti prima che il cappio del ragioniere diventi troppo stretto. Intanto la Spagna dei popolari mostra uno scatto d'orgoglio nazionale quando annuncia che non rispetterà i parametri imposti dall'UE perché i bisogni dei cittadini vanno rispettati prima di tutto il resto. In Grecia i medici e gli ospedalieri sono senza stipendio e la sanità pubblica funziona a rilento. E' questo il futuro che ci propongono? E noi faremo la fine degli 11 piccoli indiani?
Scusa Sergio ma non mi tornano i conti! tu mi stai dicendo che questa porcata non l'anno partorita il 5 marzo, ma bensì già il 30 novembre 2011 dalla Camera dei deputati e in data 15 dicembre 2011 dal Senato della Repubblica. Quindi noi pensavamo ad una verità rubata il 5 marzo, quando già nascondevano tutto da novembre? Mi stai dicendo che Il Ragionier Monti durante la modesta cena di capodanno brindava con champagne francese grand cuvee fiscal compacté?era già roba vecchia che nessuno sapeva? che nessuno ci ha detto da allora? Ma scusa la modifica della costituzione (art. 138), prevede che le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Ma quella del 5 marzo è la prima votazione o è già la seconda? Se non ricordo male se la versione approvata nella prima votazione è emendata nella seconda, si re-inizia daccapo fintantochè la versione consolidata non è approvata col medesimo testo due volte da entrambe le camere con intervallo di 3 mesi fra èrima e seconda... non so se chiaro
RispondiEliminaCercherò d'informarmi a riguardo, magari è gradito il parere dei tuoi amici costituzionalisti
Apprendo dal sito della Camera “La Camera dei deputati il 6 marzo 2012 ha approvato, senza modificazioni rispetto al testo già approvato in prima lettura il 30 novembre 2011, la proposta di legge costituzionale volta a introdurre nella Costituzione, nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, il principio dell’equilibrio delle entrate e delle spese, il cosiddetto “pareggio di bilancio”. Si tratta della seconda lettura del provvedimento, già approvato in prima deliberazione da entrambe le Camere. Il testo dovrebbe ora essere riapprovato dal Senato, secondo quanto previsto dall’art. 138 della Costituzione”.
EliminaIl testo è stato approvato la seconda volta e senza modifiche, nella medesima versione, stesso testo, quindi devo presumere, che se fa altrettanto il Senato il pareggio di bilancio è nella costituzione. Mi riservo di documentarmi ulteriormente. Cioè è già tre volte che votano e non ne sapevo nulla? (perchè non mi sono informato, si, mea culpa..) ora voteranno per la quarta volta e poi la partita è chiusa? E' come se a una partita tra noi e TINA, fatta di 4 tempi, noi entrassimo in gioco al quarto tempo.. chi vince?.. hei TINA.. ti piace vincere facile? pon ci ponci po-po-po..
Le cose scritte in vari post di questo blog le scriveva (e scrive) anni fa anche qualcun altro anche se da un punto di vista diverso (vedi sotto link all'ultimo post ); strane coincidenze ma, alla fine, come scrisse Dostoevskij "Che fare?" E' come essere a bordo del Titanic che affonda e senza scialuppe di salvataggio...
RispondiEliminaAi posteri ecc. ecc.
Raffmoxtro/LiveJournal
http://intermatrix.blogspot.com/2012/03/junk-vs-spread-chi-vincera-e-chi.html
Questi firmano qualsiasi cosa. Basta dire: e' l'unica maniera di prendere soldi. Che poi facciano quello che gli si chiede di fare e' un'altra cosa. Basta pensare a una stupidaggine come quella del 112. Quando hanno giurato alla Costituzione devono aver gridato come i vecchi militari di leva "L'ho duro" pensando facciamo presto la mogliettina aspetta la villa.
RispondiEliminaNon sanno niente di sovranità' e cose affini. L'Italia e' nata come conquista dello stato Piemontese. La sovranità' i popoli la conquistano
con le rivoluzioni e prendendo il potere. Finiamola. Non abbiamo mai avuto sovranità' a non essere che per una deviazione mentale pensiamo
che la loro sia la nostra. Che le loro guerre siano state le nostre.
Che le loro politiche siano le nostre. Pensiamo piuttosto alla sovranità' come qualcosa da prendere non come qualcosa da perdere.
Gentile dottore,
RispondiEliminami sembra di vedere un progetto abbastanza chiaro in tutto questo. non è possibile procedere a una maggiore "federazione" degli Stati europei attraverso l'aggregazione, la volontà popolare, un idem sentire. per cui l'unica via, che peraltro è l'unica che interessa loro, è quella economica.
- la federazione risponde allo Stato centrale, come negli Stati Uniti;
- gli Stati federati non possono spendere se non sotto il controllo dello Stato centrale. e lo Stato centrale decide se uno Stato federato potrà avere debiti e in che misura;
- gli stati avranno un diverso peso. è evidente che Francia e Germania peseranno di più, chi può metterlo in dubbio? è chiaro che la Francia deciderà la propria economia e quella dell'Italia o della Grecia. ma per un bene comune, superiore, che è quello della federazione.
- ha una serie di norme comuni, e un pò alla volta ci arriveremo. l'uniformità deriverà, nelle materie che riterranno opportune, tramite regolamenti e modifiche di diritto civile di non grande impellenza. in fin dei conti mercato unico lo siamo già, e non ha grossa importanza, credo, che noi regoliamo i matrimoni in modo diverso dall'Olanda;
- l'esercito comune non interessa. costa troppo, e poi che casino trovare il generale giusto. tanto le guerre non si fanno, oppure le facciamo insieme sotto il cappello dell'ONU, della NATO o della collaborazione con gli Stati Uniti contro gli Stati canaglia.
forse è troppo fantapolitica, però mi sembra che la chiave di lettura fornisca più di qualche spiegazione.
cordiali saluti,
mauro