martedì 1 luglio 2014

Che fine fa un furbo in un mondo di persone astute? E un astuto in un mondo di furbi? L'epopea renziana docet.


"Giorgio Almirante ha avuto il merito di contrastare impulsi e comportamenti anti-parlamentari che tendevano periodicamente a emergere, dimostrando un convinto rispetto per le istituzioni repubblicane che in Parlamento si esprimeva attraverso uno stile oratorio efficace e privo di eccessi anche se spesso aspro nei toni. È stato espressione di una generazione di leader che hanno saputo confrontarsi mantenendo un reciproco rispetto a dimostrazione di un superiore senso dello Stato".

                                Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana. Giugno 2014


di Sergio Di Cori Modigliani

L'Italia, è cosa nota, è il paese dei furbi e degli ipocriti doppiogiochisti. Intendiamoci, è una prerogativa spesso praticata anche da altre etnie e popoli. Ma da noi è diventata in parte un'arte e in grandissima parte un sistema di interpretazione del mondo.
Il furbo è convinto, in cuor suo, di essere un cinico pragmatico, e niente di più.
Quando è anche mitomane, trasforma se stesso in "astuto", il che è un grave errore.
I furbi e gli astuti appartengono a due categorie del carattere completamente diverse.
Perchè la Storia, e la Cultura, ci insegnano che i furbi finiscono per perdere se per caso incrociano per strada degli astuti. I grandi libri, sia religiosi che laici, condannano sempre la furbizia mentre esaltano l'astuzia. E non lo fanno per moralismo o per senso dell'etica.
Ma per un fatto pragmatico: la furbizia ha le gambe cortissime.
A differenza dell'astuzia che, quando è coniugata all'audacia e all'intelligenza, diventa imbattibile.
Questo discorso dal tono semantico prolisso serve per comprendere le ragioni per le quali, in questa fase storica del nostro paese, avere un premier che fa il furbo, che è furbo, che ci tiene ad esserlo (soprattutto) non fa bene al paese perchè non lo farà vincere. Bibbia e Iliade ce lo insegnano. Oloferne ha tentato di fare il furbo e Giuditta gli ha staccato la testa con una sciabola, mentre Davide ha giocato d'astuzia e ha battuto Golia. Achille era un isterico che faceva sempre il furbo, Omero è molto esplicito al riguardo; di lui rimane soltanto l'eredità del suo proverbiale tallone; a differenza di Ulisse, mai furbo ma sempre astuto, le cui gesta e avventure ancora oggi alimentano l'immaginario collettivo degli europei. E non solo.
I furbo ha fantasie piccolo-borghesi e ambizioni limitate, anche se a lui/lei sembrano enormi.
Il problema, quindi, oggi, in Italia -da non sottovalutare- consiste nell'affrontare il dilemma cardine, la mamma di tutte le domande, un quesito che va al di là della sua veste apparentemente solo antropologica: "Come è possibile che questo popolo si faccia sempre infinocchiare dai furbi rinunciando a pretendere, invece, una rappresentanza astuta e audace?".

Non conosco la risposta, perchè a seconda dei giorni ne trovo diverse, alcune delle quali addirittura contraddittorie. Ma una cosa è certa, la rivoluzione così tanto necessaria per il nostro paese e da tutti auspicata -nessuno escluso, nè a destra nè a sinistra nè al centro- passa inequivocabilmente attraverso l'abbattimento di questa modalità caratteriale della nostra etnia birichina, come primo e indiscutibile punto di partenza.

Se non la piantiamo di fare i furbi e, più di ogni altra cosa, se non la smettiamo di cercare scorciatoie facili riconoscendo la necessità di privilegiare l'astuzia condannando la furbizia, non ci rialzeremo mai. Vale per tutti. 
L'abilità del far politica, oggi, nel nome di un'idea collettiva della cittadinanza attiva, consiste nel trovare la maniera migliore per costruire il nostro cavallo di Troia e piazzarlo dentro la roccaforte del potere. Soltanto l'astuzia tattica e strategica ci può consentire di aggirare l'insormontabile ostacolo di un portone che i marpioni non apriranno mai per noi.
E' necessario, quindi, iniziare una fase di de-programmazione mentale della popolazione che ha scelto, sua sponte, di essere vittima di un sortilegio che ha davvero del macabro.
Combattere i furbi e la furbizia, in ogni sua modalità di esercizio, diventa oggi un imperativo categorico dell'attivismo politico per poterci aprire al nuovo.

In Italia, tradotto, significa essere eroici.

Dobbiamo educarci a diventare eroi.

Al fine di raggiungere un nuovo modello di cittadino italiano (per l'appunto eroico) dobbiamo ricordare -e ricordarci l'un l'altro di continuo- le attività dei furbi, smascherandole, per combattere la piaga dell'amnesia sociale. Perchè in un mondo di gente astuta, il furbo perde e trascina i compagni di cordata nella sua sconfitta. Angela Merkel è astuta, tanto per fare un esempio, noi italiani siamo il suo cavallo di Troia, grazie alla complicità del furbo Renzi.
Oltre alla furbizia e all'amnesia, c'è l'aggravante della ipocrisia tinta di gusto per il tradimento e l'infedeltà, da noi italiani promossa al rango di giocosa trasgressione pepata.
Il cocktail è micidiale.

Pensate per un attimo a vivere in un paese in cui non esistono più i furbi, gli ipocriti, i traditori.
Ci sono i buoni e i cattivi, i deficienti e i cervelloni, i simpatici e quelli odiosi, ecc., ma è stata ripristinata la regola del fattore oggettivo e della coerenza, per cui si è socialmente obbligati al rispetto dei patti, della parola data, alla fedeltà di appartenenza (matrimonio o partito è la stessa cosa) e quindi il giudizio sociale presuppone che esista una equivalenza tra ciò che uno dice e ciò che uno fa ed esiste una correlazione tra parole e azioni.

Questa pretesa si chiama "pulizia etica".

Si comincia da lì, a cambiare il paese.

Certo, i precedenti storici è comprensibile che mettano paura, ne sono consapevole.
Gli ultimi personaggi della vita pubblica che non hanno mai voluto fare i furbi sono stati i giudici Borsellino e Falcone, l'imprenditore Gardini, Peppino Impastato, il sociologo Mauro Rostagno, la giornalista televisiva Ilaria Alpi, l'inviato de Il Mattino, Giancarlo Siani, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il democristiano Aldo Moro, il comunista Berlinguer (lì ci si è messo il destino baro che gli ha regalato un ictus da stress) fatti fuori in maniera cruenta senza pietà, insieme a qualche altra decina di migliaia di italiani che sono stati, invece, eliminati in maniera, diciamo più soft: emarginati, buttati fuori dal mercato, impossibilitati a manifestare la loro presenza attiva come professionisti. Sono gli esuli in patria.
Sono eroi anonimi.
Loro, sono i veri militi ignoti della patria.
Il nostro Presidente è il milite noto.

C'è uno scrittore italiano, che ha avuto un riconoscimento e un grande successo professionale, il quale ha scelto, a un certo punto della sua vita, di non fare il furbo e di sostenere una sua certa idea, applicando il concetto di onestà intellettuale e di coerenza con ciò che diceva, scriveva, pensava. E' un napoletano, si chiama Erri De Luca. Aveva tanti amici, tantissimi. Adesso non ne ha più neppure uno.
Quindi, di lui, nessuno ne parla più. Va punito per non aver voluto fare il furbo.
Lui ha il pallino della montagna e si è appassionato alla cultura dei valligiani d'altura, facendo sua la protesta in Val di Susa e appoggiando con vigore il fronte No-Tav. E' stato denunciato per attività terroristiche, è finito nei guai.
Ed è piombata la cappa della censura di stato, retta e sorretta dai furbi mediatici. E' vietato intervistarlo, mostrare la sua persona, parlare di lui.
Non va bene.
Nessuno ne parla, ma lo si sa, pensando che con questa modalità furba, le persone si spaventano e quindi si promuove l'autocensura. 
In realtà funziona.
Perchè la furbizia è figlia bastarda della paura.
Ma funziona soltanto se si va appresso alla furbizia e non si è astuti.
Io non lo conosco personalmente, non l'ho mai incontrato in vita mia, ma in questo momento mi sento di affermare che è un mio amico, o meglio: sono un suo amico, diciamo virtuale.
Essere furbi, oggi, vuol dire, non parlare affatto di Erri De Luca, mai, e non ricordare alla cittadinanza perchè è sparito dalla circolazione, che cosa ha fatto, perchè è stato denunciato.

E per oggi basta così.

Ha ragione il fumettista, un grande genio italiano. 
Me ne frego delle riforme e delle discussioni relative a esse.
Non ci voglio partecipare.
Non c'è nulla da riformare: è troppo tardi, ormai.
Come dice Altan "Il paese ha bisogno di riforme, ma anche le riforme avrebbero bisogno di un paese".
Che cosa me ne faccio delle riforme se non c'è più il paese?
E' questo che va rifondato.
E si comincia dal di dentro.
Il giorno in cui la parola "furbo" sarà diventata socialmente un insulto passibile di querela, allora possiamo anche cominciare a parlare di riforme.

Prima, è inutile, vinceranno soltanto i furbi.
L'astuzia, invece, consiglia di risparmiare le proprie energie psichiche e non farsi intortare.






7 commenti:

  1. Impeccabile, Doc, come sempre.
    la mia più profonda stima , completamente in sintonia con il suo pensiero !

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    1. ......e anche con il mio!
      In quanto ad Erri de Luca, mi è sempre piaciuto sia come scrittore che come persona (ascoltato alla fiera del libro di Torino un paio di anni fa).
      Avrà perso gli amici noti ma non quelli non noti come me!

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  2. Con De Luca e' tornato praticamente il reato di opinione.
    Naturalmente chi se ne frega, affari suoi.
    Mi e' sempre piaciuta quella frase
    "...quando sono andati a prendere gli zingari cosa mi importava, io
    ero altro, quando sono andati a prendere gli ebrei, ancora una volta io
    ero altro, quando andarono a prendere i comunisti quasi ero contento.
    Quando alla fine vennero a prendere me non c'era piu'nessuno ad aiutarmi."
    Quando si e' parte del mondo garantito dei altri cosa importa. Se l'operaio di una fabbrica piccola perde il lavoro al lavoratore delle
    grandi aziende con la sua lunga e ben retribuita Cassa Integrazione cosa mai puo' interessare. Ai grandi difensori dello stato sociale
    cosa mai puo' importare se un vecchio per avere una pensione sociale
    deve rinunciare ai suoi diritti.
    Di solito cominciano coi singoli, poi coi gruppi. Naturalmente nessuno sa cosa succede. E poi, si sa, non e' dei nostri.
    In fondo quello di cui abbiamo bisogno ..." è una "evoluzione culturale",, e quello di oggi è solo una tappa del nostro cammino, inesorabilmente puntato ecc. ecc..."

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  3. La tentazione e' quella di dire: ve la siete voluta? E' ora che ne paghiate le conseguenze! Volete fare i furbi piccoli italioti privi di dignita'? Bene allora sprofondate negli abissi della vostra profonda ignoranza!
    Questo pero' lo puo' dire chi e' in grado di pararsi il culo altrimenti l'italiota fara' pagare a te che non hai venduto l'anima il prezzo della catastrofe mentale e culturale di questa povera patria.

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  4. Gli individui hanno imparato la furbizia dagli esempi dei genitori.

    Anni di furbizia applicata dai genitori li porta a sviluppare connessioni neurali apposta per quel compito, questo avviene per anni con genitori furbi, amici furbi, societá furba... dubito che qualcosa cambierá.

    Solo qualche durissima esperienza potrebbe modificare questa programmazione che si ha da tutta la vita.

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  5. Dietro a tanta furbizia c'è poca intelligenza, un paese di furbi è anche un paese di ignoranti e cafoni, qualcuno potrebbe dire che secondo il principio democratico se loro sono la maggioranza hanno il diritto di continuare ad essere così e autodistruggersi trascinandoci con loro. Così sarebbe, dico io, se fossero consci delle conseguenze di certe scelte e correttamente informati.
    Insomma, ci tocca pure essere pazienti e gentili terapeuti di chi ci sta distruggendo "inconsciamente", meno male che c'è il vino...

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  6. Mio malgrado é dall'età della scuola media che sembro un marziano tra i furbi e gli omertosi (a Roma si diceva chi fa la spia non è figlio di Maria...) e infatti, rispetto ad una grande moltitudine di incapaci e di incompetenti furbescamente sotto l'ombrello protettivo del clientelismo e del familismo, ho il "piacere" di scalare tutte le asperità che quotidianamente mi vengono gettate lungo il cammino. Così credo sia per molti concittadini. Un modo per cambiare questa situazione é prenderne coscienza, unirsi e pretendere che i diritti discendenti dall'essere cittadino e non suddito, siano rispettati.
    Paolo

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