di Sergio Di Cori Modigliani
Tutta retorica, falsità, demagogia.
Ma ciò che più conta, per l'ennesima volta, una bella spruzzata di manipolazione ai danni della cittadinanza.
Mi riferisco qui alla scelta se dare il via definitivo, o meno, all'acquisto degli aerei da bombardamento F35.
La situazione attuale è la seguente: in Parlamento si sono espresse due formazioni contro l'acquisto delle armi: M5s e Sel. La maggioranza, invece, cioè PD, PDL, Monti & friends, hanno risolto (secondo loro) la questione, rimandandola di sei mesi (consueta modalità italiota di gestire i problemi: procrastiniamo in attesa che l'Alzheimer socio-politico abbia il suo effetto) e dichiarando pomposamente in aula che non verrà attuata o presa alcuna decisione senza che il Parlamento ne venga informato, perchè qualunque sia la decisione essa verrà presa qui in aula dal Parlamento. Applausi di sincerità democratica.
Tutta aria fritta.
Perchè tutto ciò nasconde non un falso, bensì (a mio avviso molto peggio) una censura totale.
Si fa credere che il Parlamento sia sovrano.
Si fa credere che il Parlamento sia chiamato a decidere.
Si fa credere che l'Italia, come Repubblica, possa prendere delle decisioni in merito a compra/vendita di armi a livello internazionale.
Si fa credere che tale scelta, qualunque essa sia, appartenga a interessi della nazione.
La verità -una volta tanto, ma è il caso di dare a Cesare ciò che si merita- è quella espressa a denti stretti ma con fermezza dal presidente Napolitano, il quale, in quattro diverse occasioni, dall'invio di truppe in Afghanistan alla partecipazione alla guerra in Lybia, dalla presenza attuale del contingente in Libano in una zona calda, fino all'attuale "problema" degli F35, ha sempre detto la stessa cosa con una frase breve, chiara, netta, semplice da capire: "Non possiamo sottrarci, e soprattutto non possiamo venir meno ai nostri impegni internazionali. E' una questione di diritto".
Ha ragione.
Il Presidente Giorgio Napolitano ha ragione. E' proprio così. E' come dice lui. Lo sanno tutti. Il Presidente deve sempre, per Legge, rispettare gli articoli della Costituzione.
Il fatto è che nessuno gli ha mai chiesto (quantomeno pubblicamente) in che cosa consista quel diritto. Di chi sia il diritto e perchè invece di dire "non dobbiamo sottrarci" -che avrebbe anche potuto essere lecito- ha invece usato (non a caso) l'espressione verbale "non possiamo sottrarci".
Perchè non "possiamo"?
Chi ce lo impedisce?
O meglio: che cosa?
La risposta è: la Costituzione della Repubblica Italiana.
Il Presidente lo sa. E quindi, quando parla, sa che è obbligato a seguire la procedura che gli impone il rispetto degli articoli della Costituzione.
Quindi, se non vogliamo buttare via decine di miliardi di euro, è inutile perdere tempo in falsi obiettivi, manipolazioni delle coscienze, raccontando bugie alla gente e facendo creder loro fischi per fiaschi: è necessario cambiare quello che nella Costituzione che non funziona più. Quantomeno non fa gli interessi nazionali.
Il banner che vedete in bacheca offre il testo originale dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana.
A leggerlo sembra una meraviglia libertaria.
Non è così.
Paradossalmente, il trucco che si cela dietro queste belle parole ce lo spiega la Corte Costituzionale, ovverossia coloro che sono chiamati a gestire e dirimere ogni controversia legata all'applicazione dei principi della Costituzione. Ecco un loro commento presentato, diffuso e stampato, sui libri di testo a scuola, nei manuali di educazione civica, e su milioni di siti italiani:
"Nella seconda parte dell’articolo 11 si coglie tutta la visionarietà della nostra Costituzione. La
solidarietà e la giustizia tra i popoli sono individuati come strumenti
privilegiati di risoluzione delle controversie. Attraverso questo passaggio, al
ripudio della legge della
forza si combina
l’aspirazione di creare vincoli tra i popoli per imporre la forza della legge come strumento di pacificazione:
voltata per sempre la dolorosa pagina del nazionalismo, la nostra Costituzione
si riallaccia alla tradizione del costituzionalismo democratico e liberale
fondato sul rispetto dei valori internazionali della pace e del rispetto della
dignità umana.
Ma c’è qualcosa di ancora più profondo in questo dettato
costituzionale: la clausola relativa alla possibilità di consentire alle
limitazioni della sovranità, a condizioni di reciprocità ed uguaglianza con gli
altri Stati, segna la preminenza dell’interesse per la pace e la giustizia tra
i popoli rispetto alla sovranità stessa. Attraverso tale auto-limitazione, la
Repubblica consente la cessione di ‘pezzi’ della propria sovranità in favore di
istituzioni sovranazionali che si pongono lo scopo di creare un’integrazione
sempre più stretta tra i popoli. Così, una fattispecie formulata e pensata per
l’ingresso dell’Italia nell’organizzazione delle Nazioni unite si è dimostrata
sufficientemente elastica per consentire all’Italia di partecipare al processo
di integrazione europea.
Sul consenso degli Stati membri si è celebrato il
matrimonio degli interessi statali per la creazione della famiglia europea che
ha dato vita prima alle Comunità europee ed oggi, a seguito dell’entrata in
vigore del Trattato di Lisbona, all’Unione europea che abroga e sostituisce le
Comunità. L’ordinamento dell’UE è ancora oggi un ‘ordinamento di nuovo genere’
a favore del quale gli Stati hanno rinunciato ai loro poteri sovrani, nei
limiti delle competenze attribuite alle istituzioni dell’Unione europea, per
garantire lo Stato di diritto, la democrazia, l’eguaglianza, la protezione dei
diritti fondamentali. Un ordinamento del tutto peculiare nel contesto delle
organizzazioni internazionali in quanto sono riconosciuti come soggetti non soltanto
gli Stati membri (attualmente 27 Stati), ma anche i loro cittadini, attribuendo
loro diritti soggettivi che possono invocare anche contro gli Stati membri cui
appartengono. Il processo di integrazione europea è stato attraversato nel
corso di oltre 50 anni da due direttrici fondamentali: l’approfondimento e
l’allargamento. Da un lato, l’approfondimento che segna l’espansone materiale
del raggio di azione delle istituzioni europee con un continuo trasferimento
delle competenze dal livello statale al livello sovranazionale e, dall’altro,
l’allargamento che mette in evidenza la progressiva estensione del campo di
applicazione del diritto dell’Unione europea attraverso la continua adesione di
nuovi Stati all’ordinamento europeo, hanno consentito l’avanzamento dell’
integrazione europea che ha proceduto talvolta con fughe in avanti mal digerite
dai governi nazionali ed in alcuni casi con battute d’arresto, come dimostra da
ultimo il recente fallimento del trattato-costituzionale. Se oggi il ‘sogno
europeo’ vive una fase di stagnazione questo è dovuto dall’impasse dell’Europa
come progetto politico e dalla crisi dell’Europa che vive ancora nel limbo di
un’identità irrisolta. Nell’incapacità delle classi politiche nazionali di
ritornare alla modernità ed alla visionarietà presenti nello spirito
costituente, il processo di integrazione europea continua ad andare avanti
grazie all’opera dei giudici. Il dialogo continuo tra le Corti Costituzionali e
la Corte di Giustizia dell’Unione europea consente infatti un confronto
permanente tra le varie tradizioni giuridiche degli Stati membri e garantisce
la tutela di standard minimi di protezione di tutta una serie di diritti e
libertà fondamentali che oggi costituiscono un patrimonio di valori condivisi
tra i popoli europei".
Questa interpretazione è accurata. Corrisponde alla nostra tragica realtà.
I nostri Padri e Madri costituenti, che noi celebriamo come libertari avanguardisti, in verità erano uomini e donne pragmatici, i quali fecero di necessità virtù. Consapevoli di star vendendo l'anima al diavolo, stilarono quest'articolo, molto probabilmente con la morte nel cuore, ma in quel periodo storico era necessario farlo così com'è. Il fatto che agli italiani non viene mai ricordato come si sia verificato l'episodio, in quale contesto, in quale anno, e in quali circostanze sia stata redatta la Costituzione, la dice tutta sulle modalità del nostro "essere cittadini italiani malati di Alzheimer" e spiega davvero molte cose. Non si tratta di "falsi", bensì di "censura", è diverso. Nel 1945, il Regno d'Italia, tecnicamente, formalmente, realmente, ma soprattutto "legalmente" risultava "nazione che ha perso una guerra mondiale". I vincitori, cioè Usa e Gran Bretagna e Urss hanno imposto le loro condizioni.
E furono davvero pesantissime, miserrime, terribili.
Ne paghiamo oggi le conseguenze.
Quell'articolo 11 venne redatto da un pugno di liberali democratici convinti (a modo loro innocenti, e io li comprendo e li giustifico date le tragiche circostanze storiche) mentre avevano la pistola del comandante in capo della nazione vittoriosa puntata alla tempia: o mettete per iscritto questo articolo o niente piano Marshall e non vi risolleverete mai più, peggio per voi che avete dato retta a Benito Mussolini, è stata una vostra scelta. Non c'erano alternative? La Germania, ad esempio, che nel settembre del 1945 stava molto ma molto peggio di noi e di chiunque altro al mondo, si rifiutò. Accettò di essere spaccata a metà, si assunse la responsabilità di essere "nazione che ha perso la guerra", si mise a disposizione a livello territoriale (basi russe in Germania dell'est, basi americane in Germania dell'ovest) delle nazioni vincitrici di cui riconosce il diritto giuridico ad esercitare il pagamento dei danni di guerra; non beccò neppure un dollaro di piano Marshall e dieci anni dopo, nel 1955, mentre l'Italietta premeva l'acceleratore e si lanciava nella più grande propulsione economica mai registrata, la Germania stava ancora al palo (travolta ma non stravolta) e pagava ciò che doveva pagare seguitando a operare un gigantesco psico-dramma collettivo, perchè avevano scelto e deciso di elaborare il lutto, leccarsi le ferite, assumersi la responsabilità di ciò che avevano combinato e creare quelle condizioni che avrebbero impedito in un futuro di riproporre un altro Hitler. In Italia, invece, nello stesso periodo, già si divertivano da democristiani e il fascismo era un flebile ricordo di un tempo antico del quale si cercava (riuscendoci) di parlare sempre meno, di elaborare sempre meno, di capire e comprendere sempre meno. Avevano voglia di dimenticare. Lo capisco.
Ci sono riusciti.
Cari amici lettori, noi abbiamo perso una furibonda guerra mondiale e i vincitori, giustamente -sennò a che cosa servono le guerre?- hanno imposto le loro condizioni.
Ricordate, riconfermate e sancite al G8 in Irlanda la settimana scorsa.
Le clausole del piano Marshall (intrecciate a quelle della Costituzione e dell'articolo 11) parlano chiaro.
Non così per la Francia che al G8, per l'ennesima volta, ha mandato a quel paese sia Obama che Cameron. Quando si sono lasciati praticamente non si sono neppure salutati con Hollande. E se ci fosse andato Sarkozy si sarebbe comportato nello stesso identico modo. Obama e Cameron hanno presentato un piano di investimenti di 100 miliardi di euro (l'Italia ha immediatamente accettato e sottoscritto) basati sul libero scambio tra Usa ed Europa in "tutti i settori di produzione mediatica, letteraria, televisiva, cinematografica, e nel web in tutte le sue forme di applicazione" che in parole povere vuole dire che noi siamo costretti a importare video, film, musica, libri, accademie da Usa e GB, ma in cambio non esportiamo da loro un bel nulla. Hollande ha dichiarato, vado a memoria, "La Francia, come nazione, non firmerà mai con nessuna nazione al mondo nessun protocollo d'intesa e nessun accordo di tipo commerciale che non rispetti la regola base e i principii normativi della nostra Repubblica: lo Stato è in prima fila in Francia nel sostenere, finanziare, produrre e diffondere materiale culturale e d'istruzione di tipo letterario, visivo, auditivo, in ogni sua forma mediatica, comprese ogni applicazioni digitale sul web che presuppongano la diffusione e l'affermazione della tradizione della lingua e della cultura francese. Per noi la francofonia è la spina dorsale della nazione". Non ha firmato.
Gli Usa ci avevano provato nel 1945, nel 1957, nel 1968, nel 1976, nel 1993, nel 2002.
Gli è andata sempre male.
Quando, nell'estate del 1944, dopo il fortunato sbarco in Normandia, l'esercito anglo-americano si preparava a entrare a Parigi da liberatore, in seguito alla firma della resa dell'esercito occupante tedesco ormai in rotta, si riunirono sotto una tenda i tre generali comandanti: De Gaulle, Alexander, Eisenhower. Il generale inglese ci provò subito: "Io guiderò l'ingresso". Discussero per tre ore. Alla fine, Alexander disse che doveva parlare con Winston Churchill. Il celebre statista inglese, un genio diplomatico, calmò i calori del suo comandante con una celebre frase: "Abbia pazienza generale, ciò che conta è vincere la guerra e Parigi non è una città come le altre. Tenga presente che viviamo in un delicato equilibrio folle: qui a Londra, per noi inglesi la parola Waterloo è sinonimo di vittoria e trionfo. A Parigi è sinonimo proverbiale di sconfitta e tragedia. Lo ha capito adesso perchè ha ragione De Gaulle? Nessun generale inglese entrerà mai a Parigi, così come nessun generale francese oserà mai entrare a Londra. Questa è l'Europa. Si attenga agli ordini". Proseguì la discussione tra De Gaulle e il generale Eisenhower. Durò tutta la notte. Verso l'alba (ci ha raccontato tutto lo storico Shirer nella sua splendida cronaca storica) il generale Eisenhower pensava di averla avuta vinta su quello zuccone gallico perchè De Gaulle si era azzittito. Ma si sbagliava. Dice Shirer "De Gaulle aveva sonno e nel corso della guerra aveva imparato a recuperare energie dormendo a occhi aperti un'oretta quando capitava". Risvegliatosi, riprese la tenzone. A un certo punto Eisenhower disse: "Devo consultarmi con il presidente a Washington". De Gaulle gli rispose: "Lei non deve consultare un bel nulla, lei è il comandante militare in capo e ha totale giurisdizione sul campo. Qui, siamo sul campo". la discussione proseguì. Dopo altre due ore, De Gaulle (era altissimo) si alzò in piedi e disse a Eisenhower: "A Parigi ci entro io per primo circondato dal VII battaglione e dalle formazioni partigiane normanne. Se le va bene, bene. Altrimenti, io ci entro da solo a piedi. Ma comunicherò ai francesi che gli invasori americani si sono sostituiti agli invasori tedeschi. Per noi non ha importanza che siate più simpatici dei crucchi, ciò che per noi conta è il fatto che non siete francesi. Parigi è la Francia". Vinse De Gaulle, come è noto.
Il 25 aprile del 1945 non c'era un ufficiale dell'esercito italiano in giro a pagarlo a peso d'oro. Non sapevano neppure chi dava gli ordini.
Il resto è Storia.
Tradotto ai tempi nostri vuol dire che se ci danno l'ordine di acquistare gli F35 o i G76 o gli H756, noi "non possiamo sottrarci" come saggiamente ricorda il presidente Napolitano.
E' un ordine militare dato da un vincente a un perdente. E' scritto. E' legale. E' giuridicamente inappuntabile.
Dobbiamo rimboccarci le maniche e aggiornare la Costituzione.
Dobbiamo rivedere l'articolo 11.
Siamo l'unica nazione d'Europa -e non è un caso- che ha una Costituzione dello Stato contenente un articolo che giustifica la vendita della propria sovranità.
E' ora di cambiare e di evolversi da questa italianità.
Tutto il resto è aria fritta.
Non sono completamente daccordo.
RispondiEliminaHollywood è un colosso (quasi un esercito )
che fattura 150 miliardi all'anno.
è statisticamente provato che i cinema italiani senza i blockbuster a stelle e strisce (si ok la maggiorparte fanno decisamente pena ) chiuderebbero nel giro di 6 mesi.
Ora questo tipo di protezionismo (giusto per certi versi ) non fa bene per niente all'economia che deve ripartire sopratutto qui da noi dove abbiamo delle produzioni audiovisive oscene senza contare poi, che da 50 anni l'italia ha smesso di creare cultura....
A questo punto per come la vedo io se non ci riesce l'America, ci penserà l'asia ad inondarci con la loro "roba" come sta gia facendo per certi versi in africa centrale dove regalano la TV satellitare e danno Free To Air CCTV (l'equivalente della rai nostrana )
Hai proprio centrato in pieno il problema. Nel piano Marshall c'erano diversi punti obbligati, tra i quali quelli relativi alla diffusione dei sistemi video-letterari, tra cui televisione e cinema che imponevano all'Italia l'obbligo di assorbire un determinato numero di prodotti annui, opzioni obbligatorie per acquisire diritti su prodotti e produzioni video americani, l'obbligo di acquistare in pre-vendita un numero X di film hollywoodiani, la disponibilità degli studi di Cincecittà per le majors di Hollywood, ecc. ma in cambio gli Usa sbarravano l'accesso ai prodotti italiani, considerati pericolosi per la strategia nazionale. Negli anni'90 l'accordo consociativo Berlusconi/D'Alema/Veltroni ha distrutto l'intero comparto industriale nazionale aumentando ancora di più questa situazione perchè fecero chiudere a circa 20 produttori italiani capitanati da Vittorio Cecchi Gori degli accordi capestro che comportava il semaforo verde per la Time-Warner per aprire e lanciare le multisale in Italia vendendo i loro prodotti alla Rai e a Mediaset che poi hanno provveduto a ingigantire i costi con fatture false (vedi processo mediatrade a Berlusconi per cui è stato condannato di cui la cassazione si occuperà a ottobre con relativa sentenza). Noi abbiamo delle produzioni oscene (il che è vero) perchè la classe dirigente politica italiana invece di aggirare l'ostacolo privilegiando il mercato nazionale incitando alla competizione la ha abolita, approfittando di questo stato di sudditanza per a)lucrare milioni e milioni di dollari sottobanco b) fare gli interessi di Hollywood distruggendo definitivamente l'industria nazionale in cambio di cash c) approfittare di questa situazione per imporre al mercato (una volta che lo hanno sfiancato)due soli tronconi produttivi a scelta: quelli sotto il PD o quelli sotto il PDL, in modo tale da far passare il discorso per cui lavorano soltanto gli scrittori, gli sceneggiatori, gli attori, gli scenografi, i registi, i musicisti, eccetera, che passano attraverso la mediazione partitica che garantisce il flusso di denaro. L'accordo di ferro tra Berlusconi e Veltroni agli inizi degli anni'90 ha messo in ginocchio l'intera struttura industriale cine-televisiva italiana. Personalmente li considero entrambi due traditori della patria. Loro hanno prodotto la situazione che viviamo. Hollywood (che fa i propri interessi) è un colosso anche, e soprattutto, grazie a nazioni come l'Italia perchè ci considera la pattumiera necessaria per mantenere le loro spese. Ormai qualunque film, format televisivo, telefilm, prodotto mediatico che loro producono noi ce lo dobbiamo cuccare. Che ci piaccia o non ci piaccia. In cambio loro si prendono a lavorare gente del PD e del PDL a Los Angeles, li pagano ma non li fanno lavorare quasi mai essendo per lo più immeritevoli e incompetenti. Siamo la favola disgustosa di Hollywood. Conosco molto bene la materia dato che mi sono occupato di questo a Los Angeles per ben 22 anni di seguito.
EliminaSergio io penso che si pagano i conti ma fino a un certo punto. Ok Piano Marshall....ma ora siamo nel 2013 e mi pare sia passato anche troppo tempo. La loro cara Bolla speculativa ha sancito peraltro un Rubicone:
RispondiEliminaSiamo alla fame.
Per cui io penso che era giusto pagare lo scotto ma non esiste nulla di eterno.
La domanda è: fino a quando?
Fino a che la gente con le buone o con le cattive quell'articolo lo cancella della sua seconda parte.
Fino al limite della sopportazione che è arrivato, per cui non è proprio retorica dire di non importare gli F35 per farci altro. Potevano andare bene fino a che la loro Goldman & co. non ci avevano affamato adesso se li tengano, con buona pace della CIA che impedì il salvataggio di Aldo Moro dal sequestro filo russo.
Marco Giannini
Secondo me più che rivedere l'articolo 11 della costituzione dovremmo appellarci alla legge del più forte.
RispondiEliminaCredo che un popolo unito, organizzato e consapevole del proprio diritto di auto determinarsi sia più forte di qualsiasi oligarchia finanziaria cerchi di dominarlo. Quindi in virtu della legge di cui sopra detto popolo ha il pieno diritto/dovere di fottersene di tutto ciò che è stato scritto e detto (costituzioni comprese) se va contro la ricerca della propria felicità.
I cittadini di Boston buttando a mare il carico di tè se ne fregarono bellamente delle leggi inglesi ... fu cosi che naquerò gli Stati Uniti d'America.
E' per caso possibile conoscere nel dettaglio quali siano stati gli accordi presi dall'Italia con i "vincitori" in merito ai danni di guerra e cosa di corrispettivo il governo allora in carica abbia dovuto accettare. Mi sembra di ricordare che i tedeschi abbiano finito di pagare i loro danni di guerra ed abbiano pubblicato la notizia sui giornali. Da noi, mi sembra di capire, e' impossibile sapere quali siano stati i danni di guerra da pagare, la quantificazione degli importi, per quanto tempo debbano essere pagati, ecc. ecc. E' forse un segreto nazionale dopo più di 50 anni? E la trasparenza delle pubbliche istituzioni tanto decantata e declamata ....
RispondiEliminaCaro Sergio, puoi dare la pagina esatta del libro di shirer da dove hai citato le informazioni riguardo l'articolo 11 della costituzione?
RispondiEliminagrazie
un'italiana in esilio tedesco