lunedì 6 agosto 2012

La Scienza fa un passo da gigante. "Curiosity" atterra su Marte guidato da centinaia di milioni di chilometri di distanza.



di Sergio Di Cori Modigliani


Si chiama “curiosity” ed è davvero una macchinetta curiosa. Si è fatta 610 milioni di chilometri, è entrata nell’atmosfera del pianeta Marte ed è atterrata in maniera soffice sul pianeta rosso. La navicella che l’ha portata fino a lì se n’è ritornata a casa, ma non si sa se riuscirà a farcela. Una volta toccato il suolo (ora 7.31 della giornata di oggi) è arrivato dal pianeta Terra un segnale inviato da un computer a Houston, nel Texas, che ha impiegato una certa quantità di secondi per arrivare, data la distanza. Dopodichè “curiosity” si è accesa e ha cominciato a muoversi brillantemente. Da oggi, invierà al nostro pianeta, al centro spaziale della Nasa, informazioni sulla natura geologica del pianeta Marte. Tutto qui. Questa è la notizia secca.
I dati che invierà alla Terra verranno elaborati da un megacomputer ultra potente costruito da scienziati giapponesi, che usano nuove applicazioni russe, che funzionano grazie a inèditi algoritmi forniti da matematici francesi. Il tutto costruito da ingegneri meccanici indiani che hanno usato una nuova tecnologia di applicazione di pigmenti al titanio, ideato dall’industria di alta precisione tedesca. Al progetto partecipano anche dei “geografi spaziali” brasiliani che provengono dalla scuola matematica di algebra astratta di Rio de Janeiro. Il progetto è internazionale, sotto il controllo statunitense, dato che il tutto avviene a Houston ed è stato finanziato dal contribuente americano. Per un costo di 2,5 miliardi di euro.
Per fortuna, la guerra fredda non esiste più, il che ha allentato di molto la pressione dei militari sugli scienziati. Sono circa un migliaio i ricercatori specializzati in diverse discipline, i quali, insieme, discuteranno i dati, li elaboreranno, si confronteranno, confermeranno alcune teorie e altre, invece, verranno confutate e provate errate. Appartengono a 40 nazionalità diverse. Il tutto avverrà in un immenso padiglione che si chiama “Galileo Galilei”, l’uomo al quale la scienza planetaria riconosce il genio e la paternità nell’aver scoperto i misteri basici delle leggi che regolano l’universo, il padre della scienza moderna.
Gli americani si sentono orgogliosi di tutto ciò. L’immediato sondaggio popolare parla chiaro: il 73% degli interrogati ha approvato la ingente spesa di danaro pubblico per qualcosa che aprirà (forse, me lo auguro) nuovi orizzonti del sapere. Anche i russi e i giapponesi e gli indiani sono orgogliosi della loro partecipazione. Anche i brasiliani, e gli svizzeri, e anche altre nazioni, la cui partecipazione è minima e circoscritta ma pur sempre reale; come la piccolissima Finlandia che ha messo a disposizione tutta la tecnologia di ricerca avanzata della Nokia per le nuove generazioni di cellulari intelligenti e che si è dimostrata molto efficace nello stabilire un perfetto collegamento audio a centinaia di milioni di chilometri di distanza.
Oggi, in diverse nazioni del mondo, si dibatte di tutto ciò.
E’ una bella giornata per tutti.
Per chi ama la collaborazione tra diversi. Per chi ama la scienza, lo studio, il progresso dell’ingegno umano.
E’ una bella giornata anche per diverse multinazionali chimico-farmaceutiche che hanno sponsorizzato la missione sborsando diverse centinaia di milioni di euro, perché serve per fare degli esperimenti scientifici di cui ignoro la natura.
Si discute anche di questo, oggi, in giro per il mondo. Sapere quali farmaci, quali innovazioni della medicina e della farmacopea si stanno sperimentando e quali nuove conquiste ci attendono.
E’ la notizia del giorno.
A dimostrazione di un evoluto senso di complicità scientifica, questa mattina, all’alba, in Russia hanno interrotto le comunicazioni alla radio e in tivvù per dare la notizia e ne parlano dovunque. Anche perché dopo il pensionamento definitivo dello shuttle, la piattaforma spaziale permanentemente in orbita lanciata dai russi, è rimasto il luogo più importante di incontro nello spazio di scienziati, astronauti, ingegneri, biologi, in grado di sostare anche dieci, venti mesi lassù a fare esperimenti di varia natura, ad allenarsi per futuri (e imminenti) grandi viaggi spaziali della durata di decenni.
Tutto ciò avviene grazie a Galileo Galilei, e agli studi scientifici medioevali di Avicenna in Spagna centinaia di anni fa, e ancora più indietro, fino a Democrito di Abdera e al gruppo geniale dei filosofi pre-socratici che in Grecia 2500 anni fa, grazie alle loro fulminanti visioni, diedero l’avvio ai primi studi di fisica teorica, interrogandosi sulla natura dell’universo.
In queste tre nazioni, Grecia, Spagna e Italia, oggi, il dibattito, il confronto, le discussioni sulla missione di “Curiosity” è pressochè nullo. Zero assoluto. La notizia viene offerta al limite del gossip. La consueta omelìa sullo spread, le aliquote, i grafici, ciò che Monti dice alla Merkel e come Rajoy risponde, se la Troika ad Atene dirà sì oppure dirà no, tengono banco, cercando di diffondere la consueta dose quotidiana di paura, di ansia, di incertezza, di totale confusione, di azzeramento dell’idea di un futuro.
Intanto, nel resto del mondo, c’è chi sul futuro ha investito. E ci crede.
Ed è per questo che l’avrà.
Se fossi membro di una delle 50 società che controllano il mercato finanziario globale planetario, quelle che fanno il bello e il cattivo tempo, penserei che con i greci, con gli spagnoli e con gli italiani, posso fare ciò che mi pare e piace. Come accadde a metà del ‘600, quando l’intera aristocrazia italiana e la nascente borghesia mercantile, si rifiutarono di sostenere Galileo e la sua scuola, dando inizio a quel processo di decadenza di cui oggi viviamo l’ultimo capitolo. Non il primo.
Mentre Galileo andava sotto processo e veniva condannato e i suoi libri bruciati con la totale complicità dell’intero sistema politico, culturale, economico italiano, e i suoi alunni perseguitati, torturati e incarcerati,  grazie a due abili eroici studentelli che avevano copiato tutto sul di dietro di alcune carte geografiche portandole poi ad Amsterdam, uscivano in tutta l’Europa del nord quei testi scientifici che avrebbero fatto avanzare il sapere, facendoci evolvere tutti. Ma soprattutto fu chiaro che il brulichio di idee, di confronti, di passaggio di informazioni, di notizie e di saperi, avveniva ormai fuori dall’Italia e molto lontano dallo stivale.
Da allora, da quel processo in poi, l’Italia –in realtà- uscì fuori dalla lotta per il progresso, dichiarando di preferire il medioevo alla modernità.
Sono trascorsi 400 anni. Lì siamo rimasti. Anche gli spagnoli, come noi.
Non è certo un caso che le due nazioni più oscurantiste, più retrive, più obsolete dell’intero continente europeo, entrambe con un governo reazionario e autoritario, pienamente al servizio degli interessi dell’opus dei e del vaticano, siano quelle che oggi rappresentano il principale ostacolo al progresso dell’Europa.
“Ce lo dice la scienza” che, in quanto tale, non sbaglia mai.
La totale mancanza di curiosità sia degli italiani che degli spagnoli per “curiosity” è un chiaro sintomo del nostro comune cinismo mercantile; un sintomo che è frutto dei nostri rispettivi governi. Rimanere indifferenti di fronte a questo meraviglioso e grandioso successo della mente scientifica planetaria, vuol dire aver scelto di mettersi al di fuori del progresso e dell’evoluzione della specie umana.
“Curiosity” è fondamentale per il nostro futuro.
L’idea del mondo di Pierferdinando Casini o di Nichi Vendola è irrilevante.
La differenza è tutta qui.
Se lo spread sale, la responsabilità è nostra.
Siamo diventati più curiosi del gossip del potere piuttosto che dei trionfi della scienza moderna.
Non possiamo lamentarci se non si capisce che cosa voglia dire che la Cultura fa mercato.
Da noi si è ancora convinti che il mercato lo fa il Re.
O il Papa.
In Italia, purtroppo, è la stessa cosa.

P.S. Sul mio quotidiano surrealista, in prima pagina il ritratto di Galileo Galilei.
"Eppur si muove" sottotitolo: "l'Italia ingessata che si rifiuta di credere alla scienza: pensano ancora che la Terra sia una sfera immobile"

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