venerdì 6 luglio 2012

Trionfa la Mondadori al premio Strega. La Finanza, compatta, ringrazia.



di Sergio Di Cori Modigliani


Ciascuno ha i propri nemici, e su questo fonda la propria idea sociale del mondo. Intendendo per “nemici” i responsabili dello sfacelo, della decadenza, e in ultima analisi la scomparsa di questa o quella specifica civiltà. Il nemico, infatti, è colui che rappresenta una minaccia alla propria idea del mondo.
Così funziona la specie umana.
Tutte le religioni, per quanto parlino di amore, sono basate su un collante sociale che ruota intorno alla condivisione di un nemico comune. Negli ultimi diecimila anni, sul pianeta, miliardi di esseri umani si sono scannati tra di loro (e seguitano a farlo) nel nome dell’amore e della pace suggerito dalla propria religione, che spinge a prendersela con un nemico. L’unica religione al mondo che fa eccezione, è il buddismo, che identifica –per la prima volta nella Storia- per tutta l’umanità un solo nemico comune: il proprio Ego. Per i buddisti non esiste il nemico, non esistono nemici. Ciascuno se la deve vedere con se stesso e abbattere “l’idea di nemico” che ci portiamo dentro. Percorso òstico e non facile.
Per questo motivo è la più perseguitata religione al mondo. Sono vittime di un Paradosso Culturale Planetario: i più odiati dal potere sono coloro che non hanno nemici. Perché sono pericolosi. Se scomparisse l’idea di nemico esterno, scomparirebbe la guerra, e svanirebbe nel nulla l’idea che un’etnia o un popolo possa essere migliore o addirittura superiore a un altro. Ho grande stima e rispetto per i buddisti.
Chi scrive non è buddista.
Nonostante l’età, sono travolto da una intensa passione civile che mi impedisce di essere distaccato e di non denunciare le responsabilità del “nemico” della società. Penso, infatti, che il buddismo sia nobile ma necessita di altri 5.000 anni prima di potersi affermare. Esistono più probabilità statistiche che la necessaria mutazione metafisica di cui il popolo italiano ha bisogno per evolversi, e quindi sopravvivere, possa avvenire collettivamente. Se cominciamo ad aspettare che avvenga singolarmente, impiegheremo centinaia di anni. E’ necessario usare un catalizzatore collettivo.
Ovvero, applicare un dispositivo ”tecnico” che abbia la funzione di accelerare il processo, diffonderlo, estenderlo, e una volta ampliato in tutta la collettività, BUM, dar vita a una mutazione antropologica che consenta il cambiamento e la modificazione.
Personalmente ritengo (e chi mi legge penso lo abbia capito da un pezzo) di aver identificato nella Cultura quel catalizzatore necessario. Da cui la responsabilità della classe intellettuale, di chi òpera nel campo della produzione e formazione culturale. E quindi anche una specifica selezione dei propri nemici.
Comprendo e capisco la posizione di un altro furibondo appassionato civile, Paolo Barnard, il quale è tutto preso dalla sua nobile attività pedagogica nell’allertare la cittadinanza sulla presenza del nemico che lui ha identificato (qui semplifico per necessità) nei finanzieri e nei detentori del potere finanziario planetario. Tant’è vero che già in tempi non sospetti (cinque anni fa) li imputava di essere gli autori del “più grande crimine”.
Io la penso diversamente. I finanzieri sono soltanto biechi esecutori.
A me interessano i mandanti.
Io penso che il nemico –e quindi la responsabilità perniciosa e assassina da attribuire-  sia invece degli artisti e degli intellettuali. Perché storicamente, a loro, spetta da sempre, la facoltà di controllo, di formazione, di informazione, di costante pedinamento del potere per controllare che cosa faccia e che cosa non faccia per poi riferire (grazie ai loro strumenti) a tutta la collettività come stanno le cose, applicando una funzione di allerta, di denuncia, di smascheramento, di rivolta, di indignazione sociale e individuale.
I finanzieri sono sopravvalutati. Sono semplicemente squallidi individui, per lo più vittime di gravi patologie comportamentali sado-maso, che godono del privilegio di esercitare un delirio psicotico di onnipotenza, approfittando del fatto che la classe intellettuale si è assunta la responsabilità di addormentare le nazioni, diventando i custodi della narcolessia. Senza questi servi, ben pasciuti, ben pagati, ben osannati, i finanzieri verrebbero ridotti alla loro funzione di mercanti ragionieri, sottoposti a ferree leggi collettive, e molto spesso anche adeguate cure psichiatriche.
Non è un caso che dalla rivoluzione francese in poi, il potere planetario ha attuato una novità fino ad allora inèdita: ogni volta che assume il comando, la prima azione consiste sempre nell’assicurarsi la fedeltà della classe intellettuale, artistica e scientifica, a costo di bruciare libri, uccidere gli oppositori, incarcerare i liberi pensatori. Ciò che, ancora oggi, rende la rivoluzione francese unica nel suo genere, consiste nel fatto che l’abbattimento dell’ancien regime non comportò affatto l’attacco alla cultura, all’arte e alla scienza prodotta dal vecchio potere. Non venne mai bruciato neppure un libro. Non venne mai incarcerato o ghigliottinato neppure un intellettuale in quanto intellettuale; quelli ai quali hanno staccato la testa era perché appartenevano a un’aristocrazia economica e non volevano rinunciare ai loro privilegi di casta superiore. Li hanno ghigliottinati, seguitando a pubblicare i loro libri.
Gli artisti e gli intellettuali asserviti italiani sono le badanti del popolo al servizio della finanza.
Sono loro che vanno attaccati, smascherati e richiamati all’assunzione storica di responsabilità.
La truffa del trionfo di Monti a Bruxelles, ingegnosa pantomima per riuscire a far passare una nuova manovra economica capestro sotto lo spiritoso nome di spending review, non sarebbe stata possibile né tantomeno praticabile, se, nei precedenti venti giorni, si fosse scatenata –invece di far parlare economisti, sindacalisti, politici, ecc.- una furiosa quanto furibonda polemica relativa allo scandalo della compra-vendita di voti nell’assegnazione del Premio Strega, il più importante premio per la letteratura italiana.
E’ proprio così, caro Barnard.
La finanza avrebbe sussultato.
La mafia sarebbe impallidita.
E invece, è andata come doveva andare.
Ha trionfato l’omertà, la complicità, la collusione.
Con un’unica eccezione. Quella dello scrittore Fulvio Abbate, siciliano doc, il quale dieci giorni fa si è dimesso dai giurati scrivendo una lettera a Roberto D’Agostino (che il giornalista ha regolarmente pubblicato sul suo sito Dagospia) nella quale si dichiarava soprattutto disgustato delle manovre orchestrate da Veltroni nel sostenere Carofiglio, per non parlare degli interventi continui di Alfano, Casini, Rutelli, Fini, e tutti gli altri. Nessuno ha ripreso quella lettera. Non è stata neppure commentata. Da allora, fanno circolare la voce che Abbate sia un pazzo.
E’ stato premiato un esangue valvassore che ha fatto un discorso di esaltazione della sua casa editrice, la Mondadori, presentata come faro di progresso e di evoluzione della società italiana. C’erano tutti alla grande festa, nessuno escluso. Erano mescolati politici, faccendieri, direttori di testata, mignotte e finanzieri.
E’ stato celebrato lo squallore di una nazione arresa.
E Mario Monti ha capito che può tranquillamente andare avanti.
Un paese senza letteratura, senza scrittori adeguati, senza intellettuali ammalati di passione civile, è un paese destinato a eseguire gli ordini della finanza.
Se Pier Paolo Pasolini fosse stato vivo, non sarebbe stato possibile far passare in parlamento la legge sul fiscal compact.
Ciascuno si sceglie i propri nemici e ciascuno si assume la responsabilità di denunciare al paese coloro che vengono identificati come nemici del popolo.
In Italia, il vero nemico non è Goldman Sachs.
Il vero nemico è il silenzio assordante della truppa intellettuale asservita che fa la fila per essere satollata da prebende, consulenze, assunzioni, retribuzioni, nel nome di una propria vanità multipla che diventa –quando è trasferita nel sociale- irresponsabilità criminale. Non parlano di nulla. Non raccontano nulla di ciò che accade. Non spiegano nulla. Gorgheggiano da un ricco convegno a un altro preoccupati di passare poi alla cassa, dove un mediatore della finanza elargisce un bell’assegno.
Nel terzo capitolo delle memorie di Harry Truman, pubblicato verso la fine degli anni’50, c’è scritto “Se non fosse stato per William Saroyan, John Steinbeck, Erskine Caldwell, Sinclair Lewis, John Dos Passos e William Faulkner, l’America non avrebbe potuto accettare il New Deal perché non lo avrebbe capito. I nostri scrittori hanno raccontato la vera vita della gente, hanno spiegato come stavano le cose, e la nazione si è resa davvero conto di ciò di cui c’era bisogno. L’America sarà sempre riconoscente ai propri artisti, ai propri intellettuali.  Loro ci hanno spianato la strada. Senza di loro, tutto il lavoro del sottoscritto, di Roosevelt, di Keynes, non sarebbe servito a nulla”.
Siamo stati defraudati e abbandonati.
La classe intellettuale italiana, marcia, obsoleta e collusa, ha consegnato il futuro culturale delle giovani generazioni nelle mani dei finanzieri psicotici.
Preparatevi il paracadute.

19 commenti:

  1. Si ma chi legegrebbe i libri dei grandi intellettuali o scrittori? il solito 3% colto?

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    1. se esiste solo un 3% colto penso sia perchè i libri dei pseudo intellettuali nostrani fanno davvero schifo!

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    2. Concordo!Non c'è più un libro degno di essere definito tale.

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  2. Pura musica x le mie orecchie...

    Complimenti

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  3. Ma ci sono degli intellettuali in Italia che non siano asserviti al potere, chiunque esso sia? I premi, si sa, non premiano il valore dello scrittore, ma sono il frutto di compromessi. Sono le case editrici a decidere, a prescindere, soprattutto con operazioni di marketing studiate a tavolino. Molto spesso i migliori restano sconosciuti e raramente si affermano visto che il mercato ed i mass media sono in mano ai soliti pochi. Che di giorno si azzuffano, ma che poi di notte si dividono il bottino.

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  4. Sono daccordo quasi in tutto.
    Mi sono autocompiaciuto nel leggere il pezzo perchè mentre andavo avanti mi accorgevo che la pensavo allo stesso modo da tempo, e sapere che qualcuno degno di stima come l'autore arriva alle tue stesse conclusioni è quantomeno gratificante.
    Ma non sono del tutto daccordo su un punto, quello che vuole identificare i mandanti, il cuore del problema, negli intellettuali "venduti"...
    In parte è così, però, come non possiamo dare tutta la colpa al delinquente che ruba ma dobbiamo chiederci chi e cosa lo induce a rubare invece che cercarsi un lavoro (come se fosse facile), allo stesso modo non credo che sia tutta colpa di una mutazione genetica dei pensatori/intellettuali/ scrittori..
    Ci può essere predisposizione, ma come in natura l'ambiente è la mano selezionatrice..
    gli intellettuali nascono liberi tante volte, ma quando crescono, se non sono ancora stati plasmati, ci pensa il sistema a mettere le cose a posto..
    e allora, boicottaggi di ogni tipo, screditamenti vari..etc. è il sistema che li tiene a bada, li ignora, non li fa crescere, li spinge a trovare altre vie...
    E poi non si più disposti a tornare indietro, tanto chi ti seguirebbe più?
    Se poi viene considerato "scomodo", nessunno poi gli pubblica i lavori etc..
    il sistema non li uccide ma li tiene buoni..
    Succede dappertutto.. il risultato è il silenzio e le voci assordanti dell'inutilità...

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  5. Che l'intellettuale italiano sia un intellettuale di corte e' stato detto molte volte. Sul problema della lingua e' stato scritto in abbondanza. Se chi scrive non ha un mercato per le sue opere ben difficilmente riuscira' a sopravvivere con il suo lavoro. Svevo, Fenoglio ad esempio non possono essere considerati intellettuali puri,
    uno era un burocrate austriaco, l'altro vendeva vini.
    Il mussulmano, l'ebreo, il buddista, il taoista, il protestante leggono i loro testi sacri o filosofici, il cattolico no.
    La nostra religione e' la religione del rito. La nostra poesia e' la poesia della rima, i concetti si perdono nel fraseggio che e' piu' importante. Il vestito, l'apparire, la frase ad effetto.
    La bellezza della forma fa parte del nostro carattere. Sia nel cinema
    che in letteratura, che nel vestire. Rossellini fu un'eccezione, Visconti la regola.
    Dare la colpa agli intellettuali come se fossero degli estranei responsabili della societa' a cui appartengono mi sembra fuorviante.
    L'intellettuale, il politico, il militare, lo scienziato sono la parte migliore di una nazione. Non dico sul breve termine, che puo' capitare, ma su tempi lunghi, ormai sono tre secoli, questo e' il meglio che abbiamo e riusciamo a produrre. Difficilmente entrando in una libreria all'estero troveremo libri italiani e comunque normalmente bastano le dita di una mano.

    “Se non fosse stato per William Saroyan, John Steinbeck, Erskine Caldwell, Sinclair Lewis, John Dos Passos e William Faulkner, l’America non avrebbe potuto accettare il New Deal perché non lo avrebbe capito. I nostri scrittori hanno raccontato la vera vita della gente, hanno spiegato come stavano le cose, e la nazione si è resa davvero conto di ciò di cui c’era bisogno."
    Gia' ma loro venivano da Mark Twain, Herman Melville, Fenimore Cooper.
    Ieri Squinzi ha detto: «Diciamo che la spending review è necessaria, è un primo passo nella direzione giusta, ci sono delle cose interessanti, però è come pensare quando c'è una casa danneggiata di fare un piccolo intervento di manutenzione, quando invece dobbiamo pensare a ricostruire tutta la casa."
    E un nuovo modello sociale direi io, e lo strumento piu' importante per farlo e' un nuovo modello di stato.
    Lo dovevano fare alla fine dei anni 70 ma preferirono accontentare tutti. Adesso dovranno scontentare tutti.
    E i Squinzi, non lui personalmente che non lo conosco neanche, sono la classe dirigente che ci ha portato qui.

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    1. La tua argomentazione è lucida, e direi impeccabile. Nel senso che è vero sostenere come la classe degli intellettuali sia il prodotto di quella specifica cultura. La mia posizione personale si basa invece sul principio che sono proprio gli intellettuali a doversi assumere la responsabilità di modificare l'assetto per dare impulsi, input, stimoli e suggestioni, che poi la società civile e la classe politica eredita, coopta e raccoglie per far evolvere la società. La mia accusa agli intellettuali italiani consiste nell'aver ceduto alle suggestioni mercatiste nel nome della vanità e dell'avidità aprendo la strada alla finanza. ma non è sempre stato così. Esiste un precedente al quale far riferimento.Nel 1934, la neo nata casa editrice Einaudi di Torino si trovò in mezzo a una grave grana penale, perchè il suo management venne accusato (per pura invidia) di gravi reati: attentato all'integrità del Regno, disfattismo, complicità con i nemici del popolo italiano, tentativo di sobillare la nazione contro i poteri istituzionali, satanismo. La casa editrice non patteggiò, non accettò nessun compromesso. Glie la chiusero. Vennero inviati al confino -e quindi fatti fuori dal mercato- il nucleo base dei giovani che animavano la nuova casa editrice: Cesare Pavese, Leone Ginsburg, Italo Calvino, Vasco Pratolini, Anna Maria Ortese, il pittore Scipione Mafai che si occupava della grafica e altre dodici persone. Furono costretti a lasciare le famiglie, e abbandonare la nazione. La casa editrice riaprì nel 1946, nei successivi trent'anni è diventata la fucina di idee di due generazioni, con un invidiabile catalogo. Se allora avessero patteggiato, noi non avremmo avuto la bella stagione letteraria che abbiamo avuto tra il 1948 e il 1975. Intendevo dire questo.
      Oggi chi urla e strilla lo fa soltanto per alzare la cifra dell'assegno che intende incassare.
      Finchè non si cambia strada, sarà tutto vano.

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    2. Diciamo che e' il concetto di chiedere l'eroismo all'altro che mi da fastidio.
      Io conosco solo un'intellettuale italiano, a parte i politici, che disse di no al Fascismo e nel momento piu' difficile per dire di no ed era Piero Jahier.
      E forse allora era piu' perdonabile di adesso.
      Ma il problema che io pongo e' un altro. Non e' l'eroismo. Ognuno si regoli con la sua dignita'. Non e' nemmeno la moralita' o meglio l'immoralita' di questo sistema evidente a tutti. E' l'incapacita' totale di questa classe dirigente a pensare il nuovo, a vedere un progetto. Ha creato un mostro ma dal quale si allatta. Steinbeck ha scritto La battaglia ma c'era battaglia. C'era fame, c'erano i racconti di London della durezza del Nord. Letti da milioni. Qui c'e'
      Barrico. La si partiva dall"Oklaoma per andare in California, qui si va dal prete e dal sindaco. Chiedere all'intellettuale di essere diverso dal suo stesso paese? Io non chiedo a Thomas Mann perche' non ha stretto la mano a John Steinbeck, lo so gia' il perche'. Mann viveva di un concetto aristocratico ed era un aristocratico sia pure borghese. Steinbeck tirava la carretta insieme alla gente di cui raccontava.
      Io non posso chiedere a Barrico di scrivere per il popolo per un semplice motivo- il popolo non legge- Barrico non va dentro una fabbrica di garantiti come operaio di un appalto esterno.
      A una classe dirigente, nel suo toto, che si proclama 7 potenza mondiale e fa finta di non avere piu' di tre milioni di analfabeti, come se non importasse, io non chiedo coraggio.
      Non so che farmene. Io cerco i miei. Quelli che non vogliono piu' la carita' di questi signori, quelli che non sperano piu' in questi signori. Quelli che non credono piu' in giudici, istituzioni, quelli che non credono piu' che andare a gestire questa casa "onestamente"
      sia possibile.
      Per quello il "dobbiamo pensare a ricostruire tutta la casa" di
      Squinzi e' nuovo e importante.
      Resta un problema: La casa. La tua- la mia o la nostra.

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    3. Sono d'accordo sulla citazione di Squinzi, anche io la ritengo importante. Il punto, in Italia, è che non c'è solo Baricco. Piuttosto è che soltanto a quelli come Baricco si concede l'accesso al mercato. Si parla degli esodati, dei precari, dei cassintegrazionisti, dei sindacalisti, ecc. Non si parla mai, ma proprio mai -toh, guarda un po'!- degli intellettuali e artisti ancora vivi e operativi ai quali non è consentito rendere pubblico il proprio lavoro. E su questo, l'intera responsabilità storica grava sulla sinistra. Non a caso è proprio la sinistra che non parla mai di cultura, l'hanno ghettizzata e azzerata.

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    4. Comincio a pensare che la citazione di Squinzi sia stata solo un lapsus.
      Se si volesse evitare macelleria sociale basterebbe partire da una semplice riforma della assistenza sociale. Minimo redditto garantito,
      pensione minima garantita. Da li e solo da li si puo' partire per ripulire lo stato. Non lo vogliono. Un posto di lavoro inutile nello stato costa come mantenere 10 disoccupati. Non vogliono dare un diritto perche' il loro potere si basa sulla necessita' della gente.
      La prima riforma della sanita' e' fare come in tutti i paesi. Non dare scatole di medicinali. Da l'America privata a l'Inghilterra pubblica se il dottore ti prescrive 5 antibiotici il farmacista
      ti da 5 antibiotici, li prende con i suoi guanti da un grande scatolone, ti mette numero 5 pillole in una bustina. Non vogliono. Il loro potere si basa sul ricatto all' industria farmaceutica, se paghi mettiamo il tuo medicinale nella lista. Se paghi conviene a tutti e due.
      Se vuoi fare il giornalista devi dire "il cieco guidava la macchina, ha derubato lo stato di EEE" mai devi dire " e' ora di arrestare il medico e le commissioni mediche che hanno certificato la sua cecita'"
      Apro una parentesi per far capire il livello di classe dirigente che abbiamo. Se io medico, professionista serio certifico che... e lo stato per il quale io lavoro non mi crede allora io domando dov'e' la dignita' della vostra professione?
      Ed e' tutto cosi.
      Fenoglio fu ghettizzato dalla sinistra. La sinistra odia la cultura.
      La destra odia la cultura. La religione odia la cultura. La funzione della cultura e' osannare loro.
      Io pago quelli che mi servono. Ripeto io pago quelli che mi servono.
      Unica cosa vera e razionale di questo potere.
      "esodati, precari, cassintegrazionisti, sindacalisti, ecc. "
      servono, sono la vivente dimostrazione di come loro si occupano della necessita' della gente.
      E' sulla necessita' della gente che si basa il loro potere. Piuttosto di fare una riforma del Welfare come hanno fatto gli inglesi nel dopoguerra preferiscono ballare sulla corda. Parafrasando Grillo "loro non si suicidano, e noi incapaci di solidarieta' fra di noi a spintonarci per entrare nel libero mercato
      delle clientele, dei favori, del posto fisso nello stato.
      E' un grande momento. Per una semplice ragione, perche' e' reale.
      Immagina il sorriso di Robert De Niro in C'era una volta l'America.
      Rilassati, "perche' piangi? Puoi fare qualcosa? Allora fallo. Non puoi far niente? E allora perche' piangi?

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    5. Grazie per questo commento stimolante, mi ha ispirato un post di riflessioni in proposito.

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  7. GRAZIE! per il tuo lavoro - osvaldo balestrieri

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  8. AHHHHH.

    CONDIVIDO!

    P.S.: in realtà il Cristianesimo parla di sè stessi.
    Il cattolicesimo non ricordo...

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  9. "Se allora avessero patteggiato, noi non avremmo avuto la bella stagione letteraria che abbiamo avuto tra il 1948 e il 1975. Intendevo dire questo."

    ????? e in quanti hanno letto questa roba? in 10?
    niente colpevoli la' in alto, 100 non possono imboccare 10 milioni di ignoranza, se la sono mangiata da soli e con gusto.
    il perche' e' un mistero.

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  10. Altro che cultura... stanno deliberatamente, progressivamente, eliminando capitale umano e competenze di altissimo livello, per ricreare le quali serviranno decenni, se mai saranno ricreate. Temo che stiano 'normalizzando' anche il pensiero scientifico italiano.

    http://www.adnkronos.com/IGN/News/Economia/Spending-review-in-decreto-tagli-fino-al-10-a-Enti-ricerca-da-2013_313481654794.html

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  11. "penso che il nemico –e quindi la responsabilità perniciosa e assassina da attribuire- sia invece degli artisti e degli intellettuali. Perché storicamente, a loro, spetta da sempre, la facoltà di controllo, di formazione, di informazione, di costante pedinamento del potere per controllare che cosa faccia e che cosa non faccia per poi riferire (grazie ai loro strumenti) a tutta la collettività come stanno le cose, applicando una funzione di allerta, di denuncia, di smascheramento, di rivolta, di indignazione sociale e individuale."

    chissà grazie a quale intuito,
    da ragazzo ho pensato che la morte Rino Gaetano non fosse un semplice incidente.

    Senti una "canzonetta" ed ecco che questa ti entra nella mente, si infila come un tarlo per tutta la mattinata. Uno strumento potentissimo per raggiungere il popolino.

    pensatea "nun te reggae più" con un testo modificato..

    Monti, nun te reggae più
    napolitano nun te reggae più
    Bersani nun te reggae più
    Berlusconi, Cara marfagna Emilio fede enrico mnetano nun te reggae più...

    anzi qualcosa è stato fatto...
    http://www.youtube.com/watch?v=gm_qiUdvEN8&feature=colike

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  12. Eccezionale, come quasi tutti i suoi post che ho letto.

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